Le criticità della perpetuatio implicita dei poteri degli ex liquidatori delle società cancellate, ma fiscalmente “vive”, in virtù della fictio iuris imposta dall’art. 28, comma 4, D.Lgs. n. 175/2014

Di Maria Palma Iaccarino -

Abstract (*)

L’art. 28, comma 4, D.Lgs. n. 175/2014 ha generato un “doppio binario” civilistico-fiscale per le cancellazioni delle società dal Registro delle imprese avvenute dopo il 13 dicembre 2014: civilisticamente, il binomio “cancellazione-estinzione” opera “immediatamente”; fiscalmente, l’operatività di tale binomio è rinviata, invece, al compimento del quinto anno successivo alla richiesta di cancellazione. Il che porta con sé una serie di problematiche connesse, in particolare, alla corretta individuazione dei soggetti che hanno la legittimazione attiva e passiva – sostanziale e processuale – della società cancellata, ma “viva” fiscalmente, anche se non più civilisticamente esistente.

The critical issues of the implicit perpetuatio of the powers of the former liquidators of the canceled companies, but fiscally “alive”, by reason of the fictio iuris imposed by the art. 28, paragraph 4, Legislative Decree no. 175/2014 – The art. 28, paragraph 4, Legislative Decree n. 175/2014 has generated a civil-fiscal “double track” for the cancellations of companies from the business register which occurred after December 13, 2014: civilistically, the combination of “cancellation-extinction” operates “immediately”; fiscally, the operation of this combination is postponed, however, to the fifth year following the cancellation request. Which brings with it a series of problems connected, in particular, to the correct identification of the subjects who have the active and passive legitimacy – substantial and procedural – of the canceled company, but “alive” fiscally, even if it no longer exists in civil law.

Sommario: 1. Premessa. – 2. Gli effetti fiscali della cancellazione ante D.Lgs. n. 175/2014: la successione universale e sui generis degli ex soci e il difetto di legittimazione dell’ex liquidatore. – 3. L’inapplicabilità del fenomeno successorio nella vigenza dell’art. 28, comma 4, D.Lgs. n. 175/2014. – 4. La fictio iuris implicita di sopravvivenza dei poteri dell’ex liquidatore di società cancellata dopo il 13.12.2014: criticità. – 5. La scadenza del quinquennio e la cessazione della fictio iuris. – 6. Conclusioni.

1. La normativa civilistica e fiscale sugli effetti – sostanziali e processuali – della cancellazione delle società dal Registro delle imprese ha suscitato da sempre un intenso dibattito dottrinale e giurisprudenziale che non può dirsi di certo sopito nemmeno oggi, dopo l’entrata in vigore dell’art. 28, comma 4, D.Lgs. n. 175/2014 (il D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, c.d. “decreto semplificazioni”, emanato a seguito della L. 11 marzo 2014, n. 23, c.d. “Delega fiscale”) è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale alla Serie Generale n. 277 del 28 novembre 2014 ed è entrato in vigore il 13 dicembre 2014. Sulle prime osservazioni critiche della norma, cfr. Speranzin M., La cancellazione dal registro delle imprese dopo il c.d. decreto “semplificazioni”: profili societari, in Nuove leggi civ. comm., 2015, 6, 1040 ss.; Glendi C., E intanto prosegue la infinita “historia” dell’estinzione delle società cancellate dal Registro delle imprese [sul versante tributario, ma non solo], in Riv. giur. trib., 2015, 10, 749).

La citata norma che, come noto, prevede che: «Ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese», ha generato effetti dirompenti.

La fictio iuris secondo cui la società che richiede la cancellazione dal Registro delle imprese dal 13 dicembre 2014 – data di entrata in vigore dell’art. 28, comma 4 – è tenuta in vita per il quinquennio successivo al solo scopo di risultare destinataria di atti di liquidazione, impositivi e di riscossione da parte del Fisco ha innescato, in un quadro di norme e principi già colmo di incongruenze, teoriche e pratiche, una serie (ulteriore) di difficoltà interpretative ed applicative di non facile soluzione.

La norma ha tuttavia superato il vaglio di legittimità costituzionale con la sentenza dell’8 luglio 2020, n. 142 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità sollevate in riferimento agli artt. 3 e 76 Cost. (dalla CTP di Benevento con ordinanza 13 marzo 2019), per cui essa è pienamente operativa per le cancellazioni societarie operate dal 13 dicembre 2014 (dubbi di legittimità costituzionale della norma sono stati subito evidenziati da Cass., 2 aprile 2015, n. 6743, in Corr. trib., 2015, 21, 1626, con nota di Ragucci G., Le nuove regole sulla cancellazione delle società dal registro imprese valgono solo “pro futuro”; in Riv. giur. trib., con nota di Glendi C., E intanto prosegue la infinita “historia” dell’estinzione delle società cancellate dal Registro delle imprese [sul versante tributario, ma non solo], cit., 772; in Riv. trim. dir. trib., 2015, 4, 1009, con nota di Ficari V., La Cassazione mette un freno alla sopravvivenza “retroattiva” ai fini tributari delle società cancellate dal registro delle imprese e di Niccolini G., I disagi del diritto commerciale di fronte all’art. 28, comma 4, D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175 in materia di cancellazione delle società dal registro delle imprese; in il fisco, 2015, 18, 1751, con nota di Deotto D., Non si può essere “un pò morti”: quindi una società estinta non può mai stare in giudizio).

Le principali criticità emergono a causa del mancato coordinamento della novella con la normativa civilistica di riferimento e con i principi già da tempo sanciti in materia dalla giurisprudenza di legittimità.

Il differimento dell’effetto estintivo sul piano fiscale non impedisce, infatti, il dispiegarsi dell’efficacia costitutiva della cancellazione sul piano civilistico. Anzi, a norma dell’art. 2495 c.c. (post riforma del 2004), per come interpretato pacificamente in sede di legittimità, non vi è dubbio che la cancellazione determini ipso facto l’estinzione della società da un punto di vista civilistico: la società “cancellata-estinta” cessa la propria attività e si spoglia del proprio substrato personale, organizzativo/amministrativo e patrimoniale.

Il che vuol dire che mentre civilisticamente, indipendentemente dal fatto che la cancellazione della società dal registro delle imprese sia avvenuta prima o dopo il 13 dicembre 2014, il binomio “cancellazione-estinzione” opera “immediatamente”, nel senso che all’atto della cancellazione la società è – e deve considerarsi – estinta; fiscalmente, ma solo per le cancellazioni richieste dal 13 dicembre 2014, l’operatività di tale binomio è rinviata al compimento del quinto anno successivo alla richiesta di cancellazione, ai sensi e per gli effetti del cit. art. 28, comma 4. Si genera, così, un “doppio binario” civilistico-fiscale che porta con sé una serie di problematiche connesse alla concreta operatività della norma.

Primaria difficoltà attiene, certamente, alla corretta individuazione dei soggetti che hanno la legittimazione attiva e passiva – sostanziale e processuale – della società cancellata, ma “viva” fiscalmente, anche se non più civilisticamente esistente.

La necessità di individuare quali siano tali soggetti è cruciale in materia tributaria, giacché essa dispiega i propri effetti sulla validità della notifica (in termini di esistenza) degli atti di accertamento e riscossione indirizzati alle società cancellate (e non estinte fiscalmente), sull’ammissibilità delle eventuali impugnazioni avverso tali atti proposte nell’interesse delle società cancellate (e non estinte fiscalmente), nonché sulla validità della rappresentanza in giudizio delle stesse.

La ricerca della (possibile) soluzione alla problematica esposta non può prescindere da una breve ricognizione dell’impianto normativo e giurisprudenziale consolidatosi in materia di “conseguenze ed effetti” della cancellazione-estinzione delle società prima dell’entrata in vigore della norma sulla sopravvivenza fiscale quinquennale di cui al cit. art. 28, comma 4, D.Lgs. n. 175/2014.

2. L’art. 28, comma 4, D.Lgs. n. 175/2014 ha generato un vero e proprio spartiacque, dovendosi distinguere gli effetti fiscali della cancellazione delle società a seconda che questa sia avvenuta prima o dopo il 13 dicembre 2014.

Per le cancellazioni ante D.Lgs. n. 175/2014, nel silenzio della legge, la lettura dell’art. 2495, comma 2, c.c. offerta dalle note Sez. Un. della Corte di Cassazione (sentenze nn. 4060, 4061 e 4062 del 2010 e nn. 6070, 6071 e 6072 del 2013) è che la cancellazione determina l’immediata estinzione dell’ente (efficacia costitutiva) e il trasferimento, iure successionis, di tutte le situazioni giuridiche attive e passive sostanziali e processuali agli ex soci.

Viene a determinarsi una successione universale e sui generis delle situazioni facenti a capo alla società cancellata/estinta sugli ex soci in forza della quale i rapporti obbligatori dell’ente non si estinguono, ma si trasferiscono ai soci nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti pendente societate (si segnala l’ord. interlocutoria 14 marzo 2023, n. 7425 con cui la Cassazione ha rimesso al Primo Presidente, per valutarne l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione concernente la “successione” nei giudizi pendenti del socio di una società estinta, chiedendo che sia chiarito se tale fenomeno successorio operi automaticamente o solo laddove il socio abbia riscosso somme in base al bilancio finale di liquidazione, e, in quest’ultimo caso, su chi gravi l’onere di provare l’effettiva percezione delle somme). I soci successori subentrano, per effetto della cancellazione-estinzione della società, anche nella legittimazione processuale facente capo all’ente in situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, ovverosia a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale.

Per le cancellazioni ante 13 dicembre 2014, una volta cancellata-estinta, la società non può più essere destinataria diretta né di avvisi di accertamento, né di atti di riscossione, né può agire e/o continuare a stare in giudizio.

Ne segue che gli eventuali atti intestati e notificati alla società, in persona del suo ex liquidatore, presso la sede legale della stessa, dopo la sua cancellazione – ancorché concernenti obbligazioni tributarie sorte prima del verificarsi dell’evento – non sono produttivi di effetti né nei riguardi dell’ente, perché inesistente, né nei riguardi degli ex soci a cui tali atti non sono indirizzati, né dell’ex liquidatore cui tali atti non possono essere indirizzati. Essi sono giuridicamente inesistenti per l’assoluta mancanza di un destinatario che, ricevendolo, ne assicuri l’esistenza e l’efficacia (cfr., Ficari V., Cancellazione dal registro delle imprese delle società di capitali, “abuso della cancellazione” e buona fede nei rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuente, in Riv. dir. trib., 2010, 11, I, 1037; Ragucci G., La responsabilità tributaria dei liquidatori di società di capitali, dopo le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 175/2014, sub art. 28, in Muleo S., a cura di, Commento al Decreto sulle semplificazioni (D.Lgs. n. 175 del 2014), Torino, 2015, 140 ss.; Glendi C., L’estinzione delle società di capitali cancellate dal registro delle imprese al vaglio dei giudici di merito, in GT – Riv. giur. trib., 2014, 3, 222; Deotto D., Decreto semplificazioni: l’“inferno fiscale quinquennale” delle società estinte, in il fisco, 2015, 1, 37; Bianchi L., Società di capitali cancellata: tra successione e responsabilità [tributaria] dei soci, in Dir. prat. trib., 2015, 1, I, 1; Dalfino D., La cancellazione “differita” della società in ambito tributario, in Società, 2018, 2, 195).

L’inesistenza dell’atto impositivo indirizzato alla società cancellata-estinta si riverbera sull’assenza di qualsivoglia legittimazione in capo all’ex liquidatore, oltre che sub specie del potere di ricevere la notificazione dell’atto, in qualità “non più di rappresentante” della società, anche sub specie del potere di impugnazione del medesimo e di coltivazione del relativo giudizio. Per effetto della cancellazione-estinzione dell’ente societario, il liquidatore cessa definitivamente dalla carica ed è, quindi, privato del relativo potere di rappresentanza anche processuale (cfr. Cass., 12 dicembre 2008, n. 29242; Cass., 3 novembre 2011, n. 22863; Cass. 13 novembre 2013, n. 25507).

Sul piano processuale, ne segue che l’eventuale impugnazione dell’atto notificato alla società estinta proposta dall’ex liquidatore nella sua qualità di ex rappresentante legale della stessa è inammissibile per difetto di legittimatio ad causam (cfr., tra le più recenti, Cass., 12 luglio 2021, n. 19763. Identicamente, già Cass., 20 giugno 2006, n. 14266; Cass., 3 novembre 2011, n. 22863 cit.; Cass., 8 ottobre 2014, n. 21188; Cass., 11 marzo 2015, n. 4853; Cass., 15 giugno 2018, n. 15844; Cass., 22 marzo 2018, n. 7235). E una tale circostanza, eliminando in radice ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, configura un vizio insanabile originario del processo, rilevabile anche d’ufficio, in ogni stato e grado, compreso quello di legittimità (cfr., ex multis, Cass., 23 marzo 2016, n. 5736 e Cass., 28 settembre 2016, n. 19142, cit., Cass., 15 giugno 2018, n. 15844 cit.; Cass., 4 giugno 2020, n. 10572; Cass., 11 agosto 2020, n. 16903).

Ciò posto, per tutte le società cancellate dal registro delle imprese prima del 13 dicembre 2014 non sussistono incertezze interpretative sulla: i) radicale invalidità dell’atto impositivo notificato alla società estinta in persona del suo ex liquidatore per inesistenza della notifica; ii) assenza di qualsivoglia potere di rappresentanza, anche processuale, della medesima in capo all’ex liquidatore per l’intervenuta cessazione dei relativi poteri (tutti); iii) inammissibilità del ricorso da costui eventualmente proposto.

Ne segue che l’atto impositivo eventualmente notificato alla società in persona del suo ex liquidatore, dopo che sia intervenuta la cancellazione-estinzione, è tamquam non esset, per cui l’inutile decorso del termine previsto a pena di decadenza per la sua impugnazione non può determinare alcuna definitività della pretesa, perché la gravità del vizio – inesistenza del soggetto cui l’atto è indirizzato – ne impedisce la produzione di qualsiasi effetto.

Ove l’Amministrazione finanziaria notifichi ulteriori atti, conseguenti al primo “inesistente”, rivolgendosi agli ex soci o agli ex liquidatori nei limiti della loro responsabilità, ex artt. 2495, c.c. e 36 D.P.R. n. 602/1973, questi ultimi, in sede di impugnazione avverso gli atti a loro diretti possono far valere, quindi, il vizio di notifica dell’atto presupposto e la sua inopponibilità domandando l’annullamento del conseguenziale atto a loro indirizzato (cfr., Cass., Sez. Un., 4 marzo 2008, n. 5791; Cass., 18 gennaio 2018, n. 1144; nonché tra le più recenti Sez. Un. 15 aprile 2021, n. 10012; Cass., 28 gennaio 2022, n. 2642).

Questi, in sintesi, i principi di diritto consolidatisi in materia di cancellazione-estinzione delle società, allorquando, ante cit. art. 28, comma 4, la cancellazione determinava l’immediata estinzione della società in toto sia sul piano civilistico, che su quello fiscale.

3. Il fenomeno successorio universale e sui generis di matrice giurisprudenziale applicabile alle cancellazioni societarie avvenute prima del 13 dicembre 2014 dovrebbe ritenersi oggi pacificamente estraneo alle cancellazioni che avvengono nella vigenza della novella, potendosi, al più, applicare ex novo solo una volta decorsi i cinque anni dalla cancellazione. Diversamente opinando verrebbe vanificata la ratio stessa della norma che è quella di mantenere in vita la società civilisticamente “morta” sol perché essa possa risultare il “giusto” destinatario di atti di liquidazione, accertamento, riscossione e contenzioso aventi ad oggetto tributi ai fini della loro “validità ed efficacia”.

Ed invece, in alcune recenti pronunce della Suprema Corte si legge che «La legittimazione dei soci di società estinta non viene meno per effetto dell’applicazione del D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4» (cfr., Cass., 30 dicembre 2022, n. 38180. Cfr. con nota di Russo A., Legittima la notifica del ricorso per cassazione ai soci dell’ente definitivamente estinto, in il fisco, 2023, 7, 666). Secondo la Corte di Cassazione gli atti anche processuali eventualmente notificati agli ex soci della società cancellata dal registro delle imprese, anziché direttamente alla società fiscalmente “viva”, vanno ritenuti “esistenti e legittimi” anche nella piena vigenza dell’art. 28, comma 4.

L’iter argomentativo dei Supremi Giudici muove dalla (erronea) considerazione che la “stabilizzazione” degli atti dell’Amministrazione finanziaria perseguita dalla novella «non mette in dubbio il fatto che la società sia estinta ma piuttosto estende il perimetro dell’opponibilità degli atti tributari». Per siffatta ragione, il fenomeno successorio ideato dalle Sezioni Unite del 2010 e 2013 continuerebbe a trovare applicazione anche per le cancellazioni avvenute a far data dal 13 dicembre 2014 e nei cinque anni successivi. Il che, se si riflette, non appare condivisibile, né apprezzabile in termini di coerenza giuridica e sistemica.

Se è vero che la ratio della norma sulla sopravvivenza fiscale della società è – come si è detto – quella di garantire (pro Fisco) il permanere della capacità sostanziale e processuale unicamente in capo alla società cancellata dalla data della cancellazione e per i cinque anni successivi, ai fini della “validità” ed “efficacia” “degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi”, non dovrebbe ragionevolmente sostenersi l’esistenza di alcun fenomeno successorio universale e sui generis in capo agli ex soci della società cancellata, ma fiscalmente viva.

Ed ecco che si ritorna all’interrogativo prospettato in premessa: non potendosi né dovendosi più applicare, per le ragioni supra esposte, la successione universale e sui generis in capo agli ex soci, ci si chiede quale deve essere il soggetto (persona fisica) che legittimamente “mantiene” la rappresentanza sostanziale e processuale della società cancellata, ma “fiscalmente viva”.

L’unica risposta possibile sembra doversi ricercare nella possibilità, necessitata, di affiancare alla fictio iuris imposta ex lege una connessa e conseguenziale fictio iuris “implicita” del permanere dei poteri di rappresentanza dell’ex liquidatore.

Solo così si rende possibile garantire il concreto operare della norma che, viceversa, non avrebbe alcuna conseguenza né da un punto di vista pratico/applicativo né da un punto di vista tecnico/giuridico.

4. Il liquidatore della società cancellata, di norma, esaurisce i propri compiti e funzioni dopo l’approvazione del bilancio di liquidazione e la richiesta di iscrizione della cancellazione nel registro delle imprese.

Nella vigenza dell’art. 28, comma 4, D.Lgs. n. 175/2014 deve ritenersi che questa regola generale subisca una parziale deroga “implicita”, nel senso che nel disporre la sopravvivenza fiscale quinquennale delle società cancellate, la norma porta con sé anche un’inevitabile implicita “sopravvivenza” – prorogatio ex lege o perpetuatio – dei poteri di rappresentanza dell’ente cancellato in capo all’ex liquidatore.

L’ex liquidatore deve quindi – in concreto – non soltanto poter ricevere le notifiche degli atti intestati e indirizzati alla società cancellata, ma tenuta in vita “fiscalmente”, ma deve anche potersi opporre agli stessi e conferire mandato alle liti per la difesa in giudizio.

Del resto, nel processo tributario – a carattere tipicamente impugnatorio – la legittimazione processuale è legata alla qualità di destinatario dell’atto impugnato e di titolare dell’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. e non al rapporto sostanziale dedotto in giudizio. È innegabile quindi che nel caso di atti intestati e notificati alla società cancellata, ma tenuta temporaneamente in vita ai soli fini fiscali, l’interesse ad agire sia proprio quello dell’ex liquidatore (in qualità di ex legale rappresentante) della società cancellata, ma non estinta “fiscalmente”. Il che porta a riconoscere in capo all’ex liquidatore la prorogatio della legittimatio ad causam implicita per gli atti che nel quinquennio successivo alla cancellazione vengono notificati alla società fiscalmente “viva”.

In applicazione dell’art. 28, comma 4, l’ex liquidatore conserva, quindi, tutti i poteri di rappresentanza della società sul piano sostanziale e processuale dopo la cancellazione della società e per i cinque anni successivi con la conseguenza che gli ex soci sono privi di legittimazione non potendosi essi qualificare (almeno nei cinque anni successivi alla cancellazione) “successori” della società cancellata, ma fiscalmente “viva”.

Tale interpretazione è stata avallata dalle più recenti pronunce della Suprema Corte.

Ed infatti, dopo alcuni arresti in cui i Giudici di legittimità hanno ritenuto applicabile, anche nella piena vigenza dell’art. 28, comma 4, la tesi della successione universale degli ex soci, la giurisprudenza ha preso atto del fatto che la norma non si limita a prevedere una “mera” posticipazione degli effetti dell’estinzione al solo fine di consentire e facilitare la notificazione dell’atto impositivo, ma ha “portata generale”, ed ha ragionevolmente rilevato che per le cancellazioni dal 13 dicembre 2014 «Il liquidatore deve necessariamente conservare tutti i poteri di rappresentanza della società, sul piano sostanziale e processuale, nella misura in cui questi rispondano “ai fini” indicati dall’art. 28, comma 4, che, altrimenti opinando, non potrebbe operare. Pertanto, egli deve poter non soltanto ricevere le notifiche degli atti dagli enti creditori, ma anche opporsi agli stessi e conferire mandato alle liti, come è confermato dalla circostanza che l’estinzione è posticipata anche ai fini della efficacia e validità degli atti del contenzioso» (cfr., ex multis, Cass., 27 giugno 2023, n. 18310; Cass., 24 luglio 2023, n. 22070; Cass. 3 giugno 2021, n. 15320; Cass., 31 maggio 2022, n. 17492; Cass., 16 dicembre 2022, n. 36892).

Ora, ferma restando la piena ragionevolezza della soluzione accolta dalla più recente e attenta giurisprudenza, non può negarsi che tale soluzione sia comunque foriera di nuovi dubbi e difficoltà applicative di non poco conto.

Basti pensare, al riguardo, alla individuazione della residenza, domicilio o dimora abituale dell’ex liquidatore, quando non sia possibile effettuare la notifica presso l’ex sede legale della società cancellata, ma viva fiscalmente, o addirittura all’individuazione dell’eventuale legittimo successore dell’ex liquidatore della società cancellata, deceduto.

Ebbene, mentre la prima delle due problematiche innanzi prospettate trova oggi una soluzione (pacifica) nella previsione della notifica degli atti (di accertamento e riscossione) a mezzo PEC1 e, quindi, all’indirizzo PEC della società cancellata (che tuttavia è così costretta a mantenere attiva la gestione della PEC, nonostante la cessazione dell’attività), la seconda desta maggiori incertezze interpretative.

Una recente pronuncia della Suprema Corte, nell’affrontare la questione ha ritenuto che la morte dell’ex liquidatore non implica «alcun automatismo traslativo in capo agli eredi della rappresentanza dell’ente societario», ma pone, piuttosto, in capo agli altri soci del medesimo «l’incombenza di procedere – quale passaggio obbligato – all’eventuale nomina di un nuovo liquidatore» (cfr. Cass., 5 agosto 2024, n. 21981).

L’esclusione di qualsivoglia «automatismo traslativo in capo agli eredi» dell’ex liquidatore appare certamente coerente con la ratio dell’art. 28, comma 4 e con la connessa prorogatio implicita dei poteri dell’ex liquidatore.

Ed infatti, la sopravvivenza implicita dei poteri di rappresentanza della società cancellata in capo all’ex liquidatore risponde “alla finalità” dell’art. 28, comma 4 che, come si è detto, è quella di assicurare la validità e l’efficacia degli atti sostanziali e processuali intestati e notificati alla società cancellata (cessata) attraverso la “sopravvivenza quinquennale”, ma solo fiscale, della società stessa. Tale prorogatio non riguarda, quindi, il liquidatore inteso come persona fisica, bensì il liquidatore inteso come “organo” societario legittimato, in quanto tale, alla ricezione delle notifiche degli atti intestati e indirizzati alla società cancellata e all’eventuale impugnazione degli stessi.

Ciò posto, non è certo agevole stabilire, come applicare siffatta regola ed agire.

Ed invero, occorre chiedersi come gli ex soci di una società cessata – non più esistente civilisticamente – possano di fatto procedere «all’eventuale nomina di un nuovo liquidatore» in caso di morte del soggetto che aveva precedentemente rivestito tale carica

È facilmente intuibile che, in primis, in caso di morte dell’ex liquidatore, i soci possano non essere a conoscenza dell’evento (alcun obbligo in tal senso sussiste in capo ad essi).

Inoltre, appare estremamente difficoltoso pensare che gli ex soci di società cessata possano convocare l’assemblea (organo non più esistente) al fine di nominare un nuovo liquidatore che possa agire in nome e per conto della società civilisticamente estinta.

A ragion del vero, la fictio iuris di sopravvivenza della società cancellata e la prorogatio dei poteri dell’ex liquidatore non potrebbe portare con sé anche la prorogatio del vincolo sociale o dell’organo assembleare, poiché di fatto la società ha cessato la propria attività ed è priva di organi e di una propria struttura organizzativa (in senso contrario, cfr. Fransoni G., L’estinzione postuma della società ai fini fiscali ovvero della società un poco morta e di altre amenità, in Rass. trib., 2015, 1, 47 che suppone la sopravvivenza del funzionamento anche dell’organo assembleare in quanto necessaria per consentire la sostituzione, ove si renda necessario, del soggetto chiamato a rivestire la funzione di liquidatore nel non brevissimo termine quinquennale, essendo «evidente, infatti, che la sopravvivenza riguarda il liquidatore come organo, non come persona fisica». Tuttavia, l’Autore precisa, altresì che «La sopravvivenza dell’assemblea non può non implicare, a sua volta, la sopravvivenza del vincolo sociale. Un vincolo la cui permanenza dovrebbe essere concepita anche in mancanza dell’apporto che, in ipotesi, potrebbe essere stato integralmente restituito. […] È evidente il corto circuito che la nuova disciplina viene a realizzare.»).

La soluzione ipotizzabile in tali circostanze potrebbe essere allora, al più, quella di ricorrere alla nomina del nuovo liquidatore ad opera del presidente del Tribunale che, invero, vi può provvedere, per legge, nei casi di «mancato accordo tra i soci di società di person», ex art. 2275 c.c., o di «impossibilità di funzionamento dell’assemblea per le società di capitali», ex art. 2487 c.c. (nello stesso senso, cfr. Dalfino D., La cancellazione “differita” della società in ambito tributario, cit., 195 per il quale, posto che deve escludersi una sopravvivenza anche dell’assemblea, bisogna comunque trovare adeguata soluzione al problema dell’eventuale sostituzione del liquidatore nel caso in cui questo venga a mancare o decada dalla carica. Secondo l’Autore, «a tal fine, si potrebbe invocare l’art. 2487, 2° comma, c.c., che attribuisce al tribunale il potere di nominare (e, quindi, di sostituire) il liquidatore in caso di inerzia da parte dell’assemblea. E tuttavia, come giustamente è stato osservato, mancando una assemblea, non vi è inerzia che possa giustificare l’applicazione di tale norma. Lo stesso è a dirsi nell’ipotesi in cui sorga l’esigenza di revocare il liquidatore (v. art. 2487, 4° comma, c.c.). Sembra legittimo, allora, far leva sull’art. 78 c.p.c. per sostenere la possibilità di nominare un curatore speciale al solo fine di provvedere al ripristino della rappresentanza legale dell’ente, ancora una volta alla stessa stregua di quanto sostenuto dalla giurisprudenza con riferimento all’art. 10 l. fall. [anche prima della riforma del diritto societario del 2003].»).

La soluzione alla problematica supra esposta non può che ricadere sulla funzione nomofilattica della Suprema Corte chiamata, ancora una volta, a sopperire i vulnus normativi in materia di effetti della cancellazione delle società dal Registro delle imprese anche (e anzi ancor di più) dopo l’entrata in vigore dell’art. 28, comma 4, D.Lgs. n. 175/2014.

5. A questo punto, c’è ancora da chiedersi cosa accade se, come di norma può accadere, al termine del quinquennio, quando ormai la fictio iuris dell’art. 28, comma 4 è cessata, vi siano atti da indirizzare alla società e/o giudizi pendenti a carico di quest’ultima rappresentata, come si è detto, dall’ex liquidatore.

Si può supporre che l’Amministrazione torni a rivolgere la pretesa nei confronti degli ex soci, nella loro qualità di successori, o nei confronti degli ex liquidatori se ricorrono le ipotesi di responsabilità ex art. 2495, comma 3, c.c. e 36, comma 1, D.P.R. n. 602/1973, ferma restando la validità e l’efficacia degli avvisi e degli atti notificati alla società in pendenza del periodo di sopravvivenza (cfr. Tassani T., La responsabilità di soci, amministratori e liquidatori per i debiti fiscali delle società, in Rass. trib., 2012, 2, 359).

A tal fine, dovrebbe rilevarsi, però, la necessità che l’Agenzia proceda alla notificazione di un nuovo ed autonomo atto di accertamento nei confronti di tali soggetti (ex soci e/o ex liquidatori), congruamente motivati ed opportunamente collegati a quelli precedenti notificati alla società.

Alternativamente, si dovrebbe riconoscere in capo al soggetto destinatario dell’atto con cui si contesta la relativa responsabilità (ex soci e/o ex liquidatori), la possibilità di impugnare, in sede di ricorso avverso il medesimo, tanto la sussistenza dei fatti – fonte della propria responsabilità, quanto i presupposti giuridici e di fatto posti alla base della pretesa vantata nei riguardi della società con l’atto ad essa previamente notificato.

Quanto alle sorti dei processi instaurati dall’ex liquidatore in nome e per conto della società cessata, pendenti al termine della fictio iuris, si ritiene, seguendo la giurisprudenza di legittimità che ha ricostruito il fenomeno in ragione di un meccanismo successorio universale sui generis ex art. 110 c.p.c. ante D.Lgs. n. 175/2014, che la sopravvenuta morte anche fiscale della società comporti l’interruzione del processo ex art. 40 D.Lgs. n. 546/92 e la necessità che lo stesso sia proseguito dai o nei confronti degli ex soci.

In sostanza, allo scadere del quinquennio, tornano ad applicarsi le regole vigenti per le società cancellate dal registro delle imprese prima del 13 dicembre 2014, ma anche qui, con non poche difficoltà teoriche e pratiche connesse a quanto verificatosi (o non verificatosi) nel quinquennio di “sospensione” dell’estinzione fiscale.

6. La fictio iuris di “sopravvivenza” fiscale quinquennale delle società cancellate dal Registro delle imprese introdotta dall’art. 28, comma 4, D.Lgs. n. 175/2014 sembra riportare in vita, per via normativa e solo favor fisci, quella risalente interpretazione giurisprudenziale, superata con la riforma del diritto societario del 2003 e l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite nel 2010 e 2013, secondo cui la cancellazione di una società commerciale – di persone o di capitali – ha efficacia meramente “dichiarativa” ed è, quindi, inidonea a determinarne l’estinzione, qualora non risultano esauriti tutti i rapporti giuridici (attivi e passivi) facenti capo alla stessa. La norma, in definitiva, per creare una “corsia preferenziale” per il Fisco ha generato una serie di problematiche di non facile soluzione.

Per quanto supra osservato, l’art. 28, comma 4 per poter operare, postula una sopravvivenza (implicita) anche dei poteri dell’ex liquidatore della società cancellata, non potendo operare la successione universale e sui generis in capo agli ex soci. L’ex liquidatore, infatti, è l’unico soggetto legittimato a ricevere gli atti indirizzati e notificati alla società ed è altresì l’unico soggetto legittimato ad impugnarli o ad essere convenuto in giudizio.

Il che, vista la dicotomia civilistico-fiscale che si viene a creare per le cancellazione operate dal 13 dicembre 2014, genera tuttavia una serie di problematiche “connesse” e non risolte, legate al fatto che la società cancellata non ha più una propria sede, né struttura organizzativa, non ha più i propri organi né un substrato patrimoniale. Civilisticamente la società è estinta ed ha cessato la propria attività.

Per non dire, poi, che al termine del quinquennio, ove la pretesa nei riguardi della società non sia divenuta definitiva, si ripropongono nuovamente tutte le questioni inerenti al fenomeno successorio universale e sui generis in capo agli ex soci aggravate del fatto che l’azione precedentemente intrapresa nei confronti della società, dopo il quinquennio, deve essere diretta e/o proseguita nei confronti degli ex soci nella loro veste di successori.

Non resta che augurarsi che, dopo un decennio di vigenza della norma sulla “sopravvivenza fiscale” delle società cancellate, vengano normativamente precisati i limiti e gli effetti (espliciti ed impliciti) dell’art. 28, comma 4, D.Lgs. n. 175/2014 da coordinare, necessariamente, con il contesto civilistico e fattuale di riferimento.

(*) Il saggio è stato sottoposto a double blind peer review con valutazione positiva. Esso confluirà nel fascicolo n. 1/2025 (semestrale) della Rivista telematica di diritto tributario.

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1 Per gli atti emessi dal 30 aprile 2024, l’art. 60-ter, comma 1, lett. b), D.P.R. n. 600/1973 rubricato “Notificazioni e comunicazioni al domicilio digitale” introdotto dall’art. 1 D.Lgs. n. 13/2024 dispone che: «Tutti gli atti, i provvedimenti, gli avvisi e le comunicazioni, compresi quelli che per legge devono essere notificati, possono essere inviati direttamente dal competente ufficio, con le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, anche in deroga all’articolo 149-bis del codice di procedura civile e alle modalità di notificazione previste dalle norme relative alle singole leggi d’imposta non compatibili con quelle di cui al presente articolo: […] b)se destinati alle imprese individuali o costituite in forma societaria e a tutti i professionisti i cui indirizzi digitali sono inseriti nell’Indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti (INI-PEC), di cui all’articolo 6-bis del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, al domicilio digitale risultante da tale Indice […]”. Il cit. art. 60-ter D.P.R. n. 600/1973 è poi richiamato dall’art. 26, comma 2, D.P.R. n. 602/1973 ai fini della notifica a mezzo PEC delle cartelle di pagamento emesse dal 30 aprile 2024. Valga osservare che prima dell’introduzione del cit. art. 60-ter, per gli atti emessi dal 1° luglio 2017 (e fino al 30 aprile 2024) la notifica a mezzo PEC era regolata dall’art. 60, comma 7, D.P.R. n. 600/1973 per gli accertamenti e dall’art. 26, comma 2, D.P.R. n. 602/1973 per le cartelle di pagamento.

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