Prospettive di revisione delle condizioni e delle limitazioni al riporto delle perdite nell’ambito dei trasferimenti infragruppo
Di Luca Miele
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Abstract
Con la L. 9 agosto 2023, n. 111 è stata approvata le delega al Governo per la riforma del sistema fiscale. Nell’ambito dei principi e criteri direttivi che riguardano la revisione dell’imposizione delle società soggette a IRES, è previsto anche il riordino della disciplina della circolazione delle perdite fiscali in caso di operazioni straordinarie. Oggetto di questo contributo è una prospettazione delle possibili modifiche che i decreti di attuazione della riforma potranno recare in materia di limitazioni e condizioni al riporto delle perdite nell’ambito di operazioni di riorganizzazione aziendale infragruppo; in particolare, l’interesse sarà focalizzato sulla norma di cui all’art. 84, comma 3, TUIR e sulla disposizione antielusiva specifica in esso contenuta.
Prospects for the review of conditions and restrictions on loss carry-forward in the context of intra-group transfers. – With Law no. 111 of 9 August 2023, the delegation to the Government for the reform of tax system was approved. Within the guiding principles and criteria for the review of the taxation of companies subject to IRES, the reorganization of the discipline concerning the regulation of the movement of tax losses in case of extraordinary operations is also envisaged. The object of this contribution is an overview of the possible changes that the decrees implementing the reform may bring as regards conditions and restrictions on loss carry-forward in the context of intra-group corporate reorganization operations; in particular, the interest will be focused on the rule referred to in Art. 84, Paragraph 3, TUIR, as well as on the specific anti-avoidance provision contained therein.
1. L’art. 6 L. 9 agosto 2023, n. 111 (da qui in avanti, delega fiscale), nell’ambito dei princìpi e dei criteri direttivi cui dovrà attenersi la revisione del sistema di imposizione sui redditi delle società e degli enti (IRES), prevede, alla lett. e), il «riordino del regime di compensazione delle perdite fiscali e di circolazione di quelle delle società partecipanti a operazioni straordinarie o al consolidato fiscale». In particolare, in questa sede avremo particolare riguardo ai principi stabiliti al n. 3) della medesima lett. e), al fine di prospettare alcune possibili revisioni della disciplina recata dall’art. 84, comma 3, TUIR in materia di esclusione del riporto delle perdite e relative circostanze esimenti.
Il richiamato n. 3) prevede, quale criterio direttivo, la «modifica della disciplina del riporto delle perdite nell’ambito delle operazioni di riorganizzazione aziendale, non penalizzando quelle conseguite a partire dall’ingresso dell’impresa nel gruppo societario…….».
2. Si tratta di una indicazione di indubbia rilevanza per il legislatore delegato secondo la quale occorre evitare penalizzazioni per le perdite fiscali realizzate prima di effettuare l’operazione di riorganizzazione societaria ma, comunque, in un periodo d’imposta in cui la società che ha in dote tali perdite faceva già parte dello stesso gruppo cui appartiene l’altra società partecipante a tale operazione di riorganizzazione.
In effetti, la normativa vigente di cui agli artt. 172, comma 7 e 173, comma 10, TUIR non opera alcuna distinzione tra:
fusioni o scissioni cui partecipano società che non appartengono al medesimo gruppo o che, pur appartenendo al medesimo gruppo, sono “dotate” di perdite fiscali realizzate in periodi di imposta antecedenti a quello in cui sono entrate a far parte del medesimo gruppo;
fusioni o scissioni cui partecipano società che appartengono al medesimo gruppo e che sono “dotate” di perdite fiscali realizzate in periodi d’imposta successivi a quello di ingresso nel gruppo.
E’ stato osservato (Scarioni P. – Martino A.F., Perdite transfrontaliere: il corto circuito tra i principi comunitari e i vincoli di diritto interno, in Corr. trib., 2023, 2, 155) che tale mancata distinzione è da ricondursi alla circostanza che, al momento della prima introduzione di limiti al riporto delle perdite nel caso di fusione (art. 1 D.L. 18 giugno 1986, n. 277), una società poteva dedurre dal proprio reddito imponibile le svalutazioni delle partecipazioni da essa detenute e, quindi, ammettere che essa potesse, a seguito dell’incorporazione delle società partecipate, utilizzare le loro perdite, avrebbe comportato una duplicazione del beneficio.
Si tratta di una motivazione venuta meno a seguito dell’inserimento della disposizione ai sensi della quale «se le azioni o quote della società la cui perdita è riportabile erano possedute dalla società incorporante o da altra società partecipante alla fusione, la perdita non è comunque ammessa in diminuzione fino a concorrenza dell’ammontare complessivo della svalutazione di tali azioni o quote effettuata ai fini della determinazione del reddito dalla società partecipante o dall’impresa che le ha ad essa cedute dopo l’esercizio al quale si riferisce la perdita e prima dell’atto di fusione» (art. 172, comma 7, terzo periodo, TUIR).
In forza di tale disposizione, nei casi di rilevanza fiscale delle svalutazioni di partecipazioni, la citata duplicazione del beneficio di deduzione delle perdite non può comunque più verificarsi. Si tratta, peraltro, di fattispecie oramai del tutto residuale in quanto nell’attuale contesto normativo, fatta eccezione per la possibilità degli intermediari finanziari di dedurre svalutazioni riferite alle partecipazioni acquisite nell’ambito di interventi finalizzati al recupero di crediti o a quelle derivanti dalla conversione in azioni di nuova emissione dei crediti verso imprese in temporanea difficoltà finanziaria (cfr. art. 113 TUIR), le svalutazioni di partecipazioni effettuate da soggetti OIC adopter non sono mai deducibili (artt. 94, comma 4, e 101, comma 2, TUIR) e quelle effettuate dai soggetti IAS adopter sono deducibili solo se relative a partecipazioni che non si considerano immobilizzazioni finanziarie (artt. 94, comma 4-bis, e 110, comma 1-bis, lett. b, TUIR).
3. Nel presupposto, quindi, che i decreti attuativi della delega fiscale, nell’attuare il criterio direttivo previsto dall’articolo 6, interverranno ad eliminare le condizioni e i limiti di riportabilità delle perdite nel caso di operazioni di fusione o scissione cui partecipano società che appartengono al medesimo gruppo e che sono “dotate” di perdite fiscali realizzate in periodi d’imposta successivi a quello di ingresso nel gruppo stesso, si ritiene che tale revisione debba opportunamente riguardare anche la disciplina di cui all’art. 84, comma 3, TUIR che esclude il riporto delle perdite di cui al comma 1 del medesimo articolo, al contestuale verificarsi delle condizioni di seguito indicate:
la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite venga trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo (“cambio del controllo”);
l’attività principale in fatto esercitata nei periodi d’imposta in cui le perdite sono state realizzate venga modificata. La modifica dell’attività assume rilevanza se interviene nel periodo d’imposta in corso al momento del trasferimento od acquisizione ovvero nei due successivi od anteriori (“cambio dell’attività principale”).
La ratio di siffatta disposizione antielusiva specifica risiede, come esplicitato dalla Relazione ministeriale all’art. 8, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 358/1997 (disposizione con la quale è stato inserito nell’allora art. 102 – ora art. 84 – del previgente TUIR il comma 1-ter – ora comma 3), nella volontà di impedire un utilizzo patologico dell’istituto del riporto delle perdite fiscali; si legge che «il cosiddetto “commercio di bare fiscali”, pur frenato dalle restrizioni imposte nell’ambito delle fusioni di società […] non si è mai interrotto. Esso si è, invece, affinato ricorrendo a tecniche le più varie incentrate sul meccanismo di acquisizione del controllo di una società carica solo di perdite fiscali; in tal caso, si spostano sulla società in perdita attività redditizie (conferendovi un ramo d’azienda profittevole, una sofisticata tecnologia, o più semplicemente facendo ad essa acquisire vantaggiosi contratti) e utilizzano le perdite fiscali della ex bara per compensare gli utili realizzati dalla società con profitti. La norma proposta ha lo scopo di arginare questo fenomeno e ricondurre l’istituto del riporto delle perdite alla sua naturale funzione evitandone il patologico uso come strumento di elusione fiscale […]».
In altre parole, è evidente la volontà del legislatore di colpire quelle situazioni in cui si trasferisce oggettivamente ad altri la possibilità di fare uso delle perdite, se nel lasso di tempo sospetto si realizza l’altra condizione, consistente nel cambiamento dell’attività principale.
Si tratta di una ulteriore disciplina ad hoc che riguarda un utilizzo strumentale di compensazione intersoggettiva delle perdite e che si aggiunge a quelle già previste di restrizione al riporto delle perdite fiscali in caso di fusioni e scissioni. La finalità è la medesima: il contrasto del “commercio delle bare fiscali”.
Dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2017, la limitazione al riporto delle perdite in discorso è stata estesa:
agli interessi passivi indeducibili, eccedenti il 30% del ROL, riportabili a nuovo (ex 96, comma 5, TUIR);
alle eccedenze del rendimento nozionale ai fini della c.d. deduzione ACE (ex 1, comma 4, D.L. n. 201/2011).
Al fine di disapplicare la disposizione antielusiva specifica, l’impresa può interpellare l’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 11, comma 2, L. 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), fornendo la prova che nel caso concreto non sussiste l’intento abusivo che la norma intende contrastare.
Tralasciando le diverse criticità e questioni interpretative che la concreta applicazione dell’art. 84, comma 3 pone, ciò che preme osservare in questa sede è che la modifica che il legislatore delegato dovrà introdurre in seno all’art. 172, comma 7, TUIR, al fine di eliminare le limitazioni e condizioni alla circolazione delle perdite in caso di fusioni realizzate fra soggetti che appartengono al medesimo “soggetto economico”, dovrà necessariamente produrre effetti anche in tema di circostanze esimenti nell’ambito del predetto art. 84, comma 3, TUIR. Ricordiamo infatti che la limitazione al riporto delle perdite prevista da tale norma viene meno al sussistere di alcune circostanze; anteriormente alle modifiche recate dall’art. 36, comma 12, lett. b), D.L. n. 223/2006, la disposizione in parola riportava le seguenti cause di esclusione (alternative tra loro):
a) le partecipazioni siano acquisite da società controllate dallo stesso soggetto che controlla il soggetto che riporta le perdite ovvero dal soggetto che controlla il controllante di questi (prima esimente);
b) le partecipazioni siano relative a società che nel biennio precedente a quello di trasferimento hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità e per le quali dal conto economico relativo all’esercizio precedente a quello di trasferimento risultino un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’art. 2425 c.c., superiore al 40% di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori (seconda esimente).
In relazione alla prima esimente, la predetta relazione ministeriale all’art. 8 D.Lgs. n. 358/1997 affermava che qualora il trasferimento del controllo «si verifichi all’interno del medesimo gruppo, non vi è motivo per penalizzare il passaggio, considerata la sostanziale identità del soggetto economico in questione». Il limite al riporto delle perdite fiscali non trovava quindi applicazione qualora le partecipazioni di controllo fossero state acquisite (i) da società controllate dallo stesso soggetto che controllava il soggetto che riporta le perdite (società sorelle) ovvero (ii) dal soggetto che controlla il controllante di questi.
Va osservato che all’epoca l’accettazione da parte dell’ordinamento del fenomeno del trasferimento indiretto infragruppo delle perdite, fenomeno che quindi non risultava meritevole di disapprovazione nell’ambito della disciplina dell’art. 84 TUIR, non trovava invece corrispondenza nella disciplina delle fusioni e delle scissioni che non distingueva tra perdite maturate all’interno del gruppo e perdite maturate fuori, seppure secondo una certa lettura, in via interpretativa, fosse possibile pervenire all’estensione alle fusioni e alle scissioni della esimente delle operazioni realizzate fra soggetti del gruppo per le perdite maturate all’interno dello stesso.
Il citato art. 36, comma 12, D.L. n. 223/2006 ha tuttavia abrogato l’esimente di cui alla lett. a) in quanto, come chiarito dalla relazione al D.L. n. 223/2006, «l’esimente in questione non appare pienamente giustificabile e, soprattutto, non appare coordinata con il divieto posto nel consolidato di sfruttare le perdite pregresse: divieto che, in tal modo, può essere facilmente superato».
Tale abrogazione è stata oggetto, all’epoca, di un vivace dibattito in dottrina fra coloro (Zizzo G., Considerazioni sistematiche in tema di utilizzo delle perdite fiscali, in Rass. trib., 2008, 4, 929 ss.) che, nel reputare non irrazionale l’abrogazione della previsione in parola, hanno asserito che «se le perdite per le quali si può ritenere ragionevole detto trasferimento sono solo quelle maturate all’interno del gruppo medesimo, in un ordinamento che dispone di un meccanismo di tassazione consolidata, la sua realizzazione ben può (certo, non deve) essere affidata esclusivamente all’adozione di quest’ultimo», e chi invece ha letto in modo critico l’abrogazione effettuata in quanto in entità uniche sotto il profilo economico ha scarso significato impedire la compensazione fra utili e perdite dei soggetti che compongono il gruppo stesso. In tale ultimo caso, è non ragionevole considerare “commercio” il trasferimento delle perdite infragruppo in quanto non si modifica il soggetto economico abilitato alla compensazione delle perdite (Corradi A. – Lupi R. – Stevanato D., L’abrogazione del “libero trasferimento” delle perdite pregresse intragruppo, in Dialoghi di diritto tributario, 2006, 7/8, 963 ss.).
Nel sistema attuale, quindi, il requisito del cambio del controllo si intende realizzato anche in ipotesi di trasferimento del controllo all’interno del medesimo gruppo e non solo in caso di trasferimenti in favore di soggetti terzi al di fuori del gruppo; opera solo l’esimente della vitalità per la quale la relazione ministeriale al D.Lgs. n. 358/1997 (che ha inserito nell’art. 102 del vecchio TUIR la norma in commento), chiarisce che «non vale la pena di penalizzare il trasferimento di partecipazioni ove il contenuto della società ceduta testimoni la sua persistente vivacità e che, quindi, non di bara si tratta bensì di attività economica momentaneamente operante in ciclo negativo».
Si ritiene, come anticipato, che poiché l’intervento del legislatore delegato dovrà necessariamente riconoscere la libertà di “circolazione” delle perdite fiscali all’interno del medesimo “soggetto economico”, ciò determinerà l’assenza di limitazioni e condizioni alla circolazione delle perdite in caso di fusioni e scissioni realizzate fra soggetti appartenenti al medesimo gruppo e che sono “dotati” di perdite fiscali realizzate in periodi d’imposta successivi a quello di ingresso nel gruppo stesso, e, per coerenza, medesimo intervento dovrà riguardare i limiti al riporto delle perdite contenuti nell’art. 84, comma 3, TUIR: poiché una delle condizioni di applicabilità di tali limiti è la circostanza che la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite sia trasferita, occorrerà ripristinare la norma (abrogata dall’art. 36, comma 12, D.L. n. 223/2006) ai sensi della quale non rilevavano i trasferimenti infragruppo di tali partecipazioni. Non vi è alcuna ragione per trattare diversamente fattispecie di conferimento o cessione di azienda in una società del gruppo dotata di perdite riportabili, oppure di trasferimento infragruppo di partecipazioni in società ricca di perdite, rispetto a una fusione tra società, appartenenti allo stesso gruppo, di cui alcuna con perdite fiscali riportabili.
Le condizioni e i limiti di cui agli artt. 172, comma 7 e 84, comma 3 dovranno quindi continuare ad applicarsi – salva la disapplicazione mediante istanza di interpello – solo in caso di commercio delle “bare fiscali” extragruppo.
Peraltro, occorre anche chiedersi se sarà ancora ragionevole escludere le perdite pregresse, cioè le perdite maturate ante esercizio dell’opzione per la tassazione consolidata di cui all’art. 117 ss. TUIR, dal consolidamento degli imponibili o se sia opportuno precludere la compensabilità di tali perdite solo se, al momento della loro maturazione, il soggetto non faceva già parte del gruppo.
4. Per connessione di argomento si osserva che, con riferimento alla preclusione al riporto delle perdite di cui al comma 3 dell’art. 84 TUIR, sussistono dubbi interpretativi anche in relazione alla condizione consistente nel trasferimento della “maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie” della società che riporta le perdite fiscali.
In particolare, è dubbio se tale norma includa anche la fattispecie del cambio del controllo indiretto, e cioè il trasferimento della partecipazione che rappresenta la maggioranza dei diritti di voto del soggetto che a sua volta controlla la società che riporta le perdite fiscali.
In altre parole, si chiede se assuma una qualche rilevanza il trasferimento delle partecipazioni nella società che controlla quella che ha generato le perdite ovvero il passaggio di mano delle partecipazioni in società poste, comunque, a monte della catena di controllo.
Al riguardo, non può negarsi che anche il trasferimento indiretto del controllo possa determinare quel “commercio di bare fiscali” disapprovato dal sistema in quanto contrario alla ratio della norma sul riporto in avanti delle perdite. Assonime ha in tal senso affermato che «non è plausibile che il commercio di bare fiscali possa ritenersi disapprovato dal sistema quando oggetto del trasferimento sia direttamente la società titolare delle perdite e che possa invece essere considerato legittimo quando sia posto in essere con la cessione di società intermedie che a loro volta possiedono la bara».
In tal senso, si è espressa, di recente, anche l’Agenzia delle Entrate (Risposta a interpello n. 39 del 20 gennaio 2022) che, superando il dettato letterale della norma, ha affermato che il trasferimento del controllo della società dotata di perdite fiscali si ritiene avvenuto non solo quando esso è realizzato direttamente – trasferendo, appunto, la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie di tale società – ma anche quando è realizzato indirettamente, attraverso il trasferimento della maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee della società che controlla tale società (cessione della sua controllante o di altro anello della catena partecipativa collocato più in alto).
Secondo l’Agenzia, infatti, «ancorché la lettera della norma non sembri attribuire rilievo al trasferimento di una partecipazione di maggioranza del soggetto che controlla indirettamente la società che riporta le perdite, una siffatta interpretazione sarebbe contraria alla ratio ispiratrice della norma […] in quanto la circolazione disapprovata dal sistema potrebbe avvenire anche indirettamente attraverso la cessione della società che controlla la “bara”».
In dottrina, è stato osservato che il menzionato comma 3 non dovrebbe essere interpretato in modo estensivo, superando il suo dettato letterale («In primis, non può trascurarsi il dato testuale che, riferendosi senza mezzi termini al trasferimento della “maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite”, non sembra lasciare spazio ad equivoci di sorta») e che il contrasto delle eventuali condotte abusive – che, mediante il trasferimento indiretto del controllo della società dotata di perdite fiscali, perseguono il medesimo vantaggio fiscale indebito che si è inteso impedire mediante la citata disposizione normativa – dovrebbe avvenire applicando la clausola antiabuso generale di cui all’art. 10-bis L. n. 212/2000.
Considerate le criticità che l’interpretazione estensiva di una disposizione antielusiva specifica pone, rispetto al suo dato letterale, è auspicabile che, in sede di attuazione della delega fiscale, il tema possa trovare definizione in via legislativa, mediante espressa modifica del comma 3 dell’art. 84 TUIR.
5. Da ultimo, si è visto che nella fattispecie configurata in tale ultima norma l’inibizione al diritto al riporto in avanti delle perdite fiscali pregresse è anche dipendente dal cambio dell’attività principale in fatto esercitata nei periodi di imposta in cui le perdite sono state realizzate, indice di un trasferimento delle perdite dall’attività che le ha generate ad altra attività. Nelle fusioni e nelle scissioni tale mutamento dell’attività non è invece elemento significativo. Si tratta di una disomogeneità che potrebbe essere eliminata in conformità al criterio direttivo del numero 2) della lett. d) dell’art. 6 della delega fiscale che prevede «la tendenziale omogeneizzazione dei limiti e delle condizioni di compensazione delle perdite fiscali».
Da un lato, siffatta omogeneizzazione potrebbe avvenire introducendo il cambio dell’attività quale elemento rilevante anche nell’ambito delle fusioni e scissioni; tale elemento continuerebbe quindi a rappresentare connotato tipico della fattispecie di cui all’art. 84, comma 3 e, anzi, vedrebbe ampliato il suo ambito di applicazione. In tal caso, attuando l’ulteriore criterio direttivo recato dal n. 3) della lett. d) dell’art. 6 della delega fiscale di revisione della nozione di “modifica dell’attività principale”, occorrerà risolvere l’incertezza interpretativa derivante dal significato estremamente ampio attribuito dall’Agenzia delle Entrate a tale concetto, sicuramente eccedente quello attribuibile, sul piano letterale, a tale locuzione. L’orientamento più recente è, infatti, quello di individuare un cambio dell’attività anche in ipotesi in cui non risulti alcuna modifica né del settore economico né del comparto merceologico di operatività ma si tratti di una mera espansione/riattivazione della principale attività un tempo esercitata e da cui sono conseguite le perdite (Risposte a interpello n. 367/2019 e n. 214/2022). In questo contesto si è invece auspicato che la soluzione individuata dai decreti di attuazione della delega fiscale sia quella di identificare quale “modifica dell’attività principale” il solo mutamento del settore economico o del comparto merceologico di operatività e non anche la situazione in cui, invariati il settore e il comparto di operatività, sono immesse nuove risorse finanziarie da un soggetto economico diverso da quello che controllava la società nei periodi di realizzazione delle perdite.
Dall’altro lato, l’eliminazione della disomogeneità esistente tra norma dell’art. 84, comma 3 e norma dell’art. 172, comma 7, potrebbe essere realizzata, in senso opposto al precedente, eliminando la rilevanza del cambio dell’attività principale nell’ambito dell’art. 84, comma 3, TUIR nel presupposto che un “commercio di bare fiscali” può realizzarsi anche a settore merceologico di appartenenza immutato in quanto un cambiamento effettivo dell’attività svolta potrebbe dipendere da molteplici ragioni; si pensi, a mero titolo esemplificativo, a nuovi mercato di sbocco nel medesimo settore.
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Diritti degli interessati
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1. L’interessato ha diritto di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali che lo riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile.
2. L’interessato ha diritto di ottenere informazioni:
a) sull’origine dei dati personali;
b) sulle finalità e modalità del trattamento;
c) sulla logica applicata in caso di trattamento effettuato con l’ausilio di strumenti elettronici;
d) sugli estremi identificativi del titolare, dei responsabili e del rappresentante designato ai sensi dell’articolo 5, comma 2;
e) sui soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di rappresentante designato nel territorio dello Stato, di responsabili o incaricati.
3. L’interessato ha diritto di ottenere:
a) l’aggiornamento, la rettificazione ovvero, quando vi ha interesse, l’integrazione dei dati;
b) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati;
c) l’attestazione che le operazioni di cui alle lettere a) e b) sono state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, eccettuato il caso in cui tale adempimento si rivela impossibile o comporta un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto tutelato.
4. L’interessato ha diritto di opporsi, in tutto o in parte:
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