La stabile organizzazione IVA: riflessioni critiche in merito all’ambito definitorio e al concetto di “intervento” (Parte II)
Di Stefano Pavesi e Davide Laruffa
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Abstract (*)
L’articolo offre una analisi delle ragioni che hanno introdotto nel sistema dell’IVA una definizione autonoma di “stabile organizzazione”, alla quale sono attribuiti obblighi e diritti connessi all’applicazione dell’imposta, in funzione del suo coinvolgimento nelle operazioni di acquisto e vendita. Tale riflessione deriva dalla considerazione che tuttora gli operatori economici incorrono in difficoltà interpretative che li orientano verso l’istituto dell’interpello dal quale, tuttavia, ritraggono interpretazioni che non sempre appaiono idonee a fornire le certezze che gli operatori richiedono.
VAT fixed establishment: critical thoughts on the scope of definition and on the meaning of “intervention”, arising specific VAT obligations (Part two) – The article offers an analysis of the background reasons implying the introduction into the VAT system of a specific definition of Fixed Establishment which is entitled to exercise rights and obliged to comply with obligations connected with the application of VAT, as a consequence of its “intervention” in the purchases and supplies. The above thoughts derive from the circumstance that taxyayers incur in difficult interpretations addressing them to requests of binding rulings to the Tax Authorities, where these latter provide official interpretations which do not provide to the taxpayers the required certainty.
Sommario: 1. Intervento della stabile organizzazione. – 2. Riflessioni circa l’orientamento della prassi italiana in materia di intervento. – 3. Considerazioni conclusive.
1. Come anticipato nella prima parte, il paragrafo 1 dell’art. 11 del Regolamento 282/2011 dell’Unione Europea, limita lo scopo della stabile organizzazione passiva alla determinazione della territorialità IVA sui servizi, ai sensi dell’art. 44 della Direttiva, che riteniamo validamente estensibile anche alla determinazione del requisito territoriale applicabile alla cessione di taluni beni, giusto il fatto che operi la regola di tassazione nel luogo di stabilimento dell’acquirente.
Il caso della stabile organizzazione attiva, disciplinato dal successivo paragrafo 2 risulta maggiormente articolato. La dotazione umana e tecnica e la necessità di un adeguato grado di permanenza appaiono assimilabili al caso della stabile organizzazione passiva, mentre la finalità della norma è più estesa. La stabile organizzazione attiva è difatti definita ai fini dell’applicazione dei seguenti articoli:
art. 45 della Direttiva IVA. Tale norma regola la territorialità delle prestazioni di servizi rese a persone che non si qualificano come soggetti passivi. Tali prestazioni rilevano territorialmente nello Stato di stabilimento del prestatore, con la conseguenza che l’identificazione della stabile organizzazione quale prestatore comporta l’attrazione territoriale dei servizi nello Stato in cui essa è stabilita. La stessa finalità si riconosce nel richiamo all’art. 56, paragrafo 2 della Direttiva, in merito al noleggio a lungo termine di mezzi di trasporto;
art. 192-bis della Direttiva IVA. Tale norma riporta le condizioni al ricorrere delle quali un soggetto passivo che dispone di una stabile organizzazione in uno Stato debba considerarsi alla stregua di un soggetto non stabilito in tale Stato.
L’interpretazione del richiamato art. 192-bis non è di facile lettura ed ha ingenerato, in molti, dubbi circa la sua concreta applicazione. Alla naturale complessità della norma si aggiunge una traduzione invero discutibile dalla versione inglese della direttiva alla versione ufficiale italiana. Nel seguito faremo diretto riferimento al testo inglese della Direttiva, in quanto lo riteniamo più appropriato.
La norma afferma che una stabile organizzazione situata in uno Stato membro UE dove è dovuta l’IVA (“where the tax is due1”) non deve considerarsi quale soggetto passivo stabilito in tale Stato, con riferimento alle cessioni di beni o prestazioni di servizi che egli effettua senza l’intervento della stabile organizzazione. Volendo esemplificare, l’applicazione della norma in questione esclude che una stabile organizzazione in Italia debba applicare l’IVA a titolo di rivalsa ad un proprio cliente italiano a fronte dell’effettuazione di cessioni di beni situati in Italia (per i quali l’IVA è ivi dovuta) che siano avvenute senza l’intervento della stabile organizzazione stessa.
Importante evidenziare che il concetto di intervento della stabile organizzazione è richiamato dalla Direttiva con esclusivo riferimento al ruolo attivo della stabile organizzazione, ed è finalizzato alla determinazione del soggetto passivo debitore dell’imposta, la cui territorialità è già determinata.
Ad orientare nella definizione del concetto di intervento della stabile organizzazione attiva interviene l’art. 53 del Regolamento 282/2011 dell’Unione Europea che circoscrive l’intervento della stabile organizzazione all’utilizzo delle sue risorse tecniche e umaneche si realizzi prima o durante l’effettuazione di operazioni rilevanti nello Stato membro in cui insiste. Al contrario, se le risorse della stabile organizzazione sono utilizzate solo per compiti di supporto amministrativo come la contabilità, la fatturazione e la riscossione dei crediti, non devono essere considerate come utilizzate per l’adempimento della fornitura di beni o servizi.
In merito all’intervento della stabile organizzazione il Comitato IVA ha fornito alcune indicazioni nel Working Paper n. 791/2014, affermando che lo stesso si realizza nel solo caso in cui una stabile organizzazione non solo disponga di una struttura e di risorse permanenti che siano idonee a fornire le operazioni commissionatele ma, vieppiù, che le sue risorse umane e tecniche siano concretamente utilizzate per rendere le operazioni imponibili o, quanto meno, una parte rilevante di esse2. Nel successivo Working Paper n. 857 del 6 maggio 2015, emanato su istanza italiana, ha affermato che è irrilevante considerare l’intervento della stabile organizzazione nelle cessioni intra-unionali o domestiche di beni.
La valutazione dell’intervento, da eseguirsi caso per caso, basata su una sostanziale sostituzione della stabile organizzazione rispetto alla casa madre nell’esecuzione delle prestazioni che, appunto, si realizzano grazie all’utilizzo delle risorse umane e tecniche di cui dispone stabilmente, rende evidente quanto in realtà tali organizzazioni assumano rilevanza quale soggetto debitore dell’imposta in casi invero poco frequenti. Tale considerazione è ulteriormente avvalorata dalla sostanziale presunzione di non intervento posta dall’art. 192-bis della Direttiva.
Utile evidenziare infine che il ruolo della stabile organizzazione quale soggetto deputato al mantenimento o allo sviluppo delle relazioni commerciali, compreso il procacciamento dei clienti e la contrattualizzazione dei relativi rapporti, non trova riscontro nei riferimenti unionali in materia di intervento della stabile organizzazione.
5. Le tematiche connesse alla definizione e, soprattutto, l’intervento della stabile organizzazione sono state affrontate dalla prassi amministrativa in diversi documenti, con ciò evidenziando le difficoltà che i contribuenti incontrano nella definizione del ruolo della stabile organizzazione IVA, anche giusto il fatto che la valutazione deve essere fatta caso per caso.
Gli aspetti che in questa sede appare di maggiore interesse approfondire in merito alle interpretazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria sono:
il ruolo della stabile organizzazione nelle operazioni di cessione di beni,
l’estensione del concetto di intervento all’ambito passivo della stabile organizzazione
In merito al primo aspetto giova osservare che la prassi fornisce le proprie interpretazioni muovendo dal dettato dalla normativa domestica che recepisce i principi sopra commentati posti dalla normativa unionale in modo imperfetto. Ciò invero non stupisce, se si considera il fatto che la norma domestica non ha subito aggiornamenti a seguito del cosiddetto “VAT Package” e, in particolare a seguito dell’emanazione del Regolamento 282/2011. Data la circostanza, già citata, che detto regolamento trova diretta applicazione in Italia, a prescindere da un formale recepimento, vi è da chiedersi se sia ancora opportuno il richiamo a norme domestiche risalenti e non altrettanto specifiche, quanto i riferimenti unionali.
Per inciso, i principali riferimenti normativi domestici a differenza del Regolamento UE non limitano l’ambito definitorio della stabile organizzazione alla determinazione della territorialità dei servizi e nemmeno la determinazione del debitore d’imposta al solo ruolo attivo di essa. Difatti, l’art. 7, comma 1, lett. d), del decreto IVA, che ne definisce la soggettività passiva in ragione delle “operazioni” (i.e. cessioni di beni e prestazioni di servizi) da essa rese o ricevute, mentre l’art. 17, comma 4, del decreto IVA che la qualifica come debitore dell’imposta con riferimento sempre, genericamente, alle operazioni «rese o ricevute per il tramite di stabili organizzazioni nel territorio dello Stato».
Nei fatti vi è da osservare che la prassi quasi mai esprime un proprio orientamento circa la qualificazione soggettiva delle stabili organizzazioni, posto che tale considerazione muove da valutazioni fattuali che prescindono dallo scopo dell’istituto dell’interpello. Gli interpellanti prevalentemente – per quanto di interesse – hanno sempre espresso dubbi in merito al fatto che le stabili organizzazioni in Italia si qualificassero come debitore dell’imposta in merito ad operazioni (n.b. di vendita ma anche di acquisto) territorialmente rilevanti in Italia.
In ordine temporale, la prima casistica di interesse attiene le cessioni Intra-EU di beni spediti da altro Stato membro ad un soggetto passivo IVA italiano, nel caso in cui il cedente qui disponga di una stabile organizzazione che svolge un ruolo commerciale rilevante nei confronti del cliente cui i beni sono destinati. La questione assume rilevanza tanto nello Stato UE dove inizia il trasporto dei beni, quanto in quello di destinazione (i.e. l’Italia), con la conseguenza che l’Amministrazione finanziaria italiana ha avviato una specifica consultazione con i servizi giuridici della Commissione UE, per conoscerne l’orientamento3. La risposta dell’Amministrazione, non pubblicata ma interessante per le conclusioni raggiunte, afferma che l’operazione in questione – nello specifico, relativa a beni di consumo – si qualifica come acquisto Intra-UE che deve essere registrato dal soggetto passivo acquirente italiano, cui si contrappone una cessione non imponibile ad opera del cedente estero, rilevante nello Stato membro di partenza del trasporto. L’Amministrazione precisa che il debitore dell’imposta per tali operazioni si identifica nel soggetto che effettua l’acquisto Intra-UE, in base alla norma specifica di cui all’art. 200 della Direttiva IVA e non trovano quindi applicazione né l’art. 192-bis della Direttiva né il connesso art. 53 del Regolamento. Ad ulteriore conferma, la Risposta all’interpello n. 954-643 del 2015 specifica che il soggetto debitore dell’imposta in caso di acquisti Intra-UE si identifica nel cliente finale che riceve i beni, come disposto dal citato art. 200 della Direttiva, recepito dall’art. 44, comma 1 del DL n. 331/1993, precisando peraltro che non assume rilevanza l’eventuale coinvolgimento della stabile organizzazione del fornitore estero, nell’operazione in questione, anche se essa assume un ruolo non limitato ad attività meramente contabili o amministrative.
Al richiamato orientamento si contrappone una prassi pubblicata, la Risposta n. 57/2023, relativa ad un caso sostanzialmente analogo ai precedenti, con la particolarità di riguardare beni per i quali la stabile organizzazione determina la qualità, la struttura e la funzionalità. In tale sede, l’Amministrazione ha ritenuto applicabile l’art. 192-bis della Direttiva alla fattispecie di cui trattavasi, la quale, riguardava nello specifico acquisti Intra-UE.
La tesi sostenuta non è allineata a quanto emerge dal richiamato Working Paper n. 857/2015, dal quale la prassi si distanzia, affermandone la natura di “ipotesi di discussione”, non accordando così rilievo alle argomentazioni tecniche in esso riportate, benché provenienti da un organo consultivo di indubbia competenza.
Le conclusioni della Risposta n. 57/2023 non mutano la qualificazione dell’operazione e nemmeno incidono sulla rilevanza – non imponibile – dell’operazione nello Stato membro dal quale origina il trasporto e l’applicazione del tributo in Italia, ossia lo Stato membro di destinazione. Tuttavia, hanno l’effetto di complicare il flusso di fatturazione.
Il caso, trattato dalla Risposta n. 374/2023, di una stabile organizzazione che è stata ritenuta intervenire nelle vendite di prodotti che richiedono, oltre alla gestione commerciale ed amministrativa, un supporto tecnico tale da definire le caratteristiche dei prodotti oggetto di cessione. L’Amministrazione considera qualificante l’intervento della stabile organizzazione nelle vendite ed estende l’ambito di applicazione del concetto di intervento anche alle operazioni passive, che considera debbano essere registrate da essa. Non volendo entrare nel merito della risposta, ci si sofferma su una affermazione riportata – invero non per la prima volta4 – secondo la quale «Sebbene l’art. 53 citato riguardi solo le operazioni attive, non si ravvisano ostacoli ad una lettura “speculare” dello stesso in relazione alle operazioni passive […]». Sul punto, tale affermazione sembra confliggere con quanto riportato in precedenza circa le differenti finalità che giustificano una valutazione distinta del ruolo della stabile organizzazione: passivo – per la determinazione del luogo di tassazione, se corrispondente allo Stato di stabilimento dell’acquirente – e attivo – per la determinazione del luogo di tassazione, se corrisponde allo Stato di stabilimento del prestatore oltre, in questo caso, alla determinazione del debitore dell’imposta. Gli acquisti che rilevano per una stabile organizzazione, come detto, sono quelli “forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione” e non quelli effettuati grazie all’intervento di essa.
A parere di chi scrive, le richiamate esigenze sono volte a riflettere il luogo di consumo cui è legata la territorialità, ancorchè sul piano logico dette esigenze – genericamente richiamate – potrebbero interpretarsi in funzione di collegamento con le operazioni attive poste in essere dalla struttura. Sarebbe sul punto auspicabile un intervento chiarificatore da parte degli Organi UE a ciò preposti che, come già osservato, in passato hanno escluso una lettura congiunta del ruolo attivo e passivo della stabile organizzazione.
L’anzidetta “lettura a specchio” è richiamata anche nella Risposta n. 52 del 20 gennaio 2021, che segue la precedente Risposta n. 193 del 25 giugno 2020 per effetto dell’intervenuta modifica dell’operatività attesa da parte dell’interpellante. Il contesto attiene l’acquisto del gas di riempimento, destinato a rimanere all’interno di un gasdotto, per consentirne il funzionamento. Tale acquisto è stato riconosciuto come di pertinenza della stabile organizzazione italiana che gestisce la tratta italiana di tale condotta, ma la conclusione è stata fornita mediante la richiamata lettura “a specchio” della norma. La rilevanza territoriale italiana, in realtà, è giustificata dall’utilizzo del gas da parte della stabile organizzazione – non rivenditrice di gas – che gestisce la condotta, mentre il debitore dell’imposta già in base alle ordinarie regole poste dall’art. 17 del Decreto IVA avrebbero ragionevolmente condotto ad una conclusione analoga a quella della risposta in questione.
Una conclusione che recepisce l’approccio di valutazione disgiunta circa ruolo attivo, rispetto al ruolo passivo, della stabile organizzazione è stata raggiunta nella recentissima Risposta n. 33 del 13 febbraio 2025. In essa si riconosce l’intervento della stabile organizzazione in Italia di un soggetto passivo estero, nell’esercizio delle attività di agevolazione della conclusione dei contratti di vendita di beni, di gestione ed evasione degli ordini nonché nell’assistenza post-vendita. Diversamente, l’acquisto dei beni – gli stessi la cui vendita è imputata alla stabile organizzazione – non è stato ritenuto imputabile ad essa, in quanto il relativo intervento si limita a comunicazioni di marginale importanza. L’analisi condotta dall’Amministrazione attiene acquisti e cessioni di beni ceduti nel territorio nazionale, con la conseguenza che ivi rilevano le operazioni ai fini IVA. L’ambito di interesse atteneva quindi la determinazione del debitore dell’imposta che per le vendite si identifica nella stabile organizzazione, giusto il suo intervento qualificante. Il debitore dell’imposta in merito agli acquisti non può che identificarsi nel cedente, senza necessità di operare uno sforzo interpretativo. Ciò che occorre determinare è se il fornitore, che è debitore dell’imposta, debba emettere la propria fattura nei confronti della casa madre, con la quale intrattiene il rapporto commerciale o con la sua stabile organizzazione, che materialmente utilizza tali beni per effettuarne la successiva vendita. L’Amministrazione non ha ritenuto che l’utilizzo per la commercializzazione possa integrare una fornitura per le esigenze proprie della stabile organizzazione, con la conseguenza che ha ritenuto che il destinatario della fattura debba rinvenirsi nella casa madre. Dette fatture, comunque, devono essere registrate dalla stabile organizzazione per garantire il diritto alla relativa detrazione alla casa madre, cui è peraltro preclusa della possibilità di ottenere il rimborso dell’imposta addebitata ai sensi dell’art. 38-bis2 del Decreto IVA.
Si richiama infine la Risposta n. 336 del 1° giugno 2023 in quanto essa, nel trattare dell’intervento della stabile organizzazione nell’ambito della fornitura di servizi finanziari, valuta l’adeguatezza della dotazione umana e tecnica della stabile organizzazione e ne individua l’intervento qualificante, che si sostanzia nelle attività preparatorie, inerenti e prodromiche alle operazioni di gestione individuale di portafogli rese dalla casa madre. Tuttavia giova osservare che, nel caso trattato, parrebbe indicativo dell’intervento della stabile organizzazione il fatto che la società svolga quasi il 23% del proprio business in Italia e che il margine imputato alla stabile organizzazione italiana (ai fini del transfer pricing) corrisponda al 40% delle commissioni incassate per il business condotto in Italia. Senza voler entrare nel merito della risposta, tali spetti non sembrano invero indicativi dell’intervento dei mezzi umani e tecnici di una stabile organizzazione italiana nelle vendite effettuate da casa madre.
6. L’analisi che precede evidenzia, sotto il profilo unionale, una chiara delimitazione del ruolo della stabile organizzazione IVA, che si sostanzia nella determinazione del requisito territoriale, quando esso sia determinato in funzione del luogo di stabilimento di una delle parti. Se tale parte è pluri-stabilita deve considerarsi come criterio generale la rilevanza nel luogo in cui essa dispone della sede della propria attività. La stabile organizzazione rileva invece – in via eccezionale – se essa utilizza per le proprie necessità i servizi acquistati o se ne fornisce utilizzando le risorse umane e tecniche di cui dispone. Quanto vale per i servizi si estende anche a taluni limitati beni, quali le cessioni di gas, energia o calore in rete, ma un’estensione generalizzata ai beni appare ingiustificata. La prassi ha spesso esteso l’ambito del coinvolgimento della stabile organizzazione alle cessioni di beni ed ha forzato l’interpretazione della normativa unionale in tema di debitore dell’imposta, estendendolo con una “lettura a specchio” al caso degli acquisti e sostituendo la stabile organizzazione all’acquirente nell’ambito degli acquisti intraUE. Tale approccio, oltre a contrapporsi ad alcune precedenti interpretazioni più convincenti, non ha comportato modifiche nella distribuzione del gettito tra Stati membri e non ha nemmeno comportato semplificazioni operative.
Ultimo aspetto che merita un minimo cenno attiene la complessità di una normativa che ha alimentato una nutrita giurisprudenza della Corte di Giustizia UE e una notevole prassi. Una rivisitazione della normativa sarebbe auspicabile al fine di sanare i dubbi interpretativi e potrebbe cogliere le sfide dell’evoluzione tecnologica, che vede sempre meno determinante il ruolo della dotazione umana, specie al fine realizzare operazioni soggette ad IVA.
(*) Il saggio è stato sottoposto a double blind peer review con valutazione positiva. Esso confluirà nel fascicolo n. 1/2025 (semestrale) della Rivista telematica di diritto tributario.
1 Per inciso, la traduzione italiana nel riportare “in cui è debitore di imposta”, afferma un concetto tecnicamente differente e decisamente fuorviante rispetto al testo inglese, che invece riporta “where the tax is due”.
2Therefore, in order to be liable for the payment of VAT on a concrete supply, the fixed establishment must have a permanent structure and resources that would have allowed it (hypothetically, by comparison) to supply the goods or services itself, i.e. the technical and human resources that were in fact needed by the supplier to carry out the transaction. It is also required that these technical and human resources are actually used for the purposes of the given supply or that their use is specifically provided for in the contract.
3 Sul punto si rimanda ai Working Paper già illustrati in precedenza.
4 Vedasi in merito la Risposta n. 52 del 20 gennaio 2021, che suggerisce una “lettura a specchio”.
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