RECENTISSIME DALLA CASSAZIONE TRIBUTARIA – Cass., 18 gennaio 2024, n. 1960 -Enunciazione finanziamento soci e verbale notarile di operazione sul capitale, un passo avanti (e uno indietro)
Di GUIDO SALANITRO
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Enunciazione finanziamento soci e verbale notarile di operazione sul capitale, un passo avanti (e uno indietro) (*)
La massima della Suprema Corte
In tema di imposta di registro, la delibera assembleare di aumento del capitale sociale, realizzato mediante l’imputazione di un finanziamento del socio, concluso in forma orale con la società, non è assoggettabile all’imposta, anche laddove sia ravvisabile l’enunciazione del precedente finanziamento non registrato, poiché l’imputazione determina la cessazione degli effetti propri del finanziamento, in ragione del predetto utilizzo, integrandosi la causa di non imponibilità di cui all’art. 22, comma 2, D.P.R. n. 131/1986, quando il finanziamento è integralmente estinto all’esito del conferimento.
Il (tentativo di) dialogo
Capita talvolta che il dialogo non è solo tra la dottrina e la giurisprudenza, ma anche nell’ambito della stessa giurisprudenza, con decisioni che a poco a poco chiariscono e definiscono i punti di una questione controversa. E la sentenza in commento ne è un pregevole esempio. La fattispecie è sempre quella del verbale di assemblea straordinaria di una (in questo caso) s.r.l. avente ad oggetto un’operazione sul capitale sociale, anche mediante rinuncia da parte dei soci al proprio credito, già contabilmente appostato quale finanziamento alla società. Con conseguente recupero da parte dell’Agenzia delle Entrate nei confronti del notaio dell’imposta di registro in relazione al finanziamento soci enunciato.
Le Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 24 maggio 2023, n. 14432) hanno chiarito che qualora in un atto notarile vengano enunciate disposizioni di altri atti, scritti o verbali, posti in essere dalle stesse parti, ma non già registrati, l’imposta di registro dovuta per questi deve qualificarsi come imposta principale e, in rettifica dell’autoliquidazione, l’amministrazione può legittimamente richiederla emettendo un avviso di liquidazione, e il notaio che ha rogato o autenticato l’atto enunciante è responsabile per il pagamento dell’imposta in solido con le parti dell’atto stesso. Le stesse Sezioni Unite (esaminando la rilevanza del comma 2 dell’art. 22, per il quale l’enunciazione di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso non dà luogo all’applicazione dell’imposta quando gli effetti delle disposizioni enunciate cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione) precisano che non possano considerarsi cessati gli effetti degli atti enunciati in quanto proprio nell’assemblea stessa si sono realizzati gli effetti della rinuncia (parziale) al correlativo credito restitutorio del socio che ha effettuato il finanziamento. Lasciando il dubbio sulla rilevanza fiscale della rinuncia che invece esaurisca il finanziamento.
Il dubbio viene risolto in modo esplicito dalla Cassazione in esame la quale, ponendo in evidenza come le Sezioni Unite contemplassero una rinuncia parziale, ricorda che la disposizione (dell’art. 22 comma 2) esclude l’imposta «quando gli effetti delle disposizioni enunciate sono già cessati o cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione». Per la Cassazione «deve rilevarsi che, nel caso in esame, la convenzione enunciata (il finanziamento) ha cessato i suoi effetti a seguito della definitiva imputazione a capitale della somma già versata dal socio alla società, che ha mutato la causa della datio e che ha determinato l’estinzione (per rinuncia, ma prima ancora per compensazione) dell’obbligo restitutorio della società nei confronti del socio, se non anteriormente, quantomeno contestualmente o in esecuzione dell’atto enunciante. In proposito occorre evidenziare che la consegna della somma di danaro non integra un effetto dell’originario contratto concluso tra la società ed il socio, ma piuttosto un elemento che attiene alla sua conclusione: difatti, il finanziamento va ricondotto al mutuo, che è, ai sensi dell’art. 1813 cod.civ., un contratto reale e si perfeziona proprio tramite la consegna della somma di danaro. Gli effetti del contratto, che vanno identificati fondamentalmente nell’obbligo di restituire la somma di danaro e, se il finanziamento è a titolo oneroso, in quello di corrispondere gli interessi, certamente vengono meno con l’imputazione della somma a capitale, divenendo il danaro un conferimento societario. La cessazione degli effetti del finanziamento è riconducibile all’atto enunciante, proprio come richiede l’art. 22 in esame, visto che la rinuncia del socio alla restituzione della somma ed all’eventuale corrispettivo pattuito deriva dal mutamento di causa della datio e, cioè, dall’operazione societaria posta in essere […] Pertanto, cessando il finanziamento i propri effetti in ragione del predetto utilizzo, deve ritenersi integrata la causa di non imponibilità individuata dal comma 2 dell’art. 22 del d.P.R. n. 131 del 1986».
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La ricostruzione prospettata dalla Cassazione appare condivisibile, ma impone alcune puntualizzazioni. Il punto critico è sempre quello dell’identità tra le parti del contratto di finanziamento e quelle del verbale notarile (requisito dell’applicazione della disciplina dell’enunciazione), questione qui nemmeno trattata (e sotto questo profilo la decisione rappresenta un passo indietro, dando per scontata una univoca lettura e la conseguente responsabilità del notaio). Sul punto sono state già sviluppate innumerevoli critiche, in quanto il verbale è firmato solo dal Presidente e dal notaio (che verosimilmente confida sull’assenza del requisito delle stesse parti); ed anche l’autorevole dottrina che recentemente in questa Rivista sembra ritenere ammissibile che soci e società possano dirsi parti del verbale di assemblea, ha posto il problema della responsabilità dei soci che partecipano all’assemblea, o addirittura sono assenti, ma non hanno fatto nessun finanziamento, e quindi nessuna rinuncia o compensazione (ma in quanto “parti” solidalmente ne risponderebbero). Ma probabilmente, e per il momento, provare a convincere la giurisprudenza della erroneità della tesi è una battaglia persa in partenza (cfr. da ultimo Cass. civ., sez. V, 9 novembre 2023, n. 31174).
Il passo avanti, costituito dall’irrilevanza del finanziamento interamente consumato con il verbale di aumento, suscita peraltro alcuni interrogativi.
Il verbale notarile normalmente non precisa se il finanziamento si è esaurito totalmente e se è stato contratto in modo verbale, con scrittura privata o con scambio di corrispondenza (in queste ultime due ipotesi ponendosi al di fuori del campo di applicazione dell’art. 22, comma 2). Poiché, come sottolineato anche di recente dalla dottrina prima citata, per la tassazione dell’atto enunciato non si devono reperire dati aliunde (art. 20 D.P.R. n. 131/1986), resta il dubbio se la regola espressa dalla decisione in commento si applica solo in presenza di esplicita enunciazione di finanziamento concluso con contratto verbale e totalmente consumato, oppure anche in assenza di ogni specificazione sul punto.
Verosimilmente la regola posta dall’art. 22, comma 2, è un’eccezione e quindi, nell’ottica giurisprudenziale, se non si precisa che il contratto è stipulato in modo verbale e il finanziamento integralmente esaurito, si incorrerà nell’imposta. Con la complicazione, di non poco conto, che il notaio non è in grado di verificare quanto dichiarato dal Presidente dell’assemblea, in quanto il bilancio normalmente presenta voci generiche e omnicomprensive e i contratti di finanziamento non vengono prodotti. La stessa Agenzia avrebbe non poche difficoltà, anche recandosi in sede per una verifica (sempre che sia possibile in base all’art. 53-bis D.P.R. n. 131/1986).
E resta, infine, il dubbio di quanto sia ragionevole tassare il finanziamento solo parzialmente utilizzato e non quello integralmente consumato; e tassare quello concluso per iscritto o per corrispondenza, e non quello verbale. Ma forse sono dubbi che coinvolgono il testo stesso dell’art. 22, e vanno oltre la fattispecie in esame.
(*) La rubrica – come l’intera Rivista – è aperta a tutti coloro che intendono contribuire al progresso del diritto tributario, in generale, e al miglioramento della sua applicazione, in particolare, nella specie con interventi di commento della giurisprudenza di legittimità dialogici e costruttivi, scevri di polemiche e posizioni partigiane.
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