Transitional CbCR Safe Harbour: analisi della disciplina e impatti in capo alle MNEs
Di Sofia Weultjes
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Abstract (*)
Al fine di contrastare l’elevato grado di complessità proprio della disciplina GloBE a regime, l’OCSE ha previsto l’adozione di Safe Harbours. Tra questi si annovera il Transitional CbCR Safe Harbour, regime semplificatorio che consente di azzerare l’imposizione integrativa per le giurisdizioni considerate a basso rischio. Il presente contributo indaga, dopo averne analizzato i prolegomeni, gli aspetti più impattanti della disciplina, attualmente contenuta nel D.M. 20 maggio 2024, evidenziandone gli esiti caleidoscopici in capo alle MNEs che sono in procinto di accedere a tale regime derogatorio.
Transitional CbCR Safe Harbour: discipline analysis and impacts on MNEs – To offset the high degree of complexity under the GloBE Rules, the OECD opted for the introduction of Safe Harbours. These include the Transitional CbCR Safe Harbour, a simplifying regime that allows low-risk jurisdictions to deem the Top-up Tax to zero. This contribution examines, after analyzing its prolegomena, the most impactful aspects of the discipline, recently enacted in the Ministerial Decree of May 20, 2024, highlighting its kaleidoscopic outcomes on those MNEs that are about to access this derogatory regime.
Sommario: 1. Introduzione. – 2. La Tested Jurisdiction. – 3. La centralità della fonte dei dati. – 4. Utile (o Perdita) Ante Imposte, Ricavi e Imposte Rilevanti Semplificate.– 5. I tre test e l’esercizio transitorio. – 6. Riduzione da attività economica sostanziale: le spese salariali ammissibili e le immobilizzazioni materiali ammissibili. – 7. L’applicazione dei regimi transitori semplificati: esiti caleidoscopici. – 8. Conclusioni.
1. L’elevato grado di complessità della Global Minimum Tax ne ha notoriamente, sin dalla pubblicazione delle Model Rules, costituito una costante tara valutativa. A tal riguardo, l’OCSE aveva previsto all’art. 8.2 delle Model Rules l’adozione di Safe Harbours (o Porti sicuri), in grado di alleviare l’incremento di compliance e costi amministrativi che inevitabilmente avrebbero interessato le MNEs, e di consentire, al contempo, un adattamento meno impattante per le Amministrazioni fiscali. Successivamente, l’Implementation Framework ha individuato e definito due categorie di regimi semplificatori: i Permanent Safe Harbours e i Transitional Safe Harbours. All’interno di questi ultimi rientra il Transitional CbCR Safe Harbour (“TSH”), oggetto della presente disamina.
L’ingresso di questi ultimi nel nostro ordinamento è avvenuto mediante il recepimento all’art. 39 D.Lgs. n. 209/2023 (“D.Lgs.”) dell’art. 32 Direttiva n. 2523/2022, il quale rimanda, per quanto concerne l’attuazione della disciplina, all’emanazione di un Decreto Ministeriale (“DM”), che ha visto la luce il 20 maggio 2024 e che contiene, in buona sostanza, una trasposizione delle principali regole delineate dall’OCSE (rispettivamente all’interno del documento Safe Harbours and Penalty Relief di dicembre 2022 e delle Administrative Guidance di luglio e dicembre 2023), successivamente trasposte nella versione consolidata del Commentary (“Commentario”), pubblicato il 25 aprile 2024.
Il regime opzionale transitorio, di cui si tratta, consente di ridurre presuntivamente a zero la Top-up Tax (imposta integrativa) in quei Paesi che superano almeno uno dei tre test previsti, ovvero il test De minimis, quello dell’Aliquota di Imposizione Effettiva Semplificata e quello del Profitto ordinario. Tale disciplina si applica ai soli periodi di imposta che iniziano entro il 31 dicembre 2026 e terminano non oltre il 30 giugno 2028. Come si avrà modo di apprezzare diffusamente nel prosieguo, i dati, ai fini della verifica dei tre test, sono desunti dalla Rendicontazione Paese per Paese (“CbCR”), che deve essere Qualificata, nonché alimentata, a sua volta, da Rendiconti Finanziari anch’essi Qualificati.
Di primo acchito, non si è potuto che constatare un accoglimento favorevole da parte dei gruppi soggetti alla disciplina della Global Minimum Tax (“MNEs”), i quali hanno iniziato, con diversi gradi di solerzia, ad apprestare analisi volte a verificare il superamento o meno dei tre test, confidando in un sistema che fosse in grado di ridurre considerevolmente quella dose di complessità tanto esecrata. Cionondimeno, come sovente accade quando si osservano le cose più da vicino, la sicurezza di tale “porto” si è disvelata, a tratti, più un riflesso di quello che dovrebbe essere, piuttosto che quello che realmente è.
Con tale sguardo critico, il presente contributo si pone l’obiettivo, dopo aver elaborato i prolegomeni dei CbCR Safe Harbours, di ponderarne gli aspetti più impattanti sulle MNEs, mettendo in luce le concrete difficoltà che presenta tale impianto derogatorio. Come è facile intuire, nelle pieghe della disciplina, che presenta un buon grado di rigidità, si celano insenature (che è bene conoscere), le quali, se non adeguatamente circumnavigate, rischiano di tramutarsi in pericolose secche.
2. Prima di procedere all’esame dei parametri rilevanti e dei singoli test, occorre inquadrare l’ambito applicativo della disciplina ed esaminare il ruolo primario che in essa assumono i dati di partenza.
I regimi transitori semplificati sono tarati su base giurisdizionale, ossia devono essere verificati, come chiarisce diffusamente il Commentario, per ciascuna giurisdizione in cui il gruppo opera (la c.d. Tested Jurisdiction). Più precisamente, laddove il singolo Paese superi almeno uno dei tre test, esso si qualifica ai fini dei Safe Harbours e potrà, conseguentemente, beneficiare degli effetti del regime semplificato. Ogni Paese è dunque considerato una monade a sé stante e la sua qualificazione o meno, ai fini della disciplina in parola, non costituisce causa impediente a che un’altra giurisdizione possa beneficiare del regime.
L’impermeabilità che contraddistingue i predetti confini non si estende, però, al loro interno, dove possono crearsi delle partizioni al ricorrere di determinate fattispecie. Nello specifico, posto che i test si applicano sui dati di tutte le entità e stabili organizzazioni collocate nella Tested Jurisdiction (secondo il jurisdictional blending approach proprio della disciplina a regime), se dovessero essere presenti, nella rilevante giurisdizione, delle Joint Ventures o un Gruppo di JV, esse dovranno essere trattate come se si trovassero in giurisdizioni a sé stanti.
Sono previste, inoltre, delle esclusioni: tra di esse si annoverano le entità apolidi, i gruppi che hanno optato per il regime di imposizione dell’utile distribuito e i gruppi a controllante multipla il cui CbCR non include le informazioni relative ai gruppi che lo compongono. Accanto alle menzionate ipotesi, se ne affiancano altre relative a fattispecie peculiari, che in questa sede ci si limita a citare: tra queste rientra la disciplina relativa alla capogruppo (“UPE”) trasparente o soggetta al regime del dividendo deducibile e quella concernente le entità di investimento.
La disciplina ricomprende, poi, casistiche sui generis. Segnatamente, opera la presunzione aprioristica per cui l’imposizione integrativa si presume pari a zero anche per le imprese detenute per la vendita e le imprese partecipate in misura minoritaria (“MOCEs”), se localizzate in una giurisdizione che beneficia del regime derogatorio.
Un ulteriore aspetto qualificante è dato dal “once out, always out approach”, in base al quale se la MNE non ha applicato tale regime sin dal primo anno di entrata in vigore delle Model Rules non potrà accedervi l’anno successivo (cfr. art. 7 DM e parr. 3, 27, Commentario, 289, 285). A tal proposito, possono verificarsi tre fattispecie: la prima, in cui la giurisdizione che si è qualificata ai fini TSH il primo anno può qualificarsi anche nel secondo (sempre se supera almeno uno dei tre test). Si può, poi, avere l’ipotesi inversa, in cui il gruppo non abbia optato sin da subito per l’applicazione del regime, ovvero non abbia superato alcuno dei tre test in una data giurisdizione, con la conseguenza che non potrà più ricorrervi con riferimento a detta giurisdizione. Infine, l’accesso al regime non è precluso se il primo anno il gruppo non possedeva entità in una determinata giurisdizione ma l’anno successivo, per effetto, ad esempio, di operazioni straordinarie, estenda il suo perimetro anche nella suddetta giurisdizione.
Nell’ipotesi in cui emerga che il contribuente non avrebbe dovuto beneficiare dei regimi semplificati con riferimento ad una o più giurisdizioni, discende la decadenza dai regimi semplificati a partire dall’anno in cui sono stati operati i calcoli (errati), con il conseguente obbligo di applicazione della disciplina ordinaria (a regime).
3. L’impianto applicativo dei Transitional CbCR Safe Harbours gravita intorno all’informativa proveniente dal CbCR, che costituisce la base di partenza per la determinazione dei ricavi e del reddito della MNE su base giurisdizionale. La fonte dei dati assume un ruolo primario, tanto che l’OCSE richiede un’elevazione qualitativa prescrivendo che il CbCR sia qualified, ossia predisposto avvalendosi di Qualified Financial Statements (“Rendiconti Finanziari Qualificati” o “QFS”). Più precisamente la qualificazione dei rendiconti, che ne è indice di attendibilità, costituisce conditio sine qua non per l’applicazione dei regimi semplificati.
Sono Rendiconti Finanziari Qualificati (cfr. art. 1, comma 1, n. 11, DM): i) i rendiconti utilizzati per la predisposizione del bilancio consolidato della UPE; ii) i bilanci o rendiconti separati delle imprese predisposti in base ai principi contabili conformi o autorizzati, sul presupposto che le informazioni ivi riportate siano predisposte in base a tali principi e siano affidabili; e, in ipotesi in cui l’impresa non sia soggetta al consolidamento “linea per linea” per ragioni dimensionali o di rilevanza; iii) i bilanci di tale impresa utilizzati per la predisposizione del CbCR del gruppo.
Relativamente alla ripartizione esposta, se ne evidenzia la consonanza, in termini sistematici, con quanto previsto agli artt. 3.1.2 e 3.1.3 delle Model Rules. Quanto invece alla prima categoria di dati, per bilanci redatti ai fini del consolidato si intende il Reporting Package, senza che si debba provvedere alla predisposizione di ulteriori bilanci separati; diversamente, nella seconda ipotesi sono presi a riferimento i bilanci redatti per le singole entità, generalmente (ma non necessariamente) ai fini della rendicontazione civilistica. Nel complesso, è richiesta una base informativa di cui la MNE è già in possesso, non rendendosi necessario creare un quid ad hoc né, tantomeno, apportare aggiustamenti al piano dei conti, salvo alcune eccezioni. La ratio sottostante a tale scelta è riconducibile alla duplice esigenza, a un tempo, di razionalizzazione e semplificazione, coerente con il più ampio intento finalistico della disciplina del TSH. All’interno di tale solco trova, pertanto, la sua fisiologica giustificazione la scelta di assumere tendenzialmente inalterati i dati risultanti dal CbCR, e prima ancora dai rendiconti qualificati, senza dunque apportare gli adjustments prescritti dalle regole GloBE a regime, anche laddove l’adeguamento assicurerebbe valori più aderenti alle Model Rules o coerenti con il trattamento fiscale dell’operazione. A tale paradigma si affiancano poche, rilevanti, eccezioni.
Si segnalano, in particolare, due rettifiche. La prima attiene alla Perdita Netta da Valutazione di Partecipazioni (cfr. art. 2, comma 7, DM), che, se superiore a 50 milioni, deve essere integralmente sterilizzata dall’Utile o Perdita Ante Imposte (come avviene anche nel calcolo del GloBE Incomeex art. 3.2.1 c)), consentendo così una corretta valutazione dell’ammontare risultante dall’Utile o Perdita Ante Imposte.
La seconda, invece, pertiene alle rettifiche concernenti l’Allocazione del Prezzo di Acquisto (“PPA”), le quali possono essere foriere di distorsioni significative, se incorporate nei rendiconti e nei bilanci separati. Pertanto, regola vuole che i Financial Statements includenti le PPA non ottengano l’attributo di Qualified, salvo al ricorrere congiunto di due condizioni: vale a dire, ove sia garantita la coerenza della rendicontazione e sia operata una apposita rettifica dell’impairment del valore di avviamento (cfr. art. 11 DM).
Proseguendo ulteriormente nella delineazione qualitativa della fonte dei dati, vige un principio di coerenza (cfr. Relazione illustrativa all’art. 7, commi 5 e 6, DM), declinato nella richiesta che i dati utilizzati a livello computazionale provengano dai medesimi Qualified Financial Statements, imponendosi, dunque, una uniformità a cascata, atta ad evitare disallineamenti. Inoltre, l’omogeneità della fonte dei dati deve essere verificata applicando sempre un approccio giurisdizionale: ben potrebbe infatti accadere, sulla scorta dell’approccio stand alone prima evidenziato, che la base dati o i principi contabili adottati per una Tested Jurisdiction differiscano rispetto a quelli di un’altra Tested Jurisdiction.
Esulano da tale ortodossia le Entità Non Materiali e le stabili organizzazioni (“PEs”), i cui dati possono provenire da qualsiasi fonte ammessa dal Commentario o dalle Administrative Guidance e andranno, così, a sommarsi ai dati “qualified” delle altre entità. Con specifico riferimento alle PEs (cfr. art. 12 DM), trattandosi di un fenomeno prettamente fiscale e non contabile, è assai infrequente che, dal consolidato predisposto dalla UPE o dai bilanci separati predisposti dalla casa madre, emergano ricavi e utili ad essa riferibili; ragion per cui, in assenza di rendiconti qualificati, i Ricavi totali e l’Utile Ante Imposte possono essere attinti dai rendiconti separati della casa madre redatti per la stabile organizzazione ai fini della rendicontazione finanziaria, normativa, fiscale o di controllo interno di gestione. Ulteriore precisazione è che, al fine di evitare un doppio conteggio del risultato economico, la casa madre dovrà elidere l’utile (o perdita) della stabile organizzazione dal proprio risultato ante imposte.
Finora si è argomentato postulando l’obbligo di compilazione del CbCR in capo alla MNE, ma ben possono emergere ipotesi in cui il gruppo non è soggetto a tale vincolo (basti pensare ai gruppi nazionali, ossia operanti in un’unica giurisdizione). Al fine di scongiurare una disparità di trattamento ed evitare un contrasto con la ratio stessa della disciplina, è previsto che tali soggetti possano comunque accedere al regime, compilando la sezione 2.2.1.3 (a) della GIR (Global InformationReturn), avvalendosi dei Rendiconti Finanziari Qualificati e, conseguentemente, dei dati, che avrebbero dovuto impiegare qualora fossero rientranti nell’ambito applicativo del CbCR.
4. Come ampiamente rilevato, i regimi semplificati hanno nell’informativa CbCR il loro fulcro. La scelta di fare affidamento su tale base deriva dalla consonanza finalistica delle due discipline; oltre a ciò, è assai probabile che, i gruppi in scope ai fini Pillar Two siano, prima ancora, tenuti a compilare il CbCR. Da qui la coerente scelta di permettere l’utilizzo di quest’ultimo ai (soli) fini Safe Harbours: in caso in cui una giurisdizione non si qualifichi, l’imposta integrativa dovrà essere computata applicando le regole ordinarie.
Dal CbCR qualificato sono tratti i dati relativi ai Ricavi Totali e all’Utile (Perdita) Ante Imposte, mentre non sono utilizzate le informazioni ivi rilevate con riferimento alle imposte sul reddito (imposte sul reddito pagate e imposte sul reddito maturate nell’anno corrente). Quantunque dette informazioni siano entrambe riportate nel CbCR di una multinazionale, le stesse non sono reputate adeguate ai fini Safe Harbours, in quanto non rappresentative delle imposte di “competenza” del rilevante esercizio, ragion per cui occorre fare riferimento alle imposte sul reddito registrate nei Rendiconti Finanziari Qualificati di ciascuna entità. In particolare, debbono essere considerate tutte le imposte sul reddito, con ciò comportando l’inclusione della fiscalità differita (cfr. art. 4, comma 2, DM). L’inclusione delle imposte anticipate e differite implica, in sede di test dell’Aliquota di Imposizione Effettiva Semplificata (“ETR semplificato”), la valorizzazione dell’impatto generato dalle differenze temporali, senza che per contro si renda necessario apportare gli aggiustamenti richiesti dalla disciplina a regime, né effettuare l’imputazione delle imposte tra le entità del gruppo in ossequio all’art. 31 D.Lgs.
Ne deriva che, all’interno delle Imposte Rilevanti Semplificate, sono ricomprese anche le rettifiche indicate a bilancio afferenti ad imposte relative all’esercizio precedente. È fatta eccezione per le posizioni fiscali incerte (le c.d. return to provision), le quali, al contrario, vanno scomputate.
Infine, applicando una tecnica non dissimile da quella dei vasi comunicanti, si prevede che dalle imposte sul reddito utilizzate per il calcolo dell’ETR semplificato debba essere scomputata la parte afferente ai redditi non risultanti da CbCR. Detto in altri termini, le Imposte Rilevanti Semplificate rilevano solo nella misura in cui afferiscano a redditi inclusi nella Rendicontazione Paese per Paese (cfr. art. 4, comma 3, DM), al netto degli importi che non costituiscono imposte rilevanti e dei valori costituitivi di posizioni fiscali incerte.
5. Al fine di ottenere la qualificazione per i regimi semplificati è necessario che una giurisdizione passi almeno uno dei tre test: i) il test De minimis (o De minimis test), ii) il test dell’Aliquota di Imposizione Effettiva Semplificata (o Simplified ETR test) o iii) quello del Profitto ordinario (o Routine profit test).
Il De minimis test (cfr. art. 3 DM) si pone nel solco dell’esclusione de minimis di cui all’art. 5.5 delle Model Rules, ricalcandone in parte i meccanismi applicativi. Esso si sostanzia nell’analisi di due parametri, i Ricavi Totali e l’Utile Ante Imposte: laddove i Ricavi Totali siano inferiori a 10 milioni e l’Utile Ante Imposte sia inferiore ad 1 milione (ovvero emerga una Perdita) il gruppo si qualifica ai fini dei regimi semplificati.
Ciò che distingue il test a regime da quello operato ai fini TSH è, innanzitutto, il dato di riferimento, che non è il risultato di una media su più periodi di imposta ma il valore riportato nel CbCR relativo al rilevante esercizio. Inoltre, si applica anche a quelle MNEs che sono passate ad adottare i bilanci qualificati, quale fonte dei dati per alimentare il CbCR.
È previsto, poi, un trattamento peculiare per le entità detenute per la vendita non incluse linea per linea nel bilancio consolidato: mentre ai fini degli altri due test i dati relativi a tali imprese devono essere computati solo ove inclusi nel CbCR (o, nell’ipotesi in cui il gruppo non fosse tenuto alla sua compilazione, i dati che avrebbero dovuto essere inclusi), ai fini del De minimis test i loro ricavi devono invece essere sommati a quelli risultanti da CbCR, ove in esso non presenti. Questo permette di evitare che la giurisdizione superi il test per il solo fatto di possedere suddette entità, che, in quanto tali, sono escluse dal bilancio consolidato.
Il Simplified ETR test (cfr. art. 4 DM) consiste nel verificare che l’Aliquota di Imposizione Effettiva equivalga o superi quella transitoria (pari al 15% per i periodi di imposta a partire dal 2023, al 16% a partire dal 2025 e al 17% a partire dal 2026). L’aliquota in parola, similmente a quanto avviene al di fuori dei regimi semplificati, risulta dal rapporto tra le Imposte Rilevanti Semplificate (al numeratore) e gli Utili (Perdite) ante imposte ricavati dal CbCR per la giurisdizione da testare (al denominatore).
La percentuale così ricavata rileva per i soli regimi semplificati, con ciò intendendosi che, se la giurisdizione non dovesse superare alcun test, si dovranno operare i calcoli in full compliance, non potendo l’ETR semplificato essere reimpiegato, coerentemente con quanto previsto all’art. 5.2.1 Model Rules e, al contempo, essendo venuta meno la ratio semplificatoria propria del TSH.
Come già ricordato, dal valore delle imposte è decurtata la parte non riflessa nei redditi CbCR. Sempre con riferimento alle imposte, è previsto un trattamento ad hoc per le PEs, le società controllate estere e le entità ibride; con riferimento ad esse, opera la regola che impone di evitare il double counting, ragion per cui le imposte sul reddito loro riferibili devono essere conteggiate solo nel Paese in cui tali entità sono localizzate. Diversamente, qualora la giurisdizione non dovesse qualificarsi ai fini TSH, le imposte delle entità in parola concorreranno alla determinazione dell’ETR nella giurisdizione in cui si trovano rispettivamente la casa madre, la controllante e l’impresa proprietaria.
Infine, il Routine profit test (cfr. art. 5 DM) si sostanzia nel confronto tra il profitto medio ordinario (“SBIE”), calcolato secondo l’art. 35 D.Lgs. e il Decreto Ministeriale dell’11 ottobre 2024 (“DM SBIE”), e l’Utile (Perdita) ante imposte emergente da CbCR. Nel caso in cui lo SBIE sia uguale o superi il secondo parametro, il test è da ritenersi superato. L’obiettivo è premiare i gruppi con una presenza attiva e significativa in una data giurisdizione, espressa dal valore delle spese salariali e di immobilizzazioni materiali ammissibili relative ad ogni giurisdizione.
Rimandando infra per una trattazione analitica dello SBIE, in questa sede è opportuno precisare che gli importi necessari per la sua determinazione devono essere estrapolati dai Rendiconti Finanziari Qualificati, scomputando, da tale importo, i costi per salari e le immobilizzazioni materiali delle entità non in scope sia ai fini CbCR, come le entità destinate alla vendita, sia ai fini GloBE, quali sono le entità escluse. Può anche verificarsi la circostanza per cui un’entità, in virtù dell’applicazione combinata della disciplina CbCR e GloBE, si trovi ad essere inclusa in due giurisdizioni diverse: in tal caso, in ottica semplificatoria, lo SBIE imputabile all’entità sarà escluso dal calcolo del valore in parola in entrambi i Paesi.
Basti sin d’ora evidenziare come la determinazione del profitto medio ordinario costituisca indubbiamente uno degli elementi più intricati della disciplina, ragion per cui, similmente al secondo test e coerentemente con quanto previsto prima ancora dalla disciplina a regime, in caso di Perdita Ante Imposte il test si ritiene automaticamente superato e, di conseguenza, non si dovrà procedere al suo calcolo.
Relativamente ai coefficienti da applicare alle spese salariali e alle immobilizzazioni materiali ammissibili ai fini del calcolo dello SBIE nel corso del periodo transitorio, sia il DM sia il DM SBIE rinviano all’allegato B del D.Lgs.
Con riferimento al periodo transitorio, l’introduzione dei regimi semplificati consente, oltre ad uno sgravio complessivo a favore dei gruppi, l’applicazione di un comparto di regole comuni per un determinato frangente temporale, a prescindere dall’introduzione normativa in tutte le giurisdizioni della disciplina Pillar Two; ciò, però, non comporta il venir meno de plano degli obblighi in capo alle MNE (quale, ad esempio, quello di presentazione della comunicazione rilevante o “GIR”).
L’effetto di mancata emersione dell’imposta integrativa si estende, inoltre, anche alle imposte che dovessero emergere dall’applicazione dell’art. 4.1.5 delle Model Rules o in conseguenza di un successivo ricalcolo della Top-up Tax in un periodo di imposta in cui si applicano le regole in full compliance. Inoltre, la GloBE Loss Election di cui all’art. 30 D.Lgs., da effettuarsi all’interno della GIR, è posticipata al primo anno in cui la giurisdizione non sia più soggetta ai regimi semplificati (nell’ipotesi in cui il gruppo sia rientrato in scope in tutti e tre gli esercizi, a partire dal 2027). Parimenti, con riferimento alla disciplina relativa alle imposte anticipate, differite e alle immobilizzazioni trasferite opera quanto stabilito all’art. 54, commi 2-5, D.Lgs.
Diversamente dalle fattispecie sopra descritte, le dilazioni temporali relative alla disciplina transitoria in tema di riduzione da attività economica sostanziale (art. 55 D.Lgs.), alla fase iniziale di esclusione dall’imposizione integrativa (art. 56 D.Lgs.), al differimento dell’imposta minima integrativa e dell’imposta minima suppletiva (art. 57 D.Lgs.) e, infine, all’esenzione transitoria per gli obblighi di comunicazione (art. 58 D.Lgs.) non sono suscettibili di estensione né possono essere posticipate.
Come ricordato anche supra, non è previsto un esonero dagli obblighi informativi e dichiarativi inerenti al regime transitorio semplificato con riferimento al Paese testato. È opportuno, a tal riguardo, effettuare un breve cenno sulla modalità di esercizio dell’opzione, in assenza della quale non è possibile beneficiare del regime. La stessa deve essere effettuata nell’ambito della comunicazione rilevante (art. 51, comma 1, lett. b), D.Lgs.), indicando, all’interno della seconda sezione, il superamento di uno dei test (anche nell’ipotesi in cui la giurisdizione ne superi più di uno andrà indicata solo un’alternativa), in relazione a ciascuna giurisdizione per la quale si vuole usufruite della deroga. L’opzione ha efficacia per un esercizio ed è rinnovabile per gli esercizi ricompresi nel Periodo Rilevante, anche ove si soddisfi un test diverso. Il soddisfacimento di almeno uno dei tre test costituisce, dunque, condizione necessaria e sufficiente, non essendo invece richiesto il superamento per tutti e tre gli anni del medesimo test. L’opzione è affetta da inefficacia se sono commessi Errori Significativi e si ripercuote negli esercizi successivi, precludendo sostanzialmente al gruppo l’accesso ai regimi semplificati. Al contrario, eventuali Errori Formali non si ripercuotono sulla validità dell’opzione.
6. In controtendenza rispetto alla logica semplificatoria propria del TSH, il test del profitto ordinario prevede che, ai fini dell’espletamento dei calcoli per lo SBIE, si faccia riferimento a quanto stabilito dalle Model Rules (cfr. art. 5, comma 1, DM).
La riduzione da attività economica sostanziale (cfr. art. 35 D.Lgs.) si concreta in un parametro che risulta dall’applicazione di specifici coefficienti a due fattori produttivi, le spese salariali ammissibili e le immobilizzazioni materiali ammissibili, calcolate inizialmente a livello di singola entità e, successivamente, aggregate su base giurisdizionale. La prima grandezza è data dal comparto di spese relative ai dipendenti. Sono tali: stipendi, salari e spese sostenute a vario titolo a beneficio diretto del dipendente, tra cui si annoverano assicurazioni sanitarie, contributi pensionistici, imposte sulle spese salariali e sull’occupazione (gravanti sul datore di lavoro, senza possibilità di rivalsa), contributi previdenziali a carico del datore di lavoro. All’interno della seconda grandezza, invece, sono ricomprese quattro categorie, i.e.i) immobili, impianti e attrezzature localizzate nel Paese, ii) risorse naturali localizzate nel Paese, iii) diritto del locatario o del locatore di utilizzo dei beni tangibili localizzati nel Paese, iv) concessione da parte dell’Amministrazione pubblica per l’uso di beni immobili o lo sfruttamento di risorse naturali che comportano un investimento significativo in beni tangibili nel Paese.
Per la determinazione dei due parametri, i dati sono anzitutto quelli rilevanti ai fini del bilancio consolidato della UPE.
La scelta di operare uno scomputo dall’utile, ai fini GloBE, del reddito medio ordinario indirettamente ricavabile dalle spese salariali (“Payroll carve-out”) e dalle immobilizzazioni materiali (“Tangible Asset carve-out”) nasce dall’esigenza escludere dall’ambito applicativo della disciplina i redditi rinvenienti da fattori usualmente meno mobili e, fisiologicamente, meno soggetti a manovre fiscali elusive.
La complessità che caratterizza la determinazione dell’attività economica sostanziale impone un’analisi ex professo di tali parametri.
Per dipendenti ammissibili (di cui le spese salariali ammissibili costituiscono il precipitato definitorio) si intendono le persone fisiche che prestano attività di lavoro subordinato a tempo pieno o part-time, nonché i lavoratori autonomi che partecipano alle attività di natura operativa ordinaria sotto la direzione e controllo del gruppo. Com’è evidente, si è optato per una definizione a maglie larghe, in linea con quella prevista ai fini CbCR, che include anche i prestatori di lavoro indipendenti, superando così le incertezze discretive rispetto alla categoria dei dipendenti sorte in sede CbCR.
Essendo le componenti dello SBIE computate su base giurisdizionale, il calcolo deve essere effettuato includendo le spese dei lavoratori che svolgono le loro mansioni nella giurisdizione in cui si trova l’entità datrice di lavoro. Tuttavia, non è infrequente l’ipotesi in cui il lavoratore operi anche al di fuori dell’employer’s jurisdiction (cfr. art. 3, comma 2, lett. b) e c), DM SBIE e parr. 33-33.1 Commentario, 152). Si tratta di dipendenti che lavorano (anche a distanza) all’esterno del Paese in cui ha sede l’impresa in questione, ovvero di dipendenti distaccati o assunti da un’altra entità al di fuori del Paese in cui ha sede l’impresa. Al verificarsi di tali ipotesi, qualora il lavoratore presti la propria attività prevalentemente (i.e. oltre il 50%) presso la giurisdizione in cui è collocata l’entità datrice di lavoro, opererà un effetto assorbente tale per cui l’entità sarà legittimata a impiegare, ai fini del calcolo dello SBIE, tutte le spese inerenti al lavoratore, includendovi anche quelle che dovrebbero essere imputate all’estero. Diversamente, laddove l’attività lavorativa sia svolta prevalentemente all’estero (i.e. oltre il 50%), all’entità datrice di lavoro è consentito di impiegare solo la quota parte dei costi relativi all’attività svolta nel Paese in cui essa è collocata.
Quanto alle componenti relative ai costi, si evidenzia, parimenti, un approccio volto ad includere una vasta categoria di spese (tra cui, in via residuale, si annoverano i costi che si traducono in un beneficio diretto e distinto in capo al dipendente). Sono escluse dal Payroll carve-out le somme capitalizzate a valore corrente fra le immobilizzazioni materiali ammissibili, che dovranno essere computate ai fini del Tangible Asset carve-out, mentre sono da includersi anche le spese per il personale capitalizzate nella voce Other Tangible Assets, incluse le rimanenze. In sostanza, la citata riduzione è data dalla somma di dette spese per come risultano dalla contabilità nell’esercizio di riferimento.
Passando ora alla riduzione per immobilizzazioni materiali, come per le spese salariali, anche in questo caso viene adottato un approccio volto a ricomprendere il maggior numero possibile di fattispecie sintomatiche di un esercizio effettivo di attività (chiara dimostrazione di ciò è la scelta di includere, accanto ai beni materiali di proprietà, quelli in leasing). Sempre sul piano metodologico, ai fini del calcolo sono ricompresi i Tangible Assets collocati nella giurisdizione ove si trova l’entità di riferimento che ne detiene la proprietà o il diritto d’uso. Può, inoltre, verificarsi l’ipotesi in cui la giurisdizione di riferimento non sia individuabile o ve ne sia più di una: in tal caso, si applica il medesimo criterio visto per i dipendenti in caso di distacco.
Il Tangible Asset carve-out non ricomprende il valore contabile netto degli immobili (inclusi terreni e fabbricati) destinati all’investimento, alla vendita o alla locazione, in quanto non denotanti un’attività sostanziale. Pertanto, laddove presenti, occorre procedere ad una loro epurazione ai fini del calcolo.
In termini valutativi (cfr. parr. 49-52 Commentario, 157-159, art. 35 D.Lgs. e DM SBIE), il valore contabile netto da indicare corrisponde a quello utilizzato ai fini della redazione del bilancio consolidato della UPE, tenuto conto delle PPA e delle elisioni legate alle vendite inter-company, ridotto di eventuali svalutazioni, ammortamenti, perdite da riduzione di valore accumulate ed incrementato dell’ammontare attribuibile alla capitalizzazione delle spese salariali. Essendo il Tangible Asset carve-out una media tra il valore all’inizio e al termine dell’esercizio, qualora l’asset sia acquistato o venduto oppure sia acquisito o estinto il relativo diritto d’uso nel corso del periodo di imposta, allora il valore a inizio o a fine anno sarà nullo con conseguente riduzione effettiva alla metà del valore preso in considerazione ai fini del calcolo. In generale, per immobili, impianti e macchinari si applica il metodo del costo, al netto delle quote di ammortamento e delle perdite per decremento del valore. Laddove i principi contabili consentano l’utilizzo del Revaluation method, per il computo dello SBIE occorrerà sterilizzare incrementi o decrementi di valore. In altri termini, il cambio di valore del bene non incide sull’attività sostanziale in concreto svolta.
Da ultimo, per le stabili organizzazioni è, ancora una volta, adottato un approccio top-down, tale per cui i valori presi a riferimento non devono essere tenuti in considerazione dalla casa madre (onde evitare una doppia imputazione) e sono estrapolati dalla contabilità separata della PE, ove redatti secondo un principio contabile accettabile e solo nella misura in cui spese e immobilizzazioni siano allocate nella stessa giurisdizione della stabile a cui si riferiscono. Viceversa, in assenza di rendiconti separati o redatti secondo tali principi, si dovrà procedere a ricostruire i valori rilevanti come se la stabile avesse prodotto tale documentazione contabile ai fini della redazione del bilancio consolidato della UPE.
7. Esaminata la disciplina, non resta che vagliare l’impatto che il TSH esercita sulle MNEs. Sebbene il mantra dei regimi transitori sia la riduzione degli oneri e una proclamata semplificazione, cionondimeno residuano dei coni d’ombra, che invitano all’adozione di una più cauta prospettiva. Non si intende in questa sede negare né minimizzare la portata semplificatoria effettivamente permeante le disposizioni in oggetto, quanto, piuttosto, porre in evidenza le aporie che si celano dietro un impianto indubbiamente encomiabile nel suo complesso, le quali però, calate nella pratica, rischiano di inficiare lo strumento in esame se non conosciute e, soprattutto, non opportunamente gestite.
Quanto all’effetto semplificatorio, da un punto di vista sistematico, la struttura del TSH vanta, effettivamente, un elevato grado di semplificazione, reso possibile dal connubio tra un impianto di regole oggettivamente meno articolate rispetto alla disciplina a regime e l’utilizzo di dati prêt-à-porter, quali sono quelli desunti dal CbCR.
Il CbCR, pietra di volta dell’intero impianto computazionale, permette un notevole sgravio, in quanto da un lato non è richiesta ai gruppi la predisposizione ex novo di una base informativa e, dall’altro, gli stessi possono avvalersi di dati attendibili a livello sia contabile sia fiscale, connotati da elevata precisione, di pronta reperibilità e ridotta necessità di aggiustamenti, con conseguenti minori costi per i gruppi.
Nonostante il carattere di eccezionalità connotante le rettifiche da apportare, queste ultime determinano, de facto, un più o meno elevato grado di complessità. In tale prospettiva, la rettifica che pone maggiori ostacoli è quella relativa alle PPA che richiede un tracciamento delle operazioni di M&A effettuate dopo il 30 novembre 2021, al fine di determinare l’incremento del PBT derivante dall’eventuale impairment dell’avviamento.
Finora si è ragionato postulando (implicitamente) che il CbCR sia Qualified, quando, invece, ben potrebbe accadere diversamente. Invero, questo è il primo scoglio di fronte al quale si trovano i gruppi poiché la qualificazione del dato stessa è condizione di accesso al regime. Ciò significa che, prima ancora, i rendiconti devono essere allineati a quanto dispone la disciplina, in modo tale che il CbCR sia correttamente alimentato da un dato conforme, qualificato appunto. In sostanza, si assiste ad un mutamento (rectius, ampliamento) del ruolo del CbCR: da strumento di reportistica high-level a baricentro di determinazione dell’accesso ai regimi semplificati.
A ben vedere, però, il CbCR non è esaustivo per l’espletamento dei test, se si considera che alcune poste sono attinte altrove. È questo il caso delle Covered Taxes, prelevate dai Rendiconti Finanziari Qualificati delle singole entità, delle imprese non consolidate e delle PEs. Mentre nel primo caso, però, è sufficiente fare riferimento ai rendiconti i cui dati andranno a popolare il CbCR, per le entità non consolidate e le stabili la questione è più delicata. Innanzitutto, si pone un problema di individuazione e successiva inclusione di tali entità e stabili organizzazioni all’interno del perimetro della disciplina, attività rientrante, come si dirà, nel più ampio dovere di mappatura che è opportuno attuare prima ancora, o perlomeno contestualmente, alla raccolta dei dati. In secondo luogo, quanto alle PEs, nella maggior parte dei casi il gruppo non procede alla redazione di rendiconti finanziari qualificati per le stabili organizzazioni, ragion per cui dovranno essere raccolti i rilevanti dati patrimoniali ed economici avvalendosi delle altre fonti consentite dalla disciplina.
Infine, in deroga a quanto previsto in taluni casi dal CbCR, i Ricavi Totali e il PBT non devono essere modificati in ragione del trattamento fiscale delle componenti che concorrono alla loro determinazione (come nel caso dei pagamenti infragruppo trattati fiscalmente come dividendi nella giurisdizione del pagatore).
Il tutto, come si ha modo di apprezzare, si traduce in un’inevitabile polverizzazione della base dati, con tutto ciò che ne deriva in termini di dispersione di tempo nel recupero dei dati e di incremento dei costi.
Virando verso l’ambito di applicazione soggettivo, il più evidente profilo di semplificazione afferisce alle MOCEs, che, diversamente da quanto avviene per le regole GloBE, non sono soggette ad un trattamento specifico ai fini TSH; di conseguenza, rientrano nel recinto applicativo della giurisdizione di residenza fiscale insieme alle altre entità ivi localizzate fiscalmente.
Una trama più intricata è invece quella intessuta attorno alle regole relative alle entità destinate alla vendita: per un verso, esse non rientrano nell’ambito applicativo del CbCR, venendo di conseguenza prese in considerazione, ai fini del calcolo dei test TSH, solo con riferimento al primo test ed esclusivamente con riguardo al dato afferente i ricavi; per l’altro, esse tuttavia beneficiano del superamento dei test TSH con riferimento alle giurisdizioni di cui sono residenti.
Da ultimo, è d’uopo menzionare la disciplina dedicata agli ibridi (cfr. art. 14 DM), certamente annoverabile tra le principali complessità della disciplina, ma della quale – per ragioni di economia editoriale – non si può procedere ad un commento in questa sede.
Per quanto concerne i test, le semplificazioni affiorano in primo luogo nella struttura degli stessi, basata (eccezion fatta per lo SBIE) su parametri di non difficile reperibilità, e nella scelta di non effettuare gli aggiustamenti previsti dalle regole GloBE. Più nel dettaglio, si osserva come nel test de minimis un ulteriore sgravio sia rappresentato dalla scelta di avvalersi di un dato puntuale e non della media di più anni, mentre per l’ETR test i parametri necessari al calcolo risultino scevri dalle complicazioni inevitabilmente dettate dalla disciplina in full compliance, con la limitata eccezione rappresentata dalle limitate rettifiche da operare con riferimento al numeratore, costituito dalle Imposte Rilevanti Semplificate. Benché non sia richiesto di apportare i numerosi aggiustamenti sanciti per il computo delle imposte rilevanti rettificate, né si debba parimenti procedere all’imputazione delle imposte tra le entità del gruppo, le imposte semplificate devono comunque essere sfrondate dalle posizioni fiscali incerte; operazione lineare solo ove queste ultime siano contabilizzate separatamente. Più gravosa, per contro, potrebbe risultare la verifica in ordine alla circostanza che le imposte al numeratore della frazione afferiscano a proventi inclusi nel CbCR.
In merito al Routine Profit test, come sovente ribadito, lo SBIE ne rappresenta ictu oculi la spada di Damocle. La presenza di un test che prevede un computo a regime mal si concilia e pare anzi contraddire, se non addirittura soverchiare, la fisiologia stessa della materia in esame. Adottando la prospettiva dei gruppi, reperire tutti i dati necessari ai fini del calcolo può rivelarsi un’operazione tutt’altro che scontata: basti pensare alla determinazione della percentuale dei dipendenti distaccati. Non tutte le MNEs, infatti, possiedono o sono giunte ad implementare un sistema di tracciamento efficace dei dipendenti. La determinazione puntuale della percentuale di “impiego” all’estero, che nell’ipotesi di Tangible Asset risulta più meccanica (quantunque non banale), per le persone fisiche può tradursi in un autentico nodo gordiano, persino per quei gruppi che dispongono di efficaci sistemi di raccolta dati. Parimenti, in tale circostanza, è opportuno procedere alla redazione di un elenco dettagliato di tutte le fattispecie, ove presenti (i.e., in ipotesi di distacco con l’indicazione del distaccante e del distaccatario).
Infine, sottoponendo il TSH ad una prova di resistenza, ne risulta una scarsa propensione alle sollecitazioni, con un punto di rottura all’insegna del “once out always out approach”, anche solo per un evento straordinario dell’esercizio o una determinata scelta contabile. A fronte di tale ortodossia, il DM prevede un salvacondotto in caso di commissione di Errori Formali, benché esso operi in un momento successivo al calcolo.
Una semplificazione, dunque, quella del TSH, ma parziale, in quanto in concreto la gran parte dei gruppi si troverà scoperta per alcuni Paesi, in relazione ai quali dovrà apprestare le risorse ed i sistemi necessari per il computo GloBE.
8. Vagliati i caratteri del Transitional CbCR Safe Harbour e ponderati i suoi impatti sulle MNEs, non rimane che apporre qualche chiosa finale.
Prima facie, elaborato al fine di consentire ai gruppi con un adeguato livello di imposizione un “soft landing” nei primi anni di applicazione della disciplina GloBE, l’impianto del TSH svela tratti che inducono a propendere per l’adozione di una visione ben più sfaccettata rispetto a quella avanzata – rectius auspicata – dall’OCSE. L’impressione complessiva che è data ricavare è quella di una latente, ma costante, tensione tra l’abbattimento delle complicanze che il sistema in esame ambisce a perseguire e i caratteri di involuzione che è capace di gemmare. Questi ultimi non sono che il portato in parte delle Model Rules, in parte delle stesse previsioni semplificatorie introdotte; in particolare, sotto quest’ultimo aspetto la disciplina mostra i suoi lati più paradossali.
Ciò è evidente già a partire dalla scelta della fonte dei dati. Sebbene il CbCR costituisca la base principale da cui prelevare i valori, non è poi da solo sufficiente ai fini del calcolo: alcune poste (come le Covered Taxes), infatti, devono essere attinte altrove. A questa dispersione, si aggiungono le rettifiche da apportare e la necessità di rendere qualificata la Rendicontazione Paese per Paese.
Ancora, l’omogeneità temporale applicativa è contrastata dal (non sempre agevole) coordinamento con il periodo transitorio. Sotto il profilo soggettivo, invece, si assiste ad un addensarsi tra categorie di imprese già contemplate nel CbCR e quelle introdotte dalla disciplina GloBE: si pensi alle entità destinate alla vendita. Il trattamento differenziato previsto per una serie di fattispecie si riverbera nella necessità di effettuare una duplice mappatura del gruppo, sia ai fini CbCR, sia ai fini TSH.
Passando alla valutazione dei test, gli aspetti più spinosi per le MNEs pertengono al test dell’ETR semplificato e quello del Profitto ordinario.
Quanto al primo, si segnala l’elisione delle Uncertain tax Positions e la verifica della corrispondenza delle imposte indicate al numeratore con l’utile esposto al denominatore. In relazione al Routine profit test, invece, come supra diffusamente rimarcato, la determinazione dello SBIE secondo le regole in full compliance richiede un irrobustimento dei sistemi di raccolta dei dati, con riferimento ai due parametri di cui si compone, al fine di evitare che una dispersione del potenziale ammontare ne impedisca il superamento.
Sorge a questo punto spontaneo domandarsi se, a fronte delle criticità sopraesposte, le MNEs potranno effettivamente beneficiare di una riduzione dei costi e oneri legati al Pillar Two, considerando anche la fragilità strutturale cui l’intero regime presta il fianco, riassumibile nel “once out, always out approach”.
Sono infatti da considerare gli oneri derivanti dall’apprestare un piano dei conti degno di costituire una fonte qualificata; il che comporta un livello di interazione e di coordinamento non indifferente, in particolar modo per i gruppi che si articolano in diverse giurisdizioni. Tuttavia, tale sforzo, quantunque necessario postulato per evitare l’esclusione dal regime, non influisce, se non in minima parte, sul rischio di non superare il test. Detto altrimenti, l’aver apprestato una base dati impeccabile non esime, in ipotesi di esito negativo o di esclusione dal regime semplificato, dal dover effettuare i calcoli secondo la disciplina a regime, senza potersi avvalere in gran parte di quanto predisposto ai fini TSH. Addirittura, l’MNE sarebbe sottoposta a ben due sistemi computazionali, con un incremento non trascurabile in termini di impiego delle risorse. In attesa dell’attribuzione, da parte dell’OCSE, del carattere di permanenza a quello che ora è solo un regime transitorio, attualmente questi bias sistematici possono essere, sebbene in modo parziale, contenuti mediante una convergenza degli sforzi primariamente su quei Paesi ove si stima la debenza di una consistente imposta integrativa, nonché attraverso la predisposizione ed implementazione di piani di azione che tengano debitamente conto di entrambi gli scenari, magari affiancando già ab origine, al calcolo TSH, una serie di operazioni funzionali al calcolo a regime.
Al contempo, sarebbe improprio negare il ricovero offerto da tale “porto”, indubbiamente di non sempre agevole accesso, così come piena di torsioni è la disciplina che lo stesso si prefigge di domare. Il riparo, sebbene all’insegna del “bis peccare in bello non licet”, è presente e tale da assicurare nel complesso un decremento significativo degli oneri amministrativi e delle complessità di cui la disciplina in full compliance è foriera.
(*) Il saggio è stato sottoposto a double blind peer review con valutazione positiva. Esso confluirà nel fascicolo n. 1/2025 (semestrale) della Rivista telematica di diritto tributario.
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Diritti degli interessati
Ai soggetti cui si riferiscono i dati spettano i diritti previsti dall’art. 7 del D.Lgs. 196/2003 che riportiamo di seguito:
1. L’interessato ha diritto di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali che lo riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile.
2. L’interessato ha diritto di ottenere informazioni:
a) sull’origine dei dati personali;
b) sulle finalità e modalità del trattamento;
c) sulla logica applicata in caso di trattamento effettuato con l’ausilio di strumenti elettronici;
d) sugli estremi identificativi del titolare, dei responsabili e del rappresentante designato ai sensi dell’articolo 5, comma 2;
e) sui soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di rappresentante designato nel territorio dello Stato, di responsabili o incaricati.
3. L’interessato ha diritto di ottenere:
a) l’aggiornamento, la rettificazione ovvero, quando vi ha interesse, l’integrazione dei dati;
b) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati;
c) l’attestazione che le operazioni di cui alle lettere a) e b) sono state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, eccettuato il caso in cui tale adempimento si rivela impossibile o comporta un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto tutelato.
4. L’interessato ha diritto di opporsi, in tutto o in parte:
a) per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta;
b) al trattamento di dati personali che lo riguardano a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.
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