Atti enunciati e responsabilità solidale del notaio: il caso della rinuncia del socio alla restituzione di un pregresso finanziamento contenuta nella delibera di aumento del capitale sociale

Di Ludovico Nicotina -

(commento a/notes to Cass., Sez. Un., sent. 24 maggio 2023, n. 14432)

 

Abstract

Le Sezioni Unite civili, nella sentenza 24 maggio 2023, n. 14432 affermano che sussiste la responsabilità solidale del notaio per il versamento dell’imposta di registro sugli atti enunciati in quelli soggetti a registrazione in termine fisso dal lui stesso rogati. A prescindere dai molti aspetti dibattibili al fondamento della decisione in esame, meritevoli di separato approfondimento, si propone una, sintetica, ricostruzione dell’emergente responsabilità e della sua plausibile conseguenza.

Enunciated acts and joint liability of notaries: the case of a shareholder’s waiver of reimbursement for a previous financing contained in the resolution for the increase of share capital. – The United Civil Sections, in judgment no. 14432, on May 24, 2023, establish the joint tax liability of the notary for the payment of registration tax on deeds stated in acts subject to fixed registration deadlines notarized by the notary himself. Regardless of the many debatable aspects underlying the foundation of the decision under consideration, worthy of separate in-depth analysis, this paper presents a concise reconstruction of the emerging liability and about its plausible consequence.

 

 

Sommario: 1. Il caso sottoposto alle Sezioni Unite e deciso con la sentenza n. 14432/2023: qualche annotazione sul finanziamento societario. – 2. Il contesto normativo a fondamento della responsabilità solidale del notaio in ordine al versamento dell’imposta di registro sugli atti enunciati. – 3. Il limite soggettivo dell’enunciazione entro cui contenere l’affermata responsabilità notarile. – 4. Il limite oggettivo dell’enunciazione di atti scritti e contratti verbali e della sufficiente enunciazione. – 5. Aspetti critici e plausibile impatto economico.

1. Il caso sottoposto alle Sezioni Unite (per un primo commento, v. Salanitro G., Enunciazione e responsabilità del notaio nell’imposta di registro, in questa Rivista, 3 giugno 2023) riguarda la registrazione telematica, da parte di un notaio, di un verbale di assemblea straordinaria di aumento gratuito del capitale sociale, nel contesto della corrispondente e parziale remissione del debito societario nei confronti del socio finanziatore. L’Ufficio di registro, in seguito alla suddetta registrazione, ha notificato al notaio l’avviso di liquidazione per il mancato pagamento dell’imposta di registro sugli atti enunciati, ovvero il contratto di finanziamento infruttifero accordato verbalmente dal socio alla società, nonché il medesimo atto di rinuncia parziale al rimborso di tale finanziamento.

Si tratta di una fattispecie ricorrente nella prassi commerciale societaria alla quale sono stati dedicati numerosi studi e che ha prodotto una consistente giurisprudenza sia in ordine alle questioni di diritto commerciale e contabile che a quelle di matrice tributaria.

In vero, tra le varie forme di apporti tramite i quali i soci possono fornire alla compagine societaria capitale sociale – ivi comprese le ipotesi di versamenti diretti in conto capitale o anche a fondo perduto oppure, ancora, in conto futuro aumento di capitale (al riguardo Finaldi E., La fiscalità dei finanziamenti soci, dei versamenti a fondo perduto e di quelli a futuro aumento di capitale, in Notariato, 2021, 6, 667 ss.) – i finanziamenti infruttiferi eseguiti in carenza di contratto di mutuo scritto e corredati dalla successiva rinuncia alla restituzione del capitale stesso, da parte del socio finanziatore, sono palesemente frutto di operazioni economiche più complesse e meno trasparenti sia commercialmente che fiscalmente.

Il finanziamento da parte del socio, secondo la dottrina ed in base alla normativa vigente, è sussumibile nella fattispecie del contratto di mutuo.

A norma dell’art. 46 TUIR, infatti, «le somme versate alle società commerciali e agli enti di cui all’art. 73, co. 1, lett. b), dai loro soci o partecipanti si considerano date a mutuo se dai bilanci o dai rendiconti di tali soggetti non risulta che il versamento è stato fatto ad altro titolo».

Di conseguenza, per la società dovrebbe sorgere l’obbligo di restituzione (art. 1813 c.c.) e, salva diversa volontà delle parti, anche l’obbligo di corrispondere gli interessi (artt. 1815 c.c.).

La successiva rinuncia alla restituzione del capitale stesso potrebbe inquadrarsi quale novazione oggettiva della fonte dell’apporto, di conseguenza non più identificabile quale contratto di mutuo, ma come forma atipica di versamento.

Secondo l’orientamento della Cassazione (sez. V, sent. 24 settembre 2014, n. 26842) la rinuncia del socio alla restituzione del capitale stesso, a differenza di quella da parte di un eventuale finanziatore esterno, non sarebbe identificabile come atto di rimessione di debito (ex art. 1236 c.c.) e dovrebbe, invece, essere considerata come una più generica rinunzia all’esercizio del diritto alla restituzione. Rinuncia dalla quale non deriverebbe effetto estintivo dell’obbligazione nascente dal finanziamento, traducendosi quest’ultimo in una patrimonializzazione societaria che continuerebbe ad avere per il socio finanziatore effetto vantaggioso indiretto (in questo senso l’ODCEC di Roma, La rinuncia dei soci alla restituzione dei crediti, 2019, 8, afferma «la rinuncia a un credito vantato nei confronti della società è un atto che comporta necessariamente un’aspettativa di futura utilità da parte del socio»).

Quest’ultima esegesi, peraltro, manifesta aspetti di potenziale interesse anche in relazione alle ipotesi enunciazione del contratto verbale di finanziamento, consentendo di ritenere non «cessato l’effetto delle disposizioni enunciate» e comunque applicabile l’enunciazione alla stregua dell’art. 22, comma 2, TUR.

 

2. La fattispecie s’inquadra, pertanto, in una cornice problematica ed in un alveo normativo, costituito dagli artt. 22 e 57 D.P.R. n. 131/1986 (TUR), rispettivamente riferibili all’enunciazione ed alla responsabilità solidale del notaio per l’imposta di registro, a propria volta assai discusso.

La responsabilità solidale atipica del notaio, nel solco dell’art. 64 D.P.R. n. 600/1973, com’è noto, è questionabile non solo in quanto atipica e, dunque, di per sé eccezionale rispetto a quanto dispone il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., inteso in chiave necessariamente personalistica, ma in quanto, per effetto dell’introduzione della modalità di registrazione telematica, di cui all’art. 3-bis D.Lgs. n. 463/1977, essa si manifesta come sostanzialmente prioritaria se non esclusiva con riguardo all’imposta principale e alla c.d. imposta postuma. Si è, infatti, richiamato in dubbio si possa continuare a considerare attendibile il tradizionale e già richiamato fondamento solidaristico (su questa rivista Tabet G., Il notaio è diventato un sostituto d’imposta?, in Riv. tel. dir. trib., 2021, 1, XVI, 659 ss.).

Anche l’art. 22 TUR è oggetto di dibattiti e non brilla per esemplare chiarezza. In particolare, secondo parte della dottrina difetta di sistematicità rispetto alle altre norme del Testo Unico di registro che disciplinano le modalità ed i presupposti della registrazione, in termine fisso, in caso d’uso, volontaria o d’ufficio (artt. 5, 6, 8 e 15 TUR).

Entrambe le norme in questione, cioè gli artt. 22 e 57 TUR, si pongono, comunque, come eccezionali e, pertanto, gli sforzi ermeneutici, svolti per dar loro un attendibile e coerente contenuto, dovrebbero essere mantenuti entro i confini di una stretta interpretazione.

Le interpretazioni giurisprudenziali, pur consolidate, dalle quali trae fondamento la decisione in esame, non appaiono irreprensibili sotto quest’aspetto e, almeno per questo motivo, è lecito dubitare che possano ritenersi risolutive, poiché non sono ampiamente condivise.

Le Sezioni Unite, confermata la natura giuridica solidale della responsabilità notarile, identificano l’atto enunciante come «atto fiscalmente cumulativo». «Redatto e ricevuto dal notaio sia nella parte enunciativa del verbale di assemblea straordinaria societaria per aumento del capitale sociale sia nella parte enunciata del finanziamento soci e della rinuncia parziale al correlato credito restitutorio». Trovando, di conseguenza, il modo di poter “agganciare” all’esercizio della funzione notarile, che costituisce la premessa legislativa della responsabilità solidale ed il nesso tipizzato dal legislatore tra la fattispecie imponibile e l’apporto del funzionario. Il collegamento è identificato nella redazione dell’atto enunciante, che fornisce veste scritta e rilevanza pubblica anche al contratto verbale di finanziamento ed all’atto unilaterale di rinunzia alla restituzione del credito enunciati i quali, comunque, sono “ricevuti” dal notaio nel corpo dell’atto enunciante stesso.

Si ritengono così soddisfatte le previsioni di cui agli artt. 10 e 57 TUR che, rispettivamente in tema di soggetti obbligati a richiedere la registrazione e di soggetti obbligati al pagamento, utilizzano la medesima formula di atti «redatti, ricevuti o autenticati» dal notaio. Si tratta di una esegesi, seppur potenzialmente accettabile, che implica un’elasticità ermeneutica non perfettamente compatibile con la natura eccezionale delle disposizioni coinvolte.

È, tuttavia, con riguardo all’art. 22 TUR ed ai presupposti, soggettivo e oggettivo, dell’enunciazione che si manifestano, in questo senso, le più rilevanti criticità, anche in relazione all’affermazione della responsabilità notarile.

 

3. Venendo, dunque, ai limiti entro i quali dovrebbe, comunque, essere mantenuta l’efficacia del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite e, cioè, dell’affermata responsabilità notarile per il versamento dell’imposta di registro da enunciazione occorre riservare qualche considerazione agli aspetti da ultimo accennati.

I presupposti di cui all’art. 22 TUR sono stati considerati entrambi soddisfatti dalle Sezioni Unite, in linea con interpretazioni consolidate della Suprema Corte che, tuttavia, estendono la littera legis ben oltre i confini dell’esegesi letterale, alla ricerca di una discussa ratio legis che involge la valutazione della funzione dell’enunciazione.

L’affermazione della responsabilità notarile in merito all’imposta di registro dovuta sugli atti enunciati poggia sul presupposto dell’identità delle parti, degli atti enunciati ed enunciante, nonché della funzione antielusiva dell’art. 22.

L’identità tra le parti degli atti in questione, tuttavia, è rinvenibile solo in senso estremamente lato, sicuramente non coincidente con la nozione negoziale. Il termine parti è utilizzato dall’art. 22 in modo contraddittorio. In ordine al documento enunciante, la disposizione tratta genericamente di atti mentre, in relazione agli enunciati si riferisce ad atti scritti o contratti verbali e, in fine, richiedendo l’identità torna a trattar di “parti”. Lascia, dunque, il dubbio che l’atto enunciante possa essere unilaterale ed enunciare atti negoziali e viceversa. Ipotesi riguardo alle quali un’identità di parti in senso stretto non potrebbe mai verificarsi.

La formulazione, inoltre, sembra escludere dagli atti enunciabili quelli verbali non contrattuali (sebbene anche in dottrina ci si sia chiesti, in proposito se il legislatore «minus dixit quam voluit», così Busani A., La “enunciazione” di atti scritti e di contratti verbali, in Dir. prat. trib., 2019, 3, 1383). Nella fattispecie, peraltro, essendo l’atto enunciante un verbale di assemblea, che le stesse Sezioni Unite rammentano non aver funzione negoziale, ma di «resoconto di avvenimenti storici al quale il notaio attribuisce, per legge, fede pubblica», si trattava di atto che si ritiene privo di parti (in tal senso Salanitro G., Il finanziamento soci enunciato in verbale notarile deve essere registrato, in GT – Riv. giur. trib., 2020, 3, 219-220, sostiene non si possano identificare come tali i soci e la società).

Nel solco di una giurisprudenza consolidata quanto discussa – nonostante i soci intervenuti in assemblea, di norma, non sottoscrivano il verbale e neppure ne abbiano un’effettiva disponibilità – le Sezioni Unite, invece, hanno ritenuto sussistere una sufficiente relazione identitaria tra le parti del contratto di finanziamento, cioè socio finanziatore e società finanziata, e quelle rappresentate nell’assemblea, il cui verbale costituisce atto enunciante.

Quest’affermazione, evidentemente frutto di esegesi estensiva ai limiti dell’ammissibile, trae fondamento, secondo gli Ermellini, dalla funzione della norma quale disposizione antielusiva. L’identificazione delle parti si considera plausibile con riferimento a tutti quei soggetti «titolari di situazioni giuridico-patrimoniali che subiscono variazioni sostanziali, tra le quali corre un rapporto connettivo» (il virgolettato è di Gaffuri A.M., Limiti alla responsabilità del notaio per il pagamento dell’imposta di registro relativa agli atti enunciati, in Il Tributario, 5 settembre 2022, 4).

Si identificano, dunque, limiti particolarmente estesi, ma pur sempre entro i quali è necessario contenere l’effetto enunciativo anche ai fini dell’affermata responsabilità notarile. Responsabilità che, come osservato, implica già il coinvolgimento di un soggetto terzo rispetto alle fattispecie imponibili enunciate e che non può tollerare che si coinvolgano anche altri soggetti terzi del tutto estranei rispetto all’atto enunciante e viceversa. Questa “limitazione” è estremamente rilevante anche in termini pratici, poiché occorre ritenere, come concludono le stesse Sezioni Unite, che i notai godano delle prerogative loro garantite dalla legge notarile (quali quella di rifiutare il proprio ministero, ex art. 28 L. n. 89/1913, in caso di mancato riscontro positivo in merito alla richiesta di provvista anche relativamente agli atti enunciati) ed occorre, pertanto, anche allo scopo d’identificare le parti nei confronti delle quali i notai potrebbero avanzare tale richiesta.

Per altro verso il collegamento alla funzione antielusiva ed all’emersione di ipotetiche capacità contributive dei medesimi soggetti finisce con l’assegnare all’enunciazione il ruolo di un peculiare, diverso e autonomo presupposto impositivo. Ruolo che ha suscitato accesi dibattiti in ordine alla dubbia razionalità sistematica di una norma antielusiva che consenta il recupero a tassazione di atti non ancora assoggettati ad imposizione, perché da non registrare o da registrare solo in caso d’uso per i quali l’enunciazione, non corrispondendo a richiesta di registrazione volontaria né a caso d’uso, ne prenderebbe il posto.

 

4. Dal punto di vista oggettivo, poi, non solo l’enunciazione deve avvenire in atto da registrarsi in termine fisso e deve aver riguardo ad atti scritti o contratti verbali non registrati, ma deve anche essere sufficiente.

Sotto il primo aspetto è il caso di annotare che, avallando la tesi che l’enunciazione dia luogo ad un’ipotesi in cui l’obbligo di registrazione sorge indipendentemente dal verificarsi dei suoi tradizionali presupposti, si potrebbe porre il dubbio che l’imposta da enunciazione sia dovuta anche laddove venisse meno il presupposto, cioè l’atto enunciante. Questione in merito alla quale la stessa Amministrazione finanziaria sembra limitare l’effetto dell’enunciazione in ragione della necessaria e condizionante efficacia dell’atto enunciante, per lo meno ove gli atti enunciati non siano soggetti a registrazione in termine fisso (in tal senso ris. min. n. 77/2003).

Riguardo, invece, all’efficacia dell’enunciazione di atti verbali non contrattuali le Sezioni Unite, ritenendo enunciato anche l’atto unilaterale non scritto di rinuncia alla restituzione del capitale oggetto del finanziamento, confermano un orientamento particolarmente discutibile, poiché, in questo caso, non si risolve in una interpretazione estensiva resa necessaria dalla stessa formulazione legislativa ma prescinde dal dato letterale di segno opposto e delimitativo, modificando sensibilmente l’ambito oggettivo di una disposizione eccezionale. Come rilevato, infatti, il dato normativo, riguardo agli atti enunciati, tratta solo di atti scritti e contratti verbali.

L’esegesi, se pur supportata dal consolidato diritto vivente, contrastando con la norma scritta genera ulteriore incertezza e quest’ultima certamente non rende agevole al notaio dirimere la questione ai fini dell’eventuale liquidazione dell’imposta sugli atti enunciati e lo sottopone, pertanto, al rischio di vedersi notificare avvisi telematici poco fondati e, comunque, poco prevedibili.

Infine, sotto quest’aspetto, si rivela essenziale la sufficienza dell’enunciazione, nella misura in cui essa non solo è indispensabile all’efficacia dell’art. 22 TUR, ma anche allo scopo di consentire al pubblico funzionario di determinare gli elementi indispensabili alla registrazione degli atti enunciati e liquidazione dell’imposta relativa. Allo stesso tempo, è necessaria anche allo scopo di mantenere entro i limiti del controllo svolto sull’atto enunciante senza trascenderne il contenuto, il riscontro dell’imposta dovuta anche per gli atti enunciati. Se a questo scopo l’Ufficio dovesse compiere ulteriori indagini e accertamenti, invece, il recupero d’imposta conseguente andrebbe esercitato nei confronti delle parti e non del notaio, poiché tale imposta andrebbe considerata come imposta complementare e non principale postuma (ai sensi dell’art 42 TUR). È evidente, invero, che la mera menzione, come troppo spesso accaduto in passato, di poste in bilancio che facciano desumere l’esistenza di un finanziamento non dovrebbe mai essere considerata una sufficiente enunciazione nei termini in cui non potrebbe essere assimilata ad una sorta di “deposito” degli atti enunciati presso il notaio e, nel caso dei contratti verbali, di loro formalizzazione da parte di quest’ultimo in cumulo con l’atto enunciante.

 

5. La decisione delle Sezioni Unite, profittando di alcune specificità del caso in oggetto, che consentivano di ritenere sufficiente l’enunciazione del contratto e non ancora cessato il suo effetto, perché la rinuncia al credito era solo parziale, non hanno approfondito questi aspetti rilevanti in modo adeguato e, per il resto, hanno privilegiato un approccio conformativo che non ha risolto i molti dubbi posti in merito ad esegesi piuttosto discutibili seppur consolidate nella giurisprudenza precedente della stessa Corte. La delicata ed annosa questione della responsabilità solidale del notaio, affrontata in ordine all’imposta da enunciazione, è stata, pertanto, risolta sulla base di premesse normative ed ermeneutiche piuttosto fragili e discusse, nonché trascurando molteplici aspetti di sicuro interesse, seppur ciò è avvenuto restando nell’ambito delle questioni poste e che era necessario risolvere con la pronuncia esitata, come si addice al ruolo giudiziale anche se di legittimità.

Le questioni suscitate vanno, tuttavia, ben oltre quelle affrontate e anche queste non sono risolte con la necessaria precisione, certezza ed univocità. La possibilità che, per il futuro, la responsabilità del rogante si palesi con frequenza e che i notai possano essere chiamati a risolvere problemi rimasti insoluti o di incerta soluzione potrebbe, dunque, essere elevata se non fosse che la prassi notarile tendeva già ad “evitare” le enunciazioni in modi che, seppur si volessero contestare quali forme di abuso del diritto, andrebbero certamente contestati nei confronti delle parti e non dei pubblici funzionari, come si evince dalla stessa procedimentalizzazione della contestazione dell’abuso ex art. 10-bis Statuto dei diritti del contribuente.

L’impressione è che nel dare continuità alle proprie esegesi in tema di enunciazione e nel rafforzarne l’effetto con l’affermazione della responsabilità notarile in ordine alla stessa, che accentua il suo ruolo di garanzia nel soddisfacimento della pretesa tributaria, le Sezioni Unite abbiano inteso “sanzionare” e, dunque, scoraggiare la prassi commerciale dell’apporto atipico e indiretto di capitali da parte del socio. Impegnando a tal fine maggiormente e in primo luogo il rogante, nella fase di primo e preliminare controllo, nonché di filtro disincentivante in relazione a movimenti di capitali la cui complessità e relativa “opacità”, evidentemente, è giudicata negativamente e ritenuta sottendere tentate elusioni fiscali.

Al fine di sterilizzare le conseguenze pregiudizievoli per il notaio, paventate dall’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite (Cass., sez. V, ord. 6 aprile 2022, n. 11118) gli Ermellini ammettono che si possa richiedere, in via cautelare, il deposito della provvista anche in relazione agli atti potenzialmente enunciati, come rammentato. Anche questa soluzione, tuttavia, manifesta dei limiti nella misura in cui occorrerà considerare fino a che punto sarà plausibile al funzionario rifiutare il proprio operato nei casi, tutt’altro che rari d’incerta enunciazione. In altri termini, il problema è che alla pronuncia delle Sezioni Unite, provenendo dalla massima autorità dell’organo detentore della funzione nomofilattica, rischia di assegnarsi una portata che potrebbe trascendere i limiti della soluzione di casi simili e, dunque, che per tali si finiscano per considerare casi giuridicamente ed economicamente dissimili, riguardo ai quali vi sarebbero ancor meno ragioni per intervenire con modalità così pesantemente dissuasive.

In quest’ottica, l’indirizzo delle Sezioni Unite (confermativo dell’unico precedente finora registrato rinvenibile in Cass., sez. V, 24 giugno 2021, n. 18113) potrebbe rivelarsi un concreto ostacolo alle operazioni di ricapitalizzazione e ripianamento delle perdite pur tanto indispensabili al riavvio dell’economia nazionale. Circostanza non certo positiva a fronte delle frequenti e recenti crisi di liquidità che affliggono la maggior parte delle imprese e, dunque, in relazione alle esigenze di politica economica. Esigenze che, ovviamente, devono essere oggetto delle scelte legislative ma alle quali il potere giudiziario, non di rado particolarmente sensibile alle esigenze del Fisco, non dovrebbe esser sordo.

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