La centralità della fiducia e del rapporto con l’Autorità nell’adempimento dell’obbligazione tributaria: le indicazioni ritraibili dagli studi psico-sociali e di “Law and Cinema”.

Di Angelo Contrino e Adriana Salvati -

Abstract (*)

Il saggio, attraverso l’analisi dei risultati di alcuni studi psico-sociali e l’impiego degli strumenti propri del filone di indagine Law and literature e, in particolare, di “Law and Cinema”, si sofferma sul ruolo della fiducia nel rapporto tra contribuente e Autorità fiscale, verificando come essa incida sull’adempimento tributario. Si sottolinea il ruolo decisivo, nel contrasto all’evasione, dell’approccio culturale e valoriale, fondato sul recupero del pactum societatis e su una rinnovata concezione del rapporto d’autorità e del consenso.

The centrality of trust and the relationship with the Authority in fulfilling tax obligations: insights from psychosocial and “Law and Cinema” studies – The essay, through the analysis of the results of some psycho-social studies and the use of the tools specific to the Law and literature research and in particular “Law and Cinema”, focuses on the role of trust in the relationship between taxpayers and tax authorities, verifying how it affects tax compliance. In the fight against tax evasion, a different cultural and value-based approach is needed, based on the recovery of the pactum societatis and on a renewed conception of the relationship of authority and consensus.

 

Sommario: 1. La centralità del ruolo della fiducia nell’adempimento tributario. – 2. La funzione degli studi psico-sociali nella comprensione del fenomeno dell’evasione. – 3. Il cinema e l’idea: il problema del rapporto con l’Autorità nell’Italia contemporanea. – 4. Prospettive per una nuova idea di fiducia: il contraddittorio e il principio di non contraddizione.

1. Alcuni recenti studi di filosofia del diritto hanno messo in luce la centralità del ruolo della fiducia nel sistema giuridico, evidenziando come quest’ultima, lungi dal rappresentare l’ovvio contrario del diritto, è anzi necessaria e presupposta al suo corretto operare: se c’è fiducia può anche non esserci diritto, ma non è vero l’opposto, ovvero che se c’è diritto, c’è anche necessariamente fiducia. Il diritto esige fiducia, fiducia innanzitutto che quest’ultimo sia rispettato: «Il diritto ci chiede di fidarci l’uno dell’altro, e lo fa nel momento in cui stabilisce quali sono i diritti e i doveri reciproci all’interno di una qualsiasi relazione da esso regolata». «Senza fiducia, tutto il diritto è impotente: per quanto ve ne sia, per quanto forte e minaccioso sia, non raggiungerà mai il suo fine» (cfr. Greco T., La legge della fiducia, Bari, 2021, 3 ss.).

Questo principio è certamente più che suggestivo in ambito tributario, tant’è che è proprio il concetto di fiducia a permeare le riforme tributarie degli ultimi vent’anni, che provano a reimpostare il rapporto con l’Autorità tributaria in termini di affidamento, buona fede, collaborazione, e quindi a recepire e in qualche modo a porre rimedio a quelle istanze socio – culturali che collegano l’evasione fiscale alla mancanza di fiducia.

Nel nostro settore, si rinvengono studi di notevole interesse che, nell’esame delle dinamiche tra Amministrazione finanziaria e contribuente, hanno evidenziato come «complicato, instabile, costoso, pieno zeppo di vie di fuga e contraddizioni. Iniquo. Così percepiamo il fisco e per questo lo viviamo con diffidenza» (così Giovannini A., Il re fisco è nudo. Per un sistema equo, Milano, 2016, 7 ss.). E in quest’ottica si evidenzia che la prima condizione perché il pactum societatis rimanga stretto è che si tratti di uno Stato “perbene”, retto da amministratori buoni e onesti, rispettosi della legge, di modo che l’equità fiscale sia vista come principio fondante della dignità umana.

L’analisi socio – economica ha anche sottolineato la mancanza di una spiegazione sociale d’insieme della determinazione dei tributi a fronte della centralità dei tecnicismi professionali, destinati a una interlocuzione tecnica, ma non ad una interlocuzione sociale con la classe dirigente e la pubblica opinione (cfr. Lupi R., Evasione fiscale. Perversione privata o disfunzione pubblica?, Roma, 2018; Melchiorre E. – Lupi R., Lotta all’evasione e “grandi evasori” come ostacoli mediatici a una teoria della determinazione dei tributi, in Dialoghi tributari, 2015, 1, 11 ss.; si veda anche Thaler R.H. – Sunstein C.R., Nudge: Improving Decisions about Health, Wealth, and Happiness, Yale University Press, 2008, 222, ove si afferma che «[…] nessun architetto delle scelte con un minimo di sale in zucca progetterebbe un sistema fiscale come quello attualmente esistente, che è famoso per la sua complessità»): in questa prospettiva si evidenzia la necessità di coordinare i criteri di determinazione della ricchezza, accantonando strumentalizzazioni politiche cui sono paradossalmente riconducibili evasioni, vessazioni, inefficienze e complicazioni, e di spiegare con chiarezza la determinazione degli imponibili come funzione pubblica, precondizione per l’equità fiscale e la serenità sociale sul tema.

La centralità dell’idea di fiducia e di chiarezza si riscontra chiaramente anche nella proposizione del modello di tassazione dell’imposta liquida-mv, che, posta in senso simmetrico rispetto alla legge con verità, consentirebbe di superare tutte quelle incertezze, strettamente connesse alla legislazione tributaria, che ingenerano quei cali di fiducia, sempre più pregnanti, nei contribuenti e soprattutto nelle imprese (Versiglioni M., Il reddito liquido: lineamenti, argomenti ed esperimenti, in Riv. dir. trib., 2014, 6, I, 741 ss.; Id., Reddito liquido e Imposta liquida. Riforma fiscale e modello logico dell’Imposta, in Riv. tel. dir. trib., 2021, 1, 49 ss.: i diversi contributi dell’Autore sono consultabili al link www.marcoversiglioni.it).

È questa evidenza che ha portato a ritenere che nell’evasione tributaria si possa ravvisare una sorta di “obiezione fiscale”: l’obiettore non contesta il fondamento etico dell’obbligazione tributaria, riconoscendone anzi la moralità, ma riprova alcune delle finalità che lo Stato intende perseguire (così Turchi A., Coscienti evasori. Problemi e prospettive dell’obiezione fiscale, Milano, 2011, passim; sul tema si rinvia anche a De Mita E., Libertà di pensiero e obiezione fiscale, in Dir. prat. trib., 1984, II, 1031 ss.; Falsitta G., L’imposta confiscatoria, in Riv. dir. trib., 2008, 2, I, 89 ss.).

2. Questa prospettiva si allinea alle risultanze emergenti da taluni studi di matrice psico-sociale sui comportamenti fiscali che, nel nostro sistema, sono poco diffusi, ma che, a livello internazionale, hanno suscitato maggior interesse (cfr. Kirchler E., The economic psychology of tax behaviour, Cambridge, 2007; Id., Tax compliance inventory TAX-I: Designing an inventory for surveys of tax compliance, in Journal of Economic Psychology, 2010, 31, 331-346).

In ambito internazionale, infatti, già dalla fine degli anni ‘70, si è enfatizzata l’integrazione tra sistemi di utilità e sistemi valoriali per individuare i criteri che orientano le scelte soggettive in ambito economico e sociale, tant’è che nella nota “Prospect theory” si è assunto il concetto di “valore” al posto della nozione di “utilità”: è la funzione di valore che orienta le scelte degli operatori, riferita al frame in cui l’individuo si trova a operare e che ha un effetto determinante sulla scelta stessa (cfr. Kahneman D. – Twersky A., Prospect theory: An analysis of decision under risk, in Econometrica, 1979, 263-291; Id., Advances in prospect theory: Cumulative representation of uncertainty, in Journal of Risk and Uncertainty, 1992, 5, 297 ss.). E questa teoria, pur avendo matrice tipicamente economica, ha assunto nel tempo un ruolo rilevante nella comprensione delle dinamiche dei meccanismi di azione e (quindi) di correzione delle azioni in diversi contesti.

Per meglio comprendere le ragioni a fondamento della scelta di evasione, allora, si è provato a collegare le risultanze di contributi economici, che postulano la perfetta razionalità delle scelte basate su un calcolo costi/benefici, e quelle di contributi psicoanalitici, che enfatizzano, invece, la percezione del dovere di contribuzione, dell’equità del sistema fiscale, del rapporto con le Autorità fiscali (cfr., ex multis, sul ruolo degli studi psicologici della vita economica per la comprensione del settore della fiscalità e sulla “psicologia fiscale”, Ferrari L., Psicologia economica e fiscale tra occultamento e “spinte gentili”, in Narrare i Gruppi, dicembre 2020, 2, 151-170 – website: www.narrareigruppi.it, che richiama la teoria del nudge (spinta gentile) e la sostituzione della coercizione e dell’incentivo materiale con spinte psicologiche alternative, ispirate da un paternalismo, cosiddetto “benevolo”, per indirizzare il cittadino verso comportamenti salutari o salvifici, nei cui ambiti applicativi svetta la fiscalità; Compagno D. – Lozza E. – Ferri G., La comunicazione sociale contro l’evasione fiscale: un contributo nella prospettiva della psicologia fiscale, in Giornale italiano di psicologia, 2014, 2, 321 ss.; per un approccio più generale, cfr. Cohen R.L. – Greenberg J., The Justice Concept in Social Psychology, in Greenberg J. – Cohen R.L., a cura di, Equity and Justice in Social Behavior, New York-London, 1982, passim).

Questi studi confermano che a condizionare la devianza dalle regole, al di là del contenuto della legge, della severità delle sanzioni, e dell’effettività della loro applicazione, è la percezione soggettiva di quali sono le norme sociali invalse (cfr. Cominelli L., La percezione sociale della tassazione. Enforcement e ottemperanza all’obbligazione di imposta, in Ragucci G., a cura di, Fisco, responsabilità e sanzioni, Torino, 2024, 143 ss., che evidenzia anche che la tax morale, indice internazionale per misurare l’attitudine verso la tassazione, è in generale più alta nei Paesi con il carico fiscale più elevato e che la qualità e la legittimazione dell’Amministrazione fiscale sono un ulteriore fattore di accettazione della tassazione, e che il principio di certezza nella tassazione può essere utilizzato come proxy per la tax morale delle multinazionali).

In quest’ottica, le variabili che influiscono sull’adempimento dell’obbligazione tributaria sono rappresentate essenzialmente dalla fiducia e dalla relazione con il potere/Autorità: in un clima sociale “sinergico”, i contribuenti sono intrinsecamente motivati a pagare le imposte in modo onesto e spontaneo e percepiscono come un dovere il contributo al bene comune attraverso il pagamento delle imposte; diversamente, in un clima di sfiducia fra contribuenti e istituzioni, l’adesione alle regole fiscali è promossa da motivazioni estrinseche (ad esempio, le sanzioni).

L’individuazione delle cause psico-sociali dell’evasione è funzionale alla predisposizione di mezzi per ridurne l’impatto: ne consegue che, a seconda della prospettiva che si adotta, mancanza di fiducia, da un lato, e deterrenza sanzionatoria, dall’altro, saranno diverse le misure da adottare per ridurre il tasso di evasione fiscale. Nel primo caso, infatti, occorrerà far leva su mezzi volti ad aumentare la fiducia dei contribuenti; nel secondo caso, invece, occorrerà rafforzare il potere sanzionatorio: la differenza tra le due diverse modalità di azione è evidente, atteso che, lavorando sulla fiducia dei contribuenti, l’adempimento sarebbe volontario, mentre, inasprendo le sanzioni, l’adempimento sarebbe imposto.

In entrambi i casi, si tratta di modalità rispondenti simmetricamente ai caratteri dell’etica ideale o punitiva.

Se si adotta la prospettiva dell’etica ideale, il rafforzamento della fiducia può divenire il perno per una diversa risposta dell’ordinamento alla devianza costituita dall’evasione. Essa può realizzarsi tramite diversi strumenti, ma essenzialmente riconducibili a due modelli: enfatizzare la gratificazione per coloro che pagano le tasse, ricordando l’importanza del loro contributo per il funzionamento efficiente dei servizi pubblici; demonizzare l’evasore, sottolineandone lo status di profittatore (stigma sociale).

In entrambe le prospettive, è centrale l’assunzione di una chiara idea di giustizia su cui fondare una relazione di fiducia tra il Fisco e il contribuente.

3. Come verificato, dagli studi di matrice psico-sociale emerge chiaramente che le variabili che influiscono sull’adempimento dell’obbligazione tributaria sono rappresentate essenzialmente dalla fiducia e dalla relazione con il potere/Autorità.

Questa fotografia dell’influenza della fiducia o meglio della sfiducia nei confronti dell’Autorità, con le connessioni evidenziate sul tema dell’(in)adempimento tributario, è nitidamente fornita dal cinema.

Se il diritto formalizza regole e le regole rispondono ad un’idea, il cinema è uno strumento di eccellenza per valutare queste idee: il termine “idea” non è richiamato a caso, perché le formulazioni dell’idea, che si sono susseguite nelle diverse epoche, lasciano emergere, non di rado con estrema chiarezza, lo spirito dei tempi (cfr. Rumore P., Idea, Bologna, 2017, 9).

Nella terminologia greca, eidos (derivazione di idein – vedere), indica la forma esteriore delle cose che si offrono alla vista: essa attiene alla percezione e la percezione è connessa alla visione.

Ecco allora che nulla più della visione cinematografica incarna l’idea e niente è meglio del cinema per fotografare la percezione collettiva della realtà e del diritto che la disciplina.

L’accostamento tra cinema e diritto, in più generale percorso di Law and Literature, consente di introdurre nuovi strumenti di analisi e di comprensione degli istituti, e questo perché, idealisticamente, sono manifestazioni delle aspirazioni della stessa coscienza collettiva, momenti diversi del concretizzarsi dello spirito dei tempi, che si esprime attraverso le immagini e si formalizza nel diritto.

L’Italia contemporanea, come il resto del mondo, è sempre più dipendente dalle immagini, sennonché l’immagine è veritiera nella misura in cui assomiglia a qualcosa di reale, ma è anche falsa in quanto non è altro che una somiglianza.

Il film, quindi, più che rappresentare la realtà, ne costituisce quasi una parodia, un modo di vedere la realtà stessa o un frammento di realtà, simile a quest’ultima, ma non proprio onnicomprensivo delle sue diverse sfaccettature.

Se si affronta il tema riferendosi ad una sociologia dell’arte è chiaro che i film non costituiscono solo un influsso che procede dalla società e trova la sua espressione nell’arte, ma rappresentano un influsso che procede dall’arte ed è rivolto alla società e quindi al diritto.

Il cinema, in particolare, tra le forme d’arte, è tanto un prodotto quanto uno strumento di cambiamento del sociale: muta insieme alla società e mette in discussione la nostra percezione della realtà, raffrontando quella ontologica e quella immaginaria, sia di chi ha prodotto l’opera sia di chi la osserva.

Ecco allora che l’idea della fiducia si traduce nelle immagini cinematografiche che fotografano una realtà, indicando anche la via del cambiamento.

Se si esamina la classica commedia all’italiana degli anni Sessanta (si pensi ai film di Totò e di Aldo Fabrizi) emerge chiaramente la mancanza di una condivisione etica dell’obbligazione tributaria, sentita come vessatoria e cupa come la morte (pensiamo a Totò Diabolicus), ma anche l’iniquità della relazione specifica che intercorre tra l’individuo e l’Autorità tributaria.

La rappresentazione cinematografica fotografa la sfiducia nei soggetti che manifestano la volontà amministrativa e nell’autorità nelle sue diverse declinazioni.

Nella filmografia dell’epoca, l’Autorità è multi-livello e può essere individuata nell’Autorità di pubblica sicurezza, in quella ecclesiastica e anche nella stessa Autorità tributaria. È chiaro che diverse ideologie generano un diverso grado di obbedienza all’Autorità, il comico, tuttavia, non conosce gerarchie e libera quelle energie represse di reazione all’Autorità stessa e irride spesso il potere.

Il comico non ha ideologie, perché ne è un distruttore e nel suo personaggio si concentrano tutte le caratteristiche dell’uomo medio, parte dell’inconscio collettivo, in cui tasse e morte sono assonanti e ci si libera dall’angoscia ridendo del potere.

La “commedia all’italiana” degli anni Sessanta è un genere di cinema comico-satirico di matrice neorealista e fotografa un periodo in cui in Italia venivano prodotte principalmente commedie brillanti, ma con alcuni contenuti comuni come la satira di costume e l’ambientazione principalmente borghese, spesso caratterizzate da una sostanziale amarezza di fondo, che stempera i contenuti comici.

Quella rappresentazione è estremamente attuale e ancora oggi la commedia resta il genere largamente dominante sul mercato. Mentre il cinema degli anni Sessanta/Settanta era un cinema di critica dei costumi, i personaggi erano espressione della società del tempo, nell’Italia contemporanea i protagonisti sono individui oppressi dal mondo esterno, che rappresentano l’isolamento caratteristico della nostra epoca, in cui tutti si sentono in balìa di forze più grandi di loro stessi.

Se pensiamo alle recenti commedie (Zalone, Pieraccioni, Albanese), spesso il riferimento alla fiscalità è connesso al tema del viaggio, inteso come una forma di ribellione o di fuga da un sistema che non si ritiene giusto, una forma di obiezione fiscale appunto.

È centrale la questione del costo della vita, delle difficoltà economiche e della ricerca di una nuova vita, che può essere interpretata come una forma di fuga o di evasione fiscale verso un luogo in cui il Fisco è ritenuto maggiormente friendly.

L’idea di fondo è che le tasse sono un furto, che l’italiano medio è costretto a sottrarsi al pagamento delle tasse per sopravvivere e l’Autorità fiscale è ostile e, sovente, ridicola.

4. L’analisi svolta evidenzia che alla radice della patologia nell’adempimento dell’obbligazione tributaria si trova un generalizzato e poliedrico sentimento di sfiducia che andrebbe affrontato con un cambiamento culturale: il rafforzamento della fiducia può divenire il perno per una diversa risposta dell’ordinamento alla devianza costituita dall’evasione.

Questa prospettiva, che collega il tema delle imposte alla fiducia, attraversa la storia del pensiero occidentale, improntando il problema filosofico del rapporto tra legge e giustizia: basti pensare all’immagine già evocata da Agostino nel De civitate Dei, ove si assimila lo Stato ad una grande banda di ladri. In quest’ottica, proprio con riferimento alle tasse, ci si è chiesti: «Cosa distingue, nel concetto, l’esattore delle tasse che esiga da un uomo – a pena di sanzioni – una determinata somma di denaro, dal bandito che gli intimi -sotto la minaccia di un’arma – di consegnargli la medesima somma?». Ed ancora si è affermato che: «Il fatto è che lo Stato, come un bandito di strada, intima alle persone “O la borsa o la vita”. E molte, se non tutte le tasse vengono pagate sotto il peso di questa minaccia. Lo Stato, in effetti, non tende un agguato a un uomo in un luogo solitario, balzando dal ciglio della strada, per puntargli la pistola alla tempia e svuotargli le tasche. Ma non per questo la rapina cessa di essere una rapina a tutti gli effetti» (cfr. Tafani D., Distinguere uno Stato da una banda di ladri. Etica e diritto nel XX secolo, Bologna, 2014, 9 ss.).

Riscoprire lo spazio della fiducia nel diritto non è solo un modo per mettere in primo piano la responsabilità di chi agisce, ma è anche l’unica via per riportare al centro dell’indagine giuridica l’essenza del rapporto di autorità.

L’“idea” della solidarietà, intrinseca nel principio di capacità contributiva, di dovere di contribuzione, come energia positiva dello Stato, trova in definitiva la propria matrice nell’“idea” di fiducia e questo perché, in certi casi, «l’efficacia di un determinato diritto e di un determinato rapporto giuridico è basato proprio sulla fiducia» (cfr. Greco T., La legge della fiducia, cit., IX).

Ed allora la fiducia dovrebbe tradursi in affidamento: come limite per il legislatore tributario; come principio di buon andamento dell’Amministrazione; come corretta determinazione dell’Autorità che accerta quanto dovuto; come onesto adempimento della propria obbligazione per il contribuente (cfr. Marcheselli A., voce Affidamento nel diritto tributario, in Digesto, disc. priv., sez. comm., Torino, 2008; Trivellin M., Il principio di buona fede nel rapporto tributario, Milano, 2009, passim).

L’effettività del contraddittorio è uno strumento essenziale per la fiducia e il rapporto d’autorità e il rispetto del principio di non contraddizione è un chiaro segnale di coerenza, senza il quale non può esservi affidamento.

Il principio di non contraddizione è consustanziale rispetto alla fiducia perchè attiene alla essentia, alla sostanza, e stride con la possibilità che ciò che non esiste dal punto di vista fenomenico in un settore dell’ordinamento, possa invece esserlo in un altro: l’essere è e non può non essere, come sostenuto da Parmenide.

La fiducia, in sostanza, attiene al pactum societatis, sul quale si radica una collettività ordinata e, per richiamare Hegel, le leggi esistono nel mondo al pari delle cose e l’esser valide delle stesse è il modo della loro esistenza (Hegel G.W.F., Lineamenti di filosofia del diritto, Milano, 2006).

Ecco allora che è necessario operare uno slittamento dell’asse normativo dalla sanzione alla ridefinizione dei valori: riscoprire lo spazio della fiducia nel diritto non è solo un modo per mettere in primo piano la responsabilità di chi agisce, ma è anche l’unica via per riportare al centro dell’indagine giuridica la condivisione.

(*) Il testo riprende e assomma, con alcune modifiche e l’aggiunta della bibliografia essenziale, le relazioni svolte dagli Autori al Convegno, organizzato dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, il 12 giugno 2025, su “Diritto e democrazia in Italia e nel mondo contemporaneo. Lo sguardo del cinema”, nell’ambito del Progetto “RapPresent – Report on the Present. The state of law and democracy in the contemporary world through audiovisual representations”. Il testo confluirà nel fascicolo n. 2/2025 (semestrale) della Rivista telematica di diritto tributario.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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