LA FARMACIA DEI SANI, LABORATORIO DI IGIENE GIURIDICA – Può un’agevolazione diventare una penalizzazione?

Di Francesco Crovato -

Abstract 

Alcune riflessioni sul paradosso che sta trasformando i contributi straordinari Covid, concepiti come agevolazioni, in una penalizzazione fiscale. L’applicazione rigida del principio di correlazione di costi e perdite con proventi o redditi esenti sovverte la ratio degli aiuti, tassando indirettamente i contributi attraverso il diniego del riporto delle perdite.

Some reflections on the paradox that is turning extraordinary Covid grants, conceived as tax reliefs, into a fiscal penalty. The rigid application of the correlation principle overturns the rationale of these measures, indirectly taxing business losses.

Sommario: 1. Preambolo. – 2. Il fatto. – 3. I contributi straordinari Covid restano fuori dall’ordinario meccanismo di determinazione del reddito d’impresa e dai suoi principi di simmetria. – 4. Il principio di correlazione di costi e perdite con proventi o redditi esenti non può trasformare un’agevolazione in una penalizzazione. – 5. Una assurda disparità di trattamento. – 6. Un insegnamento da questa vicenda.

1. È da un po’ di tempo che volevo entrare alla farmacia dei sani. Conosco il titolare che nell’antica farmacia confeziona sapientemente medicamenti e lenitivi.

Ho proprio per le mani il caso di un medicamento che anziché salvare il malato come ci si era proposti (offrendogli un sollievo tramite un contributo straordinario Covid, non rientrante nel reddito imponibile) provoca l’effetto collaterale di riprendersi, con interessi e sanzioni, le imposte una volta il paziente sia guarito (e tornato in utile).

Sembra surreale ma sta accadendo. Una agevolazione che si trasforma nel suo contrario.

Che sia il medico che lo somministra e ne segue nel tempo le applicazioni che sia il sistema o entrambe le cose, vale la pena parlarne perché è molto più di un caso limite. Fa comprendere che se il diritto diventa questo si inaridisce e perde completamente la sua funzione. Le leggi, i loro correttivi, le interpretazioni autentiche dei correttivi, i materiali connessi (elenchi di sentenze, elenchi di interpretazioni di dottrina e interpretazioni delle interpretazioni) si trasformano da strumenti a fini, diventando simili agli incantesimi di antiche fattucchiere con esiti imprevedibili.

2. Nel periodo dell’emergenza sanitaria la Commissione europea ha consentito deroghe alla disciplina generale degli aiuti di Stato per fronteggiare le situazioni di difficoltà generate dal Covid e auspicato interventi in tal senso da parte degli Stati1. In quel caso non serviva un vaccino ma aiuti finanziari alle attività economiche per permettere alle imprese di mantenersi in vita e risollevarsi non appena l’economia si fosse rimessa in moto.

Anche in Italia sono stati così previsti contributi finanziari straordinari; e per evitare che questi aiuti perdessero forza, o venissero addirittura vanificati dalle imposte, ci si è premurati di escluderne la rilevanza sul piano della tassazione del reddito2.

Senonché in questi mesi l’Agenzia delle Entrate ha avviato una estesa attività accertativa, recuperando a imposizione le perdite subite da molte attività economiche durante l’emergenza sanitaria in misura quantitativamente corrispondente ai contributi Covid ricevuti. Si è atteso che le imprese tornassero in utile; e l’agevolazione, per una specie di legge del contrappasso, si è trasformata in penalizzazione tassando le perdite che finalmente il contribuente si accingeva a recuperare con i primi redditi positivi conseguiti.

Questa attività accertativa si giustificherebbe, secondo l’Amministrazione finanziaria, sul presupposto che i contributi Covid sarebbero assimilabili a proventi esenti e dunque scatterebbe il limite al riporto delle perdite previsto dalla disposizione riprodotta per comodità in nota3. Tale lettura è stata confermata, anche dopo una meditazione più accurata, dalla risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-044589 del 29 ottobre 2025.

Ora, per rimediare, si sta pensando di intervenire con altri provvedimenti legislativi che, come sempre negli ultimi anni, complicherebbero il quadro e potrebbero aprire nuovi problemi su altre fattispecie presenti e future4.

Il discorso che faremo vale infatti anche per altri casi in cui il legislatore decide di trattare diversamente attività socialmente meritevoli come quelle che hanno ricadute sull’ambiente, sulla ricerca, sullo sviluppo, sull’innovazione. Anche in questo caso l’aiuto non deve trasformarsi in penalizzazione.

In realtà, ponendoci su un piano diverso dal mero commento alla legislazione minuta, la soluzione appare nella sua semplicità e nitidezza già a portata di mano. Non serve intervenire con una nuova disposizione per peggiorare la situazione, bastano la logica e i principi.

3. Quando una norma si propone di garantire che determinati contributi siano neutrali ai fini fiscali altera dichiaratamente il tradizionale meccanismo di determinazione del reddito d’impresa. E regole, pur generali, non possono a quel punto contraddire la finalità della norma specifica ed eccezionale.

Il diritto singolare (o eccezionale che dir si voglia) può anche derogare a una regola del sistema, che non viene applicata in tutte le sue più o meno logiche conseguenze. E questo in vista di una particolare utilità che suggerisce e rende opportuna una deviazione dallo standard.

La particolare esigenza nel caso degli aiuti Covid è non depotenziarli con la tassazione. La disposizione sull’irrilevanza reddituale degli aiuti significa che tali contributi non devono mai trovare ingresso nei meccanismi di determinazione del reddito d’impresa. Di conseguenza, non erodono neppure la perdita riportabile né impattano sulla deduzione dei costi.

4. Per una maniacale voglia di precisione, che diventa poi nei fatti imprecisione, la norma sui contributi Covid specifica anche che sono disapplicati gli artt. 61 e 109, comma 5, Tuir. Ma si dimentica di un pezzo del sistema ovvero la disposizione sul riporto delle perdite. Non c’è una logica per spiegare questa mancanza, è trascuratezza.

Per tenere tutto sotto controllo con millimetrica precisione si perde del tutto il controllo e si arriva all’assurdo.

Il diritto smarrisce così la sua funzione di regolare la convivenza e prevenire problemi, ma li genera. Sarebbe bastato fermarsi alla non concorrenza alla formazione del reddito e si sarebbero forse evitate le tortuose e cervellotiche interpretazioni letterali, a contrario, ecc., senza guardare la logica di fondo della disposizione che era assolutamente chiara: neutralizzare qualsiasi effetto tributario dei sussidi per dare loro massima efficacia.

Il senso degli artt. 61, 109, comma 5, e 84 Tuir è stato invece travisato quasi fossero una specie di ritorsione fiscale. Dietro queste disposizioni c’è infatti un problema vero. Il loro retroterra si dirige ai costi e oneri concettualmente simmetrici, cioè correlati ai proventi o ai redditi che fruiscono di esenzioni. La finalità della disposizione è, in definitiva, vietare operazioni di arbitraggio, deducendo costi cui simmetricamente corrispondono ricavi non imponibili. La stessa logica vale anche per le perdite.

C’è pertanto ancora pieno spazio per un’interpretazione conforme alla logica che ha ispirato la non concorrenza al reddito d’impresa dei contributi straordinari Covid, senza richiamare in causa il legislatore.

Nel caso di questi contributi non c’è infatti alcun arbitraggio da evitare. La norma è stata prevista per considerazioni che vanno oltre la semplice misurazione del reddito e della capacità contributiva. Le attività delle imprese nel periodo del Covid erano fragili e si è voluto intervenire per far fronte alla loro debolezza che le rendeva appunto passibili di incorrere in perdite anziché in utili e addirittura di chiudere.

Se il contributo straordinario non concorre alla formazione del reddito d’impresa, non incide sulla determinazione della perdita fiscale; questa rimane dunque pienamente riportabile. E non può esistere un principio generale, diretto ad altri fini, che possa trasformare un’agevolazione in una penalizzazione. I contributi straordinari Covid restano fuori dall’ordinario meccanismo di determinazione del reddito d’impresa e anche dai suoi principi di simmetria.

5. Si arriverebbe altrimenti all’assurdo. Se l’impresa era in utile ai tempi del Covid, quindi si trovava in una posizione migliore e meno necessitava dell’aiuto, beneficia dell’agevolazione quando riceve il contributo e non subisce alcuna conseguenza negativa dal principio di correlazione negli anni successivi. Se invece era in perdita, il contributo viene “tassato” perché fino al suo importo le perdite non saranno riportabili nei successivi anni di utile. Chi aveva maggiormente bisogno dell’aiuto Covid viene dunque penalizzato!

Questa illogica applicazione del principio di correlazione contraddice apertamente la finalità di neutralità fiscale ricercata dal legislatore. E finisce per confermare che la non concorrenza al reddito non è legata a un periodo d’imposta ma è assoluta; negare il riporto delle perdite impedisce alla norma di dispiegare i suoi effetti e ne inibisce l’efficacia.

6. Nata per semplificare le situazioni complesse della convivenza, la legislazione finisce spesso per complicare situazioni semplici. Gli attori del rapporto tributario ci mettono del loro. Anziché sforzarsi per argomentare e motivare una soluzione maggiormente soddisfacente, è più facile sostenere che “deve cambiare la legge”.

È allora questo il primo passo da compiere per invertire la rotta. Stare appresso alle questioni con qualche approfondimento in più, prendendosi a cuore i problemi e impegnandosi nelle valutazioni d’insieme di tutti gli elementi che astrattamente influiscono sul caso concreto, uno dei quali è il dato normativo.

Diversamente, la legge, che doveva limitare il giudice e tenere a freno il funzionario dallo zelo eccessivo e dalla troppa attenzione alle minuzie, diverrà sempre più un appiglio per pensare il meno possibile e nella sola logica del servizio al gettito.

1 Si veda la Comunicazione del 19 marzo 2020, “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”.

2 Per comodità del lettore riportiamo il testo della norma: «I contributi e le indennità di qualsiasi natura erogati in via eccezionale a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e diversi da quelli esistenti prima della medesima emergenza, da chiunque erogati e indipendentemente dalle modalità di fruizione e contabilizzazione, spettanti ai soggetti esercenti impresa, arte o professione, nonché ai lavoratori autonomi, non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e non rilevano ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917».

3 L’art. 84 TUIR prevede un limite al riporto delle perdite per l’importo pari ai «proventi esenti dall’imposta diversi da quelli di cui all’articolo 87, per la parte del loro ammontare che eccede i componenti negativi non dedotti ai sensi dell’articolo 109, comma 5».

4 Una nuova norma interpretativa (evocata da più parti) aumenterebbe paradossalmente l’incertezza normativa, dando il via a (apparentemente) sottili distinguo e interpretazione a contrario con effetti a catena imprevedibili su altri strumenti agevolativi. Si pensi a incentivi come i crediti d’imposta ricerca e sviluppo, a quelli per l’innovazione e la transizione ecologica, ecc., per i quali è prevista (come per gli aiuti Covid) la “non concorrenza” alla formazione del reddito. Fino ad arrivare magari ai dividendi percepiti dai soggetti Ires dove la non concorrenza è norma di sistema per rimuovere la doppia imposizione che altrimenti si genererebbe. Lo stesso arricchimento si presenta varie volte sotto forme diverse ma nella sostanza economica il reddito è sempre lo stesso: dapprima l’utile prodotto dalla società, poi i dividendi e infine eventuali plusvalenze o minusvalenze quando la partecipazione viene ceduta.

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