Prime riflessioni sui transitional safe harbours Pillar 2 alla luce delle Linee Guida OCSE e del D. Lgs. 27 dicembre 2023, n. 209

Di Stefano Schiavello, Raimondo Rossi, Filippo Manfredi -

Abstract

L’entrata in vigore delle regole GloBE a partire dal 1° gennaio 2024 avrà un impatto sostanziale sui gruppi d’imprese, sia multinazionali che domestici, mitigato – fino al 2026 – dai transitional safe harbour introdotti dall’OCSE con lo scopo di escludere determinate giurisdizioni in cui un gruppo opera dal campo applicativo delle regole GloBE. L’articolo intende fornire una panoramica dei transitional safe harbour, evidenziando specifici punti tecnici che dovrebbero essere adeguatamente considerati, in particolare alla luce del D.Lgs. n. 209/2023 che ha implementato in Italia la Direttiva 2523/2022.

Initial considerations on transitional safe harbours Pillar 2 in the light of the OECD Guidelines and Italian Legislative Decree 209 of 27 December 2023. – The entry into force of GloBE rules from 1 January 2024 will have a substantial impact of multinational and domestic large-scale group, mitigated – up to 2026 – by the transitional safe harbour rules provided by the OECD as a short-term measure aimed at excluding the operations in certain lower-risk jurisdictions from the scope of GloBE. The article intends to provide an overview of the transitional safe harbour rules, highlighting certain technical points that should be carefully considered in the actual applications of the rules, in particular in light of the  Legislative Decree n. 209/2023 implementing in Italy the EU Directive 2523/2022.

 

 

Sommario: 1. Finalità dei transitional safe harbour. – 2. I test dei transitional safe harbour. – 3. L’utilizzo dei dati del CbCR. – 4. L’Imposta integrativa domestica qualificata (“QDMTT”). – 5. Considerazioni conclusive.

1. Con l’entrata in vigore il 1° gennaio 2024 delle articolate regole GloBE-Pillar 2 previste dalla Direttiva UE 14 dicembre 2022, n. 2523 così come recepita in Italia tramite il D.Lgs. 27 dicembre 2023, n. 209 recante attuazione della riforma in materia di fiscalità internazionale (di seguito anche il “Decreto Legislativo”), i gruppi di rilevanti dimensioni con capogruppo in Italia stanno valutando l’applicazione dei safe harbours applicabili nel primo triennio, ovvero fino al 2026 (c.d. “transitional safe harbours”).

Tali transitional safe harbours, previste dal documento OCSE del dicembre 2022 (cfr. Inclusive Framework on BEPS, “Safe Harbours and Penalty Relief: Global Anti-Base Erosion Rules [Pillar Two]”, 20 dicembre 2022, successivamente integrato con l’Administrative Guidance pubblicata il 18 dicembre 2023), sono volte a semplificare l’applicazione delle nuove regole impositive GloBE nel periodo iniziale («The Transitional CbCR Safe Harbour described in Chapter 1 is designed as a short-term measure that would effectively exclude an MNE’s operations in certain lower-risk jurisdictions from the scope of GloBE in the initial years, thereby providing relief to MNEs in respect of their GloBE compliance obligations as they implement the rules»), escludendo dal calcolo puntuale del livello di imposizione effettiva (“effective tax rate” o “ETR”) le entità del gruppo per le quali risulti remoto il rischio di avere un basso livello di imposizione (i.e., inferiore alla soglia minima del 15%) e sono basate su dati che dovrebbero essere facilmente reperibili dagli operatori, in quanto in gran parte derivanti dal Country-by-Country Report (c.d. CbCR, regolato in Italia dall’art. 1 commi 145 – 146, L. n. 208/2015 e dal D.M. 23 febbraio 2017).

Ancorché la Direttiva EU (Direttiva UE 2022/2523 del Consiglio del 14 dicembre 2022) la bozza del Decreto Legislativo non contengano un esplicito riferimento al documento OCSE del 20 dicembre 2022, entrambi i testi fanno riferimenti ai “safe harbours” o “porti sicuri” (“Regimi semplificati” nella definizione dell’art. 39 del Decreto Legislativo), le cui condizioni sono definite da un “Accordo internazionale” e pertanto è ragionevole fare riferimento al citato documento OCSE sui transitional safe harbours quale fonte rilevante, come riconosciuto dalla stessa Direttiva UE e dal Decreto domestico di implementazione.

In linea con il principio generale secondo cui le regole GloBE si applicano “aggregando” tutte le entità del gruppo localizzate in un medesimo Stato (c.d. jurisdictional blending), i transitional safe harbours vanno applicati sui dati complessivi del gruppo rilevati per ciascun singolo Stato in cui tale gruppo opera (modalità di esposizione dei dati prevista anche dal Country-by-Country Report). L’utilizzo dei dati aggregati riflette l’approccio “top-down” programmaticamente alla base delle regole Pillar 2, che vede come punto focale per le attività di calcolo del livello di imposizione effettiva l’entità capogruppo di più alto livello (c.d. Ultimate Parent Entity).

Le regole Pillar 2 “a regime” prevedono principalmente tre eccezioni al “jurisdictional blending” di cui all’art. 5.1 delle Model Rules OCSE, i.e. per le “investment entities”, per le “minority-owned constituent entities” e per le “stateless entities”. Ai fini dei transitional safe harbours, in ragione del perimetro di applicazione del CbCR, le “minority-owned constituent entities”, che sono ex se incluse tra le entità che alimentano i dati del CbCR, sono aggregate alle entità controllate dalla Ultimate Parent Entity in misura superiore al 30%. Le entità che si qualificano come “Joint Ventures” ai fini Pillar 2 sono soggette ai transitional safe harbours ma, non essendo incluse nel perimetro del CbCR necessitano di un calcolo autonomo, da effettuare sulla base delle stesse meccaniche previste per le entità consolidate. In linea con le regole Pillar 2 “a regime”, sono escluse dai transitional safe harbours le “stateless entities”, i gruppi aventi più di una Ultimate Parent Entity e il cui CbCR non include le informazioni dei gruppi combinati, le giurisdizioni in cui sono localizzate entità soggette ad un “eligible distribution tax system” ai fini Pillar 2. Inoltre, le regole safe harbour sono basate su un approccio “once out, always out” ai sensi del quale se una determinata giurisdizione in cui il gruppo opera non rispetta alcuno dei tre test in uno dei tre anni, le entità localizzate in tale giurisdizione non possono più beneficiare dei safe harbours negli anni successivi e, pertanto, per tale giurisdizione il gruppo sarà tenuto ad applicare integralmente le regole GloBE per tale anno, che, in quanto periodo d’ingresso nelle regole GloBE, si qualifica come “anno transitorio” (o “Transition Year”), per il quale sono previste articolare regole “di raccordo” vòlte a rendere omogenei i dati contabili delle entità interessate (ad esempio in caso di mancata contabilizzazione della fiscalità anticipata su perdite fiscali disponibili in tale giurisdizione) e a prevenire abusi (ad esempio nel caso di trasferimenti infragruppo di asset successivi alla data del 21 novembre 2021).

2. I transitional safe harbours prevedono che nessuna imposta integrativa sia dovuta da un gruppo in un determinato Stato ove uno dei seguenti test sia superato:

  • de minimis test: i ricavi aggregati in tale Stato sono inferiori a 10 milioni di euro e l’utile ante imposte aggregato è inferiore a 1 milione di euro (o una perdita). Tali dati vanno desunti dal CbCR (Tabella 1 dell’Allegato al D.M. 23 febbraio 2017), considerando quindi per il primo parametro tutti i ricavi, inclusi quelli relativi alle transazioni tra le varie entità del gruppo presenti nel medesimo Stato e, per il secondo, il dato relativo all’utile/perdita ante imposte;
  • simplified effective tax rate test: il livello di imposizione effettiva è almeno pari al 15% (per il 2024), al 16% (per il 2025) e al 17% (per il 2026) e va determinato sulla base del rapporto tra i valori aggregati dell’utile/perdita ante imposte (denominatore) e delle imposte sul reddito (numeratore). Al riguardo, se per il denominatore il dato rilevante è desunto (come per il de minimis test) dal CbCR, il numeratore deve essere determinato aggregando il valore delle imposte sul reddito come riportate nel conto economico delle entità del gruppo localizzate nello Stato oggetto di analisi. Tale “variazione” rispetto ai dati del CbCR (in cui è riportato il valore delle imposte sul reddito pagate e di quelle maturate) viene giustificata dall’OCSE con la necessità di considerare ai fini del test anche le imposte differite attive e passive (non comprese nei dati riportati nel CbCR) escludendo le imposte relative alle c.d. “uncertain tax positions, ovvero gli importi, contabilizzati tra le “imposte” nel conto economico per le quali vi è incertezza sul trattamento fiscale dell’operazione da cui queste derivano (g., ai sensi dell’IFRIC 23 – “Uncertainty over Income Tax Treatments”);
  • routine profit test: il valore aggregato dell’“esclusione del reddito in base alla sostanza” “Substance-based income exclusion” o “SBIE”, di cui all’art. 28 della Direttiva 2523/2022 e art. 5.3 delle Model Rules OCSE (per un’analisi sistematica delle previsioni SBIE, si veda, Devereux M.P. – Simmler M. – Vella J. – Wardell‐Burrus H., What is the SubstanceBased CarveOut under Pillar 2? And How Will It Affect Tax Competition?, in EconPol Policy Brief 39, November 2021) è superiore all’ammontare aggregato dell’utile/perdita ante imposte (desunto, come per i precedenti test, dal CbCR). Come espressamente indicato dal documento OCSE, nel caso in cui il gruppo risulti avere una perdita ante imposte, il test sarà considerato come positivamente riscontrato, senza necessità di determinare il valore dello SBIE. Al riguardo, il valore dello SBIE (che riflette il “radicamento” fisico del gruppo in un determinato Stato) deve essere determinato sulla base delle regole Pillar 2 “a regime”, ossia in considerazione di una determinata percentuale del valore complessivo dei costi del personale e del valore dei beni materiali (immobili, impianti e macchinari e risorse naturali, anche detenuti in forza di licenze o altri diritti, salvo quelli detenuti per la vendita, locazione o investimento) delle entità del gruppo localizzate nello Stato oggetto di analisi. La scelta di utilizzare le regole GloBE per la determinazione dello SBIE potrebbe apparire non perfettamente calibrato rispetto al dichiarato obiettivo di semplificazione dei transitional safe harbour, richiedendo l’applicazione delle regole GloBE “a regime”, di fatto anticipando al 2024 (quantomeno in parte) le complessità pratiche di definire tutti i punti richiesti dall’articolato set di regole, peraltro oggetto di continuo aggiornamento, come risultante dalle Administrative Guidance pubblicate dall’OCSE a luglio 2023 e focalizzate su alcuni aspetti tecnici di conteggio dello SBIE (g., in merito alla localizzazione del personale e dei beni materiali che compongono lo SBIE, si vedano al riguardo anche i “riflessi” dichiarativi dei transitional safe harbour, come previsto dal capitolo 2 del “GloBE Information Return (Pillar Two)” (c.d. GIR) pubblicato dall’OCSE il 13 luglio 2023).

Come previsto dall’art. 55 del Decreto Legislativo (in linea con l’art. 9.2 delle Model Rules OCSE), le percentuali rilevanti di tali valori sono stabilite nella misura del 9,8% per i costi del personale e del 7,8% per i beni materiali per l’esercizio fiscale 2024 (ridotte dello 0,2% all’anno nel 2025 e nel 2026).

Dal punto di vista pratico, le regole OCSE sui transitional safe harbour, volutamente “ampie” per ricomprendere le variegate fattispecie che possono verificarsi nella compilazione dei CbCR e nell’estrazione del valore delle imposte sul reddito dai bilanci delle entità dei gruppi coinvolti, suscitano tuttavia alcune complessità che possono, nei fatti, frustrarne l’obiettivo di semplificazione.

Ad esempio, la definizione di Simplified Covered Taxes ai fini del calcolo del Simplified ETR Test, fa riferimento alle imposte sul reddito così come contabilizzate nei “Qualified Financial Statements” delle entità del gruppo («Simplified Covered Taxes is a jurisdiction’s income tax expense as reported on the MNE Group’s Qualified Financial Statements, after eliminating any taxes that are not Covered Taxes and uncertain tax positions reported in the MNE Group’s Qualified Financial Statements»), senza la necessità di apportare i numerosi aggiustamenti previsti per il calcolo delle Adjusted Covered Taxes ai fini GloBE (salvo che per le uncertain tax positions), inclusa la riallocazione delle imposte tra casa madre e stabile organizzazione prevista dall’art. 3.4 delle Model Rules OCSE.

Nonostante la scelta dell’OCSE di considerare le imposte senza aggiustamenti sia evidentemente semplificativa, il calcolo delle Simplified Covered Taxes non è esente da complicazioni, come, ad esempio, per la necessità di verificare che le imposte siano relative a ricavi inclusi nel CbCR (e nella stessa giurisdizione). Nella pratica operativa si è rilevato infatti che, nel CbCR, molti gruppi espongono le imposte della stabile organizzazione nel quadro relativo alla giurisdizione della casa-madre (in particolare ove questa non goda di un regime di branch exemption), creando una evidente disomogeneità rispetto ai dati rilevanti ai fini dei transitional safe harbour e quindi la necessità di rettificare le risultanze del CbCR.

Circa il dato dell’utile/perdita ante imposte, i test dei transitional safe harbours considerano il dato desunto dal CbCR, da rettificare soltanto in relazione alle Net Unrealized Fair Value Losses, ovvero le componenti negative che hanno concorso alla formazione dell’utile/perdita ante imposte derivanti da cambiamenti nel fair value di titoli partecipativi (Ownership Interest), in linea con l’art. 3.2.1(c) delle Model Rules OCSE, ove superiori a 50 milioni di euro in una determinata giurisdizione. Su tale tema, le Linee Guida OCSE non specificano se, nel caso in cui tale soglia venga integrata, sia necessario sterilizzare integralmente l’importo delle Net Unrealized Fair Value Losses ovvero soltanto l’ammontare eccedente la soglia, ancorché ragioni sistematiche portino a preferire tale seconda lettura.

3. L’ampio ricorso ai dati del CbCR comporta la necessità che questo sia “qualificato” ai fini Pillar 2, ovvero che i dati inclusi nello stesso siano desunti da bilanci “qualificati” (qualified financial statements) delle entità del gruppo: sono considerati tali:

(i) i bilanci redatti sulla base dei principi contabili utilizzati nell’elaborazione del bilancio consolidato della capogruppo oppure

(ii) i bilanci “stand alone” delle entità del gruppo predisposti ai sensi di un “acceptable financial accounting standard” (ovvero gli IFRS o i principi contabili adottati negli Stati UE e in vari altri Stati, tra cui ad esempio gli USA, Svizzera, Cina, India) o di un “authorised financial accounting standard” (ovvero i principi contabili generalmente accettati approvati da un organismo contabile autorizzato e riconosciuto nella giurisdizione in cui è localizzata una determinata entità del gruppo).

Inoltre, nel caso di entità controllate che non sono incluse nel bilancio consolidato della capogruppo soltanto in ragione della loro ridotta dimensione o in considerazione delle soglie di materialità, i bilanci “qualificati” sono identificati con i dati utilizzati nella preparazione del CbCR.

Anche in questo caso, il razionale di fondo nella individuazione delle fonti “qualificate” dei dati appare quello di garantire uniformità nei criteri di misurazione delle imposte e del reddito tra i vari Stati in cui il gruppo opera, limitando i costi di compliance in capo al gruppo tramite il ricorso, ove possibile, ai dati utilizzati nel processo di preparazione del bilancio consolidato della capogruppo, idealmente già disponibili in capo a quest’ultima (sull’utilizzo dei dati del CbCR ai fini del risk assessment sul Pilar 2, si veda Martinez Tapia J.M. – Jalan N., An Approach to BEPS Risk Assessment: Applying Data Analytics Techniques to Country-by-Country Reporting Data, in International Transfer Pricing Journal, 2022, 2).

Per i gruppi con capogruppo italiana sarà quindi necessario valutare la “qualificazione” del proprio CbCR al cospetto delle regole sui transitional safe harbours. Al riguardo, come previsto dall’art. 4 del Provvedimento 28 novembre 2017, n. 275956 (contenente le disposizioni di attuazione del D.M. 23 febbraio 2017, in linea con quanto previsto dall’Action 13 del BEPS), i dati utilizzati per alimentare il CbCR possono essere desunti (i) dal processo di preparazione del bilancio consolidato, (ii) dai singoli bilanci di esercizio delle entità appartenenti al gruppo, (iii) dalla contabilità interna o (iv) dalla contabilità tenuta per fini di vigilanza regolamentare.

La necessità di integrare, ai fini dei transitional safe harbours, quanto risultante dal CbCR con ulteriori dati desunti dai sistemi contabili del gruppo potrebbe creare potenziali asimmetrie nel confronto con il processo di raccolta dei dati necessari per impostare il calcolo Pillar 2 “a regime”: ad esempio, ove una società non abbia contabilizzato nel proprio conto economico le imposte anticipate su perdite fiscali riportate in avanti, queste non troveranno rilevanza ai fini dei transitional safe harbours (per il Simplified ETR test) mentre nel calcolo Pillar 2 “a regime” (Hanlon M. – Nessa M., The Use of Financial Accounting Information in the OECD BEPS 2.0 Project: A Discussion of the Rules and Concerns, in National Tax Journal, 2023, 1 e sul tema delle perdite fiscali, si veda Basi A. – Kola R., DTA relative a perdite fiscali e Pillar II, una convivenza difficile?, in NT+ Diritto, 12 giugno 2023) le stesse potranno essere prese in considerazione (peraltro considerando la movimentazione netta a stato patrimoniale e non il dato da conto economico, come previsto dall’art. 4.4.1 delle Model Rules OCSE e, per il periodo di prima applicazione delle regole Pillar 2, dall’art. 9.1 delle Model Rules OCSE). Tale asimmetria potrebbe quindi portare, durante il periodo transitorio, a rivedere determinate politiche di bilancio dei gruppi per valutarne gli effetti ai fini dei transitional safe harbours.

4. Un ulteriore safe harbour (applicabile a regime, anche oltre il periodo transitorio) è stato declinato dalla Administrative guidance pubblicata dall’OCSE in data 17 luglio 2023: si tratta della Qualified Domestic Top-up tax (“QDMTT”), ovvero dell’imposta integrativa “domestica” che, in caso di livello di imposizione effettivo inferiore al 15% in un certo Stato, deve essere quivi calcolata e versata.

L’effetto della QDMTT (la cui introduzione da parte degli Stati è facoltativa, ma che è ragionevole attendersi avrà ampia adozione) è quello di garantire che l’imposta integrativa resti allocata allo Stato in cui si è verificato il fenomeno di bassa imposizione effettiva anziché a quello della Parent Entity, come invece avverrebbe per effetto della income inclusion rule “IIR“ (Noked M., Designing Domestic Minimum Taxes in Response to the Global Minimum Tax, in Intertax, 2022, 10; Arnold B.J., The Ordering of Residence and Source Country Taxes and the OECD Pillar Two Global Minimum Tax, in Bulletin for International Taxation, 2022, 5).

Al riguardo, la Direttiva UE (art. 11) prevede che se la QDMTT viene calcolata sulla base dei principi contabili della Ultimate Parent Entity o dei principi internazionali (IFRS), questa dovrebbe qualificarsi come “QDMTT Safe Harbour”, tale cioè da escludere in radice l’applicazione del meccanismo di IIR. Ove, invece, la QDMTT sia calcolata sulla base di diversi principi contabili (e.g. i principi contabili domestici applicati nello Stato ove sono localizzate le entità del gruppo), il calcolo dell’imposta integrativa nello Stato della Parent Entity dovrà essere comunque effettuato, ma l’imposta quivi dovuta ai sensi dell’IIR dovrà essere ridotta (fino ad azzerarla) dalla QDMTT. Tale impostazione è stata mutuata anche dalla bozza del Decreto Legislativo, che, introducendo l’“Imposta minima nazionale” (definizione domestica della QDMTT), all’art. 18 declina tale regola per le entità del gruppo localizzate in Italia soggette a tale imposta.

Tale ultimo safe harbour, diversamente dai test applicabili nel periodo transitorio, non rappresenta dal punto di vista sostanziale una semplificazione nelle attività richieste al gruppo ma di fatto comporta soltanto uno “spostamento” del calcolo puntuale dell’ETR e del versamento dell’eventuale imposta integrativa: anziché in capo alla Parent Entity, il calcolo dell’ETR e il versamento dell’eventuale imposta integrativa andrà fatto (esclusivamente, se QDMTT Safe Harbour) nello Stato delle subsidiary, richiedendo quindi l’applicazione dell’intero set di regole Pillar 2 (peraltro tenendo in considerazione le eventuali variazioni opzionali rispetto alle regole OCSE base). In tale prospettiva, si “ribalta” l’approccio top-down originariamente previsto dalle regole Pillar 2, a favore di un approccio in cui alle entità del gruppo localizzate in Stati diversi da quello della Ultimate Parent Entity sarà richiesto un maggiore coinvolgimento, ad esempio per tenere conto di specifiche regole locali che possono avere impatto sul calcolo dell’ETR e quindi sull’imposta integrativa eventualmente dovuta. In attesa della normativa italiana di recepimento della Direttiva UE, l’introduzione della QDMTT in Italia potrebbe quindi comportare rilevanti attività e responsabilità dirette anche in capo alle subsidiary italiane di gruppi esteri.

Circa il rapporto tra la QDMTT e i transitional safe harbours, ancorché non esplicitamente riportato nelle Linee Guida OCSE, è ragionevole attendersi che, se per un determinato Stato il gruppo integra le condizioni di uno dei tre transitional safe harbours, l’esclusione dall’applicazione dell’intero set di regole Pillar 2 trovi applicazione anche ai fini della QDMTT (ancorché questa, dal punto di vista nominale, sia di fatto un’imposta domestica autonoma rispetto all’imposta integrativa prevista dalle regole Pillar 2). Al riguardo, è auspicabile che le disposizioni domestiche di attuazione della QDMTT possano confermare tale punto.

5. Come accennato supra, dubbi interpretativi si rinvengono anche per il c.d. transition year e in particolare per l’adozione delle norme speciali transitorie.

Alcune complessità operative sono state ad esempio riscontrate in merito al riconoscimento della fiscalità anticipata su perdite fiscali disponibili nella giurisdizione che si trova nel transition year: l’art. 9.1.1. delle OECD Model Rules prevede che il riconoscimento della fiscalità differita debba avvenire nel periodo transitorio a condizione che questa sia “reflected or disclosed” nel bilancio della società.. Tale inciso appare disallineato rispetto a quanto previsto dalle regole GloBE a regime (rectius, non relative al transition year), le quali riconoscono la validità (ai fini del calcolo delle Adjusted Covered Taxes, ovvero del numeratore nel calcolo dell’Effective Tax Rate) delle imposte anticipate calcolate sulle perdite fiscali disponibili anche ove queste non siano state iscritte in bilancio ovvero descritte nella relativa nota integrativa (art. 4.4.1.(c) delle GloBE Rules).

Per i gruppi interessati dal nuovo set di regole GloBE (o che prevedono di diventare soggetti in futuro a tali regole per effetto del superamento della soglia di ricavi rilevante) appare quindi opportuno considerare – in ottica prospettica – gli effetti che determinate operazioni (ovvero la contabilizzazione di queste) potranno avere ai fini del calcolo dei transitional safe harbour e nel transition year a partire dal quale saranno applicabili le regole GloBE “a regime”.

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