Di un’assai parziale riforma della riscossione, ritocchi e aggiustamenti nei rapporti tra Ente impositore e Agente della riscossione (Parte seconda)

Di Sebastiano Maurizio Messina -

Abstract (*)

Il lavoro analizza la soluzione che il legislatore della riforma prospetta per risolvere l’annosa questione dell’inefficienza della riscossione e dell’eccessivo sedimentarsi dei ruoli ossia dell’enorme carico di quote non riscosse. La trattazione esamina diacronicamente le proposte contenute nella legge delega ed il modo parziale in cui il legislatore delegato vi da attuazione con riguardo in particolare ai rapporti tra Ente impositore e Agente della riscossione. Si sofferma poi sui meccanismi di discarico automatico e discarico anticipato dei ruoli per cercare di capire in definitiva se per loro tramite le speranze di una definitiva soluzione alla questione della efficacia della riscossione siano o no ben riposte.

On the very partial reform of the tax collection system, amendments and adjustments to the relationship between Tax enforcement and Tax collection bodies (Part two)  – This article evaluates the reform proposal presented by the Italian legislature to tackle the inefficiencies in the tax collection system and the issue of stagnant uncollected tax rolls. Through a diacronic analysis of the provisions outlined in the delegated act and their partial implementation by the delegated legislature, the paper examines the interaction between the tax enforcement body (Ente impositore) and the entity responsible for tax collection (Agente della riscossione). Ultimately, the article delves into whether the proposed mechanisms for automatic discharge and early discharge of collection rolls, along with improved coordination between the tax enforcement body and the body responsible for tax collection, can effectively enhance tax collection.

 

Sommario: 1. la resilienza della riscossione nonostante il discarico. – 2. La mancata semplificazione degli obblighi di verifica e controlli …  – 3. … e la raggiunta semplificazione della responsabilità dell’Agente della riscossione.

1.Da quanto esposto nella “Parte Prima” si ricava che il novello sistema si articola, dunque, su di un termine, per così dire, ordinario per la restituzione delle quote di ruoli non riscossi e, per quanto qui rileva, su di una facoltà anticipatoria di tale evento nel caso lo stato di insolvibilità del debitore sia rilevato prima del termine normale. Tale articolazione sistematica non deve indurre, però, a credere che l’avvenuto discarico, nei casi esposti, equivalga alla scrittura della parola fine sulla vicenda della riscossione. L’art. 5 dello schema di decreto legislativo stabilisce infatti che l’Ente creditore può riscuotere le somme discaricate, fino a quando il credito non è prescritto[1]. La resilienza del potere della riscossione oltre i confini del discarico, già intuitivamente deducibile dalla formulazione dell’art. 3 dello schema, nel quale alla restituzione del carico non è collegata (come è, invece, per il vigente comma 3 dell’art. 19 D.Lgs. n. 112/1999) la conseguenza naturale della cancellazione dalle scritture patrimoniali dell’Ente creditore dei crediti corrispondenti alle quote discaricate[2], è resa inequivocabilmente incontestabile dal dato testuale dell’art. 5 cit., rubricato “Riaffidamento dei carichi”, ove si attribuisce, ma direi forse, più propriamente, almeno per certi versi, si riconosce, all’Ente creditore il diritto di tenere aperta la partita sia nel caso di discarico automatico sia in quello di discarico anticipato.

All’uopo il primo comma dell’art. 5 relativo all’ipotesi di discarico automatico prevede che, nonostante la restituzione dei carichi, appunto, fino a quando il credito non è prescritto, l’Ente creditore può riscuotere le somme discaricate secondo tre possibili percorsi, gestendo direttamente la riscossione; affidandola in concessione a privati individuati con procedura di gara a evidenza pubblica, oppure, affidandola nuovamente, per due anni, ad Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Come si intuisce da quanto fin qui esposto, detta disposizione mantiene, almeno in linea di principio, inalterato il termine di cinque anni previsto dall’art. 19 per il realizzarsi del discarico, introducendo due differenze. La prima è una vera e propria novità, il discarico è connesso al mero trascorrere del tempo, senza attribuire più alcuna rilevanza alla richiesta da parte dell’Agente della riscossione. La seconda, la possibilità di proseguire la riscossione se il credito non è prescritto[3] a ben vedere, non è altro, almeno, per una parte, ossia quella relativa alle ipotesi in cui il creditore non sia l’Agenzia delle Entrate, che un necessario adeguamento al mutato contesto normativo della disciplina dell’art. 19, ormai sul punto desueta.

Segnatamente per quanto riguarda i creditori diversi da Agenzia delle Entrate, la disciplina non poteva non essere coordinata e aggiornata con la normativa sopravvenuta ed attualmente esistente la quale già dal 1° luglio 2017 consente agli enti creditori diversi dall’Agenzia delle Entrate, in particolare, dunque, agli enti locali – oltre che di avvalersi, previa delibera, del servizio di riscossione di Agenzia delle Entrate-Riscossione – di riscuotere le proprie entrate tramite risorse interne o con affidamento in house dello stesso (tramite società strumentali) oppure di affidare la riscossione in concessione a terzi. Era, dunque, ineludibile che in presenza del discarico da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione affidatario, si riconoscesse ciò che era, in re ipsa, ossia, persistendo il diritto di credito, il potere dell’ente di riscuotere direttamente o tramite concessionario.

In altri termini, stante il mutato quadro normativo non credo che si sarebbe potuto dubitare che, entro il termine di prescrizione, il creditore avrebbe potuto agire per il soddisfacimento del proprio credito usando gli ordinari strumenti esistenti e/o nel contesto dei poteri già attribuiti e riconosciuti per legge secondo le caratteristiche di ciascun creditore (in questo era ormai anacronistico il disposto dell’art. 19). E non credo altresì che si sarebbe potuto negare il diritto di esercitare tale potere entro l’ordinario termine di prescrizione. Ossia non mi sembrava fondatamente sostenibile che, in assenza di espressa previsione, il discarico che attiene al rapporto tra Ente creditore e Agenzia delle Entrate-Riscossione avrebbe potuto dare luogo ad estinzione della posizione creditoria o annullamento del debito e dunque alla preclusione del diritto ad agire in presenza di un credito non prescritto. Certamente averlo espressamente indicato può, comunque, servire a fugare ogni possibile dubbio.

Quanto alla terza opzione riconosciuta, ossia il riaffidamento per un altro biennio all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, essa sembra costituire una riedizione del potere, già previsto nell’art. 19 citato (ovviamente riconosciuto e collocato e non poteva essere altrimenti, per le ragioni che si sono fin qui esposte, dopo il decorso del quinquennio) di riaffidare la riscossione ad Agenzia delle Entrate-Riscossione per altri due anni, estesa, in maniera più chiara, a tutti gli Enti creditori e connotata – oltre che da una formulazione foriera di non poche perplessità – dall’essere limitata ai crediti aggredibili attraverso i meccanismi previsti dagli artt. 28-ter e 48-bis D.P.R. n. 602/1973 e dunque agli esiti degli stessi,.

Ciò che potrebbe apparire, in definitiva una vera e propria novità potrebbe essere il riferimento delle prime due opzioni all’Agenzia delle Entrate, ossia il riconoscimento a quest’ultima del potere di scegliere se gestire direttamente la riscossione o affidarla in concessione a soggetti diversi da Agenzia delle Entrate-Riscossione. Tuttavia la soluzione mi pare realisticamente poco perseguibile, quanto meno per l’assenza di indicazioni su chi dovrebbe assumere le decisioni sul punto e di criteri per decidere quale delle tre soluzioni percorrere. Non è chiaro, infatti, se la scelta debba essere compiuta a livello centrale o periferico. E in tale ultimo caso se al livello provinciale o regionale. E restano, comunque, ignote le regole sulla base delle quali l’ipotetico soggetto all’interno dell’Agenzia chiamato a decidere, possa scegliere tra le alternative. Al di là di tutto questo per gestire direttamente la riscossione l’Agenzia dovrebbe creare una propria struttura interna e questo mi pare poco percorribile oltre che palesemente in contrasto con la scelta di proseguire avvalendosi di Agenzia delle Entrate-Riscossione per l’attività di riscossione. Non sembra che la previsione della possibilità, in astratto, di riscuotere direttamente possa costituire un’apertura nella scelta di persistere nel dualismo, ma solo fonte di ulteriore confusione. Anche perché la semplificazione del sistema dovrebbe far transitare le strutture già esistenti in Agenzia delle Entrate-Riscossione dentro Agenzia delle Entrate e non condurre ad una duplicazione di strutture che renderebbe solo più complesso il sistema. Tutte queste considerazioni inducono ad escludere che l’Agenzia possa avvalersi delle prime due opzioni e che, dunque, anche in questa previsione vi sia una novità. L’unica vera novità è che il contribuente dopo il discarico automatico se il credito non è prescritto potrebbe trovarsi a subire l’azione direttamente dall’Ente o dal suo delegato e a questo punto, probabilmente sine die, purché questi abbiano cura di interrompere la prescrizione. Maggiore certezza e semplificazione, quindi, per l’Agente, minore per il contribuente.

E le incertezze si propagano anche al piano delle procedure per la riscossione; giacché con riguardo alle due ipotesi di riscossione, diretta da parte di creditori diversi da Agenzia delle Entrate e affidata da questi in concessione a soggetti diversi da Agenzia delle Entrate-Riscossione, nulla è detto sulla disciplina applicabile all’attività di recupero ossia se quella del D.P.R. n. 602/1973 o quella di diritto privato. L’unico punto che si deduce dallo schema è che l’affidamento della riscossione è fatto con concessione mediante gara ad evidenza pubblica[4], ossia la riscossione avverrà a nome del privato, ma per conto dell’Ente creditore. Trattandosi di concessione, quindi, il privato eserciterà le medesime prerogative spettanti all’ente concedente. Ne discende che nell’ipotesi di Ente creditore diverso da Agenzia delle Entrate, in assenza di esplicita previsione di applicabilità delle disposizioni del D.P.R. n. 602/1973, non sembra possibile ipotizzare l’adozione di quelle regole. In fattispecie la possibilità di applicarle era prevista nell’art. 18, comma 1, lett. a), punto 3), della Legge delega n. 111/2023 (ove si stabiliva che il recupero dovesse avvenire sulla base degli istituti del titolo II, D.P.R. n. 602/1973) ma non lo è più nello schema di decreto delegato con quel che ne discende in punto di non utilizzabilità.

E a proposito di incertezze veniamo a quelle, sopra anticipate, scaturenti ad avviso di chi scrive, dalla non chiara formulazione della disposizione sui modi e tempi per procedere al riaffidamento all’Agenzia delle Entrate-Riscossione in caso di discarico automatico.

In proposito la lett. c) del comma 1 dell’art. 5, stabilisce che il riaffidamento può essere fatto «mediante adesione del predetto ente alle condizioni di servizio rese disponibili dall’agenzia mediante loro pubblicazione sul suo sito istituzionale» e al secondo comma stabilisce che «Il riaffidamento di cui al comma 1, lettera c), è volto all’esercizio da parte dell’Agenzia delle entrate-riscossione di azioni di recupero del credito in presenza di nuovi e significativi elementi reddituali o patrimoniali del debitore, individuati a seguito delle segnalazioni di cui agli articoli 28-ter e 48-bis». La lett. c) del comma 3 dell’art. 5 poi precisa che in caso di riaffidamento i) il termine per chiudere la procedura esecutiva si proroga solo per due anni – salvo le deroghe costituite dalla pendenza di procedure esecutive o concorsuali e dalla pendenza degli accordi previsti dal codice della crisi o dall’esistenza di dilazioni di pagamento – e ii) le somme non incassate al termine del biennio del riaffidamento sono cancellate dalle scritture patrimoniali dell’Ente creditore. Dunque, nel caso, il credito viene sostanzialmente estinto a prescindere dalla sua avvenuta prescrizione, a differenza di quanto accade nell’ipotesi di gestione diretta o di affidamento in concessione a soggetto diverso dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione. La disposizione impone, poi, per lo svolgimento dell’azione di recupero la previa notifica, ove previsto (ossia nel caso sia decorso un anno dalla notifica della cartella o dell’atto impoesattivo) dell’intimazione di pagamento, di cui all’art. 50 D.P.R. n. 602/1973. Questa in sintesi la disciplina.

Alla stregua dell’esposto dato testuale non sembra, però, essere chiaro se il riaffidamento che ai sensi del comma 1, lettera c), cit., si opera mediante adesione alle condizioni di servizio rese disponibili dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione sul proprio sito, sia sottoposto a delle condizioni e segnatamente, come sostenuto (cfr. Lo Vecchio L., Discarico automatico e revisione delle responsabilità per ridurre il magazzino dei carichi non riscossi, in il fisco, 2024, 15, 1386), alla contestuale indicazione da parte dell’Ente creditore di nuovi e significativi elementi reddituali o patrimoniali derivanti, si badi, esclusivamente dalle segnalazioni effettuati dagli enti pubblici, in occasione del pagamento di somme maggiori di 5.000 euro ex art. 48-bis, oppure dalle segnalazioni eseguite dall’Agenzia delle Entrate in occasione del rimborso dei crediti d’imposta ex art. 28-ter, o se, invece, il riaffidamento sia, per così dire, libero e subordinato soltanto ad un limite temporale e sia invece la riscossione che sarà operata soltanto al verificarsi di determinate situazioni.

In altri termini, secondo la citata tesi il creditore potrebbe nuovamente dare l’incarico ad Agenzia delle Entrate-Riscossione, solo se indica gli elementi reddituali e patrimoniali scaturenti dalle segnalazioni ex artt. 28-ter e 48-bis e solo nel momento in cui tali segnalazioni sopravvengono[5]. Come già anticipato la, non chiara, formulazione del dato normativo potrebbe giustificare la proposta ricostruzione. Tuttavia, dalla lettura del dato testuale del combinato disposto del comma 1, lett. c) e del comma 4, dell’art. 5 cit., sembra possibile giungere alla diversa conclusione secondo cui il primo (la lett. c) del comma 1) si limiti soltanto a stabilire le modalità di riaffidamento, mentre è il secondo (id est, il comma 4) a contenere le condizioni e i termini per l’attribuzione dell’incarico laddove prevede rispettivamente che il nuovo incarico può essere conferito solo mediante adesione alle condizioni pubblicate sul sito dell’Agente della riscossione ed entro il termine di dodici mesi dalla loro pubblicazione. Il comma 2 del citato art. 5, laddove si afferma che «Il riaffidamento… è volto all’esercizio da parte dell’Agenzia delle entrate-riscossione di azioni di recupero del credito in presenza di nuovi e significativi elementi reddituali o patrimoniali» sembra, invece, dedicato soltanto a definire il perimetro, assai circoscritto, delle azioni cui l’Agente è tenuto, limitandole soltanto all’ipotesi di esistenza di nuovi e significativi elementi reddituali e patrimoniali individuati attraverso le misure previste dall’art. 28-ter e dall’art. 48-bis D.P.R. n. 602/1973 senza che l’Agente sia, dunque, tenuto a procedere in ogni caso, cercando autonomamente beni mobili o immobili del debitore da aggredire, ma restando, come dire, in attesa che si verifichi una delle due situazioni di segnalazione (insomma nel caso l’Agente, per così dire, resta in attesa che il pesce abbocchi da solo).

La controprova della fondatezza della tesi qui prospettata può forse ricavarsi da una verifica delle ricadute della ricostruzione fornita dalla tesi che si commenta condotta al traverso della disciplina degli istituti del blocco dei pagamenti e della compensazione volontaria.

La disciplina dell’art. 48-bis prevede che l’Ente della Pubblica Amministrazione che deve eseguire un pagamento, prima di adempiere, deve chiedere all’Agente della riscossione se il creditore risulti inadempiente per importi superiori a 5.000 euro. Inoltrata la richiesta, ai sensi dell’art. 2 D.M. 18 gennaio 2008, n. 40 (di applicazione dell’art. 48-bis) Equitalia Servizi s.p.a. controlla, avvalendosi del sistema informativo, se risulta un inadempimento a carico del beneficiario e ne dà comunicazione al soggetto pubblico richiedente entro i cinque giorni feriali successivi alla ricezione della richiesta. In fattispecie deve ritenersi che l’inadempimento persista nonostante il discarico e che, dunque, possa e debba essere rilevato dall’Agente con la conseguente sospensione del pagamento. Seguendo la tesi per la quale è dal momento della segnalazione dell’esistenza di elementi reddituali e patrimoniali che l’Ente creditore potrebbe e dovrebbe procedere all’affidamento, entro il termine complessivo di 65 giorni dalla segnalazione ex art. 48-bis (i cinque per la risposta più i sessanta di durata del blocco, previsti dal comma 3 del D.M. n. 40/2008, decorsi i quali senza che vi sia stato il pignoramento ex art. 72-bis il debitore deve provvedere al pagamento) tutta la procedura dovrebbe concludersi. Il che significa in concreto che entro quel termine l’Agente dovrebbe comunicare all’Ente l’esistenza della segnalazione (giacché è evidente che senza questa comunicazione l’Ente creditore non potrebbe sapere della segnalazione da parte della Pubblica Amministrazione debitrice[6]), quest’ultimo dovrebbe, a propria volta, riaffidare l’incarico, aderendo alle condizioni pubblicate sul sito dell’Agente e questi dovrebbe fare i pignoramento. Con l’ulteriore avvertenza che, l’Agente, ove necessario, potrebbe essere tenuto a notificare l’intimazione ex art. 50 prima di procedere al pignoramento ex art. 72-bis, con l’ulteriore dilatarsi dei tempi . Dal confronto con l’esame della disciplina dell’art. 48-bis emerge, dunque, con evidenza, che è assai difficile che tutte queste attività in concreto si realizzino entro il termine di 65 giorni (opp. che quello di 65 giorni è un termine troppo stretto perché nel suo volgere si compiano tutte le esposte attività dal creditore e dall’Agente). Consapevoli che adducere inconvenientes non est solvere argumentum[7] si osserva che, in ogni caso, è sul piano del sistema che la ricostruzione non convince. Essa cioè non sembra tenere conto del disposto del primo e del quarto comma dell’art. 5 cit. Se è vero come è vero che il reincarico all’Agente della riscossione avviene con l’adesione alle condizioni pubblicate dallo stesso e che detta adesione deve essere comunicata entro i successivi dodici mesi dalla pubblicazione ne discende che, seguendo la tesi opposta, il riaffidamento sarebbe precluso in caso di segnalazione fatta dopo i dodici mesi dalla pubblicazione delle condizioni. Ora una tale conseguenza basta prospettarle per scartarla, giacché è chiaramente inammissibile fare dipendere la possibilità di attribuire il reincarico dal mero evento casuale che la segnalazione avvenga prima o dopo i dodici mesi o in prossimità della loro scadenza.

Analoghe perplessità sembrano riproporsi per l’art. 28-ter. Secondo questa disposizione l’Agenzia delle Entrate prima di effettuare i rimborsi di importo superiore a 500 euro (soglia adesso prevista dalla riforma[8]), trasmette l’elenco dei beneficiari all’Agente della riscossione. Quest’ultimo appura, per ognuno di essi, la presenza di ruoli di importo complessivo superiore a 1.500 euro[9], dovuti e non saldati, ancorché non notificati, formati dall’Agenzia delle Entrate e dalle altre Agenzie e dagli Enti previdenziali convenzionati con la prima ai sensi dell’art. 20-bis D.Lgs. n. 46/1999.

Qualora tale verifica abbia esito positivo, l’Agente della riscossione, dopo avere accertato «anche la presenza di ruoli dovuti e non pagati formati da altri soggetti» (Provvedimento del Direttore 24 febbraio 2012, punto 1.3), da un canto restituisce all’Agenzia i nominativi dei debitori, dall’altro per le partite di ruolo notificate sospende le azioni di recupero e notifica a ciascun intestatario la proposta di compensazione, quindi anche del verificarsi dell’inadempimento. Secondo l’art. 15 dello schema di decreto delegato adesso la procedura è avviata dall’Agente della riscossione se il contribuente risulta inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento. Con tale modifica la disciplina dell’art. 28-ter viene allineata a quanto previsto dall’art. 48-bis[10]. Il legislatore, poi, modificando l’art. 20-bis D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 interviene a semplificare anche il profilo degli Enti creditori che possono avvalersi della compensazione volontaria per estinguere il credito e quindi di fatto sull’ambito oggettivo della compensazione ampliandolo. Invero il citato art. 20-bis che completa la disciplina dell’art. 28-ter, nella formulazione attualmente vigente, da una parte rende evidente che la compensazione in questione non opera solo a condizioni di reciprocità stabilendo, al secondo alinea del primo comma, che «l’agente della riscossione, una volta ricevuta la segnalazione di cui al comma 1 dello stesso articolo 28-ter, formula la proposta di compensazione con riferimento a tutte le somme iscritte a ruolo a carico del soggetto indicato in tale segnalazione», dall’altra però, laddove al secondo comma prevede che «Le altre Agenzie fiscali e gli enti previdenziali possono stipulare una convenzione con l’Agenzia delle entrate per disciplinare la trasmissione, da parte di quest’ultima, della segnalazione di cui al citato articolo 28-ter, comma 1» sembra circoscrivere (laddove individua gli enti all’uopo “autorizzati”) soltanto a quelli relativi a questi ultimi il perimetro dei debiti per i quali può avviarsi la compensazione[11]. Ed in dottrina invero non è mancato chi a partire da questa delimitazione del campo applicativo che coinvolge enti impositori predeterminati, tra i quali non compaiono gli enti locali, ha ritenuto per esempio dubbia l’applicabilità della misura nell’ipotesi di somme iscritte a ruolo per esempio a titolo di TARSU (cfr. Basilavecchia M., Quando è ammissibile il ricorso a seguito di una proposta di compensazione volontaria, in Corr. trib., 2018, 5, 373 ss.).

Adesso con la nuova formulazione dell’art. 20-bis (prevista dal decreto delegato), si chiarisce definitivamente che la compensazione volontaria può essere effettuata con riguardo a tutte le entrate iscritte a ruolo dall’Agenzia delle Entrate nonché dagli altri enti titolari del credito che si avvalgono dell’Agenzia delle Entrate riscossione. Coerentemente è soppressa la previsione delle convenzioni tra Agenzia delle Entrate e altre agenzie ed enti previdenziali contenuta nel comma 2 dell’art. 20-bis.

La proposta di compensazione notificata dall’Agente si intende rifiutata se non è accettata dal contribuente entro il termine di 60 giorni dalla sua ricezione. Il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 2008 prevede che la risposta alla segnalazione deve essere data entro 12 giorni e che contestualmente alla risposta deve essere inviata la proposta di compensazione, senza dunque attendere ulteriore comunicazione da Agenzia delle Entrate. Pertanto, ai fini del ricorso alla compensazione volontaria e alle relative segnalazioni, mi pare ancora più dirimente, allo stato dell’attuale procedura (visti i modi e la tempistica) e salvo cambiamenti, che l’affidamento debba esserci già al momento della segnalazione. A meno di non ritenere che l’Agente tenendo conto dell’inadempimento e della non intervenuta prescrizione comunichi all’Ente debitore l’esistenza dei carichi scaduti ai fini del riaffidamento e possa sospendere il pagamento in attesa di una risposta dall’Ente, senza che vi sia ancora il riaffidamento. In assenza di una esplicita previsione in tal senso, atteso che la disposizione in questione è ascrivibile all’autotutela esecutiva governata dai principi di tipicità e legalità, e che quindi l’Agente non può operare al di fuori dei casi e dei modi tipicizzati, occorre capire se un simile potere possa ricavarsi dal sistema del’art. 28-ter. A sostegno di una tale interpretazione non mi pare possa addursi la nuova formulazione (prevista dal decreto delegato) dell’art. 20-bis D.Lgs. n. 46/1999, che integrando, come noto, la previsione dell’art. 28-ter, stabilisce che il pagamento mediante compensazione (volontaria) (eseguito dall’Agente della riscossione) può essere effettuato con riguardo a «tutte le entrate iscritte a ruolo dall’Agenzia delle entrate nonché dagli altri enti titolari del credito che si avvalgono dell’agenzia delle entrate riscossione». Anche ad interpretare nella maniera più lata la locuzione “che si avvalgono” non mi pare che essa possa essere estesa fino ad intendere tutti gli enti che ordinariamente si avvalgono di Agenzia Riscossione. Essa non può che essere riferita alle sole ipotesi nelle quali al momento della verifica l’Ente creditore si avvale della riscossione e, dunque, alle sole quote di debito a ruolo affidate in quel momento. In altri termini mi pare evidente che l’invito a compensare ai fini del pagamento presuppone che il carico sia affidato[12]. Escluso, quindi, che l’Agente possa fare la proposta in attesa che il creditore aderisca, non mi pare che ancora una volta ci siano i tempi dall’invio della segnalazione perché l’intero procedimento si compia.

In ogni caso anche per quanto riguarda questa fattispecie vale quanto si è esposto per l’art. 48-bis. È sul piano del sistema che la commentata ricostruzione non convince in quanto anche in questo caso finisce con il contrastare con il disposto del primo e del quarto comma dell’art. 5 cit. dal quale discende che il reincarico all’Agente della riscossione avviene con l’adesione alle condizioni pubblicate dallo stesso comunicata entro i successivi dodici mesi dalla pubblicazione. Anche qui, seguendo la tesi opposta, si giungerebbe all’inammissibile conclusione che il riaffidamento sarebbe precluso in caso di segnalazione fatta dopo i dodici mesi dalla pubblicazione delle condizioni vincolando la facoltà di scelta al fatto che la vicenda del rimborso che da luogo alla compensazione si manifesti entro quel termine o in prossimità della sua scadenza.

In conclusione la disciplina del riaffidamento all’Agente si caratterizza (per quanto strano o sorprendente questo possa apparire) per il fatto che l’Ente creditore debba scegliere e/o aderire a questa soluzione, come dire, al buio. Nel senso che se, da un canto l’Ente non ha l’onere, come è previsto, invece, dall’attuale sistema dell’art. 19 cit. di dovere segnalare all’Agente beni e azioni da compiere, dall’altro sa già che la riscossione avverrà soltanto se, entro due anni dall’affidamento, si verifichino le vicende che danno luogo alla compensazione volontaria e/o al blocco dei pagamenti. Decorso inutilmente tale termine la vicenda sarà definitivamente chiusa con la cancellazione dei crediti dalle scritture patrimoniali degli Enti.

Al di là delle considerazioni sulla formulazione del testo che avrebbe potuto essere meno involuto, la sensazione è che la disciplina sul riaffidamento risponda al precipuo fine di liberare l’Agente entro 5 anni. Invero il limite temporale del biennio (superato il quale ogni pretesa si estingue) e l’ambito assai circoscritto dell’attività di riscossione che questi è chiamato a compiere possono avere chiaramente un effetto dissuasivo, quanto meno per i soggetti diversi dall’Agenzia. Questa conclusione si rafforza ove si consideri che mentre nel caso del riaffidamento all’Agenzia delle Entrate-Riscossione il legislatore prevede un termine biennale per chiudere la partita, nelle ipotesi in cui l’ente creditore gestisca direttamente la riscossione o l’affidi a privati non è previsto alcun termine. Considerato, quindi, che, alla luce di questo differente trattamento, in linea teorica, l’ente creditore, dal momento dell’inizio della gestione diretta o da quello dell’affidamento al privato può coltivare la procedura sine die in presenza di atti interruttivi della prescrizione, e senza alcuna preclusione sul piano dei beni da aggredire è facile ipotizzare che l’Ente sarà indotto a prediligere una di queste opzioni piuttosto che quella del riaffidamento, così sgravando il carico di lavoro di Agenzia delle Entrate-Riscossione. Per le ragioni che abbiamo esposto, questo è, invece, in realtà, l’unico percorso opzionabile per gli uffici dell’Agenzia delle Entrate i quali saranno chiamati ad aderire alla condizioni contrattuali previste dall’Agente. I suesposti limiti temporali e soprattutto quelli oggettivi, disegnati dal legislatore, tuttavia, finiscono con il garantire ad Agenzia delle Entrate-Riscossione un carico di lavoro assai circoscritto e soprattutto mirato ad azioni esattive in linea di principio dall’esito favorevole garantito[13]. Tutti questi elementi mi pare convergano verso un unico senso, la preoccupazione del legislatore è rivolta al solo fine di non gravare sine die l’Agente della riscossione mentre resta, invece, assolutamente tenuto in non cale e anzi sembra aggravarsi il tema della certezza dei rapporti tra contribuente ed ente impositore.

Veniamo a questo punto alla seconda ipotesi, nella quale, è possibile procedere a riaffidare la riscossione, in questo caso esclusivamente ad Agenzia delle Entrate-Riscossione, ossia a quella del discarico anticipato. Segnatamente, verificatosi il discarico, l’Ente creditore può chiedere all’Agente della riscossione, entro il termine del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello dell’affidamento, di riprendere le operazioni di recupero forzoso a condizione che il credito non sia prescritto, che esistano «nuovi, circostanziati e significativi elementi reddituali o patrimoniali del debitore» della cui esistenza l’Ente è a conoscenza e che siano indicati anche i beni da aggredire[14]. Anche in tal caso l’esecuzione deve essere preceduta, ove necessario, dalla notificazione dell’intimazione ex art. 50 D.P.R. n. 602/1973 e il riaffidamento opererà attraverso l’adesione dell’Ente creditore alle condizioni di servizio rese disponibili da Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Dalla disamina della disciplina emerge che anche in detta fattispecie il legislatore (sia pure in maniera diversa da quanto ha fatto per l’ipotesi di riaffidamento decorso il quinquennio) ha cercato di limitare i casi in cui il reincarico possa essere dato creando una sorta di barriera all’ingresso costituita dalla particolare connotazione degli elementi che giustificano la riattribuzione. Di essi è richiesto che siano nuovi, circostanziati e significativi, ma tali caratteri non sono di agevole e soprattutto univoca determinazione. Non è immediato, come insegna l’esperienza in materia di accertamenti integrativi o modificativi, definire il carattere della novità[15]. Non è facile determinare in maniera obiettiva quale sia il grado di dettaglio necessario e sufficiente affinché un elemento possa essere considerato circostanziato. E, infine, è di palmare evidenza come la significatività possa dipendere da infinite variabili soggettive e oggettive, influenzate dal (e che tengono conto del) caso concreto[16]. La previsione di criteri di accesso non oggettivi e non ben definiti, dunque contestabili, da una parte restringe sensibilmente gli spazi per il reincarico, dall’altra mi pare apra, pericolosamente, alla possibilità dell’Agente di sindacare i caratteri degli elementi in questione e quindi di rifiutarsi di procedere. In entrambe i casi mi pare si vada nell’unico senso di agevolare l’Agente senza che però si intravedano effetti positivi sulla maggiore efficacia dell’attività esattiva.

Come anticipato, anche per questa fattispecie il reincarico passa per l’adesione da parte dell’Ente creditore alle condizioni pubblicate dall’Agente della riscossione. A differenza dell’ipotesi del riaffidamento dopo il quinquennio qui, però, l’adesione non è subordinata al termine di dodici mesi dalla pubblicazione, ma deve essere manifestata entro il termine previsto per il discarico automatico (31 dicembre dall’affidamento, purché il credito non sia prescritto). Il che conferma, a contrario, che nell’ipotesi di riaffidamento dopo il discarico automatico la previsione del termine perentorio di dodici mesi per aderire è espressamente voluta dal legislatore ed opera come unica condizione [17].

La disciplina si conclude stabilendo sul piano temporale, che nel caso di riscossione infruttuosa il nuovo incarico persiste fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello del riaffidamento. Evidentemente il legislatore mette in conto che se anche la partita si riapre al verificarsi dei suddetti elementi non è detto che essi siano così significativi[18]. Non sono previste regole o condizioni particolari per la prosecuzione dell’attività nell’ulteriore quinquennio il che fa pensare che opereranno le normali regole di programmazione tra Ente creditore e Agente, fermo restando che il primo potrà in ogni momento procedere a segnalare elementi reddituali e patrimoniali aggredibili, a questo punto, senza che questi siano corredati dalle particolari caratteristiche previste per il riaffidamento.

Sono palesi i limiti di questa disciplina orientata ad alleggerire l’Agente della riscossione ma senza proporre significativi elementi in favore del reale poteziamento dell’attività esattiva. Le stringenti condizioni di accesso sembrano aprire solo formalmente alla possibilità di riprendere la riscossione, se il credito non è prescritto, ma nei fatti tale circostanza è resa particolarmente ardua e il tutto mi pare vada a discapito di semplificazione e speditezza[19].

2. E non mi pare di cogliere soverchia semplificazione nemmeno guardando all’altro aspetto della delega attuato nello schema di decreto delegato costituito dai poteri di verifica e controllo attribuiti agli Enti creditori. In particolare al Ministero delle Finanze (punto 10 della delega) è dato di verificare e controllare che l’attività di recupero dei crediti da parte dell’Agente sia svolta in maniera conforme alla pianificazione concordata annualmente nella quale, lo si ricorda il legislatore ha previsto che i recuperi devono essere fatti anche seguendo logiche di accorpamento per codice fiscale.

Nei punti da 4 a 8 dell’art. 6 dello schema di decreto legislativo è disciplinata la procedura di controllo con un andirivieni di, per carità, doverose, comunicazioni, istanze, trasmissioni di flussi informativi, notifiche di atti di contestazioni e relative difese (già per molti aspetti esistenti anche nell’attuale sistema) che a tutto fanno pensare tranne che alla semplificazione e alla fluidità, ma che d’altra parte sono, come dire, la naturale e direi quasi doverosa conseguenza (il minimo indispensabile) del persistere del dualismo Ente creditore – Agente (o del non accentramento).

In particolare per le quote affidate dal gennaio 2025 oggetto del controllo sarà oggetto di controllo il rispetto dell’obbligo di notifica della cartella entro il nono mese successivo all’affidamento della partita, e degli atti interruttivi della prescrizione e che sia stato trasmesso mensilmente il flusso informativo delle operazioni di recupero eseguite. Per le partite affidate fino al 31 dicembre 2024, invece, non è prescritta la verifica della tempestività della notifica della cartella ma solo degli atti interruttivi della prescrizione. L’Agente risponderà della mancata riscossione della quota per le partite affidate dal 2025 nel caso in cui dal mancato rispetto degli obblighi di notificazione della cartella e degli atti interruttivi derivi la decadenza o la prescrizione, per le altre partite (quelle trasmesse fino al 2024) solo nel caso in cui dalla mancata notificazione derivi la prescrizione del diritto di credito.

Nell’ipotesi in cui si verifichino gli adempimenti l’Ente creditore deve notificare a pena di decadenza un atto di contestazione entro 180 giorni dalla comunicazione di avvio del procedimento di controllo o, se è stata chiesta documentazione, dalla trasmissione della stessa o dall’inutile decorso del termine di 120 giorni dalla richiesta.

Come si vede è quindi possibile che ci sia una consistente attività all’esito della quale in caso di definitivo accertamento della responsabilità, all’agente è data la possibilità di definire la controversia relativa agli inadempimenti agli obblighi posti a suo carico mediante il pagamento di una somma pari ad un ottavo dell’importo del carico affidato.

Il persistente dualismo perpetua la farraginosità con buona pace della semplificazione e con non poche incertezze sulla idoneità di tutto questo (che in gran parte costituisce replica dell’esistente e quindi ha ben poco di riforma) a risolvere il problema della inefficace riscossione[20].

3. L’obiettivo della semplificazione, se in questi termini ci si può esprimere riguardo al profilo della responsabilità dell’Agente in relazione alla giustizia contabile, sembra, invece, essere centrato nel comma 10 del citato art. 6. Si sono, invero, di molto semplificate le responsabilità di quest’ultimo, di tal che le omissioni le irregolarità e i vizi per le partite affidate dal 2025 in poi, comporteranno responsabilità contabile soltanto in caso di dolo e nei casi in cui dal mancato rispetto per colpa grave degli obblighi di notifica della cartella e degli atti interruttivi derivi la decadenza o la prescrizione del diritto di credito.

Quanto alle partite affidate fino al 31 dicembre 2024, con riguardo alle responsabilità derivanti dai tentativi di riscossione effettuati fino al 31 dicembre, al punto 2 lett. b) si rinvia all’applicazione del comma 529, dell’art. 1 della L. n. 228/2012 secondo il quale la procedura di discarico non avviene sulla base della normativa a regime, recata negli abrogandi artt. 19 e 20 D.Lgs. n. 112/1999 e, fatti salvi i casi di dolo, non si procede a giudizio di responsabilità amministrativa. Dunque un trattamento particolarmente di favore per i crediti affidati fino al dicembre 2024 per i quali il giudizio di responsabilità amministrativa pare essere circoscritto al solo dolo.

Dico pare perché sul punto mi sembra esistere una contraddizione nello schema. Invero a fronte dell’appena esposta previsione di limitazione di responsabilità alla sola ipotesi di dolo (contenuta nella lett. b) del punto 2 dell’art. 6), dal combinato disposto del punto 10 e della lett. b) dello stesso punto sembra discendere che il giudizio di responsabilità contabile sia previsto per le partite affidate fino al 31 dicembre 2024, anche nel caso in cui il la prescrizione del credito derivi dal mancato rispetto per colpa grave dell’obbligo di notifica dell’atto interruttivo. Le medesime regola sulla responsabilità si applicano, ovviamente, anche nel caso del riaffidamento dei carichi ad Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Occorre, infine ricordare, proprio in relazione al peso dei carichi e delle attività che deve svolgere l’Agente della riscossione che il legislatore delegato ha (in attuazione della delega) nettamente incrementato le ipotesi nelle quali si applica l’accertamento immediatamente esecutivo con la conseguenza che diminuiscono in maniera consistente i casi nei quali si deve ricorrere alla notificazione della cartella. Non si dimentichi, poi, che con i commi 784 e seguenti dell’art. 1 della Legge di Bilancio per il 2020) a partire dal 1° gennaio 2020 l’istituto dell’accertamento immediatamente esecutivo è stato esteso agli enti locali con riferimento ai rapporti pendenti a tale data per le entrate tributarie (IMU, TARI, ecc.) e patrimoniali degli enti locali (rette refezione scolastica, canoni idrici, fitti, lampade votive, ecc.), con l’eccezione delle contravvenzioni del Codice della strada. Quindi anche con riguardo a tali ipotesi l’obbligo di notificazione della cartella entro nove mesi dall’affidamento, per l’Ente locale che si rivolge ad Agenzia delle Entrate-Riscossione, si riduce ad ipotesi limitate (le contravvenzioni al codice della strada appunto), riducendo così non poco il carico di attività in capo all’agente.

Dall’analisi sin qui svolta mi pare evidente che la riforma strada facendo si sia declassata a al rango di meri aggiustamenti, modifiche del sistema già esistente dei rapporti tra Ente creditore e Agente della riscossione. È rimasta negletta l’altra strada, che sembra essere la via maestra per la semplificazione, ossia il superamento della dicotomia Agenzia-Agente della riscossione (creditore/soggetto titolare dell’azione esecutiva) che storicamente sembra ormai avere perso ogni giustificazione mantenendo, invece, tutte le controindicazioni dovute alla necessità di continui coordinamenti, scambi di informazioni, segnalazioni, controlli[21]. I rimaneggiamenti visti, imperniati solo sulla disciplina del discarico, oltre ad essere ben lontani da una riforma, rendono palese che l’obiettivo della maggiore efficacia non è declinato nel senso di ampliare l’efficienza della riscossione per colpire una maggiore platea di evasori [22]ma, in quello di diminuire progressivamente i carichi da gestire, rafforzando, peraltro, le garanzie di esito positivo della riscossione (v. artt. 48-bis e 28-ter) . Con minori quote da riscuotere potenzialmente dovrebbero essere minori gli insuccessi ma è vera riforma o solo illusionismo aritmetico?

Alla luce degli esposti limitati ed incompleti ritocchi temo che il ritornello continueremo a sentirlo.

Ancora una volta si è perduta l’occasione, con buona pace del tormentone!

(*) Relazione svolta dall’Autore al Convegno Annuale “L’attuazione della riforma tributaria”, organizzato dall’AIPDT e svoltosi il 10-11 maggio 2024 a Napoli, con il patrocinio dell’Università degli Studi di Napoli-Parthenope, Dipartimento di Studi Economici e Giuridici.

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[1] Con riguardo a questa ipotesi di riaffidamento e ripresa dell’attività di riscossione il legislatore delegato, come esposto nel testo, ha colmato la evidenziata lacuna esistente nella delega circa la previsione di un termine entro il quale potere procedere, stabilendo espressamente che la riscossione può essere ripresa, fino a che il credito non è prescritto, e che il termine per calcolare la prescrizione è computato dall’ultimo atto notificato anteriormente al discarico automatico. In assenza di esplicito intervento, comunque, non mi pare che sarebbero potuti esserci dubbi sull’applicabilità del termine di prescrizione ordinario.

[2] Cosa che nel novello sistema è collegata solo all’ipotesi di riaffidamento dopo il discarico biennale (art. 5, comma, 3 lett. b).

[3] E coerentemente non è prevista la cancellazione del credito dalle scritture patrimoniali del creditore.

[4] Quanto al profilo della gara nello schema nulla si dice sulle caratteristiche e/o le qualificazioni professionali che devono avere i terzi privati. In tal caso viene da chiedersi se potrà essere l’Agenzia o l’Ente creditore al momento della gara, a decidere su questo aspetto o si farà puramente e semplicemente riferimento a quelli già iscritti nell’apposito albo tenuto presso il Ministero delle Finanze. Come noto l’art. 52, comma 5, D.Lgs. n. 446/1997, stabilisce che i Comuni possono procedere all’attribuzione di qualunque fase di gestione a terzi, iscritti in un apposito albo tenuto presso il Ministero delle Finanze, prescelti con procedura ad evidenza pubblica.

[5] Questa interpretazione richiama la formulazione dell’art. 19 D.Lgs. n. 112/1999, dalla quale sembra in certa misura influenzata.

[6] Si ricordi che la segnalazione ex art. 48-bis viene fatta dal soggetto che deve pagare all’Agente della riscossione. Quindi l’Ente creditore non può essere a conoscenza delle segnalazioni se di esse non viene informato dall’Agente.

[7] Per consentire all’Ente creditore di intervenire occorre, quanto meno, che siano poste in essere dall’Agente della riscossione una serie di attività al momento non previste. È vero, pure che le prospettate difficoltà operative – ancorché farraginose, dispendiose in termini di tempo e di impiego di risorse (anche umane) (e per certi versi sotto questo aspetto, anche contrarie al principio di speditezza cui è ispirata la legge delega) – potrebbero in linea teorica, probabilmente superarsi magari prevedendole espressamente, e ciò sia in osservanza del principio di legalità e tipicità dell’autotutela esecutiva nella quale il blocco dei pagamenti si inserisce, sia perché introduce nuovi oneri a carico dell’Agente.

[8] Il limite, come dice la relazione illustrativa allo schema di decreto, «consentirà di evitare in caso di mancata accettazione della proposta di compensazione, l’avvio della procedura di recupero coattivo in presenza di importi di modesta entità, a fronte di debiti spesso di ammontare di gran lunga superiore alle somme oggetto di rimborso».

[9] Questo limite è stato introdotto a partire dal 2011 dall’art. 31 D.L. n. 78/2010, per adeguarlo alla disciplina sul divieto di compensazione prevista dalla medesima disposizione, mentre prima non era prevista alcuna soglia.

[10] La previsione dell’operare della compensazione volontaria in presenza di inadempimento avvicina, quanto al presupposto per il suo operare, questa disposizione a quella dell’art. 48-bis. Così facendo, può nascere qualche dubbio sul fatto che possa ancora parlarsi di compensazione volontaria ossia sull’ascrivibilità di questo istituto a quello civilistico. La modifica, mi pare, invece, confermi ancora di più l’affrancamento di questo istituto da quello civilistico riconducendolo in maniera sempre più inequivocabile nel novero degli accordi tipizzati tra Agenzia e contribuente nell’ambito dell’attività di riscossione in sede di autotutela esecutiva. Ed invero, quanto meno nel caso in cui il credito iscritto a ruolo non sia contestato, dovrebbe parlarsi di compensazione legale, più che di volontaria, giacché i due controcrediti sono entrambi certi liquidi ed esigibili e coerentemente l’Agente della riscossione dovrebbe limitarsi ad opporre la compensazione al contribuente (del proprio credito con quello di quest’ultimo, senza alcuna proposta). Resta a questo punto difficile ricondurre sotto quella disciplina – per l’assenza del carattere della reciprocità, proprio della compensazione – tutte le ipotesi nelle quali l’Agente usa il debito per rimborso dell’Agenzia per estinguere debiti del contribuente nei confronti di Enti diversi, e il richiamo alla disciplina civilistica non risulterebbe adeguato, nemmeno a dare conto delle altre peculiarità della disciplina dell’art. 28-ter. La particolare disciplina di questo istituto, invece, conferma come si è già adeguatamente evidenziato da attenta dottrina che «quanto al profilo dell’aderenza del nomen all’istituto civilistico richiamato, sembra imporsi la conclusione che il legislatore tributario, utilizzando l’espressione “compensazione volontaria”, non abbia inteso introdurre un istituto che avesse esattamente i caratteri di quello civilistico, risultando in tal modo qui confermata l’ipotesi iniziale, ossia che anche in questo caso, come per la fattispecie disciplinata dall’art. 28-quater, il termine «compensazione» sia adibito, in senso lato, a designare la possibilità che l’adempimento del debito iscritto a ruolo possa avvenire da parte del contribuente con modalità diverse dal pagamento»: così Ortoleva M.G., L’adempimento del debito iscritto a ruolo, Torino, 2019, 330 ss. Si tratterebbe, dunque, come sopra esposto, di un’ipotesi di accordo tipizzato in fase di riscossione e autotutela esecutiva.

[11] In altri termini con l’attuale, abrogando, sistema – in assenza di convenzione – l’Agente, prima di erogare un rimborso, dovrebbe appurare esclusivamente che i beneficiari siano iscritti a ruolo per imposte erariali e, in caso di esito negativo, provvedere al pagamento delle somme dovute; diversamente – in presenza di convenzione – la preliminare verifica dovrebbe essere diretta ad appurare l’esistenza di debiti iscritti a ruolo da parte non solo dell’Agenzia delle Entrate ma anche degli enti convenzionati. In quest’ultima ipotesi, dunque, il pagamento dei crediti di imposta sarebbe subordinato alla mancanza di ruoli intestati al beneficiario formati sia dall’una che dagli altri.

[12] In tal senso stanno, in maniera inequivocabile, anche i provvedimenti del Direttore delle Agenzie ove il controllo e poi la proposta è fatta, e non potrebbe essere altrimenti, con riguardo alle quote affidate.

[13] Non si dimentichi che la nuova formulazione dell’art. 28-ter prevede adesso che le somme messe a disposizione dall’Agenzia delle Entrate nel caso in cui il contribuente rifiuti la compensazione non sono restituite al contribuente ma restano a disposizione dell’Agente per l’eventuale pignoramento. Quindi sia nell’ipotesi di blocco sia in quella di compensazione volontaria l’epilogo se il contribuente non adempie è ormai il pignoramento di somme già bloccate a favore dell’Agente. Discorso a parte merita poi quello della legittimità delle previsione di un tempo così lungo, nei quali le somme destinate a rimborso sono invece bloccate.

[14] Nella parte in cui fa riferimento all’indicazione dei beni da aggredire la disposizione richiama il comma 4 dell’art. 19, abrogando, nel quale si prevede che fino al momento del discarico automatico «resta salvo, in ogni momento, il potere dell’ufficio di comunicare al concessionario l’esistenza di nuovi beni da sottoporre ad esecuzione». In questo l’unica differenza è che il legislatore delegato con riferimento ai beni da segnalare li qualifica con una espressione, forse un po’ più atecnica e più colorita, da aggredire, mentre il legislatore dell’art. 19 usa la locuzione, più tecnica, “da sottoporre ad esecuzione”.

[15] Deve essere inteso in senso assoluto, ossia l’elemento reddituale o patrimoniale non doveva esistere prima oppure nel senso che esisteva, era conoscibile ma non era mai stato preso in considerazione

[16] A differenza di questa ipotesi, nel caso del discarico automatico il legislatore non solo prevede che gli elementi siano soltanto nuovi e significativi ma poi e soprattutto supera ogni problematica interpretativa sul significato da attribuire a questi termini giacché li ricollega alle segnalazioni di cui al blocco e alla compensazione volontaria, che a questo punto diventa l’unico elemento dirimente.

[17] Per entrambe le fattispecie di riaffidamento le modalità, evidentemente anche quelle economiche (anche se lo schema non ne fa menzione) del riaffidamento sono pubblicate entro 12 mesi dall’entrata in vigore del decreto di attuazione sul sito di Agenzia delle Entrate-Riscossione. La preoccupazione è che si possa reintrodurre in tal modo surrettiziamente il pagamento di un aggio.

[18] Con l’unica peculiarità che in questa ipotesi non sarà più possibile per l’Agente procedere al discarico anticipato di cui alla lett. b) dell’art. 3 (ossia inesistenza di beni da pignorare individuati mediante anagrafe), ma solo a quello derivante da chiusura del fallimento o liquidazione giudiziale. Resta peraltro applicabile la disciplina del differimento di cui all’art. 4.

[19] Soprattutto ove si consideri che il sistema così concepito finisce con l’imporre agli Enti creditori l’onere di attivarsi, cercare, motivare, spiegare, sollecitare l’Agente.

[20] Al definitivo alleggerimento della situazione del magazzino è poi destinata la disposizione dell’art. 7 che prevede la nomina di una Commissione con l’apposito compito di proporre possibili soluzioni da attuare con provvedimenti legislativi per conseguire il discarico di tutto o parte del magazzino.

[21] Anche sul piano del coordinamento dei sistemi informatici e dell’uso delle banche dati la delega è ignorata. Ma laddove non poté o non volle il delegato poté l’esigenza di attuazione del PNRR e così accade che il legislatore sorpassando il delegato o supplendovi finisce con il dare attuazione alla lett. c) dell’art. 18 della delega con il quale si demandava al Governo di (operare per) «favorire l’uso delle più evolute tecnologie delle forme di integrazione e interoperabilità dei sistemi e del patrimonio informativo funzionali alle attività della riscossione ed eliminare duplicazioni organizzative logistiche e funzionali con conseguente riduzione dei costi». E proprio su questo punto è intervenuto il legislatore introducendo con l’art. 1, comma 100, L. n. 213/2023 (Legge di Bilancio 2024) l’art. 7-ter nella Sezione III del Capo II, Titolo II, D.P.R. n. 602/1973 ove si afferma che “In coerenza con le previsioni dell’articolo 18 della legge 9 agosto 2023, n. 111” al fine di assicurare la massima efficienza dell’attività di riscossione l’Agente della riscossione prima di avviare l’azione di recupero coattivo può avvalersi di modalità telematiche di cooperazione applicativa e degli strumenti informatici per l’acquisizione di tutte le informazioni necessarie al predetto fine da chiunque detenute. Il comma 2 stabilisce poi che «Le soluzioni tecniche di cooperazione applicativa e di utilizzo degli strumenti informatici per l’accesso alle informazioni di cui al comma 1 sono definite con uno o più decreti del Ministero dell’economia e delle finanze, nel rispetto dello statuto dei diritti del contribuente di cui alla legge 27 luglio 2000, n. 212, sentito anche il Garante per la protezione dei dati personali, ai fini dell’adozione di idonee misure di garanzia a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati, attraverso la previsione di apposite misure di sicurezza, anche di carattere organizzativo, in conformità con le disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, e del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196».

Questa disposizione consente la possibilità di avviare quelle azioni mirate che fino ad adesso ha costituito un significativo limite, come sopra anticipato, all’efficacia e speditezza della riscossione. L’Agente potrà procedere nel rispetto delle regole di cui all’art. 72-bis avendo la conoscenza preventiva delle disponibilità del contribuente prima della fase esecutiva. È evidente la forza dirompente di detta disposizione che consente all’Agente della riscossione di avvalersi senza dubbio delle banche dati dell’Agenzia ma sembrerebbe consentire l’ampio uso di strumenti informatici. Tutto questo impone il massimo dell’accortezza e delle contromisure a tutela dei diritti del contribuente. Si ricordi che sul diverso campo della pianificazione dei controlli, all’Agenzia è stato impedito dal Garante della privacy l’uso delle informazioni comunque raccolte perché tale impiego non è stato ritenuto proporzionale allo scopo. Anche nel caso della riscossione, adesso, la disposizione fa riferimento all’acquisizione di tutte le informazioni necessarie al fine del recupero. Occorrerà quindi che si operi un attento giudizio di proporzionalità tra l’interesse alla tutela dei dati e quello all’accesso in relazione al predetto fine. Per altro verso, ancora una volta simili disposizioni testimoniano della necessità di intervenire con regole, provvedimenti, atti, per gestire attività che si duplicano. Si moltiplicano i controlli, gli interventi normativi, le necessità di coordinamento e così, via il tutto perpetuando il vizio originario della dualità su cui il legislatore delegato ha deciso di non intervenire.

[22] Nello schema di legge delegata, è peraltro scomparso ogni aspetto di potenziamento della riscossione degli enti locali.

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