Profili funzionali delle sanzioni tributarie nell’impianto normativo delle dichiarazioni precompilate

Di Stefania Gianoncelli -

Abstract  (*)

Il presente contributo mira ad analizzare le previsioni normative che hanno istituito e disciplinano le dichiarazioni cosiddette “precompilate”, la cui origine può essere collocata nei primi anni Novanta, allorché è stato riformato e rafforzato l’istituto del concordato, o accertamento con adesione. A fronte dei ruoli tradizionalmente assegnati, ai fini dell’attuazione del tributo, rispettivamente, all’amministrazione finanziaria e al contribuente, tale contesto si caratterizza per la tendenza a favorirne un avvicinamento e per certi aspetti, quasi una parziale sovrapposizione o, più precisamente, una sorta di compenetrazione. Pertanto, la presente analisi, all’esito di un inquadramento sistematico delle dichiarazioni precompilate, analizza gli elementi essenziali della attuale disciplina e dell’utilizzo della sanzione come strumento per assicurare la tax compliance.

Functional profiles of tax penalties in the legislative framework of pre-filled tax declarations. – The present paper aims at analysing the legal provisions establishing and regulating the so-called ‘pre-filled’ tax declarations, the origins of which can be traced back to the early 1990s, when the institution of the “concordato” or “accertamento con adesione” was reformed. Given the roles traditionally assigned to the tax authorities and the taxpayer, respectively, for tax enforcement purposes, this framework is characterised by a tendency to favour their convergence and, in certain aspects, almost a partial overlap or a sort of interpenetration. Therefore, the present study, following a systematic framing of pre-filled tax returns, analyses the essential elements of the current regulation and of the use of sanctions as a tool to ensure tax compliance.

 

Sommario: 1. Inquadramento sistematico delle dichiarazioni precompilate: brevi cenni introduttivi. – 2. Le dichiarazioni reddituali precompilate: elementi essenziali della disciplina. – 3. Dichiarazioni precompilate e utilizzo della sanzione come strumento per assicurare la tax compliance. – 4. Sanzionabilità del contribuente che si avvalga della dichiarazione precompilata, elemento soggettivo dell’illecito tributario e responsabilizzazione di – ulteriori – soggetti terzi.

 

1. Le previsioni normative che hanno istituito e disciplinano le dichiarazioni cosiddette “precompilate” si inseriscono in un contesto più ampio, confermando una tendenza ordinamentale che è andata delineandosi, in maniera netta, a partire dal 2014; ma la cui origine, a ben vedere, può essere collocata nei primi anni Novanta, allorché è stato riformato e rafforzato l’istituto del concordato, o accertamento con adesione (v. sul punto Marello E., L’accertamento con adesione, Torino, 2000, 3 ss.). A fronte dei ruoli tradizionalmente assegnati, ai fini dell’attuazione del tributo, rispettivamente, all’Amministrazione finanziaria e al contribuente, tale contesto si caratterizza per la tendenza a favorirne un avvicinamento; per certi aspetti, quasi una parziale sovrapposizione o, più precisamente, una sorta di compenetrazione.

Ai soggetti passivi, in effetti, si sono nel tempo riconosciuti spazi sempre più ampi, ed un ruolo sempre più attivo, nel quadro del procedimento di accertamento. Ne è un esempio significativo l’attribuzione del diritto ad avvalersi del ravvedimento operoso anche successivamente all’inizio dei controlli e alla constatazione della violazione, che ha di fatto istituito una possibile quasi-fungibilità tra dichiarazione integrativa ed avviso di accertamento; nonché, successivamente, il riconoscimento su più ampia scala del diritto ad interloquire con l’ente impositore prima dell’emissione del provvedimento impositivo, con la previsione dell’invito obbligatorio 5-ter, e l’esplicita indicazione dell’obbligo di motivare l’eventuale atto di accertamento tenendo conto degli elementi offerti dal soggetto passivo nel corso del contraddittorio preventivo.

Sull’altro versante del rapporto, la tendenza di cui si discorre si è manifestata, ad esempio, con l’istituzione del generale diritto di interpello, e con il suo perfezionamento ed ampliamento, intervenuti in occasione della riforma del 2015, che hanno ulteriormente garantito al contribuente, chiamato ad adottare decisioni rilevanti  – anche – sul piano fiscale, l’accesso ad un canale di interlocuzione con l’Amministrazione, diretta e preventiva rispetto all’adempimento; nonché attraverso la previsione delle cosiddette lettere di compliance (cfr. art. 1, commi 634 e 635, L. 23 dicembre 2014, n. 190 e Provv. Agenzia delle Entrate 6 marzo 2023), per mezzo delle quali il soggetto deputato al controllo è posto in condizioni di intervenire ancor prima della sua attivazione, o, talvolta, del completo perfezionarsi della condotta illecita, al fine di evitare l’una e l’altro (sul tema cfr., più di recente, Fransoni G., Il diritto potestativo di interpello, Pisa, 2020, 43 ss.. Sul rapporto tra interpelli e tax compliance v. Ragucci G., Gli istituti della collaborazione fiscale. Dai comandi e controlli alla Tax Compliance, Torino, 2018, in particolare 15 ss.).

Con la previsione delle dichiarazioni precompilate che qui rilevano, e che si ritiene siano da collocarsi nella medesima prospettiva concettuale, si è in sostanza riconosciuto all’Amministrazione il potere di intervenire già in fase dichiarativa, dunque ben a monte rispetto al momento del controllo. Si è così ulteriormente contribuito a superare la tradizionale, tendenzialmente rigida, scansione: da un lato, predisposizione e presentazione della dichiarazione da parte del contribuente e, dall’altro, successivo intervento dell’ente impositore a fini di controllo, talvolta obbligatorio, talvolta solo eventuale.

2. La dichiarazione reddituale precompilata è stata introdotta nel nostro ordinamento nel 2014, nel quadro della “semplificazione” demandata all’esecutivo ad opera della Legge delega n. 23/2014. L’art. 7 affidava in effetti al legislatore tributario la revisione degli adempimenti imposti ai contribuenti, con particolare riguardo a quelli «superflui o che diano luogo a duplicazioni», ovvero a quelli «di scarsa utilità per l’amministrazione finanziaria ai fini dell’attività di controllo o di accertamento», o comunque non conformi al principio di proporzionalità.

È in tale prospettiva che l’art. 1 D.Lgs. n. 175/2014, già citato, prevede che l’Agenzia delle Entrate, in tempo utile per l’adempimento degli obblighi dichiarativi previsti ai fini IRPEF, renda disponibile in via telematica ai titolari di redditi di lavoro dipendente, e di taluni redditi assimilati, una dichiarazione precompilata; al suo interno sono indicati gli imponibili ascrivibili a tale categoria, prodotti nell’anno solare cui l’adempimento di riferisce, oltre alle ritenute subite sulle somme a tale titolo percepite, e agli oneri deducibili e detraibili spettanti.

I soggetti passivi permangono liberi di accettare integralmente il contenuto della dichiarazione precompilata, inviandola senza modifiche, ovvero di modificarla, integrandola con elementi ritenuti mancanti, o emendando i dati al suo interno indicati; così come permangono liberi di non fruirne neppure in parte. La facoltà di autodeterminazione permane dunque intatta, in capo alle persone fisiche cui è diretta la dichiarazione precompilata: è quindi correttamente tutelata la libertà di tipo negativo, che si ritiene debba comunque essere garantita ai contribuenti, a fronte della digitalizzazione dell’Amministrazione finanziaria, e consistente, a seconda delle circostanze, nel non avvalersi dei dati che essa mette a disposizione, ovvero nel contestarli.

Tanto qualora ritengano di non modificarne neppure in parte il contenuto, quanto nel caso in cui vi apportino integrazioni, o emendamenti di qualsiasi tipo, i soggetti passivi nei cui confronti la dichiarazione precompilata è resa disponibile potranno inoltre scegliere di procedere in autonomia, ovvero di affidarsi allo scopo a soggetti terzi, quali i centri autorizzati di assistenza fiscale e gli intermediari abilitati; questi assumeranno, in tal caso, la responsabilità del contenuto della dichiarazione (art. 6 D.Lgs. n. 175/2014), Si tratta di una prima indicazione normativa di cui tenere conto, e sulla quale si tornerà successivamente.

Quel che ancora rileva in questa sede, è che, al fine di predisporre le dichiarazioni precompilate e renderle telematicamente disponibili ai soggetti richiamati, l’Amministrazione finanziaria utilizza, oltre alle informazioni disponibili in anagrafe tributaria, i dati contenuti nelle certificazioni dei sostituti e quelli trasmessi da parte di soggetti terzi (art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 175/2014).

Questi ultimi si identificano con quanti, in ragione dell’attività che svolgono, dei beni e dei servizi che erogano, così come del proprio status, dispongono di informazioni fiscalmente rilevanti, indispensabili per il corretto completamento della dichiarazione precompilata, segnatamente per quanto attiene alle deduzioni e detrazioni che possono essere indicate al suo interno (art. 3 D.Lgs. n. 175/2014).

I soggetti terzi in questione – tali rispetto al soggetto passivo destinatario della dichiarazione precompilata – sono tenuti alla trasmissione dei dati rilevanti, e ad assicurarne correttezza e tempestività, in maniera tale da consentire all’Amministrazione l’efficace elaborazione delle precompilate, pena l’applicazione di sanzioni per nulla irrisorie.

Ad una “apposita unità di monitoraggio”, interna all’Agenzia delle Entrate, sono demandate la ricezione e la gestione dei dati che provengono da tali flussi informativi, allorché essi siano utili al fine di predisporre la dichiarazione precompilata; alla stessa unità è affidato il compito di verificarne completezza, qualità e tempestiva trasmissione, e ciò anche al fine ultimo di “realizzare progressivamente un sistema di precompilazione di tutti i dati” rilevanti. Inoltre, al fine di verificare la correttezza dei dati trasmessi, la stessa Agenzia è legittimata ad avvalersi dei molteplici e penetranti poteri istruttori previsti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

Le sanzioni previste per il caso di “omessa, tardiva o errata trasmissione” dei dati, poi, si sostanziano nel pagamento di un importo determinato in misura fissa – pari a cento euro – per ciascuna comunicazione viziata o omessa, senza alcuna possibilità di cumulo o continuazione ai sensi dell’art. 12 D.Lgs. n. 472/1997. Nel solo caso di comunicazione errata – e non, dunque, tardiva o del tutto omessa – la sanzionabilità è esclusa qualora i dati corretti siano trasmessi entro i cinque giorni successivi al decorso del termine, ovvero, in caso di segnalazione da parte dell’Agenzia, entro i cinque giorni successivi alla stessa, in ragione della scarsa – per non dire inesistente – offensività della condotta rispetto al bene tutelato[1].

Con riferimento alla trasmissione di dati da parte di soggetti diversi da istituti finanziari, assicurativi, previdenziali, è espressamente individuato un limite massimo alle sanzioni applicabili, indicato nell’importo di cinquantamila euro, ridotto a ventimila nel caso in cui la comunicazione, ancorché tardiva, avvenga comunque entro sessanta giorni dal termine di legge. In simili ipotesi di ritardo la sanzione è comunque ridotta a un terzo.

Tale ulteriore, articolata previsione fornisce un’idea piuttosto chiara della effettiva entità del carico sanzionatorio che può gravare sui soggetti terzi chiamati alla trasmissione dei dati, tenendo conto sia del rilevante numero di singole comunicazioni cui essi devono provvedere, sia, e soprattutto, della già ricordata inapplicabilità delle disposizioni dell’art. 12 D.Lgs. n. 472/1997[2].

3. Nel contesto che si è descritto, si può rilevare, in primo luogo, che ad accentuarsi è il profilo che si può definire servente della sanzione, in particolare sul piano funzionale.

Il fine delle sanzioni previste a carico dei soggetti tenuti alla trasmissione dei dati necessari alla predisposizione della dichiarazione precompilata non è, infatti, né retributivo, né risarcitorio, e neppure, a ben vedere, realmente deterrente, quanto meno in termini di prevenzione generale. L’obiettivo perseguito attraverso la loro previsione è, invece, quello di assicurarsi compliance: in prima battuta da parte dei soggetti terzi obbligati alla trasmissione dei dati fiscalmente rilevanti, ma, in ultima analisi, avendo riguardo allo scopo per cui tali dati devono entrare in possesso dell’Amministrazione, da parte dei contribuenti destinatari della normativa in tema di dichiarazione precompilata

Nel senso della non rispondenza di tali sanzioni ad una logica retributiva, depongono la richiamata inapplicabilità del cumulo e della continuazione, oltre che l’accentuazione della strumentalità della trasmissione alla correttezza – e completezza – della precompilazione, evidente anche ponendo mente alla sostanziale esiguità del ritardo indicato come scusabile dalla norma. Se, come è stato ancora di recente evidenziato, «l’asse portante della teoria retributiva sta nel principio di proporzione» tra, da una parte, la sanzione applicata, e, dall’altra, il disvalore del fatto e la colpevolezza del soggetto per lo stesso fatto (così Pelissero M., Funzioni della pena, XXVII, in Grosso C.F. –  Pelissero M. – Petrini D. – Pisa P., Manuale di diritto penale, parte generale, Milano, III, 2020, 640; sulla derivazione dei due principi di proporzionalità e di colpevolezza dall’idea retributiva della pena v. Palazzo F., Corso di diritto penale, parte generale, Torino, VI, 2016, 23), appare evidente che, nel caso di specie, una simile logica non ha caratterizzato in maniera pregnante le scelte legislative che sono state operate.

Proprio l’assenza di un’autentica proporzionalità, ossia di un reale collegamento tra l’entità della sanzione pecuniaria prevista e il danno creato dalla condotta illecita, esclude che le sanzioni che qui rilevano abbiano una funzione risarcitoria, come pure sarebbe astrattamente possibile, avendosi riguardo a sanzioni di tipo amministrativo (sulla traslazione prospettica da un modello risarcitorio ad uno afflittivo di stampo deliberatamente penalistico, per quanto caratterizzato per alcuni profili di contaminazione, v., tra gli altri: Giovannini A., Sui principi del nuovo sistema sanzionatorio non penale in materia tributaria, in Dir. prat. trib., 1997, 1196 ss.; Del Federico L., Introduzione alla riforma delle sanzioni amministrative tributarie: i principi sostanziali del d.lgs. n. 472/1997, in Riv. dir. trib., 1999, I, 107 ss. Sulla necessità di un superamento dei residui caratteri risarcitori, molto recentemente, Giovannini A., Sulle sanzioni amministrative tributarie: uno sguardo sul futuro, in Dir. prat. trib., 2022, 1, 122 ss.).

Avendo riguardo alla condotta punita – per lo più omissiva, ad eccezione delle ipotesi di trasmissione di dati non corretti, dovuta a negligenza o imperizia[3] – si ritiene altresì di escludere che quella perseguita attraverso la previsione sanzionatoria richiamata, a carico dei terzi tenuti alla trasmissione dei dati necessari a predisporre la dichiarazione precompilata, sia un’autentica funzione deterrente.

Identificando tale funzione con quella di prevenzione generale, essa può sostanziarsi, in particolare, nel distogliere i consociati dalla commissione dell’illecito; in tale prospettiva la sanzione è rivolta soprattutto a quanti (ancora) non lo abbiano commesso, e, per quanto qui rileva, non può oggettivamente sostenersi che un simile obiettivo abbia ex se mosso il legislatore. Né, a fortiori, è possibile sostenerlo muovendo da un’accezione “positiva” di prevenzione generale, giacché non può affermarsi, con riferimento alle sanzioni che qui rilevano, la loro rispondenza ad un’esigenza di orientamento culturale dei consociati (su tale accezione positiva v., ancora, Pelissero M., op. cit., 641, nonché, in precedenza, Palazzo F., op. cit., 18). Ad escluderlo si perviene soprattutto in considerazione del disvalore, invero contenuto, che caratterizza la condotta, sia essa omissiva o commissiva nei termini richiamati, dal momento che il soggetto terzo si trova in una posizione sostanzialmente neutra e non consegue alcun tipo di vantaggio neppure indiretto e non voluto, dalla commissione dell’illecito; a tacere del fatto che la grandissima parte dei consociati non è peraltro minimamente coinvolta, neppure potenzialmente, da simili condotte.

Proprio a partire da tale ultima considerazione, peraltro, anche la funzione di prevenzione generale più tradizionale, o “negativa”, risulta notevolmente affievolita, e, se non del tutto assente, senz’altro secondaria.

Mantenendo l’attenzione sulla funzione preventiva che può caratterizzare la sanzione, è però opportuno spostare l’attenzione sul profilo speciale della stessa prevenzione. Adottando tale prospettiva, si perviene in effetti a valorizzare, da un lato, la possibilità – qui irrilevante – che il trasgressore sia posto in condizione di non reiterare la propria condotta, e, dall’altro, quella di (ri)educarlo, peraltro in conformità al monito contenuto all’art. 27 della Costituzione.

Proprio con riferimento alla valorizzazione della funzione rieducativa della sanzione, è stato correttamente evidenziato come, con riguardo agli illeciti commessi da soggetti «pienamente inseriti nelle dinamiche sociali», quali quelli che qui rilevano, l’inquadramento della prevenzione speciale in termini di recupero sociale non sia quello più adeguato; piuttosto, la suddetta funzione rieducativa deve realizzarsi «attraverso l’intimidazione», nel senso che l’irrogazione sanzionatoria deve fungere «da stimolo per il recupero del rispetto degli interessi lesi» dall’illecito (cfr. Pelissero M., op. cit., 648).

Inquadrando le sanzioni irrogate nei confronti dei soggetti terzi, tenuti alla trasmissione dei dati rilevanti ai fini della dichiarazione precompilata, in termini di prevenzione speciale, e di intimidazione funzionale ad orientare il comportamento del singolo, dalla cui condotta dipende l’effettiva tutela dell’interesse oggetto della norma sanzionatoria, si valorizza per l’appunto la strumentalità di quest’ultima alla realizzazione di quell’interesse; nel caso di specie, esso è rappresentato dalla tax compliance, da parte, in prima battuta, dei soggetti terzi di cui sopra, ma, in ultima analisi, dei soggetti destinatari della dichiarazione precompilata.

In questa prospettiva, la logica non è lontana da quella che permea di sé l’impiego della sanzione – e, segnatamente, della sua riduzione – nell’ambito di istituti quali il ravvedimento operoso, in particolare allorché tale facoltà sia garantita successivamente all’inizio dei controlli e alla constatazione della violazione, e, prima ancora, l’accertamento con adesione, anch’esso connotato da forti elementi di premialità (come correttamente si è rilevato, nulla osta all’impiego degli strumenti premiali anche nel contesto degli illeciti amministrativi: cfr. Eusebi L., Forme e problemi della premialità nel diritto premiale, in Studium Iuris, 2001, 273). Non sfugge che entrambi gli istituti sono stati citati in apertura, in quanto rappresentativi di quella tendenza, andata progressivamente affermandosi nell’ambito dell’ordinamento tributario, ad una compenetrazione dei ruoli originariamente attribuiti all’Amministrazione da un lato, e ai contribuenti dall’altro.

La manifestazione concreta di tale logica, tesa, in buona sostanza, ad utilizzare la sanzione in funzione schiettamente strumentale, rispetto al fine ultimo rappresentato dalla tax compliance, è certo differente, in un caso e nell’altro.

Occorre infatti rilevare un sostanziale slittamento del focus sanzionatorio, che si sposta dal titolare della capacità contributiva – che si ravvede, o presta adesione ad un accertamento definito in contraddittorio – a quei soggetti terzi che, in ragione della loro posizione, del tipo di attività svolta, dei rapporti intrattenuti con il contribuente, dispongono di una parte dei dati necessari a misurare in concreto la sua attitudine a partecipare alla spesa pubblica, consentendo di fatto l’autentica personalizzazione dell’imposta reddituale, segnatamente attraverso il riconoscimento di oneri deducibili e detraibili.

Tale slittamento dell’attenzione, ai fini sanzionatori, verso i soggetti che dispongono di quei dati, e sono tenuti a fornirli all’Amministrazione finanziaria, richiama, se non altro per assonanza, quella della possibile assunzione della disponibilità di dati concernenti terzi quale indice di capacità contributiva, che da qualche tempo è al centro di un vivace dibattito (sul punto si vedano Fransoni G., Note sul presupposto dell’imposta sui servizi digitali, in Rass. trib., 2021, 1, 13 ss. e Fedele A., Nuove ricchezze ed elementi essenziali della capacità contributiva nella dimensione postmoderna, in Riv. dir. trib., 2023, 1, I, 1 ss.). Ed è sicuramente interessante domandarsi se l’aggravio – o il tentativo di aggravio – della posizione di soggetti che si ritrovano in tale condizione, anche da un punto di vista del rischio sanzionatorio, abbia qualcosa – e nel caso quanto – a che vedere con il riconoscimento, in capo agli stessi soggetti, di un’attitudine alla contribuzione legata a quella disponibilità. In altri, più teorici termini, desta senz’altro interesse la possibilità di approfondire in quale misura un’eventuale giustificazione concettuale (e logica, e costituzionale) di tali due fenomeni di “traslazione” dell’attenzione legislativa, di per sé distinti, possa essere eventualmente la medesima, o, se non altro, parzialmente coincidere.

4. Un ulteriore spunto di riflessione che l’impianto sanzionatorio applicabile in caso di dichiarazione precompilata può suscitare, attiene al rilievo che la sua configurazione parrebbe implicitamente attribuire alle diverse sfumature che possono connotare l’elemento soggettivo dell’illecito amministrativo; ciò che rappresenterebbe a ben vedere un’innovazione, dal momento che la sanzione amministrativa, di norma, è irrogata indifferentemente in caso di commissione del fatto illecito con dolo ovvero con colpa, ed eventuali distinzioni sul punto – così come tra colpa grave e colpa ordinaria – sono confinate entro limiti molto ristretti e specifici.

Ad ipotizzare una possibile valorizzazione dell’elemento soggettivo del contribuente trasgressore che si avvalga della dichiarazione precompilata, si potrebbe essere indotti considerando quanto segue.

Sulla base non solo della normativa rilevante, ma anche di considerazioni di natura logica, prima che giuridica, è pacifico che permangano, con riguardo alla condotta di tale contribuente, spazi di sanzionabilità. A tacere d’altro, permane in primo luogo, in capo alla persona fisica che pure accetti senza modifiche la dichiarazione, la responsabilità per la spettanza soggettiva della deduzione o della detrazione, allorché essa dipenda da circostanze specifiche. Si pensi, a titolo esemplificativo, all’utilizzo dell’immobile per cui si è accesso il mutuo come prima casa, all’effettiva permanenza a carico del familiare, allo status del soggetto beneficiario di una erogazione liberale.

Ebbene, in prima battuta parrebbe trattarsi di una responsabilità che ben più facilmente può sussistere a titolo di dolo, o comunque di colpa grave, che non di colpa ordinaria. La funzione sanzionatoria esercitata con riguardo al soggetto IRPEF destinatario della dichiarazione precompilata, che decida di avvalersene, parrebbe in questo contesto focalizzarsi, quindi, sulle violazioni dolose, o comunque connotate da colpa grave. Parrebbe, in altri termini, che il contribuente che si avvalga di tale dichiarazione – volta a semplificare, per l’appunto, gli adempimenti che gli sono imposti – potrà incorrere in violazioni del tipo di quelle richiamate, in quanto agisca decisamente con dolo o, in ogni caso, dimostrando una mancanza di diligenza e di attenzione particolarmente significativa.

Si tratta, tuttavia, di un approdo che non regge ad un debito approfondimento. Se ad un primo, superficiale approccio, si potrebbe essere indotti a ritenere che, grazie alla dichiarazione precompilata, si riducano le possibilità di errore “ordinariamente” colpevole del contribuente, e si pervenga così a sostanzialmente circoscrivere la possibilità di violazioni, riducendole alle ipotesi di dolo o colpa grave, vi è più di un motivo per dubitare che sia effettivamente così.

La normativa in tema di deduzioni e detrazioni permane estremamente articolata e, per molti versi, complicata. Anche tenuto conto della tipologia di contribuenti che possono avvalersi della dichiarazione precompilata, e che si sono in precedenza richiamati, non infrequentemente essi dovranno comunque rivolgersi ad altri soggetti, anche nel caso in cui si risolvano ad inviarla senza modifiche, essendo comunque necessaria una valutazione consapevole del suo contenuto; emblematica in questo senso è la possibilità di avvalersi a tal fine – quanto meno – di un familiare o di una persona di fiducia, introdotta di recente dal legislatore, che ha sollevato numerose perplessità, alcune delle quali senz’altro giustificate.

In questo contesto, come si è anticipato, in base alla normativa rilevante CAF e professionisti abilitati vedono, loro malgrado, rafforzata la propria posizione di soggetti responsabili (sul punto, v. le acute considerazioni di Lupi R., Dichiarazione precompilata tra simbolismo politico e realtà operativa, in Dialoghi, 2014, 5, 484), e come tali sanzionabili, essendo chiamati all’apposizione di un visto di conformità delle stesse dichiarazioni trasmesse, dopo aver valutato il contenuto già predisposto dall’Amministrazione, sulla base degli elementi e dei documenti eventualmente forniti dal contribuente assistito.

Tale scelta legislativa fornisce un’ulteriore indicazione circa l’inquadramento della funzione sanzionatoria, nell’ambito dell’impianto normativo in tema di dichiarazione reddituale precompilata. Nello scenario che molto sinteticamente si è richiamato, in effetti, si ritiene che, avendo riguardo alla sua introduzione, non di autentica e sola semplificazione possa parlarsi: non di un mero tentativo di ridurre le possibilità di errore, dunque, e, conseguentemente, quella di condotte illecite meramente colpose. Piuttosto, pare di doversi registrare un ulteriore avanzamento nella direzione di alleviare – o di dare l’impressione di alleviare – la posizione di determinati soggetti, a scapito di altri, che si trovano ex se in una posizione neutrale.

Una posizione, si potrebbe osservare, anche eccessivamente neutrale: ben potrebbe verificarsi, in effetti, che tali soggetti terzi finiscano con il ritenere senz’altro maggiormente opportuno e conveniente ravvedersi – come la normativa consente loro di fare – al fine di contenere gli esborsi e le conseguenze sanzionatorie delle presunte violazioni commesse, o che hanno concorso a commettere. E questo, se del caso, anche accettando interpretazioni amministrative concernenti l’ambito applicativo di determinate deduzioni e detrazioni magari opinabili, o comunque discutibili.

Si tratta a ben vedere, anche in questo caso, di un esempio di strumentalizzazione della sanzione – e della sua riduzione – a fini di tax compliance, per quanto caratterizzata da un’oggettiva stortura, che non può che destare perplessità: per evitare, o attenuare, conseguenze economiche e sanzionatorie non irrisorie, infatti, diviene in ultima analisi tutt’altro che inverosimile che si rinunci, sic et simpliciter e senza ulteriori considerazioni, a correttamente rappresentare il singolo caso di specie e la capacità contributiva che lo caratterizza, nella misura in cui si tratta, a tutti gli effetti, di quella altrui.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Fedele A., Nuove ricchezze ed elementi essenziali della capacità contributiva nella dimensione postmoderna, in Riv. dir. trib., 2023, 1, I, 1 ss.

Giovannini A., Sui principi del nuovo sistema sanzionatorio non penale in materia tributaria, in Dir. prat. trib., 1997, 1196 ss.

Giovannini A., Sulle sanzioni amministrative tributarie: uno sguardo sul futuro, in Dir. prat. trib., 2022, 1, 122 ss.

Marello E., L’accertamento con adesione, Torino, 2000

Palazzo F., Corso di diritto penale, parte generale, Torino, VI, 2016

Fransoni G., Il diritto potestativo di interpello, Pisa, 2020

Fransoni G., Note sul presupposto dell’imposta sui servizi digitali, in Rass. trib., 2021, 1, 13 ss.

Ragucci G., Gli istituti della collaborazione fiscale. Dai comandi e controlli alla Tax Compliance, Torino, 2018

Del Federico L., Introduzione alla riforma delle sanzioni amministrative tributarie: i principi sostanziali del d.lgs. n. 472/1997, in Riv. dir. trib., 1999, I, 107 ss.

Eusebi L., Forme e problemi della premialità nel diritto premiale, in Studium Iuris, 2001, 273

Pelissero M., Funzioni della pena, XXVII, in Grosso C.F. – Pelissero M. – Petrini D. – Pisa P., Manuale di diritto penale, parte generale, Milano, III, 2020, 640

Lupi R., Dichiarazione precompilata tra simbolismo politico e realtà operativa, in Dialoghi, 2014, 5, 484 ss.

(*) Testo della relazione svolta dall’Autrice al Convegno “PRIN 2020 – Presentazione del progetto di ricerca: La digitalizzazione dell’Amministrazione finanziaria tra contrasto all’evasione e tutela dei diritti del contribuente”, presso l’Università degli Studi di Napoli Parthenope, Dipartimento di Studi Economici e Giuridici, in data 5 ottobre 2022.

[1] Significativo sul punto, è che, come si apprende dalla relazioni di accompagnamento al decreto n. 175/2014 (v. Relazione di accompagnamento allo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di semplificazioni fiscali, reperibile su www.senato.it), sebbene la Sesta Commissione della Camera avesse evidenziato l’opportunità di elevare il ritardo scusabile a trenta giorni, il legislatore ha disatteso l’indicazione, in ragione del fatto che «Tale rimodulazione sarebbe […] risultata incompatibile con l’esigenza di rendere i dati disponibili nella dichiarazione precompilata».

[2] Non a caso, come si apprende dalla relazione di accompagnamento al più volte citato decreto delegato n. 175/2014, la Sesta Commissione del Senato, nel parere espresso sulle norme sanzionatorie contenute all’interno di tale fonte, aveva evidenziato l’opportunità di dimezzare l’importo della sanzione applicabile con riguardo alla singola comunicazione omessa, tardiva o non corretta. Il legislatore ha tuttavia disatteso tale indicazione, motivando la propria decisione sul punto con queste significative parole «ciò avrebbe comportato l’indebolimento eccessivo della reazione sanzionatoria rispetto ad un inadempimento fiscale particolarmente rilevante ai fini della corretta pre-compilazione della dichiarazione», dove l’inadempimento – pur – fiscale, è bene evidenziare, è quello ascrivibile esclusivamente al soggetto terzo, estraneo rispetto al titolare della situazione rappresentata nell’ambito di tale dichiarazione, e della capacità contributiva che, attraverso la corretta pre-compilazione di tale atto, si tende a determinare.

[3] Volontariamente si escludono dal presente discorso le ipotesi in cui scientemente il soggetto terzo, in accordo con il contribuente, trasmetta all’Agenzia delle Entrate dati falsi, al fine di supportare la deduzione o la detrazione di spese invece del tutto inesistenti, o inesistenti in quella misura. In simili casi, in effetti, laddove – come è sostanzialmente certo – a tale condotta si affianchi quella di fornire al soggetto passivo fatture o altri documenti comprovanti il pagamento inesistente, dei quali egli si avvalga, conservandoli ai fini di prova nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, il trattamento sanzionatorio appropriato sarebbe in primo luogo quello, ben più grave e certamente provvisto di funzione ed efficacia deterrenti adeguate, indicato dall’art. 8 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74.

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