Sull’ordinanza interlocutoria per l’eventuale rinvio alle Sezioni Unite del nuovo art. 21-bis D.Lgs. n. 74/2000: prime osservazioni

Di Alessandra Kostner -

(commento a/notes to Cass., sez. trib., 4 marzo 2025, n. 5714)

Abstract (*)

Il contributo analizza criticamente l’ordinanza interlocutoria n. 5714/2025, con la quale i giudici di legittimità hanno richiesto l’intervento delle Sezioni Unite in merito all’ambito di applicazione del nuovo art. 21-bis D.Lgs. n. 74/2000.

Observations on the interlocutory order for the possible referral to the Joint Sections of Italian Supreme Court of the new art. 21-bis of Legislative Decree no. 74/2000 – The paper critically analyses the interlocutory order no. 5714/2025, with which the Court of Cassation requested the intervention of the Joint Sections regarding the scope of application of the new art. 21-bis of Legislative Decree no. 74/2000.

Sommario: 1. Le ragioni della non condivisibilità della limitazione, alle sole sanzioni, della portata dell’art. 21-bis D.Lgs. n. 74/2000. – 2. La necessità di addivenire ad un unico standard probatorio, in ragione della coincidenza del fatto tra ipotesi accusatoria ed ipotesi di illecito. – 3. L’equiparabilità, in un’ottica sostanzialista, della sentenza di assoluzione emanata ai sensi del primo e del secondo comma dell’art. 530 c.p.p. – 4. Brevi considerazioni conclusive.

1. I giudici di legittimità, con l’ordinanza interlocutoria 4 marzo 2025, n. 5714, hanno rimesso gli atti al Primo Presidente della Corte di Cassazione, ai fini della (eventuale) assegnazione alle Sezioni Unite, in relazione all’ambito di applicazione dell’art. 21-bis D.Lgs. n. 74/2000, introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. m), D.Lgs. n. 87/2024 (sulla portata innovativa di tale decreto non sembrano esservi dubbi: cfr., Marcheselli A., Imposta evasa, profitto del reato tributario, il mito del doppio binario della prova tra penale e amministrativo e le nuove frontiere del profitto confiscabile, in Riv. tel. dir. trib., 2024, 1, 372 ss.; Giovanardi A., Prime osservazioni sullo schema di decreto legislativo recante revisione del sistema sanzionatorio tributario, ivi, 354 ss.; Giovannini A., Sui rapporti fra principio di proporzionalità, ne bis in idem e specialità nel riformato sistema punitivo tributario, in Riv. tel. dir. trib., 2024, 2 e pubblicato online il 20 luglio 2024, www.rivistadirittotributario.it; Id., Diritto punitivo tributario: residualità applicativa del ne bis in idem e rapporti tra processi, ivi, e pubblicato online il 4 settembre 2024, www.rivistadirittotributario.it; Salvati A., Riflessioni sulla mancata considerazione del ruolo dell’archiviazione nel decreto legislativo sulle sanzioni tributarie, in Riv. trim. dir. trib., 2024, 3, 546 ss.).

Ciò, in ragione dell’assenza di univocità di orientamenti della Corte di Cassazione, sia con riferimento al profilo dell’individuazione del perimetro entro cui poter far valere gli effetti favorevoli ottenuti, nel processo penale, dal contribuente, sia per quel che attiene all’applicabilità della norma (anche) all’ipotesi dell’assoluzione sulla base della formula prevista dal secondo comma dell’art. 530 c.p.p.

L’ordinanza è senz’altro convincente nella parte (iniziale) in cui ha riaffermato che l’art. 21-bis D.Lgs. n. 74/2000 si applica per il futuro ai processi già instaurati per fatti già verificatisi (in precedenza, v. Cass. civ., sez. trib., 3 settembre 2024, n. 23570; Id., 3 settembre 2024, n. 23609; Id., 15 gennaio 2025, n. 936; Id., sez. trib., 16 gennaio 2025, n. 1021; Id., 14 febbraio 2025, n. 3800), giacché la stessa trova una conferma nel dato normativo – dal momento che la disposizione è richiamata dall’art. 1 D.Lgs. n. 87/2024, con decorrenza dal 29 giugno 20241 – e nel suo carattere processuale, che la rende idonea a poter incidere, al primo comma, sull’efficacia esterna del giudicato penale nel processo tributario e, al secondo comma, sulle modalità di produzione della sentenza assolutoria da dibattimento nel giudizio di Cassazione.

Al contrario, l’ordinanza in commento non appare condivisibile nella parte in cui ha valorizzato un conflitto giurisprudenziale – relativo all’individuazione del perimetro entro cui poter far valere gli effetti favorevoli ottenuti, nel processo penale, dal contribuente – che, per le ragioni di cui si dirà, mai avrebbe dovuto sorgere.

Più precisamente, è vero che la Corte di Cassazione, con la sentenza 14 febbraio 2025, n. 3800 (commentata criticamente da Salvati A., Innocenti evasori: la Cassazione verso il triplo binario (e oltre). Osservazioni a Cass.civ., sez. V, 14 febbraio 2025, n. 3800, in Riv. tel. dir. trib., 2025, 1 e pubblicato online il 20 febbraio 2025, www.rivistadirittotributario.it; Carinci A., Il difficile bilanciamento tra sistematica e realtà applicativa nel ragionamento della Suprema Corte in tema di operatività dell’art. 21-bis d.lgs. n. 74/2000, in www.ius-giuffrefl-it, 25 febbraio 2025; Marcheselli A., Dal doppio binario al capolinea giusto processo, in Riv. tel. dir. trib., 2025, 1 e pubblicato online il 1° marzo 2025, www.rivistadirittotributario.it; Piantavigna P., “Neter in idem” penal-tributario: la parola alle Sezioni Unite, in Ipsoa Quotidiano, 8 marzo 2025), cui hanno fatto seguito altre pronunce (Cass. civ., sez. trib., 25 febbraio 2025, n. 4916; Id., 25 febbraio 2025, n. 4921; Id., 25 febbraio 2025, n. 4924; Id., 25 febbraio 2025, n. 4935/2025), ha dato luogo ad una limitazione della portata dell’art. 21-bis D.Lgs. n. 74/2000, riconducendo la valenza degli effetti favorevoli per il contribuente alle sole sanzioni amministrative e non anche alle imposte, rispetto alle quali deve essere riconosciuta, secondo la ricostruzione prospettata dai giudici di legittimità, al giudice tributario la propria autonomia di valutazione.

Ma è altrettanto vero che le conclusioni rassegnate dalla Cassazione nella suddetta pronuncia, in contrapposizione a molteplici sentenze di segno opposto (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. trib, 31 luglio 2024, n. 21584; Id., 3 settembre 2024, n. 23570; Id., 3 settembre 2024, n. 23609; Id., 28 novembre 2024, n. 30675; Id., 2 dicembre 2024, n. 30814; Id., 15 gennaio 2025, n. 936; Id., 16 gennaio 2025, n. 1021), non appaiono convincenti per varie ragioni.

Innanzitutto, le sanzioni sono applicate in quanto e perché c’è l’evasione, per la quale si richiede al contribuente il versamento di un’imposta.

Di conseguenza, l’accertamento delle sanzioni è subordinato a quello dell’imposta, sulla base di un rapporto di pregiudizialità-dipendenza che li lega indissolubilmente, a meno che si tratti, ma non è questo il caso, di sanzioni scollegate dal tributo. Ragion per cui: non vi è un accertamento, ulteriore e distinto, rispetto a quello dell’imposta, dei fatti che integrano la pretesa sanzionatoria e, negli atti impositivi, manca la motivazione con riferimento alle sanzioni applicate.

Senza considerare che appare dirimente il contenuto del terzo comma dell’art. 21-bis, a norma del quale l’efficacia di giudicato – limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste – vale anche nei confronti della persona fisica nell’interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell’ente e della società, con o senza personalità giuridica, nell’interesse dei quali ha agito il rappresentante o l’amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati.

Difatti, la disposizione – consentendo l’estensione del giudicato, non soltanto in relazione al soggetto, che ha rappresentato il contribuente nel processo penale, ma pure nei confronti del rappresentato – non può che riferirsi anche all’imposta, giacché il contribuente (rappresentato) è l’unico tenuto al relativo pagamento (cfr. Carinci A., Il difficile bilanciamento tra sistematica e realtà applicativa nel ragionamento della Suprema Corte in tema di operatività dell’art. 21-bis d.lgs. n. 74/2000, cit.).

E v’è di più.

Invero, valorizzando l’art. 21-bis solo con riferimento alle sanzioni, si finirebbe con il creare un duplice standard probatorio: si avrebbe, in particolare, l’applicazione, in relazione alle imposte, del principio del “più probabile che non” e, con riferimento alle sanzioni, la valorizzazione del principio “dell’oltre ogni ragionevole dubbio” (cfr. Marcheselli A., Imposta evasa, profitto del reato tributario, il mito del doppio binario della prova tra penale e amministrativo e le nuove frontiere del profitto confiscabile, cit.; Id., Dal doppio binario al capolinea giusto processo, cit.; Salvati A, Innocenti evasori: la Cassazione verso il triplo binario (e oltre). Osservazioni a Cass.civ., sez. V, 14 febbraio 2025, n. 3800, cit.).

2. Se – come, peraltro, riconosciuto dalla stessa Corte, nell’ordinanza 4 marzo 2025, n. 5714 ed, ancor prima, nella già richiamata sentenza 14 febbraio 2025, n. 3800 – il presupposto indispensabile, per poter invocare nel processo tributario l’efficacia del giudicato penale assolutorio, reso al termine del dibattimento, è la coincidenza del fatto (tra ipotesi accusatoria ed ipotesi di illecito) e se si considera, altresì, che ciò che non esiste dal punto di vista fenomenico in ambito penale, non può esserlo in ambito tributario (cfr., ancora, Salvati A., Innocenti evasori: la Cassazione verso il triplo binario (e oltre). Osservazioni a Cass.civ., sez. V, 14 febbraio 2025, n. 3800, cit., ove così si legge «[…] ciò che interessa non è il valore extrapenale del dispositivo della sentenza, ma il valore extrapenale degli accertamenti di fatto […]»), sarebbe privo di ogni logica, anche giuridica, consentire che l’accertamento dell’inesistenza del fatto – unico sia per l’imposta che per la sanzione ed a cui è addivenuto il giudice penale – possa condurre, nel sistema fiscale, all’annullamento delle sanzioni e, contestualmente, alla legittimazione dell’atto emesso dagli Uffici finanziari.

Diversamente ragionando, si giungerebbe ad un’ipotesi paradossale: in presenza di una pronuncia penale di assoluzione, che esclude l’esistenza del fatto (coincidente in materia penale e fiscale), vi sarebbe, per un verso, l’inapplicabilità sia delle sanzioni penali che di quelle amministrative e, per altro verso, la legittimazione della contestazione di una violazione tributaria, oggetto di un atto impositivo, emesso dall’Amministrazione finanziaria nei confronti del contribuente.

Senza considerare che la ratio, posta dal legislatore alla base dell’introduzione dell’art. 21-bis, è da rinvenire, verosimilmente, nella necessità di assicurare un’omogenietà della verità processuale, nonché il rispetto del principio di circolarità delle prove e del principio di non contraddizione.

D’altra parte – nel caso in cui, nel processo tributario e nel processo penale, fatti e prova combacino – deve essere garantita l’interazione, già, in verità, prevista da talune disposizioni, da un punto di vista probatorio, tra i due sistemi per giungere ad eguali conclusioni (così Salvati A., Riflessioni sulla mancata considerazione del ruolo dell’archiviazione nel decreto legislativo sulle sanzioni tributarie, cit., 548), anche in attuazione del principio di capacità contributiva (cfr., sul tema, Giovannini A., Diritto punitivo tributario: residualità applicativa del ne bis in idem e rapporti tra processi, cit.).

Più precisamente – giacché l’ambito penale è caratterizzato da un livello di accertamento probatorio più approfondito ed, in specie, da mezzi istruttori più affidabili che consentono di accertare, in modo più compiuto, l’esistenza e/o l’inesistenza di un fatto (cfr. Giovannini A., Sulla presunzione di onestà del contribuente e sulle prove, in Riv. trim. dir. trib., 2023, 2, 327 ss.; Marcheselli A., Dal doppio binario al capolinea giusto processo, cit.), e considerato, altresì, che la tassazione dovrebbe essere ricondotta, il più possibile, alla realtà storica ex art. 53 Cost. – l’accertamento dell’inesistenza dei fatti, operato dal giudice penale, non potrebbe legittimare, con riferimento ai medesimi fatti, la tassazione in ambito fiscale (cfr. Giovannini A., I nuovi princìpi del sistema punitivo tributario: proporzionalità e identità del fatto materiale, in Riv. dir. trib., 2024, 5, 407 ss.) ed, anzi, dovrebbe escludere la possibilità di assoggettare ad imposizione chi risulti non aver evaso (cfr. Marcheselli A., Dal doppio binario al capolinea giusto processo, cit.).

L’art. 53 della Costituzione, infatti, come condivisibilmente evidenziato, «non prevede che devono essere raccolti comunque i mezzi di finanziamento della spesa pubblica, ma una cosa ben diversa e, cioè, che il dovere di solidarietà, cardinale ed essenziale, deve essere adempiuto, in modo proporzionato e giusto, da chi è stato accertato essere titolare di una effettiva capacità contributiva» (cfr. Marcheselli A., Dal doppio binario al capolinea giusto processo, cit.).

3. La Corte di Cassazione, infine, nell’ordinanza 4 marzo 2025, n. 5714l ha trasmesso gli atti al Primo Presidente della Corte di Cassazione, al fine della remissione del ricorso alle Sezioni Unite, in ordine al profilo dell’applicabilità della nuova disciplina alle ipotesi di assoluzione basate sulla forma contenuta al secondo comma dell’art. 530 c.p.p.

Ciò dal momento che – con riferimento alla portata, nel sistema fiscale, del giudicato assolutorio dibattimentale richiamato all’art. 21-bis D.Lgs. n. 74/2000 – non vi sarebbe, come già anticipato, convergenza di orientamento, avendo la Cassazione affermato, con talune pronunce, l’irrilevanza della distinzione delle formule contenute al primo ed al secondo comma dell’ar. 530 c.p.p. (Cass. civ., sez. trib., 3 settembre 2024, n. 23570; Id., 3 settembre 2024, n. 23609) e avendo, invece, escluso, con altre sentenze, l’assoluzione basata sul secondo comma della suddetta disposizione (cfr. Cass. civ., sez. trib., 25 febbraio 2025, n. 4921; Id., 25 febbraio 2025, n. 4924; Id., 14 febbraio 2025, n. 3800).

In via preliminare, occorre certamente soffermarsi, ancorché en passant, sul dettato normativo della norma invocata (id est art. 530 c.p.p.) che, al primo comma2, disciplina l’ipotesi dell’assoluzione basata sulla prova positiva dell’innocenza dell’imputato ed, al secondo comma3, prevede la diversa ipotesi dell’assoluzione fondata sulla prova negativa della sua responsabilità.

Tuttavia, è anche necessario prendere atto del fatto che, di tale distinzione, il legislatore non ha inteso tenere conto, verosimilmente perché ha ritenuto di dover attribuire pari valore alla pronuncia di assoluzione fondata sulla prova positiva, che superi ogni ragionevole dubbio, ed alla pronuncia di assoluzione fondata sulla mancanza, insufficienza o carenza della prova.

L’art. 21-bis, infatti, contiene la locuzione generica “sentenza irrevocabile di assoluzione”, riconducibile sia al primo che al secondo comma dell’art. 530 c.p.p., e non contempla, espressamente, alcuna causa e/o ipotesi di esclusione.

Inoltre, la piena equiparazione tra le pronunce assolutorie, emanate ai sensi del primo e del secondo comma dell’art. 530 c.p.p., potrebbe derivare (anche) dalla circostanza che non può essere ravvisato, perché non esiste, un interesse dell’imputato a proporre opposizione ad una sentenza di assoluzione pronunciata ai sensi del secondo comma dell’art. 530, proprio perché la stessa dispiega la medesima valenza della formula di cui al primo comma.

E non solo.

Nell’ambito di qualvoglia riflessione che si voglia effettuare su tale profilo, non si può omettere di considerare il dettato normativo del comma 5-bis dell’art. 7 D.Lgs. n. 546/1992, in base al quale il giudice tributario deve confermare l’atto – ove vi sia la prova, che deve fornire l’Amministrazione finanziaria, della violazione contestata – e deve, al contrario, provvedere all’annullamento dell’atto impugnato, ove la prova della sua fondatezza manchi o sia contraddittoria o sia comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, sempre in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni.

Pertanto, proprio nella parte in cui la norma da ultimo richiamata – che disciplina il riparto dell’onere della prova in materia tributaria (cfr., per tutti, Muleo S., Il principio europeo dell’effettività della tutela e gli anacronismi delle presunzioni legali tributarie alla luce dei potenziamenti dei poteri istruttori dell’amministrazione finanziaria, in Riv. trim. dir. trib., 2012, 3, 685 ss.; Id., Riflessioni sull’onere della prova nel processo tributario, ivi, 2021, 3, 603 ss.; Id., Onere della prova, disponibilità delle prove e valutazione delle prove nel processo tributario rivisitato, in Carinci A. – Pistolesi F., a cura di, La riforma della giustizia e del processo tributario. Commento alla legge 31 agosto 2022, n. 130, Milano, 2022, 83 ss.; Id., L’onere della prova a proposito della deducibilità dei costi, in Anelli F. – Briguglio A. – De Poli M. – Gragnoli E. – Orlandi M. – Tosi L., a cura di, L’onere della prova, Padova, 2024, 1327 ss.) – fa, espressamente, riferimento alla doverosità, per l’organo giudicante in materia fiscale, di provvedere all’annullamento dell’atto in caso di mancanza, contraddittorierà o insufficienza della prova, si rinviene l’evidente somiglianza, e lo stretto collegamento, sussistente con il secondo comma dell’art. 530 c.p.p.

Con la conseguenza che sarebbe illogico, oltre che irragionevole, escludere la rilevanza, ai sensi dell’art. 21-bis D.Lgs. n. 74/2000, della sentenza assolutoria, fondata sulla prova negativa della responsabilità dell’imputato.

Peraltro, di recente, la Corte Edu – nella pronuncia emanata il 19 dicembre 2024 nella causa “Episcopo e Bassani c. Italia”, esprimendosi sul concetto di presunzione di innocenza (anche se con riferimento alla confisca diretta) – ha affermato che la stessa deve valere in tutte le ipotesi in cui il soggetto sia assolto da un’accusa penale. Sia, quindi, nei casi in cui il procedimento, iniziato a suo carico, si sia comunque definitivamente interrotto, a seguito di un’archiviazione, di una sentenza di non doversi procedere. Sia, addirittura, anche in conseguenza dell’estinzione del reato per prescrizione.

Dunque, in un’ottica sostanzialista, la presunzione di innocenza non può che valere anche, ed anzi a maggior ragione, nel caso di un’assoluzione fondata sulla formula contenuta al secondo comma dell’art. 530 c.p.p., giacché si tratta, a tutti gli effetti, di una pronuncia di assoluzione.

4. In conclusione, sulla base delle motivazioni già esposte, si ritiene che il legislatore, mediante l’inserimento, all’interno del D.Lgs. n. 74/2000, dell’art. 21-bis – finalizzato ad assicurare un miglior coordinamento tra il processo penale ed il processo tributario – non avendo previsto, espressamente, alcuna causa di esclusione, abbia inteso valorizzare la sentenza irrevocabile di assoluzione, pronunciata ai sensi dell’art. 530 c.p.p., senza alcuna distinzione tra le formule contenute al primo ed al secondo comma della suddetta disposizione.

E si ritiene, altresì, che la valenza del giudicato assolutorio dibattimentale (emesso sia al termine del primo grado che nei gradi successivi; pure, quindi, nell’ipotesi di un primo grado terminato in senso sfavorevole all’indagato, il cui esito sia successivamente ribaltato) debba riguardare l’intera obbligazione tributaria, costituita da imposta, sanzioni ed interessi. Ciò sempre che vi sia una coincidenza del fatto tra ipotesi accusatoria ed ipotesi di illecito e, dunque, che si discorra dell’accertamento dei medesimi fatti oggetto di valutazione anche in materia fiscale.

Ma, spingendosi oltre, ci si chiede se l’avvenuta esclusione della forza attrattiva in campo tributario dei provvedimenti resi al termine dei procedimenti speciali (id est provvedimento di archiviazione; sentenze di assoluzione pronunciate al termine del rito abbreviato ordinario e condizionato e sentenze di non luogo procedere) non renda – in un’ottica sostanzialista ed anche alla luce della giurisprudenza Corte Edu, 19 dicembre 2024, causa “Episcopo e Bassani c. Italia., già richiamata, che valorizza l’avvenuta conclusione del processo penale in senso favorevole al contribuente, a prescindere dalla forma del provvedimento finale – vulnerabile l’art. 21-bis D.Lgs. n. 74/2000 (per ulteriori considerazioni, sia consentito il rinvio ad Kostner A., I limiti (non condivisibili) alla circolazione della prova nei rapporti tra procedimenti penale e tributario dopo la recente riforma, in corso di pubblicazione nella Riv. dir. trib., 2025, 2). E se lo stesso non appaia, per siffatte ragioni, in contrasto con il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.; con il diritto di difesa – disciplinato dall’art. 24 Cost. ed affermato anche dalle corrispondenti norme sovranazionali (art. 6 Cedu ed art. 47 della Carta di Nizza-Strasburgo) – e con il principio del “ne bis in idem”, riconosciuto dall’art. 50 della Carta di Nizza-Strasburgo e dell’art. 4 del Protocollo n. 7 della Cedu.

(*) Il saggio è stato sottoposto a double blind peer review con valutazione positiva. Esso confluirà nel fascicolo n. 1/2025 (semestrale) della Rivista telematica di diritto tributario.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Carinci A., Il difficile bilanciamento tra sistematica e realtà applicativa nel ragionamento della Suprema Corte in tema di operatività dell’art. 21 bis d.lgs. n. 74/2000, in ius-giuffrefl-it., 25 febbraio 2025

Giovanardi A., Prime osservazioni sullo schema di decreto legislativo recante revisione del sistema sanzionatorio tributario, Riv. tel. dir. trib., 2024, 1, 354 ss.

Giovannini A., I nuovi princìpi del sistema punitivo tributario: proporzionalità e identità del fatto materiale, in Riv. dir. trib., 2024, 5, 407 ss.

Giovannini A., Sui rapporti fra principio di proporzionalità, ne bis in idem e specialità nel riformato sistema punitivo tributario, in Riv. tel. dir. trib., 2024, 2 e pubblicato online il 20 luglio 2024, www.rivistadirittotributario.it

Giovannini A., Diritto punitivo tributario: residualità applicativa del ne bis in idem e rapporti tra processi, in Riv. tel. dir. trib., 2024, 2 e pubblicato online il 4 settembre 2024, www.rivistadirittotributario.it

Giovannini A., Sulla presunzione di onestà del contribuente e sulle prove, in Riv. trim. dir. trib., 2023, 2, 327 ss.

Kostner A., I limiti (non condivisibili) alla circolazione della prova nei rapporti tra procedimenti penale e tributario dopo la recente riforma, in corso di pubblicazione nella Riv. dir. trib., 2025, 2

Marcheselli A., Dal doppio binario al capolinea giusto processo, in Riv. tel. dir. trib., 2025, 1 e pubblicato online il 1° marzo 2025, www.rivistadirittotributario.it

Marcheselli A., Imposta evasa, profitto del reato tributario, il mito del doppio binario della prova tra penale e amministrativo e le nuove frontiere del profitto confiscabile, in Riv. tel. dir. trib., 2024, 1, 372 ss.

Marcheselli A., La prova nel nuovo processo tributario, Milano, 2024

Muleo S., Il principio europeo dell’effettività della tutela e gli anacronismi delle presunzioni legali tributarie alla luce dei potenziamenti dei poteri istruttori dell’amministrazione finanziaria, in Riv. trim. dir. trib., 2012, 3, 685 ss.

Muleo S., Onere della prova, disponibilità delle prove e valutazione delle prove nel processo tributario rivisitato, in Pistolesi F. – Carinci A. (a cura di), La riforma della giustizia e del processo tributario. Commento alla legge 31 agosto 2022, n. 130, Milano, 2022, 83 ss.

Muleo S., Riflessioni sull’onere della prova nel processo tributario, Riv. trim. dir. trib., 2021, 3, 603 ss.

Muleo S., L’onere della prova a proposito della deducibilità dei costi, in Anelli F. – Briguglio A. – De Poli M. – Gragnoli E. – Orlandi M. – Tosi L. (a cura di), L’onere della prova, Padova, 2024, 1327 ss.

Piantavigna P., “Ne ter in idem” penal-tributario: la parola alle Sezioni Unite, in Ipsoa Quotidiano, 8 marzo 2025

Salvati A., Innocenti evasori: la Cassazione verso il triplo binario (e oltre). Osservazioni a Cass.civ., sez. V, 14 febbraio 2025, n. 3800, in Riv. tel. dir. trib., 2025, 1 e pubblicato online il 20 febbraio 2025, www.rivistadirittotributario.it

Salvati A., Riflessioni sulla mancata considerazione del ruolo dell’archiviazione nel decreto legislativo sulle sanzioni tributarie, in Riv. trim. dir. trib., 2024, 3, 546 ss.

1 Invero, la norma non è stata introdotta dall’art. 5 D.Lgs. n. 87/2024 che prevede l’applicabilità di talune disposizioni alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024.

2 Il primo comma dell’art. 530 c.p.p. prevede che «se il fatto non sussiste, se l’imputato non lo ha commesso, se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero se il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un’altra ragione, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione indicandone la causa nel dispositivo».

3 Il secondo comma dell’art. 530 c.p.p. stabilisce che «Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile».

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