RECENTISSIME DALLA CASSAZIONE TRIBUTARIA – Cass., Sez. trib., 7 gennaio 2025, n. 166 – Un accertamento con adesione crea un legittimo affidamento per il contribuente e vincola l’A.F. per anni di imposta differenti?
Di Silvia Giorgi
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La massima della Suprema Corte (*)
Un accertamento con adesione, strumento in senso lato transattivo, che ha pure la specifica finalità di ridurre il contenzioso e i tempi dell’accertamento tributario, con benefici per il contribuente, non importa alcun legittimo affidamento del contribuente in relazione ad accertamenti tributari non compresi nell’accordo, e non comporta alcun vincolo per l’Amministrazione finanziaria con riferimento agli accertamenti tributari relativi a diversi anni di imposta.
Il (tentativo) di dialogo
La sentenza in commento, senza apertamente richiamare l’autonomia dell’accertamento tributario relativo a ciascun anno di imposta, si lancia nell’individuazione della natura giuridica dell’istituto, definendolo “uno strumento in senso lato transattivo” e da ciò fa discendere l’impossibilità per il contribuente di appellarsi al legittimo affidamento in caso di definizione relativa ad uno specifico anno di imposta. L’Amministrazione finanziaria non è, infatti, vincolata all’adesione, ben potendo venire contra factum proprium non definendo analogamente ulteriori periodi di imposta accertati (cfr. Cass. ord. n. 9485/2018, in GT-Rivista di Giurisprudenza Tributaria, 2018, 11, 873 ss., con commento di MARELLO E., Accertamento con adesione non perfezionato come elemento di convincimento del giudice tributario?).
Nel merito la contestazione investiva, per quanto d’interesse, la deducibilità di oneri sostenuti in conseguenza della sottoscrizione di contratti di Interest Rate Swap per difetto di inerenza, con la particolarità che per il precedente anno di imposta l’Agenzia delle Entrate aveva definito in adesione tale rilievo, riconoscendo l’inerenza dei costi derivanti dai medesimi contratti. Tradotto brutalmente: il costo riconosciuto come inerente nell’anno X diveniva non inerente nell’anno X+1. E ciò perché il riconoscimento nell’anno X era frutto di una mera “concessione”, di natura quasi transattiva, finalizzata alla deflazione del contenzioso e bilanciata dai noti benefici sanzionatori di cui si giova il contribuente in sede di adesione. Insomma dalla “quasi transazione” la Suprema Corte fa discendere la “quasi inerenza” del costo, con ciò sovvertendo ad un tempo la tendenziale vincolatezza dell’azione dell’Amministrazione finanziaria e la natura del principio di inerenza.
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La sentenza presenta notevoli spunti, in quanto “sfiora” – con mano apparentemente leggera – temi imponenti, facendone discendere conseguenza pesanti. Il “tocco” è quello di chi non sente, di fatto, il bisogno di argomentare alcunché, come a dire ovvietà su temi, invero, “enormi”.
Non sente il bisogno di giustificare, ad esempio, l’esordio per cui l’adesione avrebbe natura transattiva, quasi che aggiungendo “in senso lato”, venisse mitigato il sostanziale recepimento della teoria negoziale dell’accertamento con adesione. Teoria che, peraltro, era animata dall’opposta esigenza di tutela del contribuente e che, invece, viene qui piegata e distorta per avallare un agire nient’affatto garantistico dell’Amministrazione finanziaria. Ad ogni modo, nel primo laconico passaggio del capo della sentenza qui in commento, la Suprema Corte sembra dimenticare il principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria e la vincolatezza dell’azione impositiva, lasciando nella disponibilità delle parti la definizione, mediante reciproche concessioni, degli elementi costitutivi del presupposto di imposta e della quantificazione del debito tributario (per riferimenti essenziali, cfr. GALLO F., La natura giuridica dell’accertamento con adesione, in Riv. dir. trib., 2002, 5, 425 ss; MARELLO E., L’accertamento con adesione, Torino, 2000; VERSIGLIONI M., Accordo e disposizione nel diritto tributario. Contributo allo studio dell’accertamento con adesione e della conciliazione giudiziale, Milano, 2001; VERSIGLIONI M., Accertamento con adesione, Padova, 2011).
La conseguenza non è meno dirompente della premessa. Se l’adesione è strumento deflattivo che – al pari di una transazione – mira ad evitare una lite, non vi è alcun riconoscimento da parte dell’Ufficio nell’anno di imposta X e coerentemente nessun vincolo nell’anno X+1. Il che – ancora una volta accennato nella pronuncia, parca di argomentazioni – sottende che in adesione l’Ufficio si è limitato ad una concessione, ha sospeso il carattere tendenzialmente vincolato dell’azione impositiva, e, pertanto, ha definito un “accordo” che non necessariamente prevede l’applicazione della “giusta imposta”, ma una disposizione verrebbe da dire “libera” del debito di imposta.
È chiaro che la premessa della natura “in senso lato transattiva” potrebbe anche prestarsi ad altra lettura. Ossia: il “senso lato” evocherebbe un’accezione di transazione quasi atecnica che non negherebbe natura provvedimentale e dimensione pubblicistica dell’istituto. Più semplicemente si giungerebbe a riconoscere che l’Amministrazione, in sede di adesione, pur individuando in contraddittorio con il contribuente la corretta determinazione dell’imponibile, è animata anche dalla tutela di interessi pubblici ulteriori, quali, per l’appunto, la deflazione del contenzioso ed il risparmio di energie amministrative.
Tuttavia, è proprio la conclusione cui giunge il Collegio a contraddire l’ipotesi di questa (più confortante) lettura alternativa. Se, infatti, non vi è alcun vincolo all’adesione precedentemente sottoscritta, si presuppone che in essa non sia stata determinata “la giusta imposta”, ma per l’appunto un quantum basato su una mera concessione.
Non è, poi, secondario rammentare che oggetto di adesione fosse la deducibilità dei costi relativi a contratti derivati, e, nella specie, una questione di inerenza. E, dunque, si fatica ancor più a condividere l’assunto per cui il medesimo costo sia teleologicamente riferito al programma imprenditoriale in un dato periodo di imposta, divenendo, invece, mero impiego di ricchezza in altro esercizio.
Posto che, ormai, la stessa Cassazione ha riconosciuto la dimensione qualitativa dell’inerenza è quanto mai arduo ipotizzare che si tratti di un elemento ad apprezzamento “intermittente”. Anche volendo ritenere che il principio di inerenza presupponga un’ampia componente valutativa, ciò non implica il riconoscimento di un potere dispositivo dell’Amministrazione, nemmeno nei limitati margini in cui parte della dottrina è giunta a riconoscere spazi discrezionali nell’esercizio dei poteri di controllo e accertamento.
Se il costo è stato riconosciuto inerente in un esercizio, disconoscere la deducibilità della medesima componente nella medesima fattispecie fa insorgere il sospetto che la definizione consensuale non sia stata equa, ragionevole ed imparziale (artt. 3 e 97 Cost.), né conforme ai principi di legalità (art. 23 Cost.) e di capacità contributiva (art. 53 Cost.), in definitiva alla “giusta imposizione”. O, in alternativa, lascia intendere che siano i successivi accertamenti – che vanno “contro” la determinazione in adesione – a menomare per ogni dove la carta costituzionale.
Delle due l’una: o la deducibilità dell’anno di imposta X è un “favore”, e quindi, il recupero nell’anno X+1 ristora la giusta imposizione; o, al contrario, la prima rappresenta la corretta determinazione dell’imponibile e, inevitabilmente, il secondo un accanimento fiscale. Qualunque sia la lettura, in sostanza, la pronuncia propone una ricostruzione che, o prima, o dopo, svilisce i presidi costituzionali.
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La sentenza in commento non può che essere recisamente criticata. Sul piano giuridico, oltre a liquidare in tre parole un tema abnorme quale la natura giuridica dell’accertamento con adesione, perviene a conclusioni aberranti, calpestando principi costituzionali e proponendo perfino una versione intermittente del principio di inerenza, contraria al buon senso prima ancora che al diritto.
Ma tale pronuncia è finanche “pericolosa” se si ragiona sulle implicazioni ad essa sottese.
L’accertamento con adesione è, infatti, per natura sottratto al sindacato giurisdizionale: ha, dunque, più che mai “bisogno” di un comportamento dell’Amministrazione finanziaria in grado di salvaguardare il legittimo affidamento non solo del contribuente che tale accertamento definisce, ma dei consociati in generale. Il legittimo affidamento valorizza notoriamente uno status soggettivo di fiducia che il contribuente ripone nel comportamento dell’Amministrazione, fiducia alimentata anche dalla tendenziale costanza delle scelte amministrative in fattispecie similari.
Se, quindi, la sentenza lascia presupporre che la determinazione consensualistica sia frutto di “concessione” avalla un comportamento imprevedibile ed incerto dell’Amministrazione, ma, al contempo, adombra l’idea di iniquità dell’adesione, di favoritismo, di parzialità.
Verrebbe da chiedersi, ad esempio, come quell’adesione sia stata motivata e come sia stato salvaguardato l’interesse pubblico al corretto esercizio dell’azione impositiva. Nemmeno gli atti a connotazione consensualistica si sottraggono, infatti, alle logiche della “buona amministrazione” e dai canoni di efficienza ed efficacia, anzi ne hanno più che mai necessità, come dimostra il travagliato regime di responsabilità contabile che ne dovrebbe presidiare trasparenza ed equità.
Proprio per questo, anche la costanza della scelta amministrativa rispetto ad identiche fattispecie non tutela soltanto il legittimo affidamento del contribuente che ha definito ma è anche orientamento “sociale”, giacché evita il sospetto si anomalie e favoritismi in procedimenti “a porte chiuse” e al di fuori del vaglio di un Giudice. Il “caso singolo” è, quindi, parametro di perequazione, garanzia non solo del contribuente direttamente inciso ma di tutti i contribuenti che, per similarità di “situazione”, intendono esercitare un controllo sull’operato dell’Amministrazione. Tanto che, si può dire, attraverso detta più estesa platea di contribuenti coinvolti (ancorché indirettamente) il controllo diventa “sociale” giacché astrattamente esercitabile da chiunque abbia interesse.
Svincolare l’Amministrazione da proprie precedenti determinazioni su circostanze identiche significa, poi, di fatto deresponsabilizzarla e trascurare il regime di responsabilità disciplinare e contabile che garantisce la correttezza dell’operato dei funzionari.
In definitiva, al di là dei commenti tecnici a questa pronuncia, che potrebbero essere certamente molto più ampi di queste brevi note, l’appunto maggiore investe proprio la sfiducia che simili decisioni instillano nella platea dei consociati, con l’idea che l’Amministrazione si sottragga, quando vuole, alla giustizia dell’imposizione, e che il contribuente sia, in buona misura, in balia del caso.
(*) La rubrica è aperta a tutti coloro che intendono contribuire al progresso del diritto tributario, in generale, e al miglioramento della sua applicazione, in particolare, nella specie con interventi di commento della giurisprudenza di legittimità dialogici e costruttivi, scevri di polemiche e posizioni partigiane.
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