Contraddittorio statutario e Contraddittorio matematico nel Diritto con verità
Di Marco Versiglioni
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Abstract
Sul piano teorico-dogmatico il saggio esamina la relazione corrente tra la recente legislazione statutaria sul contraddittorio procedimentale preventivo e il diritto matematico di contraddittorio nel diritto con verità; ciò, col fine precipuo di individuare e spiegare alcune tra le tante convergenze, carenze e divergenze. Sul piano pratico, il saggio tenta di simulare una legislazione sul contraddittorio preventivo che avesse forma e contenuto digitalizzabili e che fosse pensabile, realizzabile e comunicabile mediante una tabella di automazione, una articolazione e una relazione esplicativa, derivate dal diritto matematico del diritto con verità.
The statutory legislation on the right to be heard and the Mathematical right to be heard in the Law with truth – On a theoretical-dogmatic level, the essay examines the current relationship between the recent statutory legislation on the right to be heard and the mathematical law on the right to be heard in the law with truth; the main purpose of this is to identify and explain some of the many convergences, gaps and divergences. On a practical level, the essay attempts to simulate a legislation on the right to be heard that has a form and content that can be digitized and that is thinkable, achievable and communicable by means of an automation table, an articulation and an explanatory report derived from the mathematical law of the law with truth
Sommario: 1. .Premessa – 2. Nuova disciplina del principio del contraddittorio e diritto matematico: alcune convergenze – 3. (segue) alcune carenze – 4 (segue) alcune divergenze – 5. Conclusioni. – 6. Appendice. Simulazione di una legge digitale tributaria con verità sul diritto al contraddittorio procedimentale preventivo (tabella, articolato e relazione)
1. L’art. 6-bis dello Statuto dei diritti del contribuente, così come introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. e), D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219, offre lo spunto per tornare, de iure condito, su un tema che alcuni anni or sono fu affrontato assumendo a riferimento importanti sentenze nazionali o europee che davano vita a un acceso dibattito dogmatico. Da tale contesto emergeva, infatti, la dominante convinzione che fosse necessario dare recepimento legislativo a un principio generale di contraddittorio preventivo, ritenuto naturale o immanente. In quella fase di ricerca, l’approccio poté basarsi soltanto sulla relazione logico-matematica che costituisce la cellula battente del Diritto matematico, ossia il Codice versiglioni.
Alla luce di tale relazione si concluse che la legislazione tanto invocata non fosse affatto indispensabile perché in un Diritto con verità, e tale è il diritto tributario, il dovere di precedenza del contraddittorio trova già la sua disciplina nella Norma d’uso di sé stessa che ogni disposizione tributaria con verità ha in sé, qualunque sia la sua funzione primaria (liquidazione, accertamento o disposizione).
Il legislatore ha invece valutato di dover accogliere le forti istanze che provenivano dalla dogmatica, tenuto anche conto delle oscillazioni che si registravano in sede giurisdizionale. Così, la nuova disciplina, che peraltro richiederà altri approfondimenti, rende possibile svolgere un esame compiuto, ancorché preliminare e parziale (perché limitato ai primi due commi del citato art. 6-bis). Infatti, essa consente finalmente di combinare la relazione logico-matematica del codice del diritto matematico con la vigente relazione legislativa, dando vita, così, a un sistema ermeneutico auto-valutativo proteso a verificare se, almeno in superficie, la nuova disposizione implichi o no l’equilibrio, contestuale e bidirezionale, del dare e del ricevere; equilibrio, questo, che è tipico del diritto con verità nel quale anche essa dovrebbe trovare la sua corretta collocazione, a pena di invalidità.
2. In questa prospettiva, la nuova disciplina pare presentare numerose convergenze con le ipotesi formulate a partire dal 2015 e pubblicate dalla dottrina qualche anno dopo (Versiglioni M., Dirittomatematico.it L’algoritmo del dovere di contraddittorio preventivo, in questa Rivista, 2019). Nell’economia di questa breve analisi, si illustrano soltanto le convergenze più evidenti. Innanzi tutto, la nuova legge pare convergere sulla conclusione logico-matematica che al principio in discorso non sia possibile coniugare in modo generico, ossia in via di assoluto, l’aggettivo qualificatorio “generale”. In effetti, la legge non usa tale aggettivo. Così, pare aver ritenuto opportuno omettere ogni espressa qualificazione generica di tipo estensionale; ciò, forse al fine di evitare almeno il rischio di fare un uso improprio, se non arbitrario, del termine “generale”. In effetti, il legislatore potrebbe aver condiviso la perplessità a suo tempo evidenziata riflettendo sull’uso, apparentemente erroneo, che del termine “generale” si faceva (e in parte ancora si fa) nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale (ora per affermare, ora per negare l’esistenza di un diritto-dovere generale di precedenza del contraddittorio procedimentale, che perciò sarebbe ovunque efficace). In altre parole, la disposizione appena introdotta pare aver aderito alla constatazione che un siffatto uso dell’aggettivo “generale” prescindeva dai canoni del Linguaggio con verità, canoni che, invece, implicano condizioni e/o specificazioni che la legge, così come la giurisprudenza o la dogmatica, deve in quest’ambito usare a pena di invalidità di qualsivoglia discorso1. Inoltre, la legge, avendo relativizzato l’ambito di operatività del principio a “tutti” gli atti impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria, pare avere implicitamente assunto l’impugnabilità giurisdizionale dell’atto quale prima Ragione di divisibilità idonea a confinare la sub-generalità, ossia la parziarietà dell’ambito dimensionale del principio. In questo modo, ossia relativizzando, la legge ha adottato una soluzione metodologicamente corretta perché rifiuta il generale (ossia l’espressione matematica ‘In ogni’). Anzi, con una seconda ragione di divisibilità (ossia con l’espressione-incipit salvo quanto previsto dal comma 2), la legge divide ulteriormente l’insieme sub-generale in un due ulteriori sottoinsiemi sub-sub-generali, eppur costituenti ancora due distinti ‘mucchi di elementi’2: uno, contenente gli elementi dai quali dipende funzionalmente la “non esistenza” del diritto-dovere di precedenza del contraddittorio e uno contenente de residuo tutti gli altri elementi dell’insieme sub-generale dai quali, invece, dipende funzionalmente la “esistenza” del diritto-dovere di precedenza del contraddittorio3. È vero che, come si dirà, la legge erra nello scegliere (in modo innaturale) entrambe le ragioni di divisibilità, ossia la due distinte relazioni (apparentemente Senza verità) che, congiunte da un sistema, fanno dipendere l’esistenza del diritto da una implicazione che dovrebbe “pescare” il si o il no in un codominio costituito dall’insieme degli atti impugnabili in sede giurisdizionale. Ma, se si prescinde da questi errori di merito, almeno nel metodo la legge non si discosta dalla conclusione cui si era giunti con approccio logico-matematico: in un diritto con verità, non ogni precedenza a una decisione altrui (anche se autoritativa) implica dovere di previo contraddittorio. D’altro canto, già da qualche tempo l’Amministrazione finanziaria aveva mostrato di condividere questo corollario metodologico (ancorché probabilmente per ragioni diverse da quelle qui esposte, essendo presumibile che possa averlo fatto per ragioni appartenenti all’insieme delle c.d. cautele organizzative). In terzo luogo, la legge, pur in un ambito dimensionale non corretto, sembra comunque aver adottato una soluzione di merito che, pur erronea nella sua formulazione e nella sua portata giuridica, è tuttavia, almeno nella sua ratio, identica o corrispondente a quella individuata con l’algoritmo logico-matematico del diritto matematico. In effetti, il comma 2 dell’art. 6-bis “riconosce” che per gli “atti automatizzati”, “sostanzialmente automatizzati”, “di pronta liquidazione” e “di controllo formale delle dichiarazioni” (individuati con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze) non sussiste alcun dovere di precedente contraddittorio. Così se, preso atto di questo algoritmo legislativo, ancorché apparentemente ambiguo e vago, lo si confronta con l’algoritmo insito nella tabella di automazione tratta dal diritto matematico nel 2015 e qui riproposta nell’Appendice, appare comunque evidente la puntuale convergenza del senso sostanziale ricavabile dai commi 1 e 2 del citato art. 6-bis con il senso logico-matematico dato dalle celle di tale tabella, in specie di quelle poste nell’ultima colonna di destra. In definitiva, la legge, pur viziata in alcuni passaggi, da Non-verità o da Assenze di verità, fa comunque salva, almeno razionalmente, la logica matematica che in un diritto con verità implica il tema del contraddittorio ed è reciprocamente implicata dal tema del contraddittorio.
3. Ora, non essendo possibile in questa sede dar conto delle altre numerose convergenze, le quali comunque denotano una propensione del nuovo contraddittorio verso la soluzione logico-matematica prospettata ormai dieci anni or sono, occorre soffermarsi sulle lacune e le carenze, semantiche o pragmatiche che sembrano invece rendere defettiva la nuova disciplina. Vediamone alcune, anche in questo caso, le principali. In primo luogo, come si è già accennato, almeno in punto di metodo, pare ravvisabile la mancanza legistica di termini e definizioni che, in casi come questo, nel quale si costruiscono insiemi e relazioni tra insiemi, sembrano invero indispensabili. Tale vuoto legistico produce ambiguità e incertezze che rischiano di dar vita a ulteriore, inutile e diseconomico contenzioso. Così, ad esempio, come era stato sommessamente ipotizzato, la legge avrebbe forse dovuto nominare e definire almeno due necessarie premesse terminologiche e concettuali. In effetti, avrebbe dovuto nominare e definire in positivo la ‘cosa’ (‘cosa-1’) che l’articolato chiama informalmente e vagamente “contraddittorio informato ed effettivo” e avrebbe dovuto confinare in negativo tale ‘cosa’ (al netto dei due inutili se non erronei aggettivi) rispetto all’altra cosa ad essa analoga ‘(cosa-2)’, alla quale avrebbe dovuto dar nome ‘partecipazione’. In questo modo, si sarebbe potuto ridurre il rischio di confondere o di porre in dubbio le relazioni correnti tra gli insiemi di cui si è detto e che, in natura, ossia nella realtà della società odierna, sono per forza di cose intersecati. Più in dettaglio, e venendo ai contenuti, al termine ‘partecipazione’ avrebbe dovuto essere associata una definizione articolata da due distinte espressioni: una identificativa del suo senso ampio ed una identificativa del suo senso stretto. In senso ampio, partecipazione è qualunque forma del concorrere di chiunque nell’assunzione di una decisione altrui (unilaterale/autoritativa) o di una decisione congiunta (bilaterale/consensuale); in entrambi i casi, con funzione duale: meramente istruttoria (dovuta) o difensiva (non dovuta). In senso stretto, la partecipazione è identificata, mediante sottrazione dalla partecipazione in senso ampio degli elementi che presentano i caratteri del contraddittorio (che, in senso lato, è pure esso una forma di partecipazione).
Altro, poi, la legge avrebbe dovuto dire rispetto al termine ‘contraddittorio’; ciò, anche in considerazione dei ben differenti significati che quel termine può veicolare. Così, ad esempio, se si pongono nel focus la rilevanza e la funzione, allora sul piano logico, il contraddittorio è qualificabile come un nesso tipologico riconducibile alla tipologia cognitiva o al tipo deliberativo4. La tipologia cognitiva include i tipi del ‘contraddittorio ideale’ o del ‘contraddittorio puntuale’, propri del metodo sillogistico basato sul «principio di non contraddizione» (o «del terzo escluso») la cui funzione è conseguire la verità intesa come negazione della contraddizione (ossia, se Decodificata mediante il codice del diritto matematico, rispettivamente, la ‘verità=identità’ o la ‘verità=corrispondenza’), nonché del ‘contradditorio intervallare’, proprio del metodo («fuzzy») la cui funzione, previa analoga decodifica, è conseguire la ‘verità=coerenza’ o la ‘verità=correttezza procedurale’ (le quali possono considerarsi minacce o rivali del «principio di non contraddizione», come prima definito). Il ‘contraddittorio impossibile in un ambiente e non impossibile in altro ambiente’, ossia il ‘contradditorio deliberativo’, invece, in presenza di condizioni date (buona fede, correttezza etc.), e sempre post decodifica matematica, ha come funzione conseguire, direttamente o indirettamente, la ‘verità=consenso’ o, in caso di dissenso, la ‘verità=equità’. Sul piano normativo generale (inclusivo delle norme tributarie), invece, il ‘contraddittorio’ è il principio la cui ratio è massimizzare (rispetto al fine ordinamentale di volta in volta perseguito) il risultato di una decisione o di un accordo sia quando la funzione di essi è accertativa (e allora il fine è la giustizia), sia quando la funzione di essi è compositiva (e allora il fine è la certezza). Nel già menzionato art. 6-bis paiono mancare poi, sempre in punto di metodo, sia un qualsiasi algoritmo con verità, vero (se, come sembra, il comando legislativo ivi contenuto è con verità, ma falso, se non, addirittura, senza verità), sia un qualsiasi ma esplicito riferimento legistico alla sua ragione di verità (da ciò il dubbio se tale comando sia con verità, ma falso, ovvero senza verità).
In effetti, dopo aver nominato e definito il tipo (astratto) [y] della partecipazione o del contraddittorio (che sarebbe suscettibile di realizzarsi nel concreto) e dopo aver assunto a base la struttura tipica del diritto con verità [y= f (x)], alla luce di queste due premesse, [f (x)] può essere vera (ossia idonea a produrre un implicazione almeno univoca tra [x]e[y]) se e solo se, senza alcuna umana artificialità, [x] sia costituita dall’insieme naturale, ossia matematico, dei Tipi di verità ossia dei Codici della quaestio (facti o iuris) suscettibile di divenire nel concreto oggetto di esso, ossia in funzione del tipo della disposizione di legge che il fisco e il contribuente si trovino a dover applicare o del tema che si trovino a dover in concreto affrontare, stante l’umana debolezza, mediante partecipazione o contraddittorio. Solo in questo caso, può esistere la relazione [y = f (x)].
Sembra dunque emergere la falsità logica della soluzione di merito adottata dai commi 1 e 2 dell’art. 6-bis: un atto impugnabile, per quanto breve o sintetico possa essere, non può infatti a priori costituire una sola Unità controvertibile e l’esistenza di una tale unità è condizione necessaria per l’esistenza di un vero contraddittorio con verità. Un qualunque “atto impugnabile” può contenere e contiene normalmente un numero indefinito di questioni di fatto o di diritto, o di questioni inscindibilmente di fatto e di diritto, e dunque non può costituire la [x] di una qualsiasi pertinente [f(x)] perché variabile non idonea a consentire un’implicazione univoca rispetto alla altra variabile (ossia “esistenza del diritto al contraddittorio preventivo” [y]).
La legge avrebbe potuto o, in mancanza d’altro, avrebbe dovuto usare il codice del diritto matematico, ossia l’algoritmo umano che in un ‘diritto con verità’ (come il diritto tributario, il diritto penale, il diritto civile di fonte legale etc.) è presente in ogni vera disposizione giuridica con verità e che costituisce ‘norma d’uso di sé stessa’.
Questo codice, infatti, contiene in sé anche la disciplina con verità della partecipazione o del contraddittorio che sia presupposto di applicazione di ogni vera disposizione giuridica con verità, indicando esso, di volta in volta, quale sia il tipo di partecipazione o il tipo di contraddittorio che, nel concreto, rende lecita l’attività giuridica e/o valido l’atto giuridico alla luce delle soluzioni dei problemi connessi alle singole questioni.
Spetta al ‘funzionario-matematico’, come al ‘contribuente-matematico’, come al ‘giudice-matematico’, ricavare dall’algoritmo, di volta in volta, quando è doveroso far prevalere l’indole razionale-scientifica (‘homo-burocraticus’, secondo l’antica concezione positiva di esso) o l’indole retorico-dialettico-argomentativa (‘homo-rhetoricus’, secondo la concezione positiva di esso rinvenibile in A. Giuliani, Il concetto classico di prova: la prova come argumentum, in Jus, 1960, 430 ss.); indoli, queste, di cui, appunto, il codice del diritto matematico garantisce la ‘convivenza’ nell’‘homo’5. Se dunque il diritto tributario è un diritto con verità, e tale è il suo essere anche nella sua fase procedimentale, se la partecipazione o il contraddittorio sono funzioni di quel tipo di diritto perché giustificate esclusivamente da ragioni di verità (tant’è che nessun senso avrebbe parlare di contraddittorio in un diritto senza verità), allora da queste premesse conseguono logicamente norme giuridiche, prima matematiche e poi digitali, così come esposte in via esemplificativa nella simulazione proposta nell’Appendice al presente articolo.
In estrema sintesi, nei commi 1 e 2 dell’attuale art. 6-bis pare totalmente mancare un discorso uguale o almeno similare a quello che sarebbe indispensabile in vero diritto con verità, vero. Ossia.
La partecipazione in senso lato include il contraddittorio ma il procedimento partecipazione (in senso stretto) e il procedimento contraddittorio (tra loro equivalenti) sono alternativi; dunque:
a) ‘if ( ≡ ), then’ ‘partecipazione in senso stretto’: tale tipo di partecipazione è implicata da disposizioni e questioni ‘idealmente non controvertibili’ (es. importo dedotto in dichiarazione maggiore del limite consentito) ed è perciò conseguenza della ‘indisponibilità ideale’ in cui viene a trovarsi il funzionario tenuto alla mera conoscenza (ad esempio, la liquidazione);
b) ‘if ( · ), then’ ‘contraddittorio cognitivo’; tale tipo di contraddittorio è implicato da disposizioni e questioni ‘in pratica non controvertibili’ (ad esempio, il numero dei cavalli fiscali di un’autovettura o la superficie di un terreno), è perciò caratterizzato da ‘indisponibilità puntuale’ ed è funzionale ad un accertamento dichiarativo (ad esempio: l’autotutela, l’acquiescenza, il reclamo);
c) ‘if ( — ), then’ ‘contraddittorio cognitivo/deliberativo’; tale tipo di contraddittorio è implicato da disposizioni e questioni ‘controvertibili entro limiti dati dal legislatore’ (ad esempio, la determinazione di una sanzione pecuniaria, la stima delle rimanenze finali entro limiti dati dalla legge), è, perciò, caratterizzato da ‘indisponibilità intervallare’ ed è funzionale ad un accertamento con efficacia costitutiva (ad esempio, l’autotutela, l’acquiescenza, il reclamo, l’interpello, la cooperative compliance);
d) ‘if ( Ø), then’ ‘contraddittorio deliberativo’; tale tipo di contraddittorio è implicato da disposizioni e questioni ‘controvertibili all’infinito’ (valore venale, grave incongruenza, abitualità, abuso, prezzi di trasferimento) ed è perciò caratterizzato da ‘indisponibilità rovesciata’ (ad esempio l’accertamento con adesione, la conciliazione, la mediazione, la cooperative compliance) ed è funzionale a una composizione (‘eticamente consensuale’ o ‘eticamente equitativa’) con efficacia costitutiva. Il tutto, come più analiticamente illustrato nella simulazione posta nell’Appendice che segue.
4. Se, dunque, il diritto rispetto al quale si pone il problema dell’obbligo di contraddittorio preventivo è un diritto con verità, se l’algoritmo di base dell’obbligo di contraddittorio preventivo è quello sopra esposto, allora l’obbligo di contraddittorio preventivo è principio generale (sempre vincolante, anche laddove non espressamente previsto) ma relativo (vincolante solo nei casi nei quali la quaestio è ‘controvertibile entro limiti certi’ o è ‘controvertibile all’infinito’). Dunque, anche l’obbligo di contraddittorio preventivo, almeno nel suo specifico seppur infinito dominio, è principio generale e non già eccezione.
Come tale, esso non può essere limitato a casi ammucchiati mediante una ragione di divisibilità artificiale (=innaturale) o frutto di un diktat: se una legge lo facesse, e se fosse una legge con verità, allora essa diverrebbe falsa; se invece fosse senza verità, sarebbe arbitraria. In entrambi i casi, una legge siffatta sarebbe comunque invalida.
Questa la ragione del dubbio che il nuovo art. 6-bis possa falsificare la relazione tra sé e suoi parametri di validità quando assume l’“atto” quale variabile indipendente della funzione (dare il diritto contraddittorio e ricevere il dovere di contraddittorio). Falsificazione di un diritto con verità che diviene ancor più evidente quando la funzione delimita l’insieme di possibile esistenza del diritto in ragione del valore sull’asse positivo dell’impugnabilità in sede giurisdizionale della variabile “atto”; e ancor di più quando la stessa funzione delimita l’insieme di possibile inesistenza del diritto in ragione di alcuni esaustivi valori collocati sull’asse negativo della variabile “atto”, ossia “automazione”, “sostanziale automazione” e “formalità del controllo”, così come previsti dal comma 2. Se falsi appaiono questi valori, pare invece addirittura suscettibile di divenire senza verità, ossia un diktat, la disposizione, ossia il comando, che nega il diritto al contraddittorio (peraltro incomprensibilmente qualificato “informato” ed “effettivo”) per gli atti individuati con decreto del MEF, posto che il MEF mai sarebbe in grado di assicurare che gli atti che andrà ad elencare in astratto saranno necessariamente dotati di una sola questione o di più questioni omogenee fondibili tra loro e/o tra loro inscindibili, dunque logicamente compatibili con la verità-identità o la verità-corrispondenza; sicché, il suo potere ancorché apparentemente legittimo, perché basato sulla legge, sfocerebbe nell’arbitrio se, come sembra, la legge fosse invalida.
Inoltre, pare una falsificazione del diritto con verità subordinare il diritto al contraddittorio alla “motivata fondatezza del pericolo di riscossione”, posto che in qualunque discorso con verità in materia di contraddittorio, la cui funzione è appunto trovare o disporre la verità, la validità di quel discorso non può a priori dipendere da una siffatta variabile; in altre parole, se si assumesse la “motivata fondatezza del pericolo di riscossione” come variabile [x], la nostra [f (x)] sarebbe certamente falsificata a priori se la variabile [y] è il “diritto al contraddittorio procedimentale preventivo”.
Molte altre le considerazioni possibili, sia in senso adesivo, sia in senso critico, ma è giunto il momento di concludere, salvo a rinviare, almeno per coloro che possano nutrire curiosità e interesse, alla parte pratica di questa ricerca, dedicata a una simulazione legimatica che trovasi proposta in Appendice.
5. Probabilmente, il diritto matematico che è, così come quello che sarà, chiede all’essere umano o all’umanoide di essere decodificato o codificato logicamente. Il codice del diritto matematico si propone come uno dei possibili codici che consentono all’uno e all’altro la decodifica o la codifica del diritto matematico estraendo da o ponendo in ogni disposizione la ‘norma d’uso di sé stessa’ che le è propria. Questa norma d’uso dovrebbe essere da sé in grado di guidare vincolativamente l’essere umano o l’umanoide ora all’obbligo di partecipazione, ora all’obbligo di contraddittorio preventivo in base al tipo della disposizione o della questione che ricorre nel concreto. Se una legge riconoscesse questa realtà funzionale descrivendola correttamente, potrebbe così svolgere una mera funzione ad adiuvandum. Così come accade all’uomo (ed oggi anche per molti aspetti all’umanoide) quando, posto dinanzi a una vite, usa un cacciavite (e non già una chiave) e, se posto dinanzi a un dado, usa una chiave (e non già un cacciavite), se posto dinanzi a una questione intervallare, usa ragionevolmente la coerenza e se posto dinanzi a una questione impossibile, cerca una soluzione sostituiva ad essa equivalente. E come non c’è bisogno di una legge che ci spieghi di dover far questo, così non c’è bisogno di una legge che ci spieghi che, se si intende trasmettere un messaggio con verità ricevibile come tale, solo in questi ultimi due casi, è logicamente necessario un contradditorio preventivo tra chi trasmette e chi riceve. Se dunque, di null’altro c’è bisogno, perché chiedere al diritto di darci una narrazione artificiale di sé stesso? In specie se il diritto già dà a chiunque voglia riceverla la sua narrazione naturale di sé stesso.
D’altra parte, in presenza di una così ampia richiesta, il legislatore ha affidato comunque al citato art. 6-bis il compito di rendere chiaro e semplice ciò che, altrimenti, potrebbe apparire oscuro e complesso e, almeno in linea di principio, questa possibile ragione (divulgativa) di verità può trovare corretta attuazione e così dar vita a una legge con verità, vera. Tuttavia, per ottenere un tale risultato è necessario che il linguaggio legistico sia costruito, semanticamente e pragmaticamente, mediante un codice filosofico-matematico idoneo a comprendere e spiegare l’insieme universo (o meglio la Famiglia) che comunemente chiamiamo diritto, e il cui (sub)insieme Diritto con verità include, appunto, anche il diritto al contraddittorio preventivo in sede procedimentale tributaria. In mancanza di ciò, sorge per contro sia il rischio di aggiungere ulteriore complessità e oscurità alla forma apparente del diritto, sia il rischio di rendere più difficile decodificare l’interiore, profonda, matematicità del diritto, sia se con verità, sia se senza verità.
6.
Appendice
Simulazione pratica di una ipotetica legge digitale tributaria con verità sul diritto al contraddittorio costituita dalla tabella, dall’articolato e dalla relazione
Legge ____, n. ____
Tabella 6 – Indisponibilità tributaria…
Art. 6 – Indisponibilità tributaria.
L’attuazione della norma tributaria soggiace al principio della fonte legale della prestazione tributaria e alla conseguente indisponibilità tributaria.
L’indisponibilità tributaria dipende in senso inversamente proporzionale dal codice di controvertibilità indicato dalla questione tributaria controversa. L’indisponibilità tributaria presenta codice ideale, puntuale, intervallare o rovesciato se il codice indicato dalla controvertibilità logico-giuridica della questione controversa è rispettivamente: inesistente, puntuale, intervallare o infinito.
La controvertibilità logica ideale, puntuale o intervallare implica accertabilità ideale, puntuale o intervallare. La controvertibilità logica infinita implica non accertabilità, ossia componibilità sul male minore reciproco.
Se la questione controversa è accertabile, l’Amministrazione finanziaria e il contribuente hanno il dovere di accertare anche in caso di attuazione consensuale. Se la questione controversa non è accertabile, l’Amministrazione finanziaria e il contribuente hanno il dovere rovesciato di fare quanto possibile per comporre sul male minore reciproco, senza tentare di accertare
Tabella 6-bis – Partecipazione e contraddittorio
‘tipo di disposizione’
‘tipo di tema’
‘tipo di funzione’
‘valenza confessoria
diritto al contraddittorio
procedimentale
preventivo
( ≡ )
‘puntuale ideale’
‘idealmente non controvertibile’
‘partecipazione meramente conoscitiva’
no
no
( · )
‘puntuale pratica’
‘in pratica non controvertibile’
‘contraddittorio accertativo’
si
no
( — )
‘intervallare’
‘controvertibile entro limiti certi’
‘contraddittorio accertativo’
(cognitivo-deliberativo)
si
(cognitivo)
no
(deliberativo)
si
( Ø)
‘impossibile’
‘controvertibile all’infinito’
‘contraddittorio compositivo’ (deliberativo)
no
si
Art. 6-bis – Partecipazione e contraddittorio
La partecipazione in senso lato include il contraddittorio. La partecipazione in senso stretto non lo include.
La partecipazione in senso stretto è implicata da questioni idealmente non controvertibili, si fonda su mere conoscenze e non ha efficacia confessoria.
Il contraddittorio cognitivo è implicato da questioni in pratica non controvertibili, si fonda su prove scientifiche e ha efficacia confessoria.
Ilcontraddittorio cognitivo/deliberativo è implicato da questioni controvertibili entro limiti dati dal legislatore, si fonda in parte maggioritaria su prove scientifiche o prove etiche nonché, in parte minoritaria, su deliberazioni e, per la parte cognitiva, ha efficacia confessoria.
Il contraddittorio deliberativo è implicato da questioni controvertibili all’infinito, si fonda su non-prove, siano esse mere conoscenze, medie o altre logiche valide a prescindere dalla loro relazione con la realtà e non ha efficacia confessoria.
Se l’attuazione procedimentale della norma tributaria implica questioni controvertibili entro limiti dati dal legislatore o questioni controvertibili all’infinito, sussiste, a pena di invalidità dell’attuazione procedimentale, il diritto del contribuente, rispettivamente, al contraddittorio cognitivo deliberativo e al contraddittorio deliberativo.
Relazione all’art. 6-bis – Partecipazione e contraddittorio
Se l’Amministrazione finanziaria non attiva previamente il contraddittorio, l’atto successivo è: a) invalido e inefficace se il tema controverso è tema controvertibile entro certi limiti (ad esempio, la fissazione di una sanzione tra un minimo e un massimo) o tema controvertibile all’infinito (ad esempio, il valore venale, il totale dei ricavi non derivato da una somma, il reddito sintetizzato); b) valido ed efficace se il tema controverso è idealmente non controvertibile (ad esempio, la somma o altro tema tipico della liquidazione) o è in pratica non controvertibile (ad esempio, il calcolo della superficie di un terreno).
Se la discriminante dell’algoritmo rispetto all’operatività o no del principio (che pone l’obbligo) è (solo) la natura della quaestio che ricorre nel concreto e se il contraddittorio endo-procedimentale non è obbligatorio solo laddove la quaestio sia non controvertibile, allora non è mai rilevante la variabile costituita dal nome o dalla natura dell’atto o dalla sede nella quale la verifica, la liquidazione, il controllo o l’accertamento sono realizzati.
Se la tipologia del procedimento di accertamento o del metodo di accertamento in concreto attivato è rilevante ai fini dell’innesco dell’obbligo di contraddittorio preventivo sia quando sono previste norme espresse (es. accertamento con adesione o accertamento anti abuso del diritto), sia quando non sono previste norme espresse, allora, in questo secondo caso, la rilevanza è solo indiretta e sussidiaria (se non ultronea), in quanto il presupposto di applicazione dato dall’algoritmo del principio non muta (6).
Se, dunque, la variabile indipendente dell’algoritmo è il tipo del tema, allora l’oggetto di prova positiva (ai fini della dimostrazione della sussistenza del dovere di contraddittorio) è costituito o da un tema controvertibile entro limiti certi, e dunque accessibile, ossia conoscibile con logica fuzzy (intervallare) ragionevole, o da un tema controvertibile all’infinito, dunque privo di soluzione/i predeterminate dalla legge, ossia non accessibile con logica cognitiva perché non accertabile ma solo componibile. In via inversa, l’oggetto di prova negativa (ai fini della dimostrazione della non sussistenza del dovere di contraddittorio) è costituito da un tema non controvertibile perché non accessibile, ossia non conoscibile, con la logica cognitiva razionale del principio di non contraddizione (terzo escluso).
Se il contraddittorio concerne questioni in pratica non controvertibili o controvertibili entro certi limiti (= contraddittorio cognitivo o contraddittorio cognitivo-deliberativo), le dichiarazioni contra se espresse nel corso del contraddittorio procedimentale hanno rilevanza ed efficacia confessoria; se, invece, il contraddittorio concerne questioni controvertibili all’infinito (= contraddittorio deliberativo), allora tali dichiarazioni non hanno rilevanza o efficacia confessoria. Analogamente a quanto accade se, infine, il contraddittorio concerne questioni idealmente non controvertibili (mere conoscenze).
Se il contraddittorio concerne questioni in pratica non controvertibili o controvertibili entro certi limiti (= contraddittorio cognitivo o contraddittorio cognitivo-deliberativo), allora le dichiarazioni rese possono avere rilevanza ed efficacia ultra-soggettiva; se, invece, il contraddittorio concerne questioni controvertibili all’infinito (= contraddittorio deliberativo), allora tali dichiarazioni non hanno rilevanza o efficacia confessoria. Analogamente a quanto accade se, infine, il contraddittorio concerne questioni idealmente non controvertibili (mere conoscenze).
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Amatucci F., L’autonomia procedimentale tributaria nazionale ed il rispetto del principio europeo del contraddittorio, in Riv. trim. dir. trib., 2016, 2, 257 ss.
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1 Non va però sottaciuto che questo rischio pare riproposto dalla recentissima normativa secondaria (v. l’atto di indirizzo del MEF, Dipartimento Finanze, 29 febbraio 2024) che, invece, qualifica d’Autorità, peraltro senza apparente necessità, la disciplina portata dall’art. 6-bis come una «sintetica disciplina d’ordine generale». Ma, così facendo, essa pare usare un linguaggio Senza verità, ossia un linguaggio che, non condizionando l’essere della qualità “generale” ai suoi elementi caratterizzanti, si manifesta come arbitrario.
2 Pare infatti che all’art. 6-bis possa essere applicata la logica del paradosso del mucchio.
3 Manca, invece, come si dirà tra breve, la disciplina di ciò che non è parte di un tale artefatto insieme generale ma che è ad esso contiguo (in quanto parte di un naturale insieme che, anche laddove relazionato al pur artefatto confine degli atti impugnabili in sede giurisdizionale, è il solo in grado di spiegare anche la negazione e dunque validare la disciplina di tutte le possibili situazioni giuridiche rilevanti rispetto agli atti impugnabili in sede giurisdizionale, qualunque sia l’atto impugnabile in sede giurisdizionale).
4 Nella direzione positiva, altri elementi identificativi del ‘contraddittorio’ sono: essere la base indispensabile della concezione retorico-dialettico argomentativa della prova e della concezione tipologica dell’interpretazione, essere la fonte del criterio di ragionevolezza; essere l’espressione della spiritualità del diritto; essere l’ambiente in cui vive l’«homo rhetoricus» (nel senso indicato da A. Giuliani); essere ciò che accede ad una conoscenza ‘intervallare’, che procede dall’interno («intellectus») all’esterno («res»), mediante un percorso dialettico-argomentativo. Invece, nella direzione negativa, sono elementi identificativi del ‘non-contraddittorio’: essere un pilastro dell’ordine asimmetrico (autorità – contribuente); essere la base della concezione scientifico-probabilistica della prova e della concezione sussuntiva dell’interpretazione; essere la fonte della razionalità; essere l’espressione della scienza/intelligenza; essere l’ambiente in cui vive l’«homo burocraticus»; essere ciò che accede ad una conoscenza ‘puntuale’, essere ciò che procede dall’esterno («res») interno («intellectus»), mediante un percorso scientifico-probabilistico. Per approfondimenti, Versiglioni M., ‘Logiche’, ‘regole’ e ‘principi’ del ‘ragionamento giuridico, in La Rosa S. (a cura di), Autorità e consenso, Milano, 2007, 117 ss.
5 Per approfondimenti, tra i tanti lavori sul tema, sia consentito rinviare almeno a Versiglioni M., Prova e studi di settore, Milano, 2007, passim.
6 Ad esempio, l’accertamento con adesione è esperibile solo in presenza di una ‘quaestio controvertibile all’infinito’. Perciò, nel caso concreto: se l’accertamento con adesione è stato correttamente attivato (ossia se è stato attivato dal contribuente rispetto a una ‘quaestio controvertibile all’infinito’) allora sussiste in capo all’Amministrazione finanziaria l’obbligo di contraddittorio; se, però, l’accertamento con adesione non è stato correttamente avviato (ossia se l’istanza del contribuente verte su una ‘quaestio non controvertibile’), allora non sussiste alcun obbligo di contraddittorio preventivo. Infatti, pare corretto l’indirizzo giurisprudenziale che non pone a carico dell’Amministrazione finanziaria un obbligo assoluto di convenire sempre il contribuente per proporre l’adesione e, tantomeno, un obbligo assoluto di convocazione del contribuente che abbia proposto istanza di formulazione della proposta di adesione. In effetti, se la quaestio oggetto di questa istanza fosse non controvertibile, allora la mancata attivazione del contraddittorio da parte dell’Ufficio sarebbe non solo lecita, ma dovuta.
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