Prime considerazioni sulla c.d Direttiva BEFIT (Business in Europe: Framework for Income Taxation)
Di Tommaso Di Tanno
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Abstract (*)
Il contributo analizza le principali prescrizioni della Direttiva BEFIT, mettendole a confronto, dove necessario, con le analoghe – se esistenti – indicazioni provenienti dalla Direttiva UE 2022/2523 (Global Minimum Tax – GMT)
First considerations on the so-called BEFIT Directive (Business in Europe: Framework for Income Taxation) – The essay analyzes the main provisions of the BEFIT Directive, comparing them, where necessary, with the similar – if existing – indications coming from the EU Directive 2022/2523 (Global Minimum Tax – GMT)
Sommario:1. La Direttiva BEFIT nel contesto dei progetti europei sulla fiscalità delle imprese di grandi dimensioni. – 2. Ambito di applicazione delle Direttiva BEFIT. – 3. Determinazione della tax base. – 4. Aggregazione dei risultati fiscali preliminari. – 5. Allocazione della BEFIT tax base netta. – 6. Rapporti tra la Direttiva BEFIT e i regimi nazionali. – 7. Obblighi dichiarativi/Gestione delle controversie. – 8. Conclusioni.
1. La Direttiva BEFIT (Business in Europe: Framework for Income Taxation) si inserisce in quel percorso, da tempo avviato, avente l’obiettivo di creare un cosiddetto level playing field – quantomeno in ambito tributario – per lo svolgimento di attività imprenditoriali sul territorio Unionale.
Si era, infatti, già tentato nel 20111, e poi ancora nel 20162, di stabilire una base imponibile comune per le imprese di grandi dimensioni ivi operanti (Common Corporate Consolidated Tax Basis, “CCCTB”). Ma questi tentativi non hanno sortito un risultato positivo per molteplici ragioni riconducibili, soprattutto, alla mancata consapevolezza del freno che l’inesistenza di una simile regolamentazione comune arreca allo sviluppo dell’economia della Comunità.
Il nuovo contesto venutosi a creare a causa dell’esplosione del fenomeno dell’economia digitale – e della sfacciata capacità delle imprese del settore di sfuggire ad ogni forma di tassazione – ha fatto da propulsore alla ricerca di nuovi equilibri e, quindi, anche alla necessità di disporre di nuovi strumenti più idonei a fronteggiare un fenomeno dannoso – visibilmente crescente – e capace di incidere sul patto fiscale che deve caratterizzare, invece, i rapporti fra membri di qualsiasi comunità evoluta.
Si è così, individuata, a livello mondiale (OCSE), la cosiddetta “Two Pillars Solution”, portatrice, da un lato, di una allocazione della tassazione non correlata all’esistenza di elementi fisici ma rapportata (prevalentemente) alla mera presenza sul mercato dei consumatori (Pillar 1) e riservata alle sole imprese di grandissima dimensione (oltre 20 miliardi di euro di fatturato annuo); dall’altro, della fissazione di un livello minimo di tassazione (15%) tendente ad evitare la corsa al ribasso delle aliquote effettive (al di là di quelle edittali) riservata a gruppi con fatturato annuo superiore a “soli” 750 milioni di euro (Pillar 2).
Mentre l’adozione del Pillar 1 (creatura al momento solo OCSE) stenta ancora a decollare, il Pillar 2 è divenuto ormai norma vincolante a livello Comunitario essendo stato tradotto nella Direttiva UE 2022/2523 (Global Minimum Tax, “GMT”) con obbligo di adozione nei vari Stati Membri a partire dal 1° gennaio 2024. L’Italia si è già adeguata a questa prescrizione con il varo del D.Lgs. 28 dicembre 2023, n. 209 (il “Decreto”).
Nella considerazione che la Direttiva BEFIT interviene su materia, a questo punto, già regolamentata – sia pure con finalità parzialmente diverse – dalla GMT, occorre domandarsi, innanzitutto, quale possa essere la sua utilità e, ove questa fosse confermata, quali sono le possibili intersezioni ed eventuali contraddizioni che emergono dalla possibile convivenza delle stesse.
Procederò, quindi, nei paragrafi che seguono a verificare le principali prescrizioni della Direttiva BEFIT e, dove necessario, metterle a confronto con le analoghe – se esistenti – indicazioni provenienti dalla GMT.
2. Le disposizioni generali di cui al Capo I (artt. 1 – 3) definiscono un ambito di applicazione duplice, uno obbligatorio ed un altro facoltativo, così distinti:
l’ambito di applicazione obbligatoriocomprende i gruppi – nazionali o multinazionali – con ricavi annui pari o superiori a 750 milioni di euro in almeno due degli ultimi quattro esercizi. Si tratta quindi degli stessi gruppi destinatari della Direttiva GMT e della Direttiva (UE) 2016/881 (DAC4) sulla rendicontazione Country by Country Reporting Standard (“CbCR”);
l’ambito di applicazione facoltativocomprende invece i gruppi nazionali o multinazionali con ricavi annui inferiori a 750 milioni di euro, che – al ricorrere di alcuni requisiti – possono optare volontariamente per l’applicazione della Direttiva BEFIT.
In particolare, rientrano (o possono rientrare, in caso di applicazione opzionale) nell’ambito applicativo della Direttiva BEFIT:
le società del gruppo residenti in uno degli Stati membri a condizione che (i) assumano una delle forme tassativamente previste dall’allegato I; (ii) siano soggette ad una delle imposte sul reddito di cui all’allegato II (o imposta analoga introdotta successivamente); e (iii) siano la capogruppo ovvero siano consolidate voce per voce dalla capogruppo;
le stabili organizzazioni localizzate in uno degli Stati membri a condizione che (i) siano soggette ad una delle imposte sul reddito di cui all’allegato II (o imposta analoga introdotta successivamente); e (ii) abbiano come sede centrale (casa madre) la società capogruppo o altra società consolidata voce per voce.
La tecnica di allegare alle Direttive in materia di imposizione elenchi che specifichino quali sono le forme societarie e le imposte sui redditi previste dagli ordinamenti nazionali rilevanti ai fini dell’applicazione delle Direttive stesse non rappresenta una novità. Basti pensare, ad esempio, alla c.d. Direttiva madre-figlia e alla Direttiva interessi e royalties.
La peculiarità della Direttiva BEFIT risiede tuttavia nell’espressa attribuzione alla Commissione del potere di adottare atti delegati al fine di modificare gli elenchi delle forme societarie (allegato I) e delle imposte sul reddito delle società (allegato II) rilevanti, per tenere conto delle modifiche apportate dai singoli Stati membri nella propria legislazione nazionale (art. 2, par. 8).
In materia di atti delegati, l’art. 290 TFUE prevede che «un atto legislativo può delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano determinati elementi non essenziali dell’atto legislativo» (sottolineatura/enfasi aggiunta). Nel caso di specie potrebbero sorgere dubbi sulla “non essenzialità” degli elementi oggetto dell’atto delegato, in quanto la ricomprensione di una data forma societaria o di una data imposta sui redditi negli elenchi allegati alla Direttiva amplia di fatto l’ambito di applicazione della Direttiva stessa. Tale ampliamento potrebbe avvenire prescindendo dalle reali intenzioni che possono spingere uno Stato membro ad introdurre una nuova forma societaria. Inoltre dovrebbe essere meglio specificato in base a quale criterio – che non sia quello della discrezionalità – la Commissione dovrebbe “tener conto” delle modifiche apportate nei singoli ordinamenti interni.
Oltre alle condizioni sopra elencate, il concetto di “Gruppo BEFIT” prevede che rientrino nell’ambito di applicazione della proposta di Direttiva solo le entità che (a) soddisfano la soglia di proprietà del 75% (artt. 5 e 6) e che (b) siano localizzate in uno degli Stati membri in quanto il diritto dell’Unione Europea si applica solo al suo interno e non vincola i Paesi terzi. È previsto un holding period minimo di almeno 9 mesi.
Il requisito del controllo (holding period) deve essere verificato a due livelli:
si deve trattare di società che hanno la qualifica di controllate secondo la definizione del principio contabile adottato dalla capogruppo (art. 3, n. 1); ed
è richiesto un “controllo qualificato” definito come la detenzione diretta o indiretta del 75% dei diritti di proprietà o dei diritti agli utili (art. 5).
Le ragioni per le quali è stata prevista una soglia di controllo (così tanto) “qualificato” non sono state ben chiarite, anche se potrebbero essere connesse alla necessità di limitare l’applicazione della Direttiva BEFIT a gruppi fortemente integrati sotto il profilo civilistico così da garantire il giusto trade off tra gli adempimenti richiesti dalla Direttiva BEFIT e i benefici che ne dovrebbero derivare.
La Direttiva BEFIT introduce inoltre una soglia di rilevanza “aggiuntiva” per i gruppi la cui capogruppo sia residente fuori dal territorio dell’Unione Europea. In quest’ultima ipotesi, la Direttiva trova infatti applicazione soltanto se i ricavi consolidati del gruppo nell’ambito dell’Unione Europea non siano inferiori al 5% dei ricavi totali oppure non siano inferiori a 50 milioni di euro in almeno due degli ultimi quattro periodi d’imposta. La previsione di tale “soglia di rilevanza” – che potrebbe creare differenze di trattamento tra i gruppi con ricavi consolidati pari o superiori a 750 milioni di euro a seconda della localizzazione o meno della capogruppo in uno Stato membro – è stata giustificata nell’ottica di garantire che i requisiti richiesti dalla Direttiva BEFIT siano proporzionati ai suoi benefici (Explanatory Memorandum, 14).
Dall’analisi delle condizioni sopra rappresentate, emerge che il perimetro del Gruppo BEFIT, prevedendo il rispetto di requisiti più stringenti, differisce da quello del gruppo individuato ai fini dell’applicazione della Direttiva GMT. Non appare quindi raggiunto l’enunciato obiettivo di voler “allineare l’ambito di applicazione obbligatorio al pilastro 2” (Explanatory Memorandum, 14), con la necessità di prevedere un coordinamento tra le due discipline.
La definizione dell’ambito di applicazione della Direttiva BEFIT non consente di individuare con certezza le regole che le entità del gruppo consolidate line by line – ma nei confronti delle quale è prevista una soglia di partecipazione inferiore al 75% – debbano applicare per determinare la propria base imponibile. In particolare, non è chiaro se queste siano necessariamente tenute a determinare la base imponibile secondo le regole nazionali o possano optare per la determinazione della base imponibile secondo le regole della Direttiva BEFIT. Dal tenore letterale del comma 7 dell’art. 2 non sembrerebbe esservi tale possibilità, con la conseguenza che all’interno dello stesso Gruppo vi possono essere entità – pur pienamente controllate – che sono assoggettate ad un trattamento differenziato (secondo che la relativa partecipazione superi o meno la soglia del 75%).
3. La determinazione della base imponibile si ispira al principio di stretta derivazione dal risultato contabile netto d’esercizio calcolato in conformità ad unico principio contabile per tutto il Gruppo BEFIT, prima delle rettifiche da consolidamento, aggiustato poi per effetto di una serie di variazioni in aumento e diminuzione, similmente a come avviene per la determinazione del reddito (o della perdita) rilevante ai fini della Direttiva GMT (c.d. GloBE Income).
In particolare, come previsto dall’art. 7 della Direttiva BEFIT, il punto di partenza è costituito dall’utile o dalla perdita contabile netta (“Financial accounting net income or loss” o “FANIL”), conseguiti da ciascun membro del Gruppo BEFIT in un dato esercizio, cui sono apportate alcune variazioni in aumento o in diminuzione previste nei successivi articoli da 8 a 41 della Direttiva BEFIT. Si ottengono così i risultati fiscali preliminari (“preliminary tax results”) dei singoli membri del Gruppo BEFIT, che aggregati tra loro costituiscono la base imponibile BEFIT.
Prima di indicare esplicitamente gli aggiustamenti richiesti per la determinazione del risultato fiscale preliminare, la Direttiva BEFIT stabilisce alcuni principi generali, prevedendo, in particolare, all’art. 4 che i costi inclusi nel FANIL sono deducibili dal risultato fiscale preliminare dell’entità solo nella misura in cui gli stessi siano stati sostenuti nel suo “direct business interest”; nozione che acquisisce quindi una rilevanza centrale come presupposto da rispettare per la deducibilità di qualsiasi costo da parte di un membro del Gruppo BEFIT (e che potrebbe essere ricondotta al concetto di “inerenza” ben noto all’ordinamento tributario italiano).
Si tratta, tuttavia, di un concetto inedito nello scenario europeo, estraneo anche alla Direttiva GMT. Tale presupposto richiede una valutazione ex post che, soprattutto in assenza di una definizione in merito all’esatto significato da attribuire all’espressione “direct business interest”, rischia di ingenerare incertezze interpretative, oltre a rappresentare un (ulteriore) scostamento dal sistema GMT.
Più in generale, la determinazione della BEFIT tax base presenta delle peculiarità rispetto a quanto previsto dalla Direttiva GMT per la determinazione del GloBEIncome, che sono connesse principalmente alla scelta dei principi contabili utilizzabili e agli aggiustamenti da apportare al FANIL.
Per quanto concerne i principi contabili da utilizzare, la Direttiva BEFIT prevede che la determinazione della base imponibile avvenga secondo:
il principio contabile utilizzato dalla capogruppo per la redazione del bilancio consolidato, se la medesima è residente in uno Stato membro; ovvero
il principio contabile dell’entità (operante nella UE) che presenta la dichiarazione, se la capogruppo è residente in uno Stato terzo, con la particolarità che deve trattarsi di un “Acceptable Financial Accounting Standard” a livello dell’Unione Europea, intendendosi per tali gli IFRS adottati dall’Unione a norma del regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 luglio 2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali, nonché i principi contabili generalmente accettati dagli Stati membri (c.d. Local GAAP).
Diversamente, la Direttiva GMT consente di utilizzare ai fini della determinazione del GloBE Income anche gli “Authorised Financial Accounting Standard” nel cui ambito sono ricompresi, oltre a quelli inclusi nell’elenco dei principi contabili conformi, quelli consentiti dall’Organismo contabile autorizzato della giurisdizione in cui è localizzata l’entità, garantendo così una maggiore flessibilità.
Come anticipato, differenze rispetto alla Direttiva GMT si rilevano anche con riferimento agli “Adjustment” da apportare al FANIL.
Gli aggiustamenti previsti dalla Direttiva BEFIT sono elencati nella sezione II (artt. 8-21):
le voci seguenti sono incluse, vale a dire reintegrate nel caso in cui siano state dedotte o non siano già state registrate nei documenti contabili: attività finanziarie possedute per negoziazione (art. 11); oneri finanziari corrisposti a parti esterne al Gruppo BEFIT in eccesso rispetto alla norma relativa ai limiti sugli interessi di cui alla Direttiva contro le pratiche di elusione fiscale (art. 13); rettifiche del fair value (valore equo) e plusvalenze percepite dalle imprese di assicurazione vita nel contesto di contratti collegati a quote/a un indice (art. 14); ammende, sanzioni e pagamenti illegali quali tangenti (art. 16); imposte sulle società già pagate o imposte integrative in applicazione del pilastro 2 (art. 17).
le voci seguenti vengono escluse, ossia sottratte dal FANIL se figuravano nella contabilità finanziaria: dividendi e plusvalenze o perdite su azioni o partecipazioni, in caso di proprietà significativa e fatto salvo il caso in cui tali partecipazioni siano detenute a fini di negoziazione o da un’impresa di assicurazione vita (artt. da 8 a 11 e art. 14); utili o perdite di stabili organizzazioni (art. 12); reddito del trasporto marittimo soggetto a un regime nazionale di imposta sul tonnellaggio (art. 15); deduzione per plusvalenze su attività di sostituzione (art. 18); costi di acquisizione, costruzione e miglioramento di attività ammortizzabili, in quanto tali costi saranno già parte del valore ammortizzabile, nonché sovvenzioni direttamente collegate a tale valore, in quanto le sovvenzioni non dovrebbero figurare né negli ammortamenti né nella base imponibile (art. 19); utili non realizzati o perdite non realizzate derivanti da fluttuazioni dei cambi delle valute sulle immobilizzazioni (art. 20). La norma di cui all’art. 21 esclude inoltre qualsiasi importo relativo a rettifiche in una fase successiva all’assegnazione di cui all’art. 48. Di conseguenza tali voci non fanno parte del risultato fiscale preliminare, il che evita il rischio di doppia contabilizzazione.
Gli Adjustment da apportare al FANIL ai sensi della Direttiva GMT sono talvolta più complessi ma numericamente inferiori. Inoltre vi sono alcune voci che vengono trattate diversamente ai fini dei due regimi: ad esempio i dividendi e le plusvalenze – ove ne ricorrano i requisiti – sono esclusi dal calcolo del GloBE Income al 100%, mentre ai fini BEFIT è prevista l’esclusione “solo” per il 95%.
Le differenti modalità di determinazione della BEFIT tax base rispetto a quelle previste per la determinazione del GloBE Income – oltre a generare un aggravio di adempimenti derivanti dalla necessità di effettuare calcoli tra loro diversi e a complicare il processo di implementazione della Direttiva BEFIT – rischiano di comportare anche l’emersione di disallineamenti che dovrebbero poi essere riconciliati. La proposta BEFIT non indica regole gerarchiche tra le due normative; tuttavia, il Considerando n. 9 del preambolo manifesta «la necessità di allinearsi alla direttiva (UE) 2022/2523», lasciando intendere un’implicita deferenza nei confronti del quadro normativo del Pillar 2.
4. Il Capo III (artt. 42-49) contiene le norme per l’aggregazione (prima) e la riassegnazione (poi) della base imponibile.
In particolare, i risultati fiscali preliminari di tutti i membri del gruppo BEFIT sono riuniti in un unico aggregato a livello di gruppo dell’Unione Europea, che costituirà la “base imponibile BEFIT”. Ciò, nelle intenzioni della Direttiva BEFIT, dovrebbe comportare diversi vantaggi rappresentati da:
la compensazione transfrontaliera delle perdite;
una più agevole conformità della determinazione dei prezzi di trasferimento;
l’esclusione di ritenute alla fonte sui pagamenti di royalty, interessi e simili all’interno del Gruppo BEFIT.
Le regole di aggregazione dei risultati imponibili non sono tuttavia esenti da criticità. Le differenze che si registrano rispetto al sistema Pillar 2 moltiplicano gli adempimenti in capo ai gruppi che ricadono nell’ambito di applicazione di entrambe le Direttive e fanno sorgere esigenze di coordinamento tra le due discipline.
Una prima differenza si ravvisa con riferimento al meccanismo di compensazione transfrontaliera delle perdite.
La Direttiva BEFIT prevede che il consolidamento dei risultati imponibili avvenga a livello dell’Unione Europea e consente una compensazione piena tra i redditi e le perdite di tutte le entità del gruppo, dando così luogo ad una tax base comunitaria che viene poi allocata tra i vari Stati membri sulla base di una formula di assegnazione che tiene conto dei risultati imponibili medi registrati, da una parte, dal gruppo nel suo complesso e, dall’altra, dall’entità singolarmente considerata. Diversamente, nell’ambito della disciplina delineata dalla Direttiva GMT, i risultati delle entità del gruppo vengono determinati per singola giurisdizione ai soli fini del calcolo dell’EffectiveTax Rate (“ETR”) e, in ogni caso, escludendo le entità in perdita. Da ciò deriva che le perdite di un’entità del gruppo non vengono utilizzate in compensazione del GloBE Income (neppure a livello di jurisdiction) e potranno esclusivamente essere portate ad abbattimento delle future imposte dovute dall’entità che le ha generate, in forza della ricomprensione delle imposte anticipate tra le Covered Taxes.
Gli effetti positivi dell’aggregazione dei risultati fiscali preliminari, rappresentati dalla piena circolazione orizzontale e verticale delle perdite a livello di gruppo, potrebbero giustificare il diverso perimetro di gruppo rispetto a quello previsto ai fini Pillar 2 e le complicazioni che da ciò ne derivano. Tuttavia, all’esito dell’allocazione della BEFIT tax base netta, la quota assegnata a ogni Stato membro interessato potrebbe risultare superiore rispetto al GloBE Income della giurisdizione con la possibilità concreta che ne emerga una certa percentuale di Top up Tax (cioè la GMT dovuta) da prelevare a copertura dell’ETR minimo del 15% sull’eventuale ammontare della quota (extra) di profitto BEFIT attribuito. Per coordinare le due normative si potrebbe forse ipotizzare (e far recepire in sede OCSE) che l’intero territorio dell’Unione – considerata l’adozione della Direttiva GMT da tutti i paesi della stessa – possa essere considerato come un’unica jurisdiction ai fini del Pillar 2.
A ciò si aggiunga che la previsione di una soglia di partecipazione per far parte nel Gruppo BEFIT fissata al 75% dei diritti di proprietà o dei diritti agli utili – e, quindi, tendenzialmente più alta rispetto a quelle generalmente previste dagli ordinamenti interni per il consolidato nazionale (si ricordi che, ad esempio, l’art. 117 TUIR richiede una partecipazione del 50,01%) – può limitare la compensazione transfrontaliera delle perdite, fino a dar luogo ad ipotesi di over taxation ove una certa entità in perdita rimanga esclusa dal perimetro del Gruppo BEFIT per ragioni di controllo3.
Per consentire la migliore circolazione delle perdite sarebbe necessario ridefinire il perimetro soggettivo del gruppo BEFIT per avvicinarlo a quello del gruppo ai fini del Pillar 2, nel quale sono ricomprese tutte le entità consolidate line by line o, comunque, abbassare le soglie di partecipazione in linea con quanto previsto dai regimi domestici di consolidamento.
Restando in tema di (asseriti) vantaggi che dovrebbero derivare dall’aggregazione dei singoli risultati imponibili, sembra opportuno sollevare qualche dubbio anche con riferimento all’effettiva portata che potrà avere in concreto l’esclusione dalle ritenute alla fonte sui flussi di pagamento a titolo di interessi, canoni e simili che intervengono tra i vari membri del Gruppo BEFIT.
Innanzitutto, nell’ottica di garantire una maggiore certezza, dovrebbe essere meglio definito l’ambito applicativo dell’esclusione, specificando quali forme di tassazione alla fonte rientrano nella definizione di cui all’art. 43 della Direttiva BEFIT che, nella formulazione attuale, fa riferimento a “any source taxation”; espressione forse un po’ troppo vaga.
In secondo luogo, un non trascurabile elemento di complessità ed incertezza deriva dal fatto che la Direttiva BEFIT subordina l’esclusione dalla ritenuta alla verifica del requisito di beneficial ownership in capo al membro del Gruppo destinatario del pagamento. Tuttavia, in assenza di regole specifiche in merito alle condizioni da rispettare affinché un soggetto possa qualificarsi quale beneficiario effettivo del pagamento, l’onere probatorio che l’entità è tenuta ad assolvere ai fini dell’esclusione dalla ritenuta – sia pur giustificato da esigenze atte a prevenire fenomeni di profit shifting – appare proibitivo.
5. La Direttiva BEFIT prevede che, per il “periodo di transizione” compreso tra il 1° luglio 2028 e il 30 giugno 2035 (al più tardi), l’assegnazione della BEFIT tax base netta a ciascun membro del Gruppo avvenga in funzione di una «percentuale di assegnazione» data, per ogni esercizio, dal rapporto tra «la media dei risultati imponibili dei tre esercizi precedenti» di ciascun membro e «la somma della media dei risultati imponibili di tutti i membri del gruppo nei tre esercizi precedenti»; con la specificazione che i membri del gruppo in perdita hanno una percentuale di assegnazione pari a zero e non hanno quindi diritto ad alcuna quota della base imponibile.
La determinazione della media dei risultati imponibili dei singoli membri del Gruppo avviene secondo le regole proprie di ciascun ordinamento. Tale soluzione, se da una parte risponde ad esigenze di semplificazione, dall’altra potrebbe comportare degli effetti distorsivi derivanti dai diversi meccanismi di determinazione della base imponibile previste dai singoli ordinamenti nazionali.
LaDirettiva BEFIT prevede inoltre che sulla quota di imponibile ad essa assegnata con riferimento a ciascun BEFIT member residente sul proprio territorio, ciascuna giurisdizione sarebbe poi libera di operare ulteriori aggiustamenti anche finalizzati al riconoscimento di incentivi e agevolazioni fiscali (art. 48).
In particolare, l’art. 48 della Direttiva BEFIT – dopo aver fornito un’elencazione di taluni aggiustamenti da apportare alla quota di imponibile assegnata allo Stato membro – contiene una norma di chiusura particolarmente ampia prevedendo che, oltre alle rettifiche puntualmente previste dal par. 1, «uno Stato membro può consentire che la parte assegnata dei membri del gruppo BEFIT residenti ai fini fiscali o situati sotto forma di stabile organizzazione in tale Stato membro sia incrementata o ridotta mediante elementi aggiuntivi».
La facoltà riconosciuta a favore degli Stati membri dall’art. 48, par. 2 non incontra limiti quantitativi. È lo stesso Considerando n. 14 della Direttiva BEFIT a prevedere che «gli Stati membri sarebbero inoltre liberi di adeguare ulteriormente la quota loro assegnata senza un massimale», con l’effetto che l’operatività della legislazione nazionale in materia di imposte sui redditi delle società resta di fatto piena, svuotando di significato la previsione di cui all’art. 1, par. 3, secondo la quale una società soggetta alla Direttiva BEFIT cessa di essere soggetta alla legislazione nazionale in materia di imposta sulle società per tutte le materie disciplinate dalla Direttiva stessa. Gli Stati membri possono infatti procedere ad una vera e propria rideterminazione della base imponibile loro assegnata, riducendo gli effetti che possono derivare dalla compensazione transnazionale delle perdite.
Ebbene, pur riconoscendo l’utilità di preservare la peculiarità dei sistemi fiscali nazionali per riflettere i diversi contesti economici di ciascuno Stato membro, la soluzione di concedere agli Stati membri la possibilità di gestire autonomamente la propria quota di base imponibile, lasciando di fatto impregiudicato il loro potere di incrementarla o ridurla discrezionalmente, rischia di vanificare gli obiettivi di semplificazione professati dalla Direttiva BEFIT. Il rischio è che i regimi nazionali continueranno ad operare in parallelo con le norme BEFIT (oltre che con le norme GMT), determinando così un aggravio in termini di oneri di compliance in capo alle imprese e di oneri di controllo in capo alle amministrazioni finanziarie.
Da questo punto di vista, risponderebbe ad esigenze di semplificazione e maggiore certezza una soluzione volta ad incrementare l’elenco delle rettifiche previste dal par. 1 dell’art. 48, così da renderlo tassativo, in modo da eliminare una clausola tanto ampia come quella prevista dal par. 2 del medesimo articolo. Quest’ultima soluzione, tuttavia, occorre esserne consapevoli, potrebbe non essere accolta con favore da parte degli Stati membri e ostare al raggiungimento dell’unanimità necessaria all’adozione della Direttiva.
6. In aggiunta alle considerazioni sopra riportate, si osservi che nella Direttiva BEFIT vi sono altri richiami alla normativa nazionale che minano il raggiungimento dell’obiettivo di introdurre un sistema comune di semplificazione e fanno sorgere esigenze di coordinamento derivanti da disallineamenti tra le due normative (nazionale e Unionale), che ben potrebbero verificarsi nella pratica.
Un’ipotesi di (possibile) disallineamento si rinviene, ad esempio, con riferimento ai crediti d’imposta concessi per le imposte assolte all’estero, secondo quanto sancito dall’art. 44 della Direttiva BEFIT.
Tale disposizione prevede, in particolare, che gli Stati membri concedano un credito per le imposte pagate da un membro del Gruppo BEFIT in uno Stato diverso da quello di residenza. Il credito d’imposta è determinato in base alle convezioni sulla doppia imposizione o alla legislazione nazionale applicabile e, successivamente, è distribuito tra i membri del Gruppo BEFIT secondo la percentuale di ripartizione di cui all’art. 45. Potrebbero tuttavia sorgere problemi di coordinamento in quanto le disposizioni in materia di crediti d’imposta previste a livello nazionale e quelle previste a livello convenzionale potrebbero divergere tra loro. Sarebbe quindi necessario stabilire regole più chiare sull’interazione tra le norme BEFIT, le leggi nazionali e i trattati contro le doppie imposizioni quantomeno in ambito Comunitario.
Un altro disallineamento potrebbe emergere con riferimento alle perdite non compensate registrate da un’entità prima dell’ingresso nell’ambito del Gruppo BEFIT.
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 38 e 48, par. 1, lett. a) le perdite ante BEFIT non compensate vanno infatti dedotte dalla quota di base imponibile assegnata alla singola entità che ha registrato le perdite. La formulazione dei citati articoli non contiene tuttavia alcun riferimento alle (eventuali) limitazioni – in termini di tempistiche ovvero di percentuali – che potrebbero essere previste dalle legislazioni nazionali per la deduzione delle perdite. Andrebbe allora nella direzione di un più semplice coordinamento tra la Direttiva BEFIT e la legislazione nazionale la previsione anche con riferimento alla deduzione delle perdite ante BEFIT di una formula analoga a quella utilizzata dall’art. 48, comma 1, lett. h) e j). Le citate disposizioni prevedono infatti che la base imponibile assegnata ai membri del Gruppo BEFIT è ridotta delle voci ivi indicate (donazioni ad enti caritativi e imposte locali) “nella misura in cui sono deducibili a norma del diritto in materia di imposta sulle società dello Stato membro”, tenendo quindi in considerazione le eventuali limitazioni poste dall’ordinamento interno per la deduzione di tali elementi.
7. La proposta di Direttiva prevede che l’“entità che presenta la dichiarazione” (in linea di principio l’entità controllante capogruppo) presenterà una dichiarazione per l’intero Gruppo BEFIT all’Amministrazione fiscale del proprio Stato di residenza, il quale la condividerà a sua volta con gli altri Stati membri in cui operano gli altri membri del gruppo BEFIT (art. 57) e con cui formerà un gruppo di lavoro ad hoc (art. 60, “BEFIT Team”). Ciascun membro del Gruppo BEFIT presenterà inoltre una dichiarazione individuale dei redditi all’Amministrazione fiscale locale per poter applicare le rettifiche stabilite a livello nazionale sulla parte di imponibile assegnata a ciascun Stato (art. 62).
Dal punto di vista dichiarativo vi sarà quindi un aggravio di adempimenti soprattutto a carico dei Gruppi che rientrano sia nell’ambito di applicazione della Direttiva BEFIT che in quello della Direttiva GMT, in quanto essi saranno tenuti a presentare una dichiarazione ai fini BEFIT e una distinta dichiarazione ai fini GMT, che si aggiungono alle dichiarazioni presentate dalle singole entità in ciascuno degli Stati membri in cui il Gruppo opera.
Potrebbe, poi, capitare che il BEFIT Team non raggiunga agevolmente il consenso su una dichiarazione o che possano sorgere delle contestazioni in relazione alla determinazione della base imponibile o alla sua allocazione. Al riguardo, la Direttiva BEFIT prevede che le singole entità del Gruppo possano accedere ai rimedi di natura amministrativa o giudiziaria dinanzi alle competenti autorità dello Stato membro in cui risiedono. Risponderebbe ad esigenze di maggiore certezza ed effettività del diritto di difesa la previsione di rimedi anche a livello sovranazionale, quali il ricorso alle procedure amichevoli di prevenzione delle controversie (previsto tra l’altro dalla Direttiva GMT) e la possibilità di adire anche gli organi giurisdizionali europei (Tribunale UE e CGUE).
8. La Direttiva BEFIT coglie problematiche vere e si confronta adeguatamente con le stesse.
L’adozione della Direttiva GMT comporta un impegno che merita di essere premiato sotto il profilo dei gravosi oneri organizzativi e di compliance che ne derivano.
Il coordinamento fra le due discipline appare da un lato necessario; dall’altro un po’ troppo carente.
E ciò vale innanzitutto sul tema dei soggetti coinvolti (partecipazione del 75% in un caso; del 50,1% nell’altro). Ma poi anche per l’eccesso di libertà lasciato ai singoli Stati membri, dopo il processo di riallocazione, nella ulteriore determinazione del reddito imponibile nazionale.
3 Al riguardo un esempio utile a comprendere le ragioni che conducono a ipotesi di over taxation è quello fornito da Assonime nella risposta n. 1/2024 alla consultazione pubblica indetta dalla Commissione UE sulla Direttiva BEFIT: «Per esemplificare il tema, assumiamo che un gruppo multinazionali con ricavi consolidati non inferiori a 750 milioni di euro sia presente nel territorio dell’Unione con tre entità: la società A (residente in Italia) che controlla al 51 per cento la società B (parimenti residente in Italia) e all’80 per cento la società C (residente in Francia). In questo contesto si ipotizzano, per un determinato periodo d’imposta, due ipotesi e cioè che 1) la società A abbia una perdita per -100; la società B un reddito per 100 e la società C un reddito per 50; oppure che 2) la società A abbia un reddito per 100; la società B una perdita per -100; e la società C un reddito per 50. In entrambe queste due ipotesi, il gruppo – secondo le disposizioni attualmente vigenti – realizza a livello di Unione un reddito di 50 che viene assoggettato a tassazione in Francia presso la società C; e ciò tenuto conto che in Italia la partecipazione al consolidato nazionale consente la compensazione della perdita della madre con il reddito della figlia (ipotesi 1) o della perdita della figlia con il reddito della madre (ipotesi 2). Orbene, l’applicazione della BEFIT secondo le regole proposte comporta la frantumazione del gruppo in due parti; da una parte il BEFIT group composto dalla società madre italiana (A) e dalla figlia francese (C) e, dall’altra, la società italiana B che non integra i requisiti di ingresso, rimanendo isolata. Conseguentemente, nell’ipotesi 1), la perdita (100) della controllante A compenserà il reddito (50) della controllata C creando una perdita BEFIT di -50 da riportare in avanti; mentre in Italia la società B verrebbe tassata sul proprio imponibile di 100; nell’ipotesi 2) l’over taxation risulta ancora più rilevante, in quanto si viene a creare una BEFIT tax base di 150 (che verrà tassata in parte in Francia e in parte in Italia) mentre la perdita (100) della società B sarà riportata in avanti».
(*) Testo dell’audizione informale dell’Autore dinanzi la XIV Commissione Politiche dell’Unione Europea della Camera dei deputati (1° febbraio 2024).
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