Citation Network Analysis: un approccio quantitativo allo studio della giurisprudenza (soprattutto europea)

Di Piera Santin -

Abstract (*)

L’articolo analizza brevemente i possibili utilizzi della network analysis in ambito giuridico, con particolare attenzione alle reti di citazioni all’interno degli apparati giurisprudenziali, soprattutto quelli europei.

Citation Network Analysis: a quantitative approach to the study of (especially european) jurisprudence  – The article briefly analyzes the possible uses of network analysis in the legal field, with particular attention to citation networks within jurisprudential systems, especially European ones.

Sommario: 1. La network analysis per il diritto: cenni preliminari. – 2. Citation Network Analysis: un tentativo di approccio quantitativo all’analisi dei corpus di giurisprudenza. – 3. Citation Network Analysis e giurisprudenza nazionale europea: tentativi di applicazione. – 4. In particolare: il diritto europeo e una chiave nuova per svelare il mistero della Corte. – 5. L’approccio sperimentale: un faticoso tentativo di ordine nel caos della giurisprudenza in matteria di aiuti di Stato fiscali. – 6. Conclusioni.

1. L’obiettivo generale della cosiddetta network science è lo studio di sistemi complessi dal punto di vista dei rapporti di dinamici che legano i diversi componenti di una rete. L’obiettivo è capire come i comportamenti e le interazioni a livello micro degli agenti individuali emergano, attraverso feedback e auto-organizzazione, fino a generare proprietà macro non auto-evidenti e, in particolare, modelli e strutture del sistema nel suo complesso (Mitchell M., Complexity: A Guided Tour, Oxford, 2009; Miller J.H. – Page S.E., Complex Adaptive Systems, Princeton, 2007). Invece di studiare le caratteristiche dei singoli componenti di un sistema, la network science indaga come le relazioni tra questi componenti creino percorsi e meccanismi che si influenzano reciprocamente, e come il risultato emergente da tali correlazioni possa essere analizzato come un sistema complesso.

A sua volta, la network analysis (NA) rappresenta un’evoluzione della network science tradizionale, in cui l’approccio di sistema viene arricchito dall’utilizzo di sistemi di calcolo maggiormente potenti e raffinati, nonché dall’elemento della rappresentazione grafica dei risultati acquisiti dall’analisi quantitativa. È in questo contesto più specifico che si discute di nodi, la rappresentazione grafica dei componenti della rete, e archi, la rappresentazione grafica dei rapporti che legano i componenti appartenenti ad uno stesso sistema complesso. L’uso di algoritmi più potenti e di supporti grafici per la rappresentazione concorrono a rendere possibile elaborazione di reti molto più ampie, composte di molti più nodi e di molte più frecce di relazione, che siano però al contempo “comprensibili” perché trasposte in grafi navigabili.

Detto altrimenti, sebbene la NA si basi sull’uso di una tecnologia che rende più agevole e più veloce la navigazione all’interno di un corpus articolato e complesso, non per questo è un metodo sostitutivo dell’intelligenza umana. È, come detto, un metodo che si propone (o che può essere utilizzato per) migliorare e orientare la conoscenza dei sistemi complessi; più specificamente, in ambito giuridico, uno degli ambiti d’elezione per l’applicazione della NA è quello della giurisprudenza, soprattutto a fronte di masse di sentenze difficilmente gestibili o conoscibili in modo puramente umano. La NA non rappresenta quindi una novità rispetto all’esperienza che ogni operatore del diritto già vive da anni: algoritmi di ricerca (siano essi pubblici o, più spesso, privati) all’interno di database della giurisprudenza, nazionale e non, sono divenuti uno strumento indispensabile per gli operatori del diritto, ma anche per i funzionari dell’Agenzia delle Entrate (così Katz D.M., Quantitative Legal Prediction – or – How I Learned to Stop Worring and Start Preparing for the Data Driven Future of the Legal Service Industry, in Emory Law Jouornal, 2023, 909). In questo senso la tecnologia ha già cambiato il modo in cui giudici e avvocati si relazionano alla selezione del materiale giuridico, e ciò vale non solo per le sentenze (a maggior ragione dopo l’avvento del portale della giurisprudenza tributaria di merito) ma anche per tutto il materiale di prassi dell’Agenzia delle Entrate, destinato ad essere ricercato e fruito telematicamente.

2. L’applicazione della network analysis in ambito giuridico si è tradotta in quella che viene definita Legal Network Analysis (LNA) e più specificamente, con riferimento all’analisi di reti composte di sentenze che si citano reciprocamente, Citation Network Analysis (CNA). Questo settore è piuttosto sviluppato nel mondo anglosassone, principalmente in quello statunitense, dove l’importanza generativa del precedente giustifica il maggior interesse della comunità scientifica al tema. È dall’esperienza statunitense, ed in particolare dai lavori di Fowler sulle citazioni della Corte Suprema Federale USA nella giurisprudenza delle Corti nei singoli Stati, che provengono alcuni degli standard di applicazione del metodo, primo fra tutti l’obiettivo comune di valutare l’importanza di un precedente all’interno di un sistema di riferimento sulla base della sua “centralità”. Al riguardo, è stato affermato che «ogni citazione in una sentenza rappresenta un giudizio implicito della Corte su quali casi siano più rilevanti per affrontare una questione legale. Quando una sentenza cita un altro caso, ciò indica che la decisione ha una connessione con la controversia legale in esame e ne segnala la continua rilevanza legale» (Fowler J.H. et al., Network Analysis and the Law: Measuring the Legal Importance of Precedents at the U.S. Supreme Court, in Political Analysis, 2007, vol. 15, no. 3, 324-346). Gli Autori sottolineano che, anche se una citazione a un caso non implica un’adesione positiva all’autorità, il fatto che il caso venga citato dalla Corte fornisce informazioni rilevanti sul ruolo che la regola del caso gioca come precedente nella rete della giurisprudenza.

Uno degli obiettivi cui tende un’analisi di rete, infatti, è quello di scoprire quali siano i nodi (o le relazioni) più rilevanti all’interno del sistema indagato, il che si traduce, nell’ambito dell’analisi delle reti di citazioni, nel concetto di centralità del precedente. Per verificare quantitativamente la centralità di un precedente Fowler e Jeon hanno seguito un metodo che è stato poi accolto e riutilizzato nella maggior parte degli esperimenti susseguitisi nel tempo, anche all’interno di ordinamenti diversi.

Questo criterio di misura della centralità è dato da un doppio parametro, le citazioni in entrata, ovvero tutte le volte in cui un certo precedente viene citato da altre sentenze, e le citazioni in uscita, vale a dire il numero di riferimenti a precedenti che sono presenti nel testo di ciascuna sentenza. Dato un insieme di sentenze che compongono la rete da analizzare (ma anche il dataset sperimentale), convenzionalmente vengono considerate più centrali quelle che hanno un alto numero di citazioni in entrata, mentre l’alto numero di citazioni in uscita viene considerato come indice di scarsa innovatività di una sentenza (nodo), all’interno della rete.

Poiché si tratta di una forma di misurazione tipicamente quantitativa applicata ad un settore tradizionalmente oggetto di analisi qualitative, sin da principio gli studiosi hanno sentito l’esigenza di individuare un parametro di riferimento utile a verificare l’affidabilità della centralità di una o più sentenze come individuate per via statistica. A tal fine, seppure con diverse sfumature, quasi tutti gli Autori convergono sulla scelta di fare riferimento alla centralità di una certa sentenza all’interno del discorso giuridico portato avanti in dottrina (o, quando si è trattato di indagini più decisamente improntate agli studi sociali, nel dibattito pubblico). Vale a dire che, per verificare se le sentenze che risultano più centrali all’esito della CNA sono effettivamente le più rilevanti, si quantificano anche quelle più citate in dottrina (sulla base di una selezione di opere considerate rilevanti). In tal modo, la centralità di una sentenza in ambito dottrinario viene a sua volta misurata quantitativamente (così da rendere le misure confrontabili), ma col più semplice metodo di verificare quante volte una sentenza viene nominata nei testi selezionati.

In molte, se non tutte, le ipotesi di ricerca pubblicate in materia, la ricerca del confronto della centralità “endogena” di una o più sentenze per la rete stessa, rispetto a quella “esogena” per la comunità di riferimento (sia essa composta di esperti della materia o di opinione pubblica) serve sia per verificare l’attendibilità dei risultati – esiti radicalmente dissimili devono essere intesi come sintomatici di una scarsa affidabilità dell’esito della CNA – sia, al contrario per fare emergere dei pattern o delle circostanze non rilevabili ad occhio nudo, o comunque concentrando l’analisi solo su aspetti specifici di una determinata materia.

3. Si è detto che la CNA come (uno dei) mezzi per l’analisi del diritto si è dapprima sviluppata nei sistemi di common law. Il tema del precedente e della sua centralità, infatti, è notoriamente meno significativo quando si tratta di civil law e, in generale, di sistemi in cui il esso non ha né natura vincolante nei confronti dei giudici di merito, né la funzione di vero e proprio formante dell’ordinamento giuridico.

Esistono comunque esperienze di analisi della centralità del precedente applicate in via sperimentale a corpus di diritto nazionale anche europei, com’è nei casi del Bundesgerichtof e della Court of Appeal of England and Wales (Siems M.M., Citation Patterns of the German Federal Supreme Court and the Court of Appeal of England and Wales, King’s Law Journal, 21, 1, 2010, 152-171), della Corte Suprema Austriaca (Geist A., Using citation analysis techniques for computer-assisted legal research in continental jurisdictions, Graduate thesis, University of Edinburgh, 2009), dell’Hoge Raad (Winkels R. – De Ruyter J. – Kroese H., Determining authority of Dutch Case Law, in Atkinson K.M. (ed.), Legal Knowledge and Information Systems – JURIX 2011: The Twenty-Fourth Annual Conference, Amsterdam, IOS Press, 2011), nonché della giurisprudenza nederlandese di merito (Van Opijnen M., Citation analysis and beyond: in search of indicators measuring case law importance, in Schafer B. (ed.), Legal Knowledge and Information Systems – JURIX 2012: The Twenty-Fifth Annual Conference, Amsterdam, IOS Press, 2012) e nella Corte Costituzionale italiana (Agnoloni T. – Pagallo U., The case law of the Italian constitutional court, its power laws, and the web of scholarly opinions, in Proceedings of the 15th International Conference on Artificial Intelligence and Law, ICAIL’15, 2015, New York, 151). Non si ravvisano, nella letteratura di settore, casi specificamente riconducibili al settore tributario se non quello condotto all’interno del progetto ADELE (Fidelangeli A. – Santin P., Artificial Intelligence in the field of tax justice: considerations on its application, in Dir. prat. trib. int., 2023, 3, 797).

Questi lavori riflettono comunque la diversa importanza del precedente nei rispettivi ordinamenti (si MacCormick D.N. – Summers R., Interpreting Percedents, A Comparative Study, Routledge, 1997). C’è una differenza che però merita di essere sottolineata e, di nuovo, riguarda il sistema preso in considerazione e reso oggetto di analisi. La CNA riferita ad un sistema giuridico di common law guarda alle sentenze per la loro importanza come precedente per decidere; quindi, come formante dell’istituto giuridico di cui si discute e che deve poter essere applicato al caso di specie. Viceversa, la CNA riferita ad un sistema giuridico di civil law, e in particolare ad un sistema come quello italiano, in cui al giudice di legittimità viene attribuita una esplicita funzione nomofilattica, serve a mostrare quali siano le evoluzioni interpretative che si consolidano, che sono in corso di consolidamento o che – al contrario – sono destinate ad essere superate. Detto altrimenti, l’obiettivo non è quello di trovare il precedente risolutivo del caso di specie, ma al contrario offrire una diversa prospettiva su come la funzione nomofilattica venga svolta dai giudici di legittimità.

4. Sebbene esistano anche esperienze applicative in ambito nazionale, pare che il settore di maggiore interesse per quel che concerne lo sviluppo della CNA in ambito continentale sia quello della giurisprudenza europea, e in particolare della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE). Ciò dipende sia da fattori tecnico-informatici, sia, soprattutto, dalle peculiarità di questo sistema giuridico e soprattutto dal ruolo non di passivo interprete ma, al contrario, sempre più di propulsore dell’europeizzazione che la Corte stessa ha deciso di svolgere con crescente sistematicità (Pistone P., L’europeizzazione del diritto tributario e la riforma fiscale italiana: dall’adattamento all’adeguamento al diritto europeo, in Dir. prat. trib. int., 2024, 2, 303).

Sotto il primo profilo, cioè quello tecnico, è opportuno considerare che, nonostante delle incoerenze soprattutto nelle sentenze più risalenti (per l’analisi e la soluzione delle quali si rinvia al seminale progetto cui hanno attinto i lavori di van Kuppevelt D. – Van Dijck G. – Schaper M., Purposes and Challanges of legal citation network analysis on case law, in Computational Legal Studies, Cheltenham, UK, 2020 e all’attuale e ben più mastodontico progetto Iuropa), il corpus della giustizia europea è accomunato dalla sua pubblicità, dall’accessibilità, dall’organizzazione in sistemi di classificazione uniformi – anche se non sempre immediatamente intellegibili –, nonché da un formato altamente machine readable e particolarmente adatto all’estrazione di conoscenza. Per quanto qui di interesse, prima di tutto la presenza di un formato standard di citazione della giurisprudenza consente, nell’ambito di sperimentazioni di Citation Network Analysis, di supporre con ragionevole certezza che il numero di precedenti rilevati è vicino all’interezza delle citazioni presenti nel testo.

In secondo luogo, e dal punto di vista più squisitamente giuridico, l’importanza e li valore della citazione del precedente nell’ambito della giurisprudenza interpretativa europea costituiscono alcuni dei temi attorno cui si è sviluppato uno storico e mai univocamente risolto dibattito dottrinale che, se certo non è il caso di ripercorrere né tantomeno di risolvere in questa sede, aiuta a comprendere la maggiore curiosità nei confronti dell’avvento di uno strumento di analisi nuovo e focalizzato proprio su questo aspetto specifico. A maggior ragione se si tiene in considerazione la tendenza crescente nel drafting della giurisprudenza di fondare ogni affermazione sulla base della citazione del precedente, fino a trasformare la motivazione in una giustapposizione dei precedenti, tanto da indurre la dottrina a parlare di “tecnica LEGO™” (Jacob M., Precedents and case-based reasoning in the European Court of Justice: unfinished business, Cambridge University Press, 2014) o di “metodo copia-incolla” (Millet F.X., In the name of analogy: Judicial copy-pasting and competence creep in the connection data case law, in Common Market Law Review, 2024, vol. 61, no. 5, 1289 – 1314).

In ambito Europeo, e specificamente con riferimento alla CGUE, gli Autori cui si fa riferimento in materia di CNA sono principalmente tre: Derlen e Lindolm, Šadl con diversi co-autori e Palmer Olsen e Schaper, cui si aggiungono di recente e in misura minore lo sviluppo di un piccolo set sperimentale di Sartor e altri, di cui si dirà in chiusura del presente articolo. L’applicazione della CNA in ambito europeo è particolarmente stimolante (seppure più complessa se si vogliono mantenere al contempo rigore metodologico e rilevanza dei risultati) soprattutto in ragione della natura ibrida della CGUE e dal peculiare valore che quest’ultima attribuisce al precedente. La maggior parte degli esperimenti svolti su corpus di sentenze di diritto nazionale (continentale o non) ha avuto come obiettivo l’individuazione delle sentenze più importanti (in quanto più citate) o meno innovative (in quanto più ricche di citazioni) in un dato settore omogeneo già individuato all’origine, com’è nel caso dei già ricordati esperimenti di Fowler.

L’evoluzione della CNA in ambito europeo ha seguito un percorso che muove dall’applicazione di una metodologia più affine a quella tradizionale (su tutti Derlén M. – Lindholm J., Goodbye van Gend en Loos, Hello Bosman? Using Network Analysis to Measure the Importance of Individual CJEU Judgments, in European Law Journal, 2014, vol. 20, no. 5, 667 ss.) per dirigersi, oggi, verso la maggiore valorizzazione quali nodi della rete dei paragrafi citati e citanti anziché della sentenza nel suo complesso. Un importante passaggio intermedio, anche dal punto di vista metodologico, corrisponde allo studio condotto da Šadl e Palmer Olsen nel 2017 (Šadl U. – Olsen H.P., Can Quantitative Methods Complement Doctrinal Legal Studies? Using Citation Network and Corpus Linguistic Analysis to Understand International Courts, in Leiden Journal of International Law, 2017, vol. 30, no. 2, 327), i quali suggeriscono che l’analisi puramente quantitativa, ritraibile dalla CNA, possa essere integrata da un’analisi linguistica – sempre allo scopo di ottenere dei dati rilevanti da poter poi utilizzare per una puntuale analisi critica di tipo qualitativo e più tradizionalmente giuridico. Detta suggestione è, anche, quella in base alla quale successivamente si sviluppa un approccio parzialmente diverso (come si vedrà nel paragrafo 5), vale a dire quello di raggruppare le citazioni non in ragione della loro omogeneità formale (il riferimento allo stesso precedente) ma sostanziale (la somiglianza contenutistica di paragrafi che contengono una citazione).

Ciò che è però interessante notare di questo specifico studio è come, inaspettatamente per gli Autori, i risultati degli esperimenti di CNA condotti sull’intero corpus dei rinvii pregiudiziali della CGUE facciano emergere la centralità dei temi di diritto tributario europeo. Il dataset sperimentale cui gli Autori fanno riferimento, infatti, è composto da tutte le sentenze su rinvii pregiudiziali disponibili alla data, senza distinzione di materia, mentre i due Autori, che al contempo formulano l’ipotesi di ricerca e ne commentano i risultati, sono due europeisti puri. Ai nostri fini, è interessante notare come gli esperimenti di CNA da loro condotti siano valsi a rendere evidente l’importanza del diritto tributario all’interno dell’attività interpretativa della CGUE e ciò al di fuori di ogni ipotesi preliminare di ricerca.

Essi scoprono (e ci comunicano) che il principio di effettività dei controlli fiscali come causa di giustificazione ha acquisito una crescente importanza e stabilità in oltre un quarantennio di pronunce sul tema; che il principio formulato in Cassis de Dijon è tra i più resistenti (sia per centralità sia per incorruttibilità); addirittura che uno dei nodi più grandi, dunque uno dei centri di gravitazione principali (dal punto di vista della centralità del tema) dell’intero apparato giurisprudenziale europeo è quello rappresentato dalla sentenza Halifax.

Ecco che, allo studioso di diritto tributario appare facile, facilissimo, quasi inevitabile, accogliere queste (invero sconvolgenti) notizie con l’uso della formula (non giurisprudenziale) del molto rumore per nulla attorno all’importanza dei risultati ottenuti con questi metodi sperimentali, poiché nessuna di queste “scoperte” può apparire nuova alla platea degli studiosi del diritto tributario.

D’altronde, se questo è sicuramente vero tra e per gli esperti della materia, ciò che è interessante è come, ancora nel 2017, la centralità del diritto tributario nella giurisprudenza europea venisse affrontato da eminenti studiosi di diritto europeo come un risultato del tutto nuovo, meritevole di essere portato ad esempio per segnalare la capacità dei metodi quantitativi di far emergere realtà altrimenti invisibili. Ciò sicuramente rappresenta una manifestazione di quello che viene chiamato bias del ricercatore, cioè il fatto che l’interesse dei risultati è grandemente influenzato dalla domanda di ricerca e dalla cognizione specifica di chi conduce l’esperimento. Né c’è bisogno di spendere troppe parole sul fatto che se la ricerca fosse stata condotta da uno studioso di diritto tributario sarebbero probabilmente state diverse sia la costruzione del dataset, sia le analisi conseguenti.

Al contempo però, la nostra privilegiata posizione di osservatori consapevoli, ci consente di capire che i risultati della CNA possono essere significativi anche quando sono inaspettati. Se, come viene dichiarato dagli Autori, nella letteratura degli studiosi di diritto dell’Unione Europea la sentenza Halifax è poco rappresentata e, ci viene detto dagli Autori, poco apprezzata, ciascuno studioso di diritto tributario sa perfettamente che il risultato della CNA che ne afferma la centralità è ben lungi dall’essere un errore di calcolo, ma anzi rappresenta una realtà quasi scontata per gli esperti della materia, nonostante ciò possa stupire gli europeisti puri.

Pertanto il mito ci insegna che, da un lato, nella letteratura europeista il diritto tributario non sembra aver perduto la sua natura di Cenerentola (e chissà che la scarpetta non sia rappresentata proprio dai metodi quantitativi di analisi) e dall’altro, soprattutto, che i risultati della CNA possono essere apprezzati e tenuti in considerazione come significativi anche quando appaiano altamente inaspettati, perché questo potrebbe dipendere non tanto da un errore metodologico o applicativo, quanto piuttosto dai limiti (intrinsecamente pregiudizievoli) di chi ha condotto l’indagine.

5. Uno dei risultati metodologici cui è arrivata la dottrina in tema di CNA applicata alla giurisprudenza europea arriva dai lavori di Šadl, la quale ha individuato uno dei temi centrali di tutto il dibattito relativo alla teoria sull’uso del precedente nella CGUE e ha provato a riportarlo nella network analysis (Šadl U. – Tarissan F., The relevance of the network approach to European (case) law: reflection and evidence, Oxford University Press, 2020). Ci si riferisce al fatto che, nel contesto europeo, la citazione del precedente spesso non rappresenta un rinvio alla sentenza nel suo complesso ma esclusivamente al singolo paragrafo che viene citato o, più correttamente, riportato in modo più o meno fedele nel corpo della nuova sentenza. Questo fa sì che, soprattutto a fronte di paragrafi formulari, dal contenuto consolidato e “riconoscibile” l’interesse del giudice nel momento stesso in cui cita il precedente non sia quello di rifarsi al caso nel suo complesso, bensì di riportare un contenuto (spesso dotato di valenza interpretativa) per renderlo parte del nuovo ragionamento, corroborato dall’autorevolezza che deriva dal fatto di essere già stato espresso in una statuizione della Corte. In tal modo, il focus non è sulla sentenza che si cita, e di conseguenza non lo è la centralità rilevante, bensì sul contenuto del paragrafo citato, di per sé stesso validato dal fatto di essere evocato quale precedente. Si pensi, in via esemplificativa, all’importanza del vincolo giuridico tra prestazione e corrispettivo ai fini dell’individuazione di un’operazione imponibile IVA, affermata per la prima volta dalla Corte nel caso Tolsma e poi citata molteplici volte, senza che nessuna delle citazioni successive avesse in alcun modo a che fare con le monete lasciate dai passanti ad un suonatore ambulante di organetto.

Ne deriva che un modo più efficace di condurre una CNA nell’ambito della giurisprudenza europea potrebbe essere quello di valutare la centralità non delle sentenze citate, bensì dei paragrafi citati, considerati come nodi a sé stanti, per cui l’appartenenza ad una data sentenza è solo un attributo. Questo è l’approccio che è stato in parte seguito anche in un set di esperimenti condotti su un dataset composto di pronunce d’appello della CGUE in materia di aiuti di Stato fiscali, anche alla luce della centralità della giurisprudenza europea nello sviluppo di questo specifico settore. La scelta, invece, di limitare gli esperimenti alle sole pronunce di appello, dunque con l’esclusione dei rinvii pregiudiziali, è stata indotta dalla disponibilità materiale di dati adeguatamente processati all’interno di un precedente progetto di ricerca. Alla luce di ciò, le considerazioni ritraibili sono perlopiù di natura metodologica (pur con qualche interessante risvolto contenutistico), ferma restando la ripetibilità di simili esperimenti in altri settori, o in relazione a dataset più completi.

Dalle sentenze del dataset originale sono stati estratti tutti i paragrafi presenti nella parte di motivazione e direttamente riconducibili ad affermazioni della Corte che contenessero la citazione di un precedente. A partire da ciascuno si è poi risaliti in maniera regressiva alla ricostruzione della catena di citazioni, fino ad individuare la prima occorrenza del contenuto del paragrafo citato (i.e. fino a che la regressione ha portato ad un paragrafo che, a sua volta, non conteneva alcuna citazione). In tal modo è stato possibile valutare la centralità dei paragrafi più citati sia in forma diretta (citazioni esplicite), sia indiretta (paragrafi originari cui riconduceva un maggior numero di catene di citazioni).

Uno degli effetti prodotti dalla ripetizione è quello che Šadl (Old is new: The transformative effect of references to settled case law in the decisions of the european court of justice, in Common Market Law Review, 2021, vol. 58, no. 6, 1761 – 1788) classifica come disancoraggio. Si tratta della situazione in cui il caso fondamentale, o il caso da cui ha avuto origine la frase giuridica, viene omesso nel processo di ripetizione (e col tempo dimenticato come il caso originale), producendo una perdita di conoscenza. Allo stesso modo, il disancoraggio può riguardare la dissociazione di affermazioni e casi giuridici successivi da quelli originali.

Il risultato più significativo di questa sperimentazione è la constatazione dell’utilizzo del meccanismo di disancoraggio nel campo degli aiuti di Stato fiscali. Il principio interpretativo più direttamente citato è il par. 59 di UE:C:1994:211, Brazzelli Lualdi et al., mentre se consideriamo i dati aggregati (o ri-ancorati), il più citato è UE:1992:381, Repubblica portoghese e Regno di Spagna/Consiglio delle Comunità europee. Nessuno di questi riguarda questioni di diritto sostanziale, ma sempre di questioni procedurali.

Questa apparente incongruenza dipende direttamente dalla composizione del dataset, limitato a decisioni di appello, in cui è significativa la centralità delle questioni processuali (e in specie quelle relative al tema della legittimità ad agire). Questa stessa considerazione è anche quella che consente di spiegare perché, nell’insieme delle citazioni (sia dirette sia indirette), vi sia una significativa presenza di riferimenti a sentenze che non riguardano la materia degli aiuti fiscali ma in cui la Corte è ugualmente chiamata a pronunciarsi in qualità di giudice d’appello. Questo fatto, tuttavia, non è esplicitamente dichiarato nei casi citati, il che è esattamente uno degli effetti che si suppone abbia il c.d. disancoraggio.

L’estrazione delle catene di citazioni fino all’individuazione del paragrafo zero ha poi consentito di condurre un’analisi di similarità semantica (per i dettagli tecnici si rinvia a Sartor G. – Santin P. – Di Caro L., Chasing the invisible in the Grammar of Repetitions: A Network Analysis Approach to Fiscal State Aids, in Proceedings of the SixthWorkshop on Automated Semantic Analysis of Information in Legal Text, ASAIL, 2023) tra tutti i paragrafi presenti in una stessa catena e dunque, asseritamente, tutti destinati ad avere un contenuto se non identico almeno molto simile, per verificare questo assunto avesse un riscontro pratico. Ciò che è emerso è particolarmente interessante perché offre un’informazione quantitativa che sembrerebbe supportare un’impressione diffusa tra i commentatori quanto al modus operandi della Corte: esistono due evoluzioni possibili, e in entrambe la Corte opera un intervento “attivo e consapevole” che tende a “canonizzare” il contenuto di un paragrafo che diviene così standard di citazione. Il primo pattern riconoscibile vende un’interruzione in un punto preciso, cioè l’intervento di una significativa modifica ad un paragrafo che di lì in poi viene citato sempre in modo omogeneo). Il secondo, invece, prevede una bassa similarità tra i primi due nodi della catena, con una successiva stabilizzazione del contenuto della citazione. Da un’analisi qualitativa su una selezione delle catene che presentano questo andamento è emerso che nel secondo nodo la Corte formula un enunciato interpretativo di natura astratta senza però presentarlo come nuovo, bensì presentandolo come mera riaffermazione di una statuizione già presente nel paragrafo citato.

Al di là dei singoli esempi, che possono essere di sicuro interesse quando si voglia esaminare in dettaglio una catena per le ragioni più disparate, siano esse di pura speculazione scientifica o perché si cerca per ragioni professionali riscontro della “stabilità” di un certo filone interpretativo, ciò che emerge come maggiore interesse è il dato relativo alla sistematica (e dunque non accidentale?) formularizzazione delle statuizioni interpretative della Corte. Formularizzazione che avviene grazie allo strumento della ripetizione (le catene di citazioni sono sovente molto lunghe, o con molte diramazioni che riportano ad un nodo comune), ma anche grazie al ricorso sistematico ad un intervento attivo di standardizzazione e generalizzazione del precedente, così da offrire l’impressione che nulla si crei, nulla si distrugga, ma tutto venga citato.

6. Nel complesso, la Citation Network Analysis ha qualche difficoltà di tipo tecnico-estrattivo, potrebbe soffrire di bias nell’impostazione dei parametri o nella scelta del corpus di documenti di cui analizzare i nodi, ma al contempo presenta poche se non nulle criticità dal punto di vista etico. Soprattutto, sovverte l’idea che lavorare con strumenti di informatica giuridica nello studio della giurisprudenza determini una pressoché inevitabile resa alla schiavitù del precedente. Al contrario, la CNA consente una lettura critica della giurisprudenza e delle scelte di citare o non citare specifici precedenti, in prospettiva addirittura di verificare come i precedenti vengono citati – a condizione che i dati vengano resi sufficientemente leggibili e “indagabili” dagli utenti – tale da rendere l’approccio tanto dello studioso quanto dell’operatore del diritto molto più capace di discostarsi consapevolmente dall’idea della “consolidata giurisprudenza” e, addirittura, di individuare filoni minoritari, tendenze evolutive implicite da sfruttare o su cui poggiare interpretazioni alternative. L’uso sistematico della CNA renderebbe possibile, insomma, una conoscenza aumentata che, però, per poter essere realmente sfruttata, richiede l’attivo intervento dell’intelletto umano e non il suo pigro abbandono alla delega informatica.

(*) Il testo riprende, con alcune modifiche e l’aggiunta della bibliografia essenziale, la relazione svolta dall’Autrice al convegno “Il Fisco Digitale – Articolazione della conoscenza e del potere”, organizzato dall’Università degli Studi di Torino e svoltosi a Torino il 7 febbraio 2025, nell’ambito del progetto di ricerca “PRIN 2020 – La digitalizzazione dell’Amministrazione finanziaria tra contrasto all’evasione e tutela dei diritti del contribuente”.

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