Nuove ipotesi di inesistenza di una stabile organizzazione nel settore finanziario
Di Alberto Maria Gaffuri
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Abstract
La Legge di Bilancio 2023 (L. n. 197/2022) all’art. 1, comma 255, ha introdotto, tra i precetti contenuti nell’art. 162, un’ipotesi in cui si esclude l’esistenza di una stabile organizzazione in Italia. La disposizione ha portata innovativa e ha chiaramente una finalità incentivante: l’intenzione del legislatore è quella di creare un terreno favorevole – grazie ad uno specifico intervento normativo che dovrebbe avere ricadute favorevoli dal punto di vista fiscale – al trasferimento nel territorio domestico di c.d. asset managers, impegnati nella compravendita di strumenti finanziari in nome e per conto di un investitore professionale estero.
New cases of non-existence of a permanent establishment in the financial sector. – The 2023 Budget Law has introduced, in the text of Article 162 of the Italian Income Tax Act, new provisions according to which, when some conditions are met, an independent asset/investment manager (either Italian or stranger, either physical person or legal entity or a PE of a foreign company or enterprise), that habitually, in the domestic territory, enters into contracts in the name of a foreign investment vehicle or gives an active contribution to the conclusion of contracts on behalf of this vehicle for purchasing, selling or negotiating financial instruments, does not give rise to the existence of a PE. The new provisions are inspired by similar disciplines already entered into force in foreign jurisdictions, and their aim is clearly to incentive the transfer into Italy of such managers.
Keywords:
Sommario: 1. Premessa. – 2. I soggetti coinvolti. Il veicolo straniero. – 2.1. L’investmentmanager. – 3. L’assenza di una stabile organizzazione materiale. – 4. La tassazione in Italia del veicolo estero.
1. Il nuovo comma 7-ter dell’art. 162 stabilisce che non è identificabile una stabile organizzazione nel territorio italiano, allorché un intermediario domestico, «anche se con poteri discrezionali, abitualmente concluda contratti di acquisto, di vendita o di negoziazione, o comunque contribuisca, anche tramite operazioni preliminari o accessorie, all’acquisto, alla vendita o alla negoziazione di strumenti finanziari,anche derivati e comprese le partecipazioni al capitale o al patrimonio, e di crediti» in nome o per conto di un soggetto estero, dedito professionalmente agli investimenti in titoli e altri valori mobiliari, definito dalla norma “veicolo di investimento”, o di sue controllate, dirette o indirette.
La non configurabilità della sede fissa di affari, tuttavia, è consentita solo in presenza del congiunto soddisfacimento delle condizioni elencate nel successivo comma 7-quater, ovvero: 1) l’operatore finanziario estero e le sue controllate devono essere residenti in Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni con il Fisco italiano; 2) tale operatore deve rispettare taluni requisiti di indipendenza, la cui precisa individuazione è rimessa ad un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze di prossima emanazione; 3) l’asset manager non deve ricoprire cariche negli organi direttivi e/o di vigilanza del veicolo estero o di sue controllate e non deve essere titolare di partecipazioni ai risultati economici dell’uno e delle altre in misura superiore al 25%; 4) la remunerazione riconosciuta al manager per le attività svolte in Italia deve essere determinata nel rispetto del principio di libera concorrenza e deve essere supportata da documentazione idonea chiarire la ragioni sottostanti alla sua determinazione[1]. E’ previsto che, con un futuro provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, siano definite le linee guida per l’applicazione della disciplina sui prezzi di trasferimento alla remunerazione riconosciuta al manager. Al fine di scongiurare il rischio che si perfezioni, invece, il possesso sul suolo domestico di una stabile organizzazione di tipo materiale, il nuovo comma 9-bis prevede che, al ricorrere delle condizioni fissate nel comma 7-quater, la sede fissa di affari, dove un’impresa residente svolge attività a vantaggio dell’investitore estero, non si considera a disposizione di quest’ultimo.
In tal modo, come detto, con un insieme di norme che traggono ispirazione da quelle già contemplate in altri ordinamenti, si intende favorire l’insediamento in Italia di asset managers che agiscono a beneficio di veicoli di operatori finanziari esteri.
2. Il veicolo di investimento non è definito nella nuova norma.
L’espressione pare designare un soggetto (di natura collettiva) dedito istituzionalmente all’impiego delle risorse patrimoniali a disposizione nell’acquisto, nella vendita e in altre operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari, al fine di sfruttare favorevolmente le oscillazioni di prezzo dei titoli e valori mobiliari.
Il concetto comprende, in assenza di limitazioni espresse, sia l’organismo che funge da collettore e detentore delle risorse finanziarie da far fruttare sia l’eventuale entità terza che gestisce e impiega, al fine di accrescerne l’entità e il valore, i mezzi liquidi e mobiliari accumulati dall’organismo[2]. Non si richiede che questa attività di investimento sia l’unica svolta, ma deve essere esercitata in modo continuativo e strutturato, a titolo di compito primario e caratterizzante. L’entità non italiana è istituzionalmente dedita agli investimenti finanziari, ovviamente se tale funzione è un impegno costante; in caso contrario il soggetto estero è uno sfruttatore di mezzi liquidi o patrimoniali occasionale, non professionale[3].L’operatore finanziario estero può (ma non deve necessariamente) essere assoggetto alla vigilanza delle Autorità domestiche di settore[4].In teoria, non è rilevante se gli investimenti realizzati in Italia sono compiuti dal veicolo a vantaggio di se stesso o in favore di terzi, né la consistenza e la numerosità di questi. La natura del veicolo va apprezzata in relazione alle operazioni finanziarie concluse globalmente nel mondo, di cui deve essere reso edotto il Fisco italiano, ove richieda apposite informazioni alle Autorità tributarie straniere[5].Il non residente, oltre ad essere un soggetto dedito normalmente all’attività di compravendita di strumenti finanziari, deve rispettare i requisiti di indipendenza stabiliti da un futuro decreto ministeriale.
Suscita perplessità la scelta del legislatore di rimettere alla discrezionalità dell’Autorità amministrativa l’individuazione dei presupposti per ritenere che lo straniero goda di una posizione autonoma, decisiva per rendere operante la normativa in commento. All’indicazione delle situazioni in cui questa condizione fondamentale è soddisfatta avrebbe dovuto provvedere la legge.
Ad ogni modo, questa caratteristica dovrebbe importare, innanzitutto, che l’investitore si collochi all’apice del gruppo cui esso eventualmente appartiene. Non vi dovrebbe essere alcuno capace di esercitare poteri di controllo sul veicolo. Conseguentemente, in secondo luogo, la partecipazione al capitale, al patrimonio o comunque agli investimenti (e ai loro risultati) dell’operatore finanziario estero, riferibile a qualunque persona o soggetto collettivo coinvolto nella compagine sociale, nell’organizzazione o nelle attività dello stesso operatore, non deve essere di tale entità da porre il titolare di questi diritti inclusivi in posizione dominante sul veicolo.
Peraltro, sembra più opportuno e ragionevole riferire il requisito dell’indipendenza alle funzioni di investimento; il veicolo deve essere considerato indipendente, non perché non subisce il dominio di un altro soggetto che, nella scala gerarchica di un gruppo multinazionale, occupa un gradino superiore ad esso, ma se è costituito per offrire consulenza e compiere investimenti finanziari per conto di una platea di fruitori ampia, tendenzialmente aperta e mutevole. Al veicolo devono essere affidate risorse patrimoniali da investire da un pubblico indistinto di interessati, che accetta e “subisce” (e non ha alcuna capacità di determinare) gli indirizzi di investimento. Anche se non si può del tutto escludere che le competenze e la capacità di sfruttare utilmente la massa patrimoniale data in gestione possono essere messe a disposizione di pochi soggetti qualificati, magari investitori istituzionali[6]; in tal caso, tuttavia, i beneficiari devono trovarsi in una situazione equipollente dal punto di vista della capacità di influenzare le e trarre vantaggio dalle scelte operative del veicolo[7]. Ciò che rileva fondamentalmente è che: (a) non vi sia la dipendenza strutturale del veicolo da un investitore particolare, nel senso che lo sfruttamento per finalità accrescitive dei mezzi finanziari affidati in gestione al veicolo vada a vantaggio esclusivo o prevalente di tale investitore, senza i cui apporti patrimoniali la massa di risorse da mettere a frutto sarebbe inadeguata a giustificare il mantenimento in vita o in operatività del veicolo; (b) gli amministratori o i responsabili delle attività di investimento del veicolo devono essere liberi di adottare le scelte gestionali che ritengono più opportune, senza subire condizionamenti o ingerenze tanto dagli organi dell’eventuale soggetto controllante quanto da qualcuno di coloro che conferiscono nel veicolo le sostanze da investire.
Il veicolo deve dedicarsi ad una gestione attiva del suo patrimonio; esso deve compiere atti di compravendita di strumenti finanziari per sfruttare le fluttuazioni del mercato; non è ammesso che si limiti a detenere staticamente sempre lo stesso complesso di titoli. La composizione delle sostanze patrimoniali deve variare continuamente (sia pure, ovviamente, anche solo parzialmente) per effetto delle operazioni di investimento e disinvestimento.
L’attività dell’operatore straniero veicolata attraverso l’intermediario residente comprende tutta la gamma dei contratti (acquisti e vendite a pronti o a termine, ecc.) e la varietà dei beni (partecipazioni in società o in fondi, obbligazioni, derivati, ecc.) oggetto delle transazioni attuate nel mercato finanziario.
Il veicolo e le sue eventuali controllate[8] non devono risiedere o essere localizzati (nel senso che beneficiano della segretezza che avvolge i rapporti fiscali ivi garantita) in Stati che non consentono un adeguato scambio di informazioni di valenza tributaria. Stando al testo letterale della disposizione in esame, basta che un solo membro del gruppo di appartenenza del veicolo risieda o sia localizzato in un Paese non disponibile a fornire notizie al Fisco italiano, perché del precetto che esclude l’esistenza di una stabile organizzazione sia inibita l’efficacia.
In realtà, se si considerano gli intendimenti basilari che hanno indotto il legislatore a introdurre la specifica condizione sui Paesi non collaborativi, si arriva a una conclusione diversa.
E’ chiaro che con questa disposizione si è voluto evitare qualunque pericolo di “fuga” degli esiti reddituali delle operazioni finanziarie condotte in Italia verso lidi fiscalmente “non comunicativi”, ovvero dove, grazie ad una invincibile resistenza alle richieste informative della nostra Amministrazione finanziaria, non vi sia la capacità per quest’ultima di risalire ai percettori effettivi dei guadagni conseguiti sul suolo domestico e di verificare se tali guadagni siano assoggettati ad un livello di imposizione non infimo o comunque non eccessivamente più contenuto di quello che sarebbe applicabile in Italia.
Dunque, non devono essere localizzati in Stati non collaborativi gli aderenti al gruppo del veicolo che partecipano alla sequenza distributiva dei proventi conseguiti con le attività finanziarie poste in essere in Italia.
2.1. L’investment manager è la persona o l’ente collettivo che conclude o apporta il proprio contributo alla conclusione di transazioni nel territorio dello Stato, aventi ad oggetto strumenti finanziari, in nome o per conto del veicolo estero[9]. I negozi stipulati o direttamente dall’intermediario in Italia o con il suo apporto devono produrre effetti giuridici e patrimoniali nella sfera del veicolo. Altrimenti neppure si pone il problema dell’esistenza di una stabile organizzazione[10]. L’“agente” in Italia potrebbe essere un lavoratore dipendente dell’entità non residente. In tal caso, la norma di cui si discorre si rende inapplicabile. L’eccezione delineata dai nuovi commi 7-ter e quater dell’art. 162 non può essere spinta fino a ritenere inconfigurabile un’unità periferica, nel caso in cui ad esercitare i poteri relativi alla conclusione dei contratti funzionali al raggiungimento dell’oggetto materiale del veicolo siano persone appartenenti organicamente alla struttura aziendale interna.
L’investment manager deve essere un figura professionale esterna all’organizzazione del veicolo[11]. Egli può essere legato a quest’ultimo da un rapporto di collaborazione continuativa, ma deve svolgere i suoi compiti, almeno dal punto di vista giuridico-formale, senza vincoli di subordinazione.
Tuttavia, in concreto, il manager può ricevere ordini, istruzioni o direttive dall’investitore e financo essere in una condizione di subalternità economica rispetto ad esso (per il fatto di prestare la sua attività in favore solo – o quasi – di quest’ultimo), pur mantenendo, dal punto di vista tributario, una fisionomia automa.
Invero, gli unici requisiti che devono essere rispettati per considerare in una posizione di indipendenza il manager – che in tal modo, non configura una stabile organizzazione personale, in conformità alla disciplina generale relativa a questa tipologia di unità periferica – sono altri e sono delineati nel nuovo comma 7-quater. In particolare, come già precisato, l’agente in Italia non deve ricoprire cariche o possedere partecipazioni rilevanti nell’operatore finanziario estero e deve ricevere una remunerazione per i suoi servizi adeguata agli standard di mercato. In qualunque altra situazione, si deve ritenere che l’intermediario nel territorio domestico mantenga, in via eccezionale, una condizione indipendente.
La disposizione dettata sull’autonomia del manager, in forza della quale quest’ultimo non deve ricoprire incarichi nel veicolo estero né deve avere rilevanti partecipazioni agli utili dello stesso, nonostante abbia suscitato le vivaci critiche di alcuni commentatori[12], è giustificata (se non opportuna) dal punto di vista sistematico, in quanto coerente con la definizione generale di stabile organizzazione personale, secondo cui, come detto, non costituisce una sede fissa di affari l’agente che gode di uno status indipendente, anche se, in questo caso, l’indipendenza viene apprezzata sulla base di parametri differenti da quelli usuali.
La condizione indipendente deve essere vagliata e deve sussistere rispetto all’investitore estero (quindi al “veicolo”) di cui il manager potrebbe essere l’unità periferica, non rispetto a coloro che affidano a tale veicolo somme da investire.
A questo riguardo, è francamente difficile ipotizzare una situazione di completa separatezza tra l’intermediario italiano e l’investitore, se il primo ricopre incarichi direttivi o detiene diritti agli utili di rilevante consistenza nel secondo.
In questa ipotesi, la commistione di interessi economici tra entità investitrice e “agente” italiano cancella, nei fatti, ogni alterità soggettiva e funzionale tra i due. Il coinvolgimento personale dell’intermediario domestico (giacché è titolare di funzioni di governo o di controllo dentro la struttura estera o ha una rilevante quota di partecipazioni ai suoi utili) nel risultato gestionale che consegue il veicolo con le transazioni concluse in Italia fa si che il primo agisca come propaggine del secondo. Invero, ciò che l’operatore domestico fa in Itala lo fa o come membro di un organo interno dell’entità straniera, o al fine di contribuire a realizzare e “condividere” il suo successo, da cui, in forza del legame partecipativo, trae, di riflesso, un vantaggio a livello individuale. Il manager lavora per lo straniero perché ha un suo tornaconto specifico negli esiti economici dell’attività esercitata da quest’ultimo sul suolo domestico[13].
3. Il nuovo comma 9-bis dell’art. 162 stabilisce che la sede di un’impresa domestica, in cui questa esercita l’attività di negoziazione di strumenti finanziari che ridonda a vantaggio dell’investitore straniero (nel senso che gli effetti delle transazioni concluse dal residente incidono sull’assetto patrimoniale del non residente) non si considera a disposizione del secondo, se sono soddisfatte le condizioni poste dal comma 7-quater.
Dunque, non è configurabile un’unità periferica in Italia del veicolo estero, coincidente con la sede dell’impresa italiana che conclude o contribuisce alla conclusione di contratti aventi ad oggetto la compravendita di titoli finanziari o in nome e per conto di tale veicolo o nel suo interesse[14], se: i servizi dell’operatore italiano sono adeguatamente remunerati; esso non ha una partecipazione agli utili prodotti dal soggetto straniero superiore al 25% e nessuna persona appartenente al suo apparato fa parte degli organi decisionali o di vigilanza dell’investitore; quest’ultimo gode di una posizione di indipendenza e ha sede (al pari dei membri del suo gruppo) in Stati disposti a scambiare informazioni con il Fisco italiano.
In presenza dei presupposti innanzi descritti, la nuova disciplina esclude espressamente la sussistenza di una stabile organizzazione materiale, solo se l’impresa che collabora in Italia con l’investitore straniero è qui residente.
Nulla si dice nel caso in cui l’attività negoziale attinente ai valori mobiliari sia esercitata presso la sede locale in Italia di un’impresa non residente (sia essa appartenente allo stesso gruppo o terza).
Tuttavia, non vi sono ragioni plausibili per discriminare quest’ultima situazione rispetto a quella nella quale la struttura che si dedica alla negoziazione di titoli appartiene a un soggetto commerciale italiano.
Pertanto, se ricorrono tutti i requisiti stabiliti nel comma 9-bis, bisogna ritenere che anche la sede domestica di un’impresa non residente, dove quest’ultima si adopera per la conclusione, a vantaggio del veicolo estero, di transazioni concernenti strumenti finanziari, non sia nella disponibilità del suddetto veicolo.
4. Gli incrementi di ricchezza eventualmente conseguiti dal veicolo straniero con la compravendita di titoli hanno il carattere di redditi diversi.
Invero, tali guadagni derivano da investimenti di matrice finanziaria, i quali, per loro intrinseca natura, hanno un esito incerto: questi investimenti, a seconda delle circostanze e delle oscillazioni di prezzo dei titoli in aumento o in diminuzione, invero, possono generare risultati economici favorevoli o sfavorevoli (plus o minusvalori). L’art. 67 TUIR li inquadra, pertanto, appunto, tra le fonti di reddito diverso. L’art. 151 dello stesso TUIR stabilisce che, in mancanza di una stabile organizzazione entro i confini interni, i redditi percepiti in Italia da imprese non residenti conservano la qualificazione corrispondente alle caratteristiche della loro fonte e non vengono attratti nella sfera commerciale.
Sotto il profilo territoriale, come è noto, ai sensi dell’art. 23 D.P.R. n. 917/1986, si considerano prodotti entro i confini dello Stato i redditi diversi imputabili ai non residenti, se scaturiscono da: attività svolte nel territorio dello Stato; beni che si trovano nelle stesso territorio, comprese le azioni e le obbligazioni.
I guadagni connessi, quindi, con le transazioni concluse dal manager entro i confini nazionali sono tassabili nel nostro Paese (anche se hanno eventualmente ad oggetto titoli detenuti oltre confine), come pure, a maggior ragione, le plusvalenze che originano dalla compravendita di valori mobiliari posseduti in Italia.
Le operazioni si possono ritenere realizzate in Italia, se i titoli acquistati o venduti dal manager sono oggetto di un contratto di deposito o affidamento in gestione stipulato (dal veicolo o da un terzo) con una banca o altro intermediario finanziario residente[15] o con la sede domestica di un operatore estero o, ancora, se i beni trasferiti in proprietà sono negoziati in un mercato regolamentato italiano.
L’art. 23 dispone che vanno comunque inquadrati tra i redditi di derivazione interna quelli che sono ottenuti con il trasferimento di partecipazioni in società residenti.
Fanno, tuttavia, eccezione, ai sensi dello stesso art. 23, i redditi derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti non qualificate (disciplinate alla lett. c-bis, comma 1, dell’art. 67 TUIR[16]) e negoziate in mercati regolamentati. Sono parimenti esonerati da prelievo fiscale i redditi realizzati mediante rapporti da cui deriva il diritto o l’obbligo di cedere od acquistare a termine strumenti finanziari, ovvero le plusvalenze e altri proventi realizzati mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di crediti pecuniari o di strumenti finanziari, qualora i relativi contratti siano conclusi, anche attraverso l’intervento d’intermediari, in mercati regolamentati.
Nelle situazioni sopra indicate, è sempre carente il requisito della territorialità e gli eventuali guadagni del veicolo estero sfuggono alla tassazione in Italia (e, correlativamente, le eventuali perdite non sono deducibili), anche se i beni oggetto del passaggio di proprietà si trovano entro i confini geografici domestici e/o qui vengono conclusi i negozi di trasferimento.
Ancora, in forza dell’art. 5, comma 5, D.Lgs. n. 461/1997, il quale richiama l’art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 239/1996, non sono soggette a imposizione le plusvalenze (e quindi neppure rilevano fiscalmente le corrispondenti minusvalenze) di cui alle lettere da c-bis) a c-quinquies) del comma 1 dell’art. 67, realizzate da investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, e da soggetti residenti o localizzati in Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni[17].
In sostanza, se il veicolo non residente ha le caratteristiche dell’investitore istituzionale o comunque risiede in un Paese fiscalmente collaborativo, i capitalgains conseguiti sul suolo italiano (ad eccezione di quelli derivanti dalla compravendita di partecipazioni qualificate di cui alla lett. c del comma 1 dell’art. 67) non subiscono alcun prelievo in Italia.
Questo regime estremamente favorevole consente di apprezzare la portata assai rilevante della disciplina recentemente entrata in vigore sull’inesistenza di una stabile organizzazione.
La fruibilità di tale regime di favore, infatti, è consentita da questa nuova disciplina. Se non vi fosse alcuna deroga alle regole generali sulla configurabilità di una stabile organizzazione personale – e, quindi, il manager, per il fatto che gli è conferito il potere di concludere o di cooperare alla conclusione di contratti nel territorio italiano in nome o per conto del veicolo, fosse considerato un’unità periferica di quest’ultimo – i proventi conseguiti grazie ai differenziali di prezzo nella compravendita di strumenti finanziari, proprio per effetto della presenza di una sede fissa di affari in Italia, acquisirebbero la natura di componenti del reddito d’impresa (posto che il veicolo è normalmente un’entità societaria o comunque un soggetto che ha natura imprenditoriale) e sarebbero qui imponibili. Ai sensi del più volte citato art. 23 TUIR, infatti, sarebbe soddisfatto il collegamento con il territorio domestico, costituito proprio dal possesso di una stabile organizzazione dell’impresa straniera.
L’impossibilità di scorgere la presenza di una stabile organizzazione nell’attività del manager ha, tuttavia, sia pure in limitate situazioni, un risvolto meno vantaggioso.
L’art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 461/1997, stabilisce che i redditi rientranti nelle lettere da c) a c-sexies) del comma 1 dell’art. 67, ove tassabili, sono soggetti ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con l’aliquota, attualmente, del 26%. Questa aliquota è superiore di due punti a quella dell’IRES, cui sarebbe soggetto il veicolo se fosse considerato un imprenditore con stabile organizzazione in Italia.
Peraltro, a mente dell’art. 68, comma 4, TUIR, l’imposta sostitutiva non si applica alle plusvalenze realizzate mediante la cessione di partecipazioni al capitale o al patrimonio, titoli e strumenti finanziari emessi o stipulati da imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato[18]. Tali plusvalenze concorrono a formare il reddito per il loro intero ammontare.
Dunque, se tra i contratti stipulati in Italia dal manager ve ne fosse mai uno avente per oggetto la cessione di una partecipazione qualificata in un’impresa con sede in un “paradiso fiscale”, l’eventuale guadagno costituirebbe reddito da dichiarare e assoggettare all’imposta reddituale in Italia dal veicolo nella sua integrità.
[1] Ad avviso di Rossi L., Investment management exemption una spinta all’industria se modificata ed accompagnata da necessari chiarimenti, in dirittobancario.it, 7 dicembre 2022, la norma non richiede che la remunerazione sia giudicata corretta dall’Amministrazione, ma che la documentazione predisposta per illustrare la congruità del compenso abbia caratteristiche tali da essere considerata adeguata a spiegare il processo di formazione del compenso stesso.
[2] Per chiarire con un esempio, per veicolo si deve intendere sia il fondo comune di investimento (il collettore patrimoniale) sia la società di gestione del risparmio (SGR) che sfrutta utilmente gli elementi patrimoniali appartenenti al fondo.
[3] Stando alla relazione illustrativa al disegno di Legge di Bilancio, la locuzione ha una portata ampia e ricomprende anche i soggetti di cui all’art. 6, comma 1, lett. b), D.Lgs. 1° aprile 1996, n. 239. Il riferimento è agli «investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria», nozione introdotta dall’art. 10 D.L. 25 settembre 2001, n. 350, la quale identifica gli enti che, indipendentemente dalla loro veste giuridica e dal trattamento tributario cui sono assoggettati i relativi redditi nel Paese di costituzione, hanno come oggetto della propria attività l’esecuzione e la gestione di investimenti per conto proprio o di terzi. In particolare, nella circ. 1° marzo 2002, n. 23/E si precisa che rientrano nella definizione di “investitori istituzionali esteri”, a titolo esemplificativo, le società di assicurazione, i fondi comuni di investimento, le SICAV, i fondi pensione, le società di gestione del risparmio, specificamente ricompresi tra gli investitori “qualificati” di cui all’art. 1, comma 1, lett. h), D.M. 24 maggio 1999, n. 228 (Criminisi W., S.O. personali di veicoli di investimento esteri: al via la Investment Management Exemption, in il fisco, 2023, 3, 252 ss.). Secondo Grilli S. – Busia M., Investment Management Exemption: una misura importante ma dalla portata applicativa limitata, in Corr. trib., 2023, 4, 322 ss., nel caso di un fondo comune di investimento estero, l’eventuale società di gestione del risparmio (SGR) italiana, la quale conclude negozi aventi ad oggetto strumenti finanziari nel suo interesse, non può configurare una stabile organizzazione del primo, posto che il fondo è un possessore statico di risorse patrimoniali e non svolge alcuna attività; esso, pertanto, non può possedere alcuna base fissa di affari oltre confine. Tuttavia, da un canto la norma sull’investment manager vuole opportunamente eliminare ogni dubbio sull’esistenza di una stabile organizzazione in Italia; inoltre, il caso nel quale le regole recentemente introdotte possono trovare un utile spazio applicativo è quello, diverso, in cui una SGR estera compia investimenti in Italia tramite un soggetto (l’investment manager) operante a suo nome o per suo conto nel territorio nazionale.
[4] Nella circ. n. 23/E/2002, l’Agenzia sostiene che la nozione di investitore istituzionale straniero ricomprende non soltanto i soggetti passivi d’imposta, ma anche gli enti privi di soggettività tributaria. L’investitore potrebbe non essere assoggettato alle imposte sui redditi nello Stato in cui è costituito, per effetto di varie circostanze, quali, ad esempio, esenzioni o esclusioni accordate dalla normativa interna o imposizione per trasparenza in capo ai partecipanti all’ente o all’organizzazione. Possono, pertanto, definirsi investitori istituzionali anche quegli enti o organizzazioni, privi di soggettività tributaria ed esonerati da forme di vigilanza, che siano in possesso di una specifica competenza ed esperienza in operazioni in strumenti finanziari, espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante dell’ente. Assonime, nella circolare 6 aprile 2023, n. 10 auspica che sia adottata un’interpretazione elastica del testo normativo di cui si discorre, così che possa essere compresa nel suo ambito applicativo l’attività svolta in Italia non solo in favore dei fondi mobiliari, ma anche dei fondi immobiliari, indipendentemente dalla natura degli asset class in cui investono. La Candia I. – Giannelli A., Investment management exemption: un’opportunità con qualche “ombra di troppo”, in Fisc. comm. intern., 2023, 5, 27 ss., rammentano che, ben prima dell’intervento della Legge di Bilancio 2023, si era già tentato, senza successo, di introdurre un regime analogo a quello dell’investment manager exemption in vigore nel Regno Unito. Infatti, con la proposta di legge n. 1971, presentata il 10 luglio 2019, era stata prevista una modifica all’art. 162 TUIR al fine di introdurre una specifica ipotesi di «esclusione della rilevanza dell’utilizzo di un gestore di investimenti per il riconoscimento della stabile organizzazione dell’impresa non residente». Sussistono, tuttavia, alcune importanti differenze del nuovo regime di investment management exemption rispetto alla versione concepita con la proposta di legge del 2019. In particolare, è stato eliminato il riferimento all’acquisto o alla vendita di beni mobili o immobili, ora sostituito dal rinvio agli «strumenti finanziari, anche derivati e comprese le partecipazioni al capitale o al patrimonio, e di crediti».
[5] Posto che la natura di investitore è essenziale per fruire del regime di favore in esame, l’Amministrazione deve essere in grado di verificare questa qualità in capo al non residente, chiedendo dati e notizie alle Autorità tributarie straniere. Oltre all’accesso a queste informazioni, il Fisco nostrano deve essere in grado di conoscere la sorte fiscale dei proventi finanziari conseguiti in Italia, come si dirà.
[6] Si pensi a un fondo di investimento creato da un’assicurazione o da una banca per far fruttare alcune risorse liquide personali.
[7] Sempre la circ. n. 23/E/2002, tuttavia, sia pure ai fini delle disposizioni concernenti interessi premi e altri frutti delle obbligazioni e titoli similari pubblici e privati, nonché altri redditi di capitale e diversi di natura finanziaria, conseguiti da non residenti, afferma che non possono godere del regime di esonero dalla tassazione stabilito per gli investitori istituzionali i soggetti – non sottoposti a vigilanza nei Paesi in cui sono istituiti – aventi lo scopo di compiere investimenti per un un numero limitato di partecipanti, pur avendo come fine istituzionale l’esercizio di un’attività finanziaria.
[8] Ad avviso di Criminisi W., S.O. personali di veicoli di investimento esteri: al via la Investment Management Exemption, cit., nel fare espressa menzione delle “controllate” del veicolo di investimento estero, la norma non fa riferimento ad una particolare forma di “controllo”; è pertanto incerto se venga in considerazione esclusivamente il controllo civilistico ex art. 2359 c.c. (e se, nell’ambito di questo, rilevi non solamente il controllo di diritto, ma anche il controllo di fatto e/o il controllo contrattuale), oppure se rilevi anche una nozione di “controllo economico”, da intendersi quale partecipazione rilevante agli utili (diretta o indiretta) nella controllata da parte del veicolo. Neppure è chiaro se il controllo debba essere computato ricorrendo al meccanismo della demoltiplicazione della catena societaria.
[9] Il manager può avere il potere di rappresentanza del veicolo e, quindi, può essere capace di stipulare i contratti in nome dello straniero. Oppure può limitarsi a fornire assistenza nella conclusione degli accordi contrattuali, occupandosi di una o più fasi del processo di formazione della volontà negoziale, senza avere la capacità di sottoscrivere direttamente i contratti. Esso può essere coinvolto anche solo in fasi preliminari o accessorie. A questo riguardo, ad avviso di La Candia I. – Giannelli A., Investment management exemption: un’opportunità con qualche “ombra di troppo”, cit., 27 ss., tra le attività che escludono la presenza di una sede fissa in Italia, va annoverata anche quella di advisory, posto che questa ha tipicamente, appunto, una funzione preliminare o accessoria rispetto all’acquisto o alla vendita di strumenti finanziari. Peraltro, nel caso di partecipazione ad attività di carattere prodromico o secondario, l’inesistenza di una sede fissa di affari discende già dalle disposizioni generali sulla stabile organizzazione personale.
[10] Detto in modo estremamente sintetico, la stabile organizzazione personale, con riferimento alla quale mi permetto di rinviare a Gaffuri A.M., Studio sulla funzione e sul concetto di stabile organizzazione nelle imposte sul reddito, Torino, 2021, 256 ss., è costituita da una persona fisica o da un’entità collettiva che, in nome o per conto di un’impresa estera, esercita durevolmente il potere di concludere contratti o coopera alla loro conclusione, onde consentire la vendita o fornitura di beni o servizi nel territorio domestico.
[11] Il manager può essere anche un’impresa domestica o una stabile organizzazione in Italia di un’impresa straniera (Bainotti D. – Stecca V., L’investment management exemption salva i veicoli di investimento esteri dal rischio di stabile organizzazione, in Norme & Tributi Plus, Il Sole24Ore, 12 gennaio 2023). Si ritiene che la formulazione della norma consenta di estendere l’ambito applicativo dell’esenzione a tutti i soggetti che svolgono in Italia funzioni essenziali per la gestione degli investimenti dei veicoli esteri (Avoglio D. – Barbagelata G., Investment Management Exemption sotto la lente di Assonime per arginare possibili contestazioni, in il fisco, 2023, 18, 1753 ss.). Assonime, nella già citata circolare n. 10 del 6 aprile 2023. precisa, sul punto, che la nuova norma intende riferirsi non solo alle società di gestione in senso stretto (management company e simili), e ai loro dipendenti e collaboratori e/o alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato, ma anche alle altre società (advisory company e simili) che forniscono servizi inerenti alla gestione collettiva del risparmio; entità tra cui può essere stata frammentata l’attività dell’asset manager e che potrebbero anche non appartenere al suo medesimo gruppo. Le regole introdotte dalla Legge di Bilancio 2023 si riferiscono, ad avviso dell’Associazione, sia ai gestori non residenti, che investono in Italia tramite stabili organizzazioni o tramite team e advisory companies, sia alle società di gestione residenti che abbiamo istituito all’estero fondi il cui patrimonio è investito in Italia.
[12] Si vedano Assonime, Nota tecnica di Assonime nell’ambito dell’attività conoscitiva preliminare all’esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025 (AC 643/bis), 5 dicembre 2022, par. 7, 11-12 e Rossi L., Investment management exemption una spinta all’industria se modificata ed accompagnata da necessari chiarimenti, cit., il quale ritiene che questa la regola desti perplessità e che dovrebbe essere eliminata. E ciò, secondo l’Autore, per due ordini di motivi, uno pratico e uno concettuale. Dal punto di vista pratico, richiedere che il manager non entri nel consiglio di amministrazione del veicolo di investimento estero e/o delle sue controllate rende praticamente impossibile dotare la nuova norma di utilità concreta; il motivo concettuale è che l’indipendenza del gestore dovrebbe essere valutata con riferimento ai “clienti” del veicolo di investimento e non al veicolo stesso. Critici sulla norma sono anche Russo R. – Papotti R.A., in un commento sulla stessa pubblicato su Internet intitolato The Italian Investment Management Exemption: A New Dawn for Asset Management in Italy?, in Kluwer International Tax Blog, 13 gennaio 2023.
[13] Peraltro, la stessa Assonime, ancora nella circolare n. 10 del 6 aprile 2023, fa presente che è fisiologico, nel settore degli intermediari finanziari e, in particolare, in quello del private equity, che l’asset manager o i suoi dirigenti o collaboratori ricoprano cariche direttive (con o senza deleghe operative) nei consigli di amministrazione delle controllate (dirette o indirette residenti o non residenti), attraverso cui sono effettuati, per conto del veicolo estero, gli investimenti che necessitano di essere costantemente monitorati. Se così è, la regola in commento rischia di rendere inoperante la nuova disciplina, come avvertito anche da altri commentatori (si veda la nota precedente). Pur essendo, quindi, questa regola del tutto ragionevole sul piano sistematico, come detto, occorre forse trovare un meno stringente contemperamento tra l’esigenza di indipendenza dell’operatore italiano rispetto all’investitore estero e la sussistenza di legami partecipativi o organici tra di essi. Si potrebbe ritenere che la nuova disciplina sia applicabile anche quando il manager faccia parte di un consiglio di amministrazione non inferiore a cinque persone e non abbia la rappresentanza legale né abbia deleghe di alcun genere e quando abbia partecipazioni agli utili in società controllate che nulla ricevono degli utili prodotti in Italia o quando si decida di non distribuire tale utili nel periodo in cui il manager lavora in Italia.
[14] La stabile organizzazione materiale è, per usare sempre una formula sintetica, una sede fissa di affari, costituita da uno spazio fisico, in cui sono collocati i fattori produttivi (mezzi capitalistici e/o forza lavoro) utilizzati da un’impresa straniera per l’esercizio della sua attività in Italia. Su questo istituto, mi permetto ancora rinviare a Gaffuri A.M., Studio sulla funzione e sul concetto di stabile organizzazione nelle imposte sul reddito, cit., 149 ss.
[15] Rileva la situazione esistente nel momento in cui il veicolo acquista o vende il titolo, non nel momento in cui ha termine la transazione. Così, l’operazione ha luogo in Italia se il veicolo vende o acquista un titolo depositato, rispettivamente, dal veicolo medesimo o da un terzo presso una banca italiana, indipendentemente dal fatto che il valore mobiliare, al termine dell’operazione, rimanga depositato presso l’istituto di credito nazionale o sia trasferito altrove.
[16] Il comma 1, lett. c), dell’art. 67 concerne i guadagni realizzati mediante la cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate. Ai sensi di questa norma – si rammenta – hanno tale caratteristica le partecipazioni, i diritti o i titoli che rappresentano, complessivamente, una percentuale di voti esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20% ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25%, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni. Il comma 1, lett. c-bis), dell’art. 67 riguarda, invece, i proventi, diversi da quelli imponibili ai sensi della lett. c), realizzati mediante cessione a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio; quindi, appunto, mediante le partecipazioni non qualificate.
[17] Nella già citata circ. n. 23/E/2002, l’Agenzia afferma che la qualità di soggetto non residente deve essere documentata mediante una dichiarazione da parte dell’interessato. Pertanto, il riconoscimento dell’esclusione spetta ai soggetti non residenti che presentano al sostituto d’imposta o all’intermediario residente con il quale intrattengono rapporti di custodia, amministrazione, deposito o gestione un’attestazione, nella forma dell’autocertificazione, nella quale dichiarino di non essere residenti in Italia secondo le disposizioni della normativa fiscale italiana. Si tratta di una semplice attestazione sottoscritta dall’interessato con firma non autenticata. Qualora i predetti rapporti siano intrattenuti da intermediari non residenti per conto di propri clienti anch’essi non residenti, tale dichiarazione deve essere resa, in luogo dei clienti, dagli intermediari, i quali dovranno dichiarare che tutti i soggetti per conto dei quali sono intrattenuti i predetti rapporti non sono fiscalmente residenti nel territorio dello Stato italiano.
[18] Il regime fiscale di uno Stato estero è privilegiato quando: 1) i redditi conseguiti da chi vi risiede, se è soggetto al controllo di un residente italiano, sono colpiti da una tassazione effettiva inferiore alla metà di quella che avrebbero subito in Italia; 2) in mancanza di un rapporto di controllo, laddove il livello nominale di tassazione nello Stato straniero risulti inferiore al 50% di quello applicabile in Italia (art. 47-bis TUIR).
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Assonime, circolare 6 aprile 2023, n. 10 (Legge di bilancio 2023: le novità dell’art. 162 del TUIR in tema di veicoli esteri di investimento e stabile organizzazione. Il c.d. Investment Management Exemption)
Assonime, Nota tecnica di Assonime nell’ambito dell’attività conoscitiva preliminare all’esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025 (AC 643/bis), 5 dicembre 2022
Avoglio D. – Barbagelata G., Investment Management Exemption sotto la lente di Assonime per arginare possibili contestazioni, in il fisco, 2023, 18, 1753 ss.
Bainotti D. – Stecca V., L’investment management exemption salva i veicoli di investimento esteri dal rischio di stabile organizzazione, in Norme & Tributi Plus, Il Sole24Ore, 12 gennaio 2023
Criminisi W., S.O. personali di veicoli di investimento esteri: al via la Investment Management Exemption, in il fisco, 2023, 3, 252 ss.
Gaffuri A.M., Studio sulla funzione e sul concetto di stabile organizzazione nelle imposte sul reddito, Torino, 2021
Grilli S. – Busia M., Investment Management Exemption: una misura importante ma dalla portata applicativa limitata, in Corr. trib., 2023, 4, 322 ss.
La Candia I. – Giannelli A., Investment management exemption: un’opportunità con qualche “ombra di troppo”, in Fisc. comm. intern., 2023, 5, 27 ss.
Rossi L., Investment management exemption una spinta all’industria se modificata ed accompagnata da necessari chiarimenti, in dirittobancario.it, 7 dicembre 2022
Russo R. – Papotti R.A., The Italian Investment Management Exemption: A New Dawn for Asset Management in Italy?, in Kluwer International Tax Blog, 13 gennaio 2023
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