IL PUNTASPILLI: segnalazioni dalla redazione

Di Gianluca Stancati -

Società farmaceutiche: dal ruolo di stakeholder di sistema spunti per una “inerenza evoluta” (*)

Con la risposta n. 243 del 5 dicembre 2024 l’Agenzia delle Entrate ha affermato che i costi sostenuti dall’azienda farmaceutica per la realizzazione, di concerto con il SSN, dei “Patient Support Program (PSP), rispondono ad un programma imprenditoriale, sostanziandosi in un servizio addizionale post-vendita reso anche in forza di vincoli regolamentari, sulla base di convenzioni con gli enti di cura e nell’interesse di tutte le parti: pazienti, strutture sanitarie, società produttrice/distributrice. Agli effetti tributari, ne conseguono la deducibilità delle spese all’uopo sostenute e la detraibilità dell’IVA relativa. L’istante ha evidenziato che la realizzazione del PSP si configura cogente laddove previsto dalla regolamentazione di immissione in commercio, ovvero opportuna in quanto caldeggiata dallo stesso SSN, oltre che in termini di iniziativa conforme al codice deontologico di categoria (art. 4.7). Nel merito, con il supporto finanziario della società farmaceutica, si rendono disponibili – mediante un provider esterno – quattro principali servizi a beneficio dei i pazienti: assistenza continua per richieste relative al programma/trattamento terapeutico, supporto per i rimborsi, ausilio nel reperimento dei farmaci, servizi di trasporto. Dal punto di vista della società promotrice si perseguono finalità attinenti al miglioramento dei prodotti sul mercato, allo sviluppo quali-quantitativo del business, alla valutazione dell’efficacia dei farmaci e della loro distribuzione.

La riferita interpretazione, senz’altro condivisibile, al di là delle particolarità del caso di specie, può fornire una valida chiave di letture per tutte quelle iniziative che le aziende del settore assumono come stakeholder che contribuisce al perseguimento degli interessi pubblici, quali il diritto alla salute e l’efficiente gestione del sistema sanitario. In tale contesto la società farmaceutica intervieni in ambiti che attengono alla cura del rapporto medico-paziente (personalizzazione prescrittiva/migliore aderenza alla terapia), al miglioramento della condizione psico-sociale del paziente (medicina narrativa, desease awareness) nonché all’evoluzione dell’efficienza delle strutture sanitarie pubblica. Nel complesso il SSN consegue benefici sia diretti che indiretti, potendo contare sul concreto sostegno per iniziative senz’altro coerenti con la sua missione. Da una diversa visuale, la società apporta valori sostenibili rispetto ad una platea collettiva di beneficiari, interagendo con gli altri stakeholder che convivono nel medesimo “microsistema” (medici, farmacisti, pazienti, relative associazioni, strutture del SSN, Università).

Lo svolgimento di questo ruolo, se da una parte risulta, per così dire, incentivato dall’oggetto sociale e dai suoi collegamenti con valori primari che ne richiedono l’assoggettabilità a discipline di particolare rigore in ambito di “promozione”, in termini più generali va comunque coniugato con la strategia di impresa in chiave di economicità. Ciò è di particolare evidenzia per le diverse iniziative che, a prescindere dalla varietà e dalla declinazione, hanno a che fare con ad aree terapeutiche in cui sono presenti prodotti dell’azienda che le conduce.

Sul versante tributario, appaiano decisivi due passaggi che attengono (i) alla ricognizione del concetto di inerenza e (ii) al corretto dimensionamento della categoria delle spese di rappresentanza.

Se il primo – nell’impostazione preferibile – esprime la riferibilità del costo ad un programma imprenditoriale (piuttosto che ad esigenze personali di terzi, quali soci, amministratori ecc.), la disciplina ex art. 108 TUIR e le relative disposizioni attuative (decreto MEF 19 novembre 2008), come evidenziato in dottrina, dovrebbero essere oggetto di una interpretazione, non solo allineata alle finalità ispiratrici, ma soprattutto coerente con il sistema che governa il reddito di impresa.

A ben vedere i limiti posti da questa ultima normativa rispondono allo scopo di forfetizzare e semplificare l’analisi rispetto ad oneri sostenuti per erogare utilità a terzi tali da celare (anche potenzialmente) consumi più che costi, stante rischi di commistione tra finalità aziendali e benefici personali. La stessa elencazione operata dal menzionato decreto MEF circa le ipotesi ammesse alla piena deducibilità è la migliore chiave di lettura per costruire un ragionamento a tutto tondo. Il requisito “di gratuità”, enfatizzato dall’art. 1 del suddetto provvedimento, non può essere ignorato ma non va neppure distorto né sopravvalutato. In termini generali la piena rilevanza fiscale dei costi sostenuti dovrebbe coprire tutte le situazioni in cui risulta evidente il perseguimento di una strategia commerciale (incremento delle vendite) rispetto alla quale l’erogazione dell’utilità si atteggia come mezzo per un fine.

In questa prospettiva appaiono piuttosto regressivi i più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità (ord. n. 25143/2025) che ripropone un assai discutibile distinzione tra spese con diretta finalità promozionale dei prodotti e servizi commercializzati (pubblicità) ed oneri sostenuti per accrescere l’immagine della società e le possibilità di sviluppo, senza dar luogo ad una aspettativa di incremento delle vendite (rappresentanza).

Rapportando questi concetti al caso in esame, innanzitutto, la deducibilità dei costi/detraibilità dell’IVA va senz’altro riconosciuta ai contesti strettamente sinallagmatici in cui il beneficiario pubblico risulti obbligato a “pubblicizzare/divulgare” l’utilità ricevuta ed il suo dante causa. Ciò, peraltro, in analogia in quanto disposto espressamente per l’ipotesi di sostegno delle imprese agli interventi sui beni culturali (decreto del Ministero per i beni e le attività culturali del 19 dicembre 2012. V. Approfondimento Assonime n. 6/2013). Ma non solo. I riferiti elementi che connotano il ruolo di stakeholder appaiono idonei a suffragare, appunto, una sostanziale strategia commerciale sottesa, quanto meno, a tutti quegli interventi che si collocano nell’area terapeutica di interesse. Del resto, vincoli normativi e deontologici non consentono una piena libertà di scelta in ambito marketing-comunicazione, ivi incluse le dirette diffusioni dei nomi dei prodotti. Sicché l’accreditarsi come portatore di valori sostenibili è un fattore che mira a conseguire fiducia e credibilità nel menzionato microsistema, con ulteriori riflessi che ineludibilmente si riconducono all’ente societario in quanto soggetto economico.

(*) La rubrica ospita gli spunti di riflessione emersi nelle riunioni del Comitato di redazione, che non confluiranno nel fascicolo della Rivista telematica di diritto tributario né nella rivista digitale.

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