IL PUNTO SU… L’esenzione IVA per prestazioni osteopatiche nella giurisprudenza apicale italiana ed europea
Di Fabio Benincasa
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A. Come noto, l’attività chiropratica è stata riconosciuta tra le attività rientranti nel novero di quelle mediche già dall’art. 2, comma 355, L. n. 244/2007, che, oltre ad ammettere la possibilità di inserire tale figura professionale all’interno di strutture del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), aveva anche istituito un registro dei dottori in chiropratica nel quale l’iscrizione «è consentita a coloro che sono in possesso di diploma di laurea magistrale in chiropratica o titolo equivalente». Sebbene il legislatore avesse inequivocabilmente riconosciuto tale figura professionale in termini di operatore sanitario, la normativa non è stata poi attuata con il previsto regolamento.
Solo oltre dieci anni dopo, con l’approvazione dell’art. 7 L. 11 gennaio 2018, n. 3, poi modificato dall’art. 6 D.L. 29 dicembre 2022, n. 198, si è tornati sulla questione e il legislatore ha chiaramente ribadito che le professioni dell’osteopata e del chiropratico vanno inserite nell’ambito delle professioni sanitarie, rinviando ad un accordo da stipulare in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, per stabilire l’ambito di attività e le funzioni caratterizzanti le suddette professioni, i criteri di valutazione dell’esperienza professionale nonché i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti. A tal fine si stabiliva anche che, con decreto interministeriale, si sarebbero definiti l’ordinamento didattico della formazione universitaria nonché gli eventuali percorsi formativi integrativi. Anche quest’ultima disposizione di legge, però, non ha avuto attuazione completa, ma solo con il D.P.R. 7 luglio 2021, n. 131, specificamente riferito alla sola professione sanitaria dell’osteopata.
Con il decreto interministeriale n. 1563/2024, poi, è stato definito l’ordinamento didattico del corso di laurea in osteopatia, specificando che «nell’ambito della professione sanitaria dell’osteopata, il laureato è quel professionista sanitario che svolge interventi di prevenzione e mantenimento della salute attraverso il trattamento osteopatico di disfunzioni somatiche non riconducibili a patologie nell’ambito dell’apparato muscolo scheletrico», lasciando, tuttavia, ancora aperto il tema delle equipollenze per regolarizzare la situazione attuale degli osteopati e della previsione di eventuali percorsi integrativi.
La mancanza di una completa definizione normativa ha ingenerato incertezze applicative connesse al riconoscimento o meno dell’esenzione da IVA prevista per «le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dallo Stato membro interessato».
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B. Sulla questione, la giurisprudenza di legittimità si è sovente orientata in senso sfavorevole all’applicazione dell’esenzione a tali specifiche figure professionali (cfr. Cass. n. 8145/2019; n. 34169/2019; n. 11085/2016; nn. 22812, 22813 e 22814/2014), sottolineando che, in assenza del regolamento di attuazione che individui il profilo professionale del dottore in chiropratica e l’ordinamento didattico per conseguire il relativo titolo di professionista sanitario di primo grado, le prestazioni fornite dai chiropratici non possono essere comprese tra le prestazioni sanitarie e continuano pertanto a scontare l’IVA nella misura ordinaria.
La Corte di Giustizia UE, invece, già con sentenza 27 giugno 2019, causa C-597/17, ha ritenuto sussistere i presupposti per l’esenzione IVA con riguardo a tali fattispecie, non potendosi dubitare che i suddetti professionisti effettuino senz’altro prestazioni sanitarie alla persona, posto che essi pongono in essere trattamenti indiscutibilmente finalizzati alla cura e, nei limiti del possibile, alla guarigione da malattie o anomalie della salute. La Corte europea, tuttavia, ha anche contestualmente puntualizzato che, in ogni caso, i professionisti in esame devono aver seguito un percorso formativo proposto da istituti di insegnamento riconosciuti dallo Stato, di modo che le prestazioni fornite presentino un livello di qualità sufficiente, ritenendo che «spetta agli Stati membri verificare che i prestatori di cure mediche interessati possiedano le qualifiche professionali a tal fine necessarie, ma tale obbligo non implica necessariamente che detti prestatori esercitino una professione disciplinata dalla normativa dello Stato membro interessato, in quanto possono essere prese in considerazione altre efficaci modalità di controllo delle loro qualifiche professionali, in funzione dell’organizzazione delle professioni mediche e paramediche in tale Stato membro».
Successivamente a tale pronuncia, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 21108/2020, ha rivisto il proprio orientamento e circoscritto i limiti della spettanza dell’esenzione IVA ai casi in cui si riscontra la natura sanitaria delle prestazioni rese, l’adeguata formazione del professionista ad opera di istituti autorizzati dallo Stato e la sufficiente qualità dei servizi erogati, anche in mancanza dell’attivazione del relativo corso di laurea, con conferma poi da parte di Cass. n. 6868/2021 che ha riconosciuto la spettanza dell’esenzione quanto meno nel caso in cui la garanzia della qualità delle prestazioni chiropratiche risulta comprovata attraverso la direzione sanitaria affidata ad un medico.
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C. La Corte di Giustizia europea ha successivamente esplicitato questi principi in modo più chiaro, sia pure con riferimento a fattispecie diverse (cfr. CGUE, 5 marzo 2020, causa C-48/19; CGUE, 4 marzo 2021, causa C-581/19) in relazione alle quali ha sottolineato che un’attività può essere esentata se risponde a finalità di interesse generale e tali sono quelle previste dall’art. 132 della Direttiva IVA, onde nel caso di attività medica o paramedica è necessario che la prestazione abbia una finalità di prevenzione, diagnosi, trattamento della malattia e ripristino della salute.
La giurisprudenza di legittimità ha recepito queste ulteriori indicazioni che focalizzano l’attenzione sulla natura della prestazione svolta e, di recente, con due interessanti pronunce (Cass. n. 18361/2024 e n. 13230/2024) ha superato dichiaratamente il precedente orientamento ed evidenziato che il diritto all’esenzione non è necessariamente condizionato all’esercizio da parte del prestatore di una professione disciplinata dalla normativa dello Stato membro interessato, potendo essere prese in considerazione altre efficaci modalità di controllo delle qualifiche professionali, in funzione dell’organizzazione delle professioni mediche e paramediche dello Stato membro.
Secondo le richiamate pronunce non si può escludere, apriori, che coloro che svolgono tali prestazioni fuori dell’ambito della professione medica, intesa in senso stretto, dispongano delle qualifiche necessarie per garantire cure di livello qualitativo sufficiente per essere considerate simili a quelle proposte dagli appartenenti ad una categoria siffatta e, al contempo, va riconosciuto che l’ambito regolamentare dello Stato membro interessato costituisce solo uno degli elementi, tra gli altri, da prendere in considerazione per stabilire se un soggetto passivo possieda le qualifiche professionali necessarie per il riconoscimento dell’esenzione (peraltro la Corte ha anche rilevato che le professioni del chiropratico e dell’osteopata sono state prese in considerazione da due successivi interventi legislativi, chiaramente indicativi dell’interesse generale alla regolamentazione dell’attività nell’ambito di quelle sanitarie).
Non è, quindi, necessario l’intervento di un regolamento ministeriale per concedere il beneficio dell’esenzione IVA, atteso che esso spetta chiaramente a persone qualificate e in possesso dei titoli necessari, indipendentemente dalla loro iscrizione ad un albo professionale.
Nelle more dell’emanazione del regolamento attuativo, il controllo dei requisiti per l’esercizio della chiropratica può essere senz’altro demandato al giudice di merito, chiamato a valutare la sussistenza delle necessarie abilità e qualifiche professionali nel soggetto che tale attività esercita e che chiede di beneficiare dell’esenzione.
La natura medica della prestazione va, dunque, valutata in termini sostanziali costituendo l’ambito regolamentare un elemento non esclusivo al fine di verificare l’esistenza dei presupposti perché la prestazione sia considerata esente da IVA.
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D. In conclusione, alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale sopra richiamata, si può ritenere che ai fini dell’esenzione IVA l’oggetto principale della valutazione si sia spostato in maniera prevalente sulla natura specifica della prestazione resa, ferma restando la valutazione da parte del giudice di merito della sussistenza dei requisiti professionali del prestatore d’opera.
Di conseguenza, l’art. 132, par. 1, lett. c), Direttiva 2006/112, nell’esentare «le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dallo Stato membro interessato», non può essere interpretato nel senso di riservare a ciascuno Stato membro la possibilità di ampliare o ridurre l’ambito di operatività dell’esenzione in parola sulla base dei diversi regimi di riconoscimento abilitanti, che risulterebbe incoerente con il sistema delle esenzioni in ambito IVA nel quale prestazioni simili, che si trovano quindi in concorrenza fra loro, non possono essere trattate in modo diverso.
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