LA FARMACIA DEI SANI, LABORATORIO DI IGIENE GIURIDICA SPECIAL EDITION – RIFORMA FISCALE – Bianco, rosso e verdone. Luci, ombre e mezzetinte a tre quarti della attuazione della riforma fiscale: contraddittorio, motivazione e onere della prova.

Di Alberto Marcheselli -

Sommario: 1. Il Bianco: la apparente alternativa tra accesso e osservazioni nel contraddittorio. – 2. Il Rosso: la deroga al contraddittorio per il caso di urgenza. – 3. Il Verdone: il divieto di motivazione postuma e il raccordo con la regola dell’onere della prova e l’oggetto del processo tributario.

1. L’ottava puntata della Farmacia dei Sani sarà scandita a tre colori: con una citazione altamente cinefila, infatti, essa avrà i colori bianco, rosso e …verdone. Si tratteranno, infatti, quanto alla attuazione fin qui della riforma fiscale, alcuni passaggi a luci e ombre, né carne né pesce (il bianco); alcuni passaggi, eufemisticamente… criticabili (il rosso); e alcuni passaggi decisamente apprezzabili (il verdone).

Meritano, a mio avviso, il colore bianco le scelte che il legislatore ha adottato quanto alle modalità di attuazione del contraddittorio. Nel nuovo art. 6-bis dello Statuto, dopo un primo comma che, in maniera chiara e limpida, stabilisce che il contraddittorio, di applicazione generalizzata, deve essere effettivo e informato, si prevede, in modo alquanto sibillino, che il contribuente ha il diritto di formulare le proprie osservazioni ovvero di chiedere accesso al fascicolo istruttorio.

In effetti, la scelta della congiunzione “ovvero” non è delle più felici, in un Paese causidico e amante delle complicazioni come l’Italia. Speriamo di essere cattivi profeti, e probabilmente lo siamo ma temiamo la possibile attestazione delle fasce più retrive della Pubblica Amministrazione verso una interpretazione disgiuntiva di quella parolina. Un’interpretazione, capziosa, secondo la quale il contribuente avrebbe, alternativamente, il diritto di scegliere se formulare le proprie osservazioni, oppure accedere alle informazioni contenute nel fascicolo.

Che è una interpretazione assurda, contraddittoria e disallineata rispetto alla legge delega, ma ha il seducente pregio, per chi voglia mettersi di traverso rispetto alla realizzazione di un diritto tributario moderno civile, di limitare l’impatto della riforma e comunque di favorire la velocità, che è una delle divinità in voga.

Che si tratti di interpretazione contraddittoria risulta evidentemente, per il fatto che il primo comma prevede che il contraddittorio debba essere effettivo e informato: l’accesso al fascicolo istruttorio è lo strumento attraverso il quale il contraddittorio è informato e, per via logica, se quest’ultimo è un contenuto indefettibile del contraddittorio, come stabilisce il primo comma dell’art. 6-bis, il diritto di accesso, sempre che sia richiesto (ecco il perché di quell’ovvero, non è detto che sia chiesto perché non è detto che sia necessario) va fatto, e poi le osservazioni.

Detto altrimenti, ciò che è congiunto nel primo comma non può essere disgiunto nella disposizione che stiamo esaminando.

Ma l’interpretazione è anche, quasi comicamente, assurda: al contribuente sarebbe data la scelta tra poter parlare senza sapere oppure poter sapere senza parlare: non sembra necessario nessun altro commento.

Un poco più di attenzione e precisione linguistica avrebbe insomma, verosimilmente, evitato la possibile insorgenza di interpretazioni capziose. Esse sono molto gradite ai difensori perché creano motivi di impugnazione, ma non fanno bene alla efficienza e coerenza del sistema.

2. Merita invece, decisamente, il color rosso, un bel color rosso sangue, la malauguratissima scelta di limitare il contraddittorio nel caso di fondato pericolo per la riscossione.

Qui si tratta di un errore concettuale che a mio umile avviso non dovrebbe consentire di superare il secondo anno nel corso di laurea in giurisprudenza. Una delle prime nozioni che si imparano nel corso di procedura civile è – almeno credo – che, nel caso in cui, nelle more di un procedimento e in attesa della decisione a cognizione piena, vi sia un apprezzabile pericolo, possono soccorrere provvedimenti cautelari. Sempre nel corso del secondo anno di giurisprudenza gli studenti apprendono che, cosa ben diversa dalla decisione cautelare, è il procedimento sommario. E cosa ancora diversa il procedimento lesivo dei diritti fondamentali.

Fuor di metafora, se vi è un pericolo durante un procedimento, non si decide affrettatamente e sacrificando le regole di procedura, ma si adottano provvedimenti cautelari, che impediscano il concretizzarsi del pericolo, e, così, assicurato il risultato del procedimento, si decide in modo ordinario, rispettando i diritti fondamentali.

La scelta del – qui balbettante – legislatore delegato equivale a quella di chi, nel processo penale, ammesso che esista il rischio che il sospettato assassino fugga, dica che sarebbe giusto condannarlo facendo soltanto un mezzo processo, ad esempio non facendolo assistere da un difensore, perché si perde tempo.

Intanto, questa soluzione è del tutto illogica e, lasciatemelo dire, asina, visto che tutto nel processo serve ad accertare se l’imputato è colpevole, mentre chi ha scritto questa aberrante norma dà per scontato che l’imputato sia colpevole e il processo e le sue garanzie siano un ostacolo alla ricerca della verità. Cioè si dà per scontato all’inizio del ragionamento quello che si dovrebbe dimostrare: un errore di logica che farà rivoltare nella tomba la mia prof. di Matematica del Liceo, la compianta professoressa Cusi.

E, poi, sta il fatto che non è che, perché si ha fretta, si possano calpestare i diritti fondamentali. O il contraddittorio è fuffa, e allora non deve essere attuato mai, né se si ha fretta, né se si può andare comodi. Oppure è un diritto fondamentale e, allora, si deve rispettare sempre. Il legislatore delegato, per dirlo in un altro modo, è come quel vigile che seguisse la strampalata e sanguinaria regola che, nelle ore di punta, si possono investire i pedoni, anche se passano sulle strisce e con il verde, perché abbiamo fretta.

Questa disposizione è, per me, manifestamente, incostituzionale.

3. Meritano, invece un bel color Verdone, quello dei ramarri e degli smeraldi, la legge delega il legislatore delegato, quanto alla motivazione dei provvedimenti di accertamento.

Innanzitutto, nella parte in cui si prevede che la motivazione del provvedimento di accertamento debba contenere l’indicazione dei mezzi di prova, ciò che implica indicazione delle fonti di prova e delle ragioni per i quali essi si reputano idonee a fondare il convincimento.

Taluno è apparso terrorizzato da questa disposizione, fraintendendola: essa non richiede affatto che, nel corpo del provvedimento siano ricopiate tutte le fonti di prova (ad esempio, tutte le mille mila fatture), ma solo che le fonti di prova siano identificate, siano conosciute o comunque disponibili per chi si deve difendere e sia spiegato perché si reputano rilevanti e convincenti.

Ancora più interessante – e importante – è poi la disposizione che esclude che i fatti e le prove poste a fondamento del provvedimento possano essere modificate sostituite o integrate successivamente alla sua confezione, che, cioè, la motivazione non possa essere integrata quanto a fatti e prove. Si tratta di una disciplina che, intanto, non fa che prendere atto degli orientamenti più illuminati della giurisprudenza da Corte di Cassazione. Ma, soprattutto, si tratta di una norma che coglie un dato sistematico e di coerenza di eccezionale importanza.

L’evoluzione del diritto procedimentale amministrativo ha, ormai, creato un sistema nel quale gli enti impositori e, in particolare, le Agenzie fiscali si trovano dotate, opportunamente, di pieni poteri di indagine, finalizzati all’adozione di un provvedimento autoritativo provvisoriamente esecutivo. È evidente che tali poteri sono funzioni, cioè doveri. Non si può provvedere, se non dopo aver condotto e completato una perfetta indagine e una perfetta valutazione del materiale istruttorio scaturitone: è il principio costituzionale di imparzialità, Bellezza.

Ciò è, del resto, coerente con l’affermazione del diritto al contraddittorio al termine della fase amministrativa. Si attribuisce il diritto di difendersi quando il procedimento è completato è perfetto anche quanto alla istruttoria, altrimenti sarebbe quasi una presa in giro.

Mi sembra, allora, umilmente ma convintamente, che taluno abbia frainteso la portata di questa regola.

C’è chi trova difficoltoso, ad esempio, individuare cosa significhi il potere dell’Amministrazione di integrare l’istruttoria solo attraverso l’emanazione di ulteriori provvedimenti, se possibili e non decaduti, e grida a un intervento di compressione delle libertà del contribuente. La cosa mi appare un falso allarme come chi grida all’incendio guardando una lampadina: dovrebbe trattarsi del banale riferimento alla possibilità di adottare accertamenti integrativi, esattamente come prima.

C’è chi ravvisa una contraddizione tra questa disciplina è quella della L. n. 130/2022, laddove essa prevedeva che l’Amministrazione dovesse provare in giudizio il fondamento delle sue pretese.

Contraddizione che non esiste affatto.

Quella norma non prevedeva che la prova si formasse per la priva volta o solo in giudizio, come qualche lettura frettolosa ha ipotizzato, ma solo che, ovviamente, il giudice può decidere soltanto sulla base delle prove che sono portate in giudizio. Quella disposizione ribadiva l’illegittimità dei giudizi fondati su “atti di fede”: su prove rimaste ignote e segrete (ad esempio, i verbali Olaf, le indagini, non prodotte, di altre Amministrazioni, ecc.).

Che quella norma non prevedesse la possibilità di provare per la prima volta in giudizio i fatti è, del resto, evidente sul piano della logica della disposizione, visto che, se la prova manca, essa prevede che l’atto debba essere annullato. Se le prove non dovessero essere necessariamente già presenti nella motivazione dell’atto o comunque a quella data, per logica invincibile, quando, alla fine del processo, le prove manchino, non dovrebbe essere annullato l’atto, ma dichiarata infondata la pretesa (l’atto sarebbe stato comunque legittimo anche senza prove)!

C’è poi chi non coglie, mi sembra, che la riforma nel 2024, invece, è perfettamente coerente con quella del 2022, anche in punto onere della prova.

Le due riforme chiariscono che l’onere della prova ha un significato dinamico, e cioè stabiliscono che qualcuno deve fare qualcosa solo nel procedimento di accertamento: si impone che gli enti impositori debbano cercare e ostendere già lì le fonti di prova e dimostrare che esse sono convincenti.

Nel giudizio, l’onere della prova è solo la regola che interviene quando la prova manchi (se manca la prova della evasione, anche nel caso di inesistenza di costi, operazioni IVA, crediti, ecc., vince il contribuente, se manca la prova del rimborso, vince l’Agenzia).

Le due riforme chiariscono che, dopo decenni di confusione, deve finalmente andare in pensione un radicato, pervicace e perniciosissimo errore: confondere il significato dell’espressione “Tizio ha assolto il suo onere della prova” con una applicazione della regola sull’onere della prova.

Dire che Tizio ha assolto il suo onere della prova significa solo fare un’affermazione del giudizio di fatto: c’è la prova convincente che una certa cosa è successa. La regola sull’onere della prova non è “chi deve provare cosa”, né, tantomeno – ORRORE! – stabilire cosa serve perché ci sia la prova. Quella dell’onere della prova in giudizio è, invece, una questione di diritto e non di fatto, e viene dopo, e , tra l’altro è rarissima, a rigore: capita solo se il giudice, impazzendo, in mancanza di prova, avesse dato ragione alla parte …sbagliata (ad esempio, concedesse il rimborso dopo aver ritenuto non raggiunta la prova che esso spetti). Si parla di onere della prova solo se la prova non c’è, se questa c’è non c’è spazio per applicare la regola sull’onere.

È appena il caso di notare che su questa confusione, mi pare, si fondano decine di migliaia di errori e di processi erroneamente giunti in Cassazione e di giurisprudenza ondivaga e iatrogena (chi è causa del suo mal pianga sé stesso, verrebbe da dire).

Magari queste due riforme funzioneranno da opportuna vaccinazione, come si conviene a una Farmacia.

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