Imponibilità di somme risarcitorie da accordi transattivi: principio di capacità contributiva e superamento del principio di competenza
Di Alessandro Lisi
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Abstract
Nel reddito d’impresa vi sono molti casi in cui vi è uno sfasamento tra momento in cui si verifica l’evento che determina l’imputazione a periodo del componente reddituale e quello in cui vi è l’effettivo esborso o incasso. Uno di questi è quello degli accordi transattivi. La disamina del momento impositivo in questa fattispecie, che si connota per una condivisa soluzione in ambito tributario e contabile, consente valutazioni e osservazioni de iure condendo di valenza generale per le fattispecie consimili.
Taxation of indemnity settlement agreements: ability to pay principle and overcoming of accrual principle – With reference to business income, there are many cases in which there is a gap between the moment in which the event that determines the attribution of the income component to the period occurs and the moment in which there is the actual disbursement or collection. One of these cases is that of settlement agreements. The examination of the moment of taxation in this case, which is characterized by a shared solution in the tax and accounting fields, allows assessments and observations de iure condendo of general value for similar cases.
Sommario: 1. Premessa. – 2. L’attuale momento impositivo delle somme risarcitorie da accordi transattivi. – 3. Limiti della tassazione per competenza e crisi del principio di capacità contributiva. – 4. Proposta di adozione del principio di cassa. – 5. Potenziali criticità sull’applicazione del principio di cassa e suoi superamenti. – 6. Brevi considerazioni finali.
1. Nel reddito d’impresa vi sono molti casi in cui vi è uno sfasamento tra momento in cui si verifica l’evento che determina l’imputazione a periodo del componente reddituale e quello in cui vi è l’effettivo esborso o incasso. Uno di questi è quello degli accordi di natura transattiva[1]. La disamina del momento impositivo in questa fattispecie si connota per una condivisa soluzione da parte di dottrina, giurisprudenza e prassi sull’esercizio di competenza dei relativi componenti di reddito, individuato nell’anno d’imposta di stipula dell’accordo transattivo. Un concorde approccio che, alla luce dell’attuale TUIR e dei principi ivi affermati, non può che condividersi.
Tuttavia, lo status quo pare trascurare la posizione del beneficiario dell’accordo (di seguito, più semplicemente, “il creditore”), il quale è esposto ad una probabile violazione del principio di capacità contributiva quando costui deve farsi carico dell’onere fiscale gravante su somme (spesso rilevanti) che solitamente non riscuote nell’anno di stipula dell’accordo.
Scopo del presente contributo è quello valutare l’opportunità un superamento del principio di competenza in favore del principio di cassa nell’imposizione delle somme provenienti da accordi transattivi risarcitori.
2. Secondo l’art. 1965 c.c. «La transazione è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti».
Le reciproche ammissioni sono un requisito caratteristico del contratto, non essendovi transazione se le concessioni sono soltanto unilaterali. Siffatta reciprocità motiva la classificazione del contratto di transazione fra quelli a prestazioni corrispettive ed a titolo oneroso, in quanto l’onerosità è data dal vantaggio che ciascuna parte riceve dall’accordo in corrispondenza della propria prestazione[2].
La creazione di un incremento patrimoniale per il “creditore” dell’accordo transattivo costituisce materia imponibile che, nell’ambito del reddito d’impresa, si qualifica come “sopravvenienza attiva” ai sensi dell’art. 88, comma 3, lett. a), TUIR, secondo cui sono considerate sopravvenienze attive le indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, di danni diversi da perdita o danneggiamento di beni generatori di ricavi o plusvalenze.
In tale casistica vi rientrano, citando gli esempi più frequenti, gli indennizzi per violazione del patto di esclusività o di non concorrenza, risarcimento per concorrenza sleale o perdita di avviamento commerciale, danni derivanti da inadempimenti contrattuali da parte di un terzo, ecc.
Con riferimento al momento di imposizione e in virtù del principio di “derivazione rafforzata” applicabile ai soggetti IAS e OIC diversi dalle “micro-imprese”, si assiste ad una disapplicazione delle regole di competenza fiscale fissate dall’art. 109, comma 1, TUIR, in luogo dei criteri previsti dai principi contabili. Secondo l’OIC 15, par. 30, i crediti che originano per ragioni differenti dallo scambio di beni e servizi sono ascrivibili in bilancio «se sussiste “titolo” al credito, e cioè se essi rappresentano effettivamente un’obbligazione di terzi verso la società», derivandone la necessità di imputare il relativo componente positivo a conto economico nell’annualità in cui sorge l’obbligazione.
La subordinazione del principio di competenza tributaria a quella contabile non ha in ogni caso inciso sulla precedente interpretazione del momento di competenza. Considerato che i criteri disciplinati dall’art. 109, comma 1, TUIR, sono essenzialmente circoscritti ai componenti positivi e negativi derivanti da cessioni di beni e prestazioni di servizi, restavano privi di una specifica disciplina tutte le restanti operazioni, non certo meno frequenti e al contempo molto diverse tra loro, dove non esisteva una cessione o una prestazione. In questi casi il contribuente era chiamato a procedere in base ai principi generali, facendo generico riferimento ai concetti di certezza e oggettiva determinabilità[3].
Nel momento di sottoscrizione dell’accordo transattivo, il requisito della “certezza” risulta indubbiamente integrato: non soltanto è definitivamente inibito il ricorso al giudice per l’accertamento delle concrete ragioni di ciascuna parte una volta concluso l’accordo transattivo (ai sensi dell’art. 1969 c.c., la transazione non è impugnabile e annullabile per errori di diritto relativi alle questioni che sono state oggetto di controversia tra le parti), ma l’immodificabilità ed irreversibilità del titolo di credito non è neppure un requisito richiesto dalla legislazione fiscale per connotare l’elemento reddituale come “certo”[4]. Per il requisito della “oggettiva determinabilità” ogni precisazione sarebbe invece superflua: il quantum è convenuto dalle parti con la sottoscrizione dell’accordo.
Ecco che, pertanto, il momento di competenza per le somme risarcitorie derivanti da accordi transattivi non può che essere l’anno d’imposta in cui la transazione è sottoscritta dalle parti, orientamento ormai consolidato in dottrina[5], giurisprudenza[6] e prassi[7].
3. Concentrandosi sulla figura del “creditore” dell’accordo transattivo, l’applicazione del principio di competenza come sopra descritto prevede l’imputazione a periodo nell’anno di sottoscrizione dell’accordo e la conseguente nascita dell’obbligazione tributaria per il medesimo anno d’imposta.
In un processo fisiologico di adempimento delle obbligazioni contrattuali, il “creditore” riscuote quanto previsto in tempi attigui alla stipula dell’accordo, dotandosi della liquidità necessaria (ipotizzando il caso semplicistico di un reddito d’impresa esattamente pari al corrispettivo della transazione) per versare l’imposta gravante su tali somme.
Tuttavia, vi possono essere svariate ragioni in cui assistere ad uno sfasamento temporale anche consistente tra momento di stipula dell’accordo e momento di incasso delle somme, in virtù dell’inadempimento del “debitore” o degli sviluppi giurisdizionali del contratto stipulato[8].
La necessità di non colpire manifestazioni economiche meramente fittizie imporrebbe di ovviare all’assoggettamento a prelievo di componenti reddituali rispetto ai quali il soggetto passivo ha acquistato la mera titolarità giuridica, poiché il principio di competenza, nei casi patologici di mancato incasso dei crediti, si risolve in un perverso meccanismo che scarica sui creditori le conseguenze delle lentezze e dei ritardi del sistema[9].
La questione del rapporto tra tassazione per competenza del componente positivo di reddito e regole che disciplinano situazioni di difficoltà di incasso del connesso credito concerne un tema assai delicato dell’elaborazione teorica del principio di capacità contributiva cui all’articolo 53 Cost. e cioè il rapporto tra imposizione e disponibilità dei mezzi per farvi fronte.
Difatti, una tassazione fondata sulla semplice “maturazione” di un credito può portare a conseguenze fortemente distorsive in situazioni in cui la realtà suggerisce una procrastinata soddisfazione del credito[10]: in dipendenza di tale criterio, infatti, i redditi “maturati” in un periodo d’imposta sono attratti a tassazione senza considerarne il futuro andamento (potenzialmente negativo), il che sommerebbe al “danno” dell’incompiuto ristoro del diritto leso, la “beffa” della tassazione su una ricchezza maturata ma mai realizzata[11].
Tutto ciò senza considerare che un simile effetto non è soltanto potenzialmente distorsivo sul piano della corrispondenza tra gestione finanziaria e prelievo fiscale, ma anche, probabilmente, censurabile sul piano dei principi costituzionali, almeno sotto il profilo di effettività e attualità della forza economica assunta ai fini dell’imposizione.
Con riferimento al primo aspetto, è stato osservato[12] che laddove il contribuente sia costretto a pagare un’imposta commisurata a valori che non entrano a far parte del suo patrimonio, il concorso alle spese pubbliche avviene senza che ci sia concreta attitudine alla contribuzione.
Con riferimento al secondo aspetto, se l’imposizione interviene con un anticipo potenzialmente larghissimo rispetto all’acquisizione della relativa provvista finanziaria è discutibile che il principio di capacità contributiva sia adeguatamente salvaguardato[13], considerato che ciò che rileva per l’attualità è l’esistenza di una capacità contributiva nel momento in cui la legge collega l’effetto debitorio al fatto[14].
È evidente che nel caso di specie non si rileva un problema di capacità contributiva rispetto al fatto-indice, bensì al raccordo interno tra fattispecie, presupposto e specifiche regole di determinazione dell’imponibile. E sebbene appaia improprio ricercare la manifestazione della capacità contributiva nella singola fattispecie, non può ignorarsi che qualora una delle fattispecie (magari poiché rilevante per ammontare) non sia in armonia con la ratio del tributo, tale problematica investirà l’intero presupposto e ne pregiudicherà il risultato finale, poiché la razionalità di un tributo si ritrova nella coerenza tra le singole disposizioni e il sistema in cui le disposizioni sono situate[15].
4. Quando il legislatore decide di fondare il concorso sulla valorizzazione di componenti positive soltanto maturate ha l’onere di calibrare il meccanismo impositivo secondo criteri di razionalità, ragionevolezza e coerenza con il presupposto prescelto, vagliando il caso in cui quei componenti non si materializzino e rimangano soltanto voci concorrenti ad un risultato di esercizio ma prive di concretezza monetaria[16].
L’esigenza di pagare le imposte solo quando si hanno a disposizione le risorse economiche per farlo è sottesa all’adozione del principio di cassa, spesso presentato come un’eccezione e tollerabile solo per motivi di semplicità[17]. Tale principio si caratterizza per il fatto di dare specifica rilevanza al momento della percezione o incasso del provento, e quindi, in ultima analisi, nel cogliere la movimentazione finanziaria correlata alla fattispecie reddituale o al componente considerato[18].
Ciò che si vuole proporre è pertanto la sequenzialità e non la coincidenza dei fenomeni costitutivi l’obbligazione tributaria: prima la stipula dell’accordo transattivo e la nascita del credito; dopo, la rilevanza impositiva del medesimo coordinato dal principio di cassa.
L’effetto sui profili di attualità ed effettività della capacità contributiva ne sarebbe migliorato: sotto il primo aspetto, il “creditore” vedrebbe tassata una manifestazione di ricchezza i cui effetti albergano nella propria sfera patrimoniale; sotto il secondo aspetto, la manifestazione di ricchezza assume una sostanza “reale” in virtù dell’incasso, abbandonando il carattere meramente potenziale emerso con la maturazione del credito.
Ne deriverebbe che il principio di cassa, applicato al caso di specie, sia capace di restituire un’immagine del Fisco più adeguata alla realtà, garantendo una maggiore soddisfazione del principio cardine del sistema tributario.
In virtù della mancanza di rimandi specifici nel TUIR per l’individuazione del momento di imposizione, ci si interroga se possa aversi, a legislazione vigente, un’interpretazione orientata del principio di capacità contributiva tale per cui si possa giungere ad un’applicazione del principio di cassa senza introdurre norme ad hoc[19]. La risposta, si ritiene, debba essere negativa: la natura precettiva dell’art. 53 Cost. non deve essere confusa con la possibilità di una sua diretta efficacia, non potendosi tramite il medesimo disciplinare direttamente alcuna fattispecie senza la necessaria intermediazione legislativa che in materia tributaria trova il suo fondamento nel principio di riserva di legge di cui all’art. 23 Cost.[20].
Non resta che auspicare un emendamento all’attuale TUIR nel quale possa trovare posto una norma che disponga la tassazione per cassa delle somme derivanti da accordi transattivi. Una soluzione potrebbe essere inserire una deroga direttamente nell’art. 88, comma 3, lett. a), TUIR laddove il componente reddituale è qualificato come sopravvenienza attiva.
La modifica permetterebbe l’imponibilità per il “creditore” nell’anno di percezione e stabilirebbe la deducibilità nell’anno di pagamento per il “debitore”. È chiaro che per quest’ultimo la novità sarebbe per certi versi pregiudizievole, considerato che attualmente gode di una sorta di “risparmio d’imposta” allorquando deduce l’importo da corrispondere ma senza adempiere all’obbligazione.
A voler ricercare una soluzione intermedia e che sia soddisfacente per entrambi, si potrebbe argomentare che trattandosi di costi comunque e indubbiamente di competenza, potrebbe essere previsto che la stipula dell’accordo costituisca per il “debitore” un parametro sufficientemente affidabile per una deducibilità “provvisoria” ma non obbligatoria nell’anno di stipula dell’accordo, seguito da un successivo momento di deducibilità per cassa da osservare a pena di decadenza[21].
Tale ipotesi intermedia, nel caso di sfasamento temporale tra stipula dell’accordo e suo adempimento, potrebbe provocare un’asimmetria nel gettito fiscale, con un’anticipata deduzione per competenza da parte del “debitore” e una posticipata imposizione per cassa da parte del “creditore”. Ciò non deve tuttavia sorprendere, considerato che ad oggi il TUIR acconsente ad un simile scenario nel trattamento delle perdite su crediti e delle pertinenti sopravvenienze attive[22].
5. Una prima potenziale critica legata all’applicazione del principio di cassa potrebbe essere l’istituzione di una nuova casistica di “doppio binario” civilistico-fiscale in una fase storica in cui il legislatore tributario ha definitivamente collocato le scritture contabili al centro della disciplina inerente il reddito d’impresa, nella convinzione che il bilancio sia il documento che più fedelmente testimonia l’incremento di ricchezza provocato dall’esercizio di un’attività imprenditoriale e, in quanto tale, espressivo anche della capacità contributiva attribuibile al soggetto passivo[23].
Sebbene per i componenti positivi di reddito la disciplina tributaria si pone in perfetta consonanza con i principi civilistici che presiedono alla redazione del bilancio d’esercizio, i quali consentono la contabilizzazione dei ricavi nel periodo di competenza solo allorché, in linea con il principio di prudenza, essi presentino il carattere della certezza, il legislatore tributario non dovrebbe ignorare il verosimile sfasamento temporale tra momento di imputazione a bilancio a fini impositivi e momento di ottenimento del collegato flusso di liquidità.
A voler citare una fattispecie analoga già oggetto di specifica previsione normativa, il regime di imposizione per cassa degli interessi moratori, ex art. 109, comma 7, TUIR risponde proprio all’esigenza, avvertita in momenti di crisi economica generale, di evitare che in ragione degli inadempimenti o dei ritardi dei soggetti debitori, il contribuente subisca il duplice effetto sfavorevole rappresentato dalla contestuale esposizione in bilancio dei crediti principali produttivi di ricavi tassabili e dei relativi interessi moratori, anch’essi soggetti a imposizione[24].
Per i motivi sopra esposti si ritiene che discostarsi dall’imputazione a bilancio per competenza sia una soluzione sorretta da valide e proporzionate ragioni.
Una seconda potenziale critica potrebbe essere di stampo prettamente accertativo, stante la difficoltà per l’Amministrazione finanziaria di seguire nel tempo le vicende legate alla riscossione del credito scaturente dall’accordo transattivo. La scelta del legislatore di collegare il momento di competenza ad un dato fattuale (la stipula dell’accordo) risponde all’esigenza di conferire maggiore certezza al rapporto tributario, evitando defatiganti discussioni intorno all’avvenuta e completa riscossione del componente di reddito[25].
Tuttavia, ciò non toglie che possano esservi deroghe, a patto che ogni aggiustamento al risultato d’esercizio rispecchi un qualche altro interesse che possa essere giudicato meritevole di tutela nella disciplina del prelievo[26]. Nel caso di specie convivrebbero due dimensioni: l’una è l’interesse fiscale chiamato a configurare in modo efficace ed efficiente il sistema tributario; l’altro, di stampo garantista, tutela la sfera individuale assicurando una contribuzione effettiva, certa ed attuale[27]. Tali contrapposte esigenze debbono essere bilanciate nella disciplina positiva affinché il disequilibrio a vantaggio dell’interesse fiscale non porti alla lesione della capacità contributiva[28].
Si ritiene che l’interesse fiscale possa essere adeguatamente tutelato dai poteri accertativi riservati all’Amministrazione finanziaria dal D.P.R. n. 600/1973, i quali permettono di valutare la condotta fiscale dei contribuenti anche su fattispecie rilevanti caratterizzate da una imposizione per cassa (una per tutte, i dividendi). Ragion per cui, considerata la potenziale lesione di capacità contributiva in virtù dell’applicazione del principio di competenza, si ritiene ancora una volta che la deroga a tale principio e al risultato civilistico sia sorretta da valide e proporzionate ragioni.
Infine, una prevedibile rimostranza verso l’imposizione per cassa ruoterebbe attorno al concetto di assunzione del rischio d’impresa e di governo dei fattori della produzione da parte dell’imprenditore, osservando che la posticipazione nella riscossione del credito non pregiudicherebbe la capacità del creditore di ottemperare al debito tributario, giacché il mancato e tempestivo incasso potrebbe essere compensato dalla prontezza di incasso di altri crediti o da posticipazione di altri pagamenti[29].
Anche tale critica appare superabile. Giustificare la distorsione derivante dall’anticipazione del prelievo fiscale come un’incidente di percorso nel mare magnum della gestione aziendale, ritenendo quindi non compromessa l’effettività della capacità contributiva, sottovaluta che anche un singolo evento può condizionare l’operatività e la liquidità d’impresa quando lo stesso, e l’accordo transattivo è uno degli esempi più calzanti, ha ad oggetto importi rilevanti.
Inoltre, se la logica della ragionevolezza indurrebbe a concludere che l’imprenditore possa riuscire ad assolvere i debiti tributari tramite il fisiologico ciclo delle entrate e delle uscite, ravvisandosi in ciò garanzia di effettività pur a fronte di redditi meramente maturati, è proprio questa stessa logica che impone di chiedersi se sia necessario ripensare (o anche solo adeguare) le condizioni che assicurano la predetta garanzia al cospetto della realtà economica in cui il contribuente opera[30], contraddistinta da volontari inadempimenti contrattuali e strumenti giurisdizionali che sospendono gli effetti della transazione.
6. Le critiche avanzate verso il principio di competenza non sottintendono una sua inadeguatezza per ogni fatto indice di capacità contributiva, bensì hanno lo scopo di rilevare che vi sono motivi meritevoli di attenzione che ne legittimano una deroga, nella prospettiva che ciò dia una fotografia maggiormente veritiera della capacità del soggetto di concorrere alla spesa pubblica.
Il corto-circuito generato dall’applicazione del principio di competenza nei confronti di un “creditore” che, sebbene formalmente risarcito del diritto leso, sia invece sostanzialmente chiamato a rispondere del debito erariale gravante sulla medesima somma risarcitoria, ne costituisce un valido esempio.
L’attuale impostazione è incapace di comprendere la realtà economica in cui opera il contribuente, per cui si ritiene auspicabile che il legislatore colga il disagio cui è sottoposto il creditore di somme risarcitorie da accordi transattivi e introduca un principio di cassa generalizzato oppure parziale in favore del solo “creditore”, salvaguardo in tale ultimo caso anche l’opposta figura del “debitore”.
L’utilizzo del profilo finanziario legato all’atto dell’incasso offre infatti una più immediata ed evidente nozione di reddito effettivamente disponibile, garantendo quel profilo di attualità che la Corte costituzionale ha più volte illustrato[31], secondo cui la capacità contributiva debba esistere nel momento in cui avviene il prelievo fiscale.
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[1] Come argomentato da Cicero C., voce “Transazione”, in Dig. civ., Agg. I, Torino, 2012, 1053 ss., gli strumenti di composizione delle controversie, metaforicamente definiti “equivalenti del processo civile” rappresentano spazi in cui i privati rivendicano nei confronti dello Stato la loro sfera di libertà e autonomia. L’elemento tipico che li accomuna è nell’essere la fonte della risoluzione della controversia insita nella volontà delle parti.
[2] Girelli G., Accordi transattivi e imposizione indiretta, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2022, 1, 25, secondo cui la dottrina civilistica è concorde nel ritenere l’onerosità connaturale all’elemento delle concessioni, le quali implicano sempre, difatti, un sacrificio di natura patrimoniale ed una reciprocità di prestazioni idonea a distinguere la transazione da una semplice rinuncia unilaterale.
[3] Crovato F., La competenza degli indennizzi assicurativi per la perdita dei beni, in Rass. trib., 1998, 5, 1276.
[4] Crovato F., Somme pagate in base a provvedimento di autorità pubbliche (giurisdizionali o amministrative) e principio di competenza, in Rass. trib., 2001, 2, 356. Secondo l’Autore, tale regola presuppone una ragionevole certezza giuridica dell’esistenza di un dato elemento reddituale e del rapporto sottostante alla data di chiusura del bilancio, anche se tale rapporto potrebbe essere modificato in futuro. In altri termini, non sembra potersi negare la certezza quando penda una lite sul titolo giuridico, che non per questo può considerarsi incerto finché la contestazione non venga risolta con una decisione definitiva.
[5] Si vedano, tra gli altri, Borgoglio A., Il principio di competenza si applica anche alle transazioni, in il fisco, 2014, 23, 2297 ss. e Crovato F., Somme pagate in base a provvedimento di autorità pubbliche (giurisdizionali o amministrative) e principio di competenza, cit., 356.
[6] Si vedano, tra le altre, Cass., sent. n. 661/2023; Cass., sent. n. 19166/2021; Cass., sent. n. 28355/2019; Cass., sent. n. 5976/2015; Cass., ord. n. 9317/2014.
[7] Si vedano, tra le altre, Risposte ad Interpello n. 487 del 29 dicembre 2023 e n. 491 del 5 ottobre 2022. In senso apparentemente discorde, Risposta ad Interpello n. 108 del 12 dicembre 2018, che considera irrilevante la data di stipula dell’accordo transattivo facendo invece riferimento al momento in cui è sostanzialmente sorta l’obbligazione di pagamento in capo al contribuente (nel caso di specie, derivava da un ordine di confisca di immobile). Tuttavia, si ritiene che le conclusioni siano circoscrivibili al solo caso trattato nel documento di prassi e non rappresenti un indirizzo di prassi sull’esercizio di competenza degli accordi transattivi.
[8] Sebbene la transazione non possa essere impugnata e annullata per errori di diritto relativi alle questioni che sono state oggetto di controversia tra le parti (art. 1969 c.c.), diverse sono le circostanze in cui la medesima è passibile di annullabilità e dunque potenzialmente impugnabile: falsità dei documenti (art. 1973 c.c.); esistenza di un precedente giudicato ignoto ad una o entrambi le parti (art. 1974 c.c.); documenti scoperti a posteriori che dimostrino che una delle parti non aveva alcun diritto (art. 1975 c.c.).
[9] Mattarella B., Il fondamento ed i limiti dei requisiti probatorio-procedimentali nella determinazione delle perdite su crediti, in Dir. prat. trib., 1984, I, 762.
[10] Osserva Versiglioni M., Il reddito liquido: lineamenti, argomenti ed esperimenti, in Riv. dir. trib., 2014, 6, I, 749, che mentre in una congiuntura economica favorevole il principio di competenza può essere indice di una capacità contributiva effettiva, in tempo di crisi potrebbe non esserlo più, dovendo affidarsi a correttivi che salvaguardino il rispetto del principio costituzionalmente sancito
[11] Quanto affermato è mutuato dalle considerazioni esposte da Marinello A., Redditi di natura finanziaria, in Dig. comm., 2015, in tema di redditi finanziari “maturati” ma non incassati. In senso conforme si vedano: Tesauro F., Istituzioni di diritto tributario. Parte speciale, Milano, 2008, 243; Versiglioni M., Il reddito liquido: lineamenti, argomenti ed esperimenti, cit.; Trivellin M., Profili sistematici delle perdite su crediti nel reddito d’impresa, Torino, 2017, 221.
[12] M. Beghin M., L’”equalizzatore” nella prospettiva della tassazione del reddito: aspetti funzionali e profili di incostituzionalità, in Rivista di Diritto Tributario, 2000, I, p.1169
[13] Trivellin M., Profili sistematici delle perdite su crediti nel reddito d’impresa, cit., 221.
[14] Moschetti F., Il principio di capacità contributiva, Padova, 1973, 319.
[15] Considerazioni tratte da Trivellin M., Profili sistematici delle perdite su crediti nel reddito d’impresa, 232-233.
[16] Trivellin M., Profili sistematici delle perdite su crediti nel reddito d’impresa, 221.
[17] Lupi R. – Versiglioni M., Il ‘reddito liquido’ e la relativizzazione del principio di competenza, in Dialoghi trib., 2015, 4, 407.
[18] Carinci A., Il fattore temporale nell’imposta sui redditi: tra disciplina e definizione delle ipotesi categoriali e del reddito complessivo, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2000, 4, I, 635.
[19] Difatti, sono diverse le materie in cui sia la giurisprudenza costituzionale che di legittimità hanno utilizzato l’art. 53 Cost. in funzione di interpretazione adeguatrice. Si pensi alla ragionevolezza di determinate presunzioni (Cass. n. 6955/1994), alla rettificabilità della dichiarazione dei redditi (Cass. n. 15063/2002), alla valenza probatoria delle elaborazioni statistiche alla base degli accertamenti tramite studi di settore (Cass., S.U., n. 26635/2009, n. 26636/2009, n. 26637/2009 e n. 26638/2009) e all’elusione fiscale (Cass. n. 634/2012).
[21] Riflessioni ispirate alle considerazioni formulate da Crovato F., Somme pagate in base a provvedimento di autorità pubbliche (giurisdizionali o amministrative) e principio di competenza, cit., 356, il quale propone tale soluzione per le somme pagate a seguito di atti impugnati della pubblica Autorità.
[22] L’art. 101, comma 5, TUIR, prevede diversi momenti di competenza per la deduzione delle perdite su crediti. Per esempio un creditore, per i crediti di modesta entità, può scegliere di dedurre la perdita dopo che siano trascorsi 6 mesi dalla scadenza di pagamento poiché ciò costituisce ipso iure elemento certo e preciso. Diversamente, il debitore tasserà la sopravvenienza attiva, ai sensi dell’art. 88, comma 1, TUIR soltanto quando si concretizzerà l’insussistenza di passività. In questo scenario è possibile assistere ad una analoga asimmetria, con deduzione anticipata e tassazione posticipata attorno alla medesima fattispecie imponibile.
[24] Lobefaro V.P., Rivisitazione in chiave soggettiva dei criteri temporali di deducibilità degli accantonamenti relativi ai crediti per interessi di mora, in Dir. prat. trib., 2010, 4, II, 868.
[25] Beghin M., Principio di competenza, ultimazione della prestazione di servizi, ultimazione “bilaterale”, incasso del corrispettivo ed emissione della fattura: un chiarificatore intervento della Corte di Cassazione in tema di imputazione a periodo delle componenti negative di reddito, in Riv. dir. trib., 2006, 12, II, 887-888.
[26] Zizzo G., La determinazione del reddito delle società e degli enti commerciali, in Falsitta G., Manuale di diritto tributario, parte speciale. Il sistema delle imposte in Italia, Padova, 2014, 312.
[27] Boria P., I principi costituzionali dell’ordinamento fiscale, in Fantozzi A. (a cura di), Diritto tributario, Milano, 2012, 93 il quale rimarca il carattere “bisemantico” dell’art. 53 Cost.
[28] Trivellin M., Profili sistematici delle perdite su crediti nel reddito d’impresa, 217.
[29] Osserva Lupi R., Riflessioni sul “reddito liquido” tra superamento del principio di competenza e garanzia di effettività della ricchezza da assoggettare a tassazione, in Dialoghi dir. trib., 2016, 407 ss., che il principio di competenza presuppone che i ricavi e i costi non monetizzati si compensino, e che siano trascurabili le situazioni in cui i primi siano prevalenti ma senza liquidità per pagare le imposte.
[30] Trivellin M., Profili sistematici delle perdite su crediti nel reddito d’impresa, 224.
[31] Corte cost., sent. n. 75/1979, n. 44/1996 e n. 16/2022.
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