Prime osservazioni sulle proposte di modifica in tema di accertamento dei tributi e sistema sanzionatorio contenute nel DDL di riforma fiscale (Parte prima)

Di Alessandro Albano -

Abstract

Il Consiglio dei Ministri lo scorso 16 marzo ha approvato la proposta di legge delega per la riforma fiscale, un progetto organico che ha l’ambizioso obiettivo (tanto più in quanto la riforma non può prevedere nuovi oneri a carico delle finanze pubbliche) di riorganizzare l’intero sistema tributario, riproducendo quindi, con contenuti molto più ampi e strutturati, l’iniziativa già assunta in questo senso, da ultimo, dal Governo Draghi.

Le soluzioni prospettate dalla delega fiscale in materia di procedimento di accertamento e di sanzioni sono foriere di riflessioni, sia per quanto attiene la centralità dell’utilizzo delle tecnologie digitali nella fase di attuazione del tributo, già accennata, sia per quanto riguarda il necessario coordinamento (tutto da definire) tra poteri di accertamento e adesione (o meno) preventiva al regime premiale del concordato preventivo biennale. E infine, l’anticipazione del dialogo procedimentale (“incanalato” in base ai risultati offerti dall’intelligenza artificiale) può forse comportare una concreta limitazione del diritto al contraddittorio?

In materia sanzionatoria, in particolare, non viene richiamato il tema del necessario riordino delle violazioni formali (e meramente formali), che pure avrebbe potuto essere accennato, così come il profilo del procedimento di irrogazione delle medesime, e resta complicato individuare quali siano i Paesi europei ai cui “standard” in materia di “proporzionalità” sanzionatoria il Governo propone di uniformarsi. In materia, un primo riferimento può trarsi, nell’esercizio in concreto della delega fiscale, dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 46, depositata il giorno successivo all’approvazione della legge delega da parte del Governo (17 marzo 2023).

Observations about proposal on tax proceeding and tax penalties system included in the draft of the enabling act on tax reform. – On 16 March, the Council of Ministers approved the proposal for the enabling act for tax reform, an organic project that has the ambitious goal (all the more so since the reform cannot foresee new burdens on public finances) to reorganize the entire tax system, thus reproducing, with much broader and structured contents, the initiative already taken in this sense, finally, by the Draghi Government.

The solutions proposed by the tax delegation in the field of tax proceedings and sanctions are a source of reflection, both as regards the centrality of the use of digital technologies in the implementation phase of the tax, already mentioned, both with regard to the necessary coordination (everything to be defined) between powers of assessment and membership (or not) prior to the reward scheme of the two-year arrangement. And finally, can the anticipation of procedural dialogue (“channelled” according to the results offered by artificial intelligence) perhaps lead to a concrete limitation of the right of contradictory?

In the matter of sanctions, in particular, there is no mention of the need to reorder formal (and purely formal) infringements, which could also have been mentioned, as well as the profile of the related proceeding, and it remains hard to identify the European countries to whose “standards” in the field of “proportionality” sanction the Government proposes to conform. In this regard, a first reference can be drawn, in the concrete exercise of the fiscal delegation, from the judgment of the Constitutional Court n. 46, filed the day after the approval of the delegated law by the Government (17 March 2023).

Sommario: 1. Premessa: la struttura della legge delega e precedenti (più o meno risalenti) riferimenti, la necessità di analisi congiunta delle proposte di riforma in merito al procedimento di controllo e al sistema sanzionatorio. – 2. Le proposte di riforma nel procedimento di accertamento dei tributi. – 2.1. Opportunità e rischi da presidiare nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale e della tecnologia digitale nei procedimenti di accertamento. – 2.2. Il potenziamento del regime di cooperative compliance e l’introduzione del concordato preventivo biennale: opportunità asimmetriche per le imprese in relazione alla dimensione e struttura.

1. La proposta di legge delega in materia fiscale approvata dal Consiglio dei Ministri lo scorso 16 marzo, presentato il 23 marzo e assegnato alla VI Commissione Finanze della Camera dei deputati in sede referente l’11 aprile 2023 (Atto Camera, A.C. n. 1038, iter di esame iniziato il 20 aprile), si connota per un obiettivo ambizioso, più volte tentato anche nel recente passato dal legislatore, e cioè modificare dal punto di vista sistematico il nostro ordinamento tributario.

La proposta segue quella formulata dal Governo Draghi (A.C. n. 75, che riproduce l’A.S. n. 2651, trasmesso dalla Camera al Senato dopo la conclusione del suo esame il 22 giugno 2022, e il cui iter non si è concluso a causa dell’interruzione della legislatura, ora abbinato nell’esame parlamentare alla riforma proposta dal Governo attuale) ma se ne discosta per numerosi profili, innanzitutto per quanto attiene il carattere organico della riforma proposta dall’attuale Governo, che affronta tutta la materia, sia sostanziale che procedimentale, e distinguendo in particolare anche la materia delle accise e dazi doganali rispetto alla disciplina in materia di imposte dirette e indirette.

Nei 20 articoli, suddivisi in quattro titoli la materia procedimentale e sanzionatoria viene affrontata nei primi quattro, dedicati ai principi generali (oltre che alla tempistica di attuazione della delega) e nei successivi artt. 14 – 18, che riguardano i procedimenti (artt. 14, 15, 16), il processo (art. 17), il sistema sanzionatorio (art. 18); gli ultimi due articoli della legge delega sono invece dedicati, rispettivamente, al riordino mediante codificazione dei testi in materia tributaria e alle disposizioni in materia di coperture finanziarie.

Prima di affrontare i profili di prospettata riforma del procedimento di accertamento e controllo, e del sistema sanzionatorio, si segnala l’utilità di richiamare, dato l’auspicato ampio intervento nel sistema tributario nel suo complesso, i principi posti a base del progetto di riforma tributaria della Commissione Cosciani, i cui lavori sono stati alla base della riforma fiscale attuata nel biennio 1972-1973 (su cui cfr. Bises B., a cura di, Il progetto di riforma della Commissione Cosciani cinquant’anni dopo, Bologna, 2014).

Lo «Stato dei lavori della Commissione per lo studio della riforma tributaria» pubblicato nel 1964 fissava alcuni obiettivi rimasti attuali, tra cui in particolare la «chiarezza e semplicità» e la «progressività» (anche intesa, secondo quanto riferito da Bises B., come «redistribuzione del reddito reale, da realizzarsi attraverso politiche complessive di entrate e spese pubbliche, e richiedente pertanto soluzione ai problemi di evasione ed elusione fiscale»). Tali obiettivi sarebbero da conseguire anche grazie ad un più moderno assetto procedimentale, calibrando l’ottica non più sull’ente impositore ma sul contribuente, riducendo o eliminando strumenti, quali il “concordato” (ora riproposto nella proposta di riforma tributaria del Governo) in quanto avrebbero lasciato eccessiva discrezionalità ai funzionari dell’Amministrazione finanziaria.

Lo studio della Commissione Cosciani, quindi, seppure predisposto nell’ottica di modernizzare un sistema tributario molto diverso da quello attuale, mantiene negli obiettivi e nei criteri una forte attualità, potendo riscontrare concetti richiamati anche nella legge delega; il richiamo, tra gli obiettivi di un sistema tributario moderno, del suo «adeguamento» al «Trattato della Cee» (all’epoca, da pochi anni sottoscritto, proprio a Roma, nel 1957) trova continuità nell’art. 3 della legge delega proposta dal Governo, dedicato ai «Principi generali del diritto tributario dell’Unione europea e internazionale», laddove il contesto sovranazionale di riferimento oggi non si limita alle fonti comunitarie, ma si arricchisce del richiamo alle soft law del diritto tributario internazionale, quali i report OCSE nell’ambito del progetto BEPS.

Una riflessione al legislatore dovrebbe poi provenire da un’opera sempre attuale significativamente pubblicata nel 1945 (Berliri L.V., La giusta imposta, ristampa, Milano, 1975) e, per gli studiosi, nella raccomandazione recata nella prefazione a tale Opera di Luigi Einaudi, e cioè l’esigenza di «suscitar dubbi, far nascere problemi, provocare discussioni», raccomandazione ben riposta nello studio di Berliri, laddove si evidenzia che il sistema tributario deve essere «prima di tutto un meccanismo che funziona», il che porta a cercare di comprendere il significato del buon “funzionamento” del procedimento di accertamento della materia imponibile (sia essa proveniente dalla manifestazione di capacità contributiva patrimonio, consumo, reddito). Inoltre, un sistema tributario che “funziona” presenta meccanismi sanzionatori effettivi e adeguati, rectius proporzionati, alle violazioni commesse, secondo peraltro quanto richiamato nella stessa legge delega.

Lo scopo del presente contributo è di evidenziare alcuni temi di riflessione sollecitati dalla lettura delle disposizioni in materia di procedimenti di accertamento, e sul regime sanzionatorio generale in materia di imposte dirette e imposta sul valore aggiunto, ciò in quanto tale analisi può consentire di apprezzare sia la dimensione sostanziale, sia quella procedimentale del principio di proporzionalità (sul portato sempre più rilevante nella riflessione sistematica di tale principio, anche alla luce della giurisprudenza nazionale, e sovranazionale, si rinvia, per quanto attiene le sanzioni tributarie, ad Salvati A., Lineamenti definitori del principio di proporzionalità delle sanzioni, su questa Rivista, 21 marzo 2023, ivi per ampia bibliografia in materia, tra cui si segnala l’opera monografica di Moschetti G., Il principio di proporzionalità come “giusta misura” del potere nel diritto tributario, Padova, 2017. Più recentemente con riguardo al comparto delle sanzioni doganali, diffusamente interessato peraltro dalla bozza di legge delega fiscale, e sul quale si potrà opportunamente dedicare uno specifico approfondimento, cfr. Ciarcia A.R., Sull’applicabilità del principio di proporzionalità alle sanzioni doganali, in Dir. prat. trib. int., 2022, 1, 82 ss. In materia, invece, più specificamente procedimentale, cfr. Turina A., DAC 6, diritto primario europeo e proporzionalità: un equilibrio precario, su questa Rivista, 31 dicembre 2021; si segnala peraltro che tale contributo fa parte del volume monografico n. 2-bis/2021 di questa Rivista, curato da Arginelli P., Il recepimento della DAC6 nell’ordinamento tributario italiano. Primi contributi all’interpretazione sistematica della disciplina. Cfr. anche Majorana D., Evoluzione dello scambio di informazioni: principio di proporzionalità, tutela del contribuente e diritto al contraddittorio, in Dir. prat. trib., 2020, 3, 993 ss. e, per una ricostruzione del principio in ottica anche sovranazionale con specifico riguardo all’attuazione del tributo, Petrillo G., Il principio di proporzionalità nell’azione amministrativa di accertamento tributario, Bari, 2015; più recentemente, relativamente alla vexata quaestio di tutela avverso il diniego di autotutela, seppure in annotazione a controversia in materia di riscossione, Capo L., Il diniego di autotutela tributaria: le teorie che limitano la difesa del contribuente e il principio di proporzionalità, in Dir. prat. trib., 2021, 4, 1800 ss.).

2. Gli aspetti caratterizzanti della bozza di legge delega di riforma del sistema fiscale in materia di procedimento di accertamento tributario che si vogliono evidenziare in tale sede riguardano innanzitutto le potenzialità positive e le incertezze applicative generate dall’utilizzo delle nuove tecnologie e dell’intelligenza artificiale nella fase di attuazione dei tributi, e peraltro, allo stesso tempo, nella fase di interlocuzione non legata all’accertamento dei tributi, il ridimensionamento dell’istituto dell’interpello, che dovrebbe essere utilizzato essenzialmente – dal punto di vista oggettivo – solo per le fattispecie che generano incertezze operative maggiormente rilevanti e – dal punto di vista soggettivo – da parte dei contribuenti di più rilevante dimensione.

Un ulteriore profilo che merita di essere affrontato consiste nel rafforzamento – per i contribuenti di maggiore dimensione – del regime di adempimento collaborativo, anche mediante l’estensione della platea dei contribuenti potenzialmente interessati, e l’introduzione del concordato preventivo biennale, su base opzionale, per i contribuenti di minore dimensione.

Tali profili, parzialmente o del tutto innovativi, sono legati dall’esigenza di verificare che, de jure condendo, le prospettate modifiche siano in concreto coerenti con l’asserita centralità – in più parti della bozza di legge delega – del principio del contraddittorio nella fase di accertamento del tributo; su tale specifico aspetto si svolgerà una specifica riflessione dopo aver enucleato i passaggi salienti della disciplina in materia di procedimento accertativo della bozza della legge delega.

Prima di affrontare specificamente tali profili, giova ricordare come, ai fini della tutela del contribuente nel procedimento tributario, sarà di importanza paradigmatica e centrale, anche ai fini della “codificazione” (art. 19), prevista come modalità organizzativa sistematica dell’ordinamento tributario, la disciplina dello Statuto dei diritti del contribuente, di cui dovranno essere innanzitutto verificate le modalità di implementazione alla luce del percorso della giurisprudenza (in particolare, comunitaria), al fine di allineare il diritto positivo ai contenuti più attuali del diritto vivente (in argomento, per interessanti spunti sistematici, cfr. Melis G., Possibili interventi migliorativi sui principi di certezza del diritto e di tutela dell’affidamento, in il fisco, 2023, 16, 1521 ss.).

2.1. La bozza di legge delega prevede, come accennato, un ampio utilizzo della tecnologia e dell’intelligenza artificiale, quale elemento che dovrà essere sempre centrale – negli auspici del Governo – per rendere più semplice il rapporto tra Amministrazione finanziaria e contribuente (già nella fase di interpello, e poi nella fase di contraddittorio “anticipato” e “guidato”, se così si può dire, su cui infra in materia di concordato preventivo biennale).

L’utilizzo delle tecnologie digitali e delle «soluzioni di intelligenza artificiale» è innanzitutto richiamato dall’art. 2, che reca i principi generali del diritto tributario nazionale, per quanto attiene gli obiettivi di prevenire e ridurre l’evasione e l’elusione fiscale e razionalizzare il sistema tributario e dall’art. 4, dedicato alla revisione dello Statuto dei diritti del contribuente (nell’ambito delle misure per la razionalizzazione della disciplina dell’interpello, in particolare ordinario o probatorio, disciplinato dall’art. 11 L. n. 212/2000, quale strumento da utilizzarsi in via residuale rispetto alle risposte ottenute anche mediante l’utilizzo di tecnologie digitali e di intelligenza artificiale).

Le opportunità fornite dall’individuazione di «nuove soluzioni tecnologiche», in vista della «semplificazione» e del «graduale superamento» degli indici sintetici di affidabilità viene indicata all’art. 14 della legge delega, ma è nell’ambito del procedimento di accertamento (art. 15) che l’utilizzo di tecnologie digitali (anche «supportate dall’intelligenza artificiale») assume un ruolo centrale.

Innanzitutto, tale ruolo dovrebbe essere rilevante nell’ottica di semplificazione del procedimento stesso (comma 1, lett. a) ma, soprattutto, per ottenere «attraverso la piena interoperabilità tra le banche dati, la disponibilità di informazioni rilevanti e garantirne il tempestivo utilizzo». Tali informazioni dovrebbero poi essere utilizzate al fine di impostare azioni mirate dirette a circoscrivere l’attività di controllo nei confronti dei contribuenti a più alto rischio fiscale e per «ridurre» (rectius, contrastare) i fenomeni di evasione e di elusione fiscale, «massimizzando» (rectius, incentivando…) l’adempimento spontaneo dei contribuenti (lett. e).

Si tratta di un punto di notevole portata operativa, che suscita al tempo stesso necessaria attenzione in quanto se da un lato può portare indubbi benefici (soprattutto – a tenore di chi scrive – nella fase precedente allo svolgimento del procedimento di accertamento, e cioè nella fase di analisi e ricerca dei soggetti da sottoporre a controllo), dall’altro sollecita l’adozione di importanti e sostanziali presidi sotto il profilo della tutela del contribuente in quanto già nel (noto) utilizzo di strumenti lato sensu legati alle nuove tecnologie (i.e. metodi di accertamento basai su indici, coefficienti, parametri, studi di settore, indici di affidabilità fiscale) si riscontra la difficoltà nell’elaborazione della disciplina di riferimento (così, in particolare, Paparella F., L’analisi delle tecnologie digitali nella fase di attuazione del tributo, in Riv. dir. trib., 2022, 6, I, 617 ss., ivi per ampi richiami di dottrina sui profili fiscali dell’economia digitale).

Al riguardo, certamente l’utilizzo delle tecnologie digitali è una necessità, oltre che un’opportunità, nel procedimento tributario, il che è confermato dal D.M. 15 luglio 2021 (atto di indirizzo per il triennio 2021-2023), laddove in particolare si ricorda che nell’ambito dello sviluppo dei rapporti tra Amministrazione finanziaria e contribuenti occorre realizzare «una piena digitalizzazione», nell’ottica di «facilitare gli adempimenti e minimizzare i costi»; gli interventi diretti a rafforzare l’utilizzo delle tecnologie digitali nel rapporto tra cittadino e Pubblica amministrazione sono peraltro centrali nell’ambito dell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza – PNRR. Tali interventi sono condensati nella prima componente della Missione 1 dedicata a «Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA» (M1C1). Tale componente si articola a sua volta in tre ambiti di intervento, il primo dei quali è dedicato in maniera specifica a «Digitalizzazione PA» (M1C1.1) (per un inquadramento della riforma fiscale nell’ambito dell’attuazione del PNRR, cfr. Giovanardi A., Piano nazionale di ripresa e resilienza a riforma fiscale, in Riv. dir. trib., 7 marzo 2023

Il D.M. 15 luglio 2021 (unitamente alle indicazioni in materia di procedimento tributario che si possono trarre dal diritto europeo, e tra l’altro dalle direttive DAC, in particolare DAC 7), seppure forse non sollecitano la possibilità (necessità) di ragionare su nuovi modelli teorici (in tal senso, Paparella F., cit.), dall’altro sono fonte di riflessione alla luce dei principi che sono posti a presidio del rapporto tra Fisco e contribuente.

L’importanza di affidarsi ai principi (in particolare) derivanti dal diritto comunitario in materia di procedimento tributario, è tanto più importante in quanto – se da un lato l’utilizzo della tecnologia digitale nella fase di attuazione del tributo, prima ancora di essere prevista e prospettata dal disegno di legge delega è accolta come elemento paradigmatico del rapporto Fisco/contribuente per il futuro – dall’altro le nuove modalità di dialogo procedimentale che verranno mediate dalla tecnologia digitale sono in concreto inesplorate, da costruire in concreto.

In particolare, tra le domande che sorgono vi è, da un lato, comprendere (se) verranno introdotte modalità innovative per svolgere le attività di controllo (accessi, inviti, questionari) e se verranno introdotti strumenti innovativi nella fase precedente, in senso stretto, al procedimento di accertamento tributario e, per entrambe le ipotesi, se potranno essere introdotte nuove modalità idonee a preservare i diritti dei contribuenti o se potranno essere rafforzati strumenti già adottati.

Oltre a tale intervento di adeguamento (o anche di interpretazione evolutiva) del diritto vivente, nell’ottica di rafforzare, innanzitutto, il diritto al contraddittorio (in tal senso cfr. art. 15, comma 1, lett. b del disegno di legge delega fiscale, su cui si tornerà infra in particolare in materia di concordato preventivo biennale), l’utilizzo delle tecnologie digitali (e dell’intelligenza artificiale) appare innanzitutto rivolto essenzialmente a rafforzare la fase di analisi del rischio fiscale e di individuazione dei contribuenti da sottoporre a controllo in maniera più “mirata”, in pratica migliorando e rendendo più efficiente l’attività in progressivo affinamento da diversi anni da parte delle Agenzie fiscali (art. 15, comma 1, lett. e).

Ciò detto, per entrambi i profili sopra rappresentati, e quindi sia nella fase di selezione dei contribuenti, sia nella fase di attuazione del tributo da parte dell’Amministrazione finanziaria, un aspetto di importanza sistematica è rappresentato dal corretto presidio della riservatezza dei dati dei contribuenti (su cui inter alia, sulla sezione telematica di questa Rivista, Quattrocchi A., Le potenzialità applicative della blockchain e dei database condivisi nell’attuazione della norma tributaria, 2022, 2, IV, 623 ss. e Zuccarello A., Algoritmi e automatismi nei controlli della dichiarazione: profili problematici, 2022, 1, III, 118 ss. sui temi più specifici dell’interrelazione tra disciplina di tutela della riservatezza e la fase di controllo dell’Amministrazione finanziaria, sulle conseguenze in sede procedimentale e processuale in caso di inutilizzabilità dei dati illegittimamente trattati, Marcheselli A. – Ronco S.M., Dati personali, Regolamento GDPR e indagini dell’Amministrazione finanziaria: un modello moderno di tutela dei diritti fondamentali, in Riv. dir. trib., 2022, 2, I, 97 ss.), per cui l’occasione della legge delega può essere particolarmente utile e proficua al fine di offrire nel diritto positivo regole di raccordo tra disciplina generale e disciplina specifica in materia tributaria.

Nell’ambito più specifico della disciplina attuative del procedimento tributario, si pongono interrogativi  circa l’utilizzo da parte dell’Amministrazione finanziaria delle tecnologie digitali nelle fasi disciplinate dagli artt. 32 D.P.R. n. 600/1973 e 54, D.P.R. n. 633/1972, quindi in particolare in merito all’eventualità di effettuazione, ad esempio, di accessi “da remoto” da parte degli uffici presso la sede del contribuente; tale eventualità pare peraltro non del tutto peregrina, laddove – come sopra richiamato – l’art. 15, comma 1, lett. a) e la successiva lett. e), n. 2, si prefiggono di «ridurre» gli oneri amministrativi a carico del contribuente, oneri che possono in concreto riguardare la gestione della fase di accesso, ispezione e verifica svolta “in presenza”, secondo un’espressione ormai diffusa a seguito delle modalità sperimentate di incontri e riunioni “a distanza” rese necessarie dalle misure di limitazione della circolazione per contenere la diffusione del Covid-19.

Tale approccio potrebbe comportare, ad esempio, l’invio del preavviso dell’accesso (perlomeno per i contribuenti che ne hanno autorizzato l’utilizzo e/o ne siano obbligati a disporre) mediante comunicazione a mezzo posta elettronica certificata (PEC), accesso che potrebbe formalizzarsi mediante una iniziale video conferenza utilizzando una piattaforma digitale specifica, così da consentirne anche la registrazione, nell’ottica di piena trasparenza e legittimità dell’azione amministrativa, oltre che di tutela del contribuente anche successivamente allo svolgimento dell’accesso utilizzando le modalità telematiche e offerte dalle nuove tecnologie. Pensiamo, al riguardo, anche alle opportunità in questo senso offerte dalla conservazione sostitutiva delle fatture e della contabilità.

Il suddetto strumento potrebbe, in concreto, affiancare le modalità consuete di svolgimento delle attività di controllo, senza sostituirsi alle stesse, favorendo anche un immediato e proficuo contraddittorio tra contribuente e Amministrazione finanziaria; potrebbe inoltre essere la modalità tecnicamente privilegiata nell’ambito del regime di adempimento collaborativo, disciplinato dal D.Lgs. n. 128/2015, di cui la delega fiscale prefigura un «potenziamento» (art. 15, comma 1, lett. f, n. 1, di cui infra, innanzitutto prevedendo la riduzione della soglia di accesso a tale regime (e conseguentemente di dotare l’Amministrazione finanziaria di risorse destinate alla gestione di tale specifico procedimento) ivi declinando numerosi vantaggi (e oneri) per il contribuente che, su base opzionale, intenda aderirvi.

Prima di procedere ad analizzare i profili maggiormente significativi recati dal regime di adempimento collaborativo, è opportuno segnalare, in conclusione, come l’utilizzo delle tecnologie digitali nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria sollecita ulteriori riflessioni, rispetto a quelle sopra rappresentate, tra l’altro relative alla difficoltà nell’accesso agli strumenti offerti dalla tecnologia da parte di una larga parte della platea di contribuenti, meno scolarizzati, più anziani, dal che ne deriva un impatto in concreto di necessaria (maggior) tutela (su tali aspetti, e più in generale per un’ampia e completa ricognizione dei temi di ricerca, e di necessario approfondimento, cfr. da ultimo Contrino A., Digitalizzazione dell’amministrazione finanziaria e attuazione del rapporto tributario: questioni aperte e ipotesi di lavoro nella prospettiva dei princìpi generali, in Riv. dir. trib., 2023, 2, I, 105 ss.).

2.2. In merito al potenziamento del regime di adempimento collaborativo, tale iniziativa è da ascriversi nell’ambito dell’implementazione delle misure che «incentivano l’adempimento spontaneo del contribuente», unitamente all’introduzione «per i soggetti di minore dimensione» del «concordato preventivo biennale», su cui più avanti nel testo.

Per quanto attiene le misure in materia di adempimento collaborativo si osserva che, se da un lato le misure prospettate prefigurano indubbi vantaggi innovativi, soprattutto in termini sanzionatori, conseguenti all’adesione a tale regime, dall’altro si pongono a carico del contribuente significativi oneri dal punto di vista lato sensu “amministrativo”.

Taluni degli oneri prospettati sono peraltro già noti, in quanto recati nella disciplina attuativa del D.Lgs. n. 128/2015 che ha introdotto questa innovativa modalità di definizione dell’obbligazione tributaria, e rientrano nell’ambito delle misure abitualmente adottate nei gruppi societari più strutturati, nell’ottica di dover mantenere, tra l’altro, adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, come del resto valorizzato dalla disciplina in materia di crisi d’impresa e dalla normativa in materia di responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. n. 231/2001 (si pensi, in particolare, al requisito richiesto sub 1.2 dell’art. 15 della bozza di legge delega, laddove l’accesso al regime di adempimento collaborativo sarebbe consentito anche per le società che non soddisfano i requisiti per accedervi, però appartenenti a un gruppo di imprese nel quale «almeno un soggetto ha i requisiti di ammissione richiesti, a condizione che il gruppo adotti un sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale gestito in modo unitario per tutte le società del gruppo»).

Sono poi previsti nuovi oneri in relazione alla possibilità di conseguire effetti premiali più innovativi rappresentati sub art. 15, comma 1, 1.9) in materia sanzionatoria (sia nell’ambito delle violazioni amministrative che dei reati tributari) e di deflazione del contenzioso potenziale (sub 1.9.3 viene prevista l’introduzione di «istituti speciali di definizione in un predeterminato lasso temporale del rapporto tributario circoscritto», purchè siano acquisite «certificazioni» specifiche rilasciate da «professionisti qualificati» che attestano la «correttezza dei comportamenti tenuti dai contribuenti»).

Si tratta di un corredo di disposizioni che indubbiamente collocano il regime dell’adempimento collaborativo nell’ambito del modulo di attuazione del tributo pienamente basato sulla enhanced relationship, e pertanto nell’ambito di una relazione di tipo c.d. “orizzontale” tra contribuente e Amministrazione finanziaria, per distinguerla da quella “verticale”, tipicamente riconducibile al modulo autoritativo di attuazione del tributo (in materia, con particolare riferimento all’impatto sul regime sanzionatorio tributario, cfr. Melis G., Tax compliance e sanzioni tributarie, in Rass. trib., 2017, 3, 749 ss. Più recentemente, descrive le novità recate dal disegno di legge delega fiscale, A. DODERO A., Nuove opportunità per l’adempimento collaborativo, in il fisco, 2023, 14, 1327 ss.).

Accanto a tale disciplina, per imprenditori di minori dimensioni e lavoratori autonomi viene contemplata la possibilità di aderire al “concordato preventivo biennale” (art. 19, comma 1, lett. f, n. 2), strumento che consente di definire anticipatamente, per due periodi d’imposta, il contenuto sostanziale dell’obbligazione tributaria.

Tale misura richiama i precedenti tentativi di introdurre nell’ordinamento disposizioni di analogo tenore, e cioè il concordato preventivo triennale, poi biennale, ex L. n. 80/2003, attuato per gli anni 2003-2004 con scarso successo, e la pianificazione fiscale concordata, prevista dalla Legge finanziaria per il 2005, mai attuata in quanto abrogata dal D.L. n. 223/2006 (per una ricognizione delle precedenti misure, e per la descrizione dell’assetto prefigurato dalla bozza di delega fiscale, cfr. Trevisani A., Concordato preventivo biennale come strumento di semplificazione del rapporto tributario, in il fisco, 2023, 15, 1419 ss.).

Le misure caratterizzanti e, allo stesso tempo, che suscitano maggiori riflessioni sono condensate al punto 2.1, laddove si prevede «l’impegno del contribuente, previo contraddittorio con modalità semplificate, ad accettare e rispettare la proposta per la definizione biennale della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP formulata dall’Agenzia delle Entrate anche utilizzando le banche dati e le nuove tecnologie a disposizione».

Dalla lettura sistematica della proposta contenuta nella bozza di legge delega fiscale emerge innanzitutto una potenziale distonia tra la valorizzazione del diritto al contraddittorio, declinato in realtà come «principio» del contraddittorio (sub 15.1, lett. b) rispetto alla previsione della sua attuazione con «modalità semplificate» nell’ambito della procedura che porta alla formulazione della proposta da parte dell’Amministrazione finanziaria, proposta sostanzialmente vincolante per il contribuente.

Gli effetti di tale proposta, formulata dall’Amministrazione (anche se in contraddittorio “semplificato”), anche qualora sia accettata dal contribuente, possono venir meno qualora, in caso di accertamento (non vengono specificate esclusioni per specifici metodi, ma potrebbero esserlo nei decreti delegati, valorizzando i benefici attualmente conseguibili in caso di raggiungimento di determinati “punteggi” a seguito della compilazione degli attuali Indici sintetici di affidabilità fiscale – ISA) risultino non dichiarati componenti positivi (ricavi o compensi) negli anni «oggetto del concordato stesso o in quelli precedenti” per un importo «superiore a prestabilite soglie ritenute significative» ovvero qualora il contribuente abbia commesso «altre violazioni fiscali di non lieve entità».

In sintesi, a differenza del regime di adempimento collaborativo, applicabile su base opzionale ai contribuenti di maggiore dimensione, la relazione tra contribuente ed Amministrazione prefigurata in caso di concordato preventivo biennale resta decisamente “verticale”.

La partecipazione del contribuente alla fase di attuazione del tributo appare infatti piuttosto sfumata, essendo relegata ad “assistere” ad un contraddittorio se si può dire “ispirato” dalle tecnologie digitali e dalle banche dati; non sono peraltro evidenziati specifici profili di vantaggio in materia sanzionatoria, profili che meriterebbero di essere meglio declinati al fine di evitare che lo strumento, applicabile potenzialmente ad una vasta platea di contribuenti, venga in concreto scarsamente utilizzato.

La disciplina prefigurata dal legislatore della delega, infatti, non solo non prevede benefici sanzionatori specifici (la disapplicazione del regime ordinario di determinazione dell’IRPEF, o dell’IRES, che rende irrilevante il maggior o minor reddito rispetto a quello predeterminato mediante il concordato discende naturaliter dall’istituto, per cui non può essere ascritto tra i benefici premiali in materia sanzionatoria), ma contempla la «decadenza» dal concordato, al ricorrere delle situazioni più sopra declinate.

Tale decadenza appare ascrivibile al novero delle sanzioni “improprie” (sulla distinzione tra sanzioni proprie e improprie, per tutti cfr. Del Federico L., Sanzioni proprie e sanzioni improprie ed imposizione tributaria, in Perrone L. – Berliri C., a cura di, Diritto tributario e Corte costituzionale, Napoli, 2006, 519-532) perlomeno, assumendo che comunque verrà puntualmente disciplinato dal punto di vista procedimentale e pertanto oggetto di specifico procedimento di contestazione (e pertanto di tutela del contribuente sia nella fase procedimentale sia nella eventuale fase processuale), limitatamente alla decadenza riconducibile a violazioni «di non lieve entità» riscontrate in annualità precedenti all’adesione al concordato preventivo biennale.

Non si comprende, infatti, se non con una ratio impropriamente punitiva, perché far discendere l’effetto della decadenza da violazioni riscontrate per annualità precedenti (quindi estranee) all’oggetto del concordato preventivo biennale.

Alla luce di quanto sopra esposto, volendo trarre alcune prime conclusioni in attesa di conferme o correzioni nel corso dell’iter normativo, appare evidente una maggiore demarcazione tra contribuenti di maggiore dimensione e contribuenti ordinari, sia nell’ambito della possibilità di utilizzare l’istituto dell’interpello, sia per quanto attiene il procedimento di accertamento del tributo.

Tale demarcazione, se da un lato pare astrattamente comprensibile alla luce della maggiore complessità dei “grandi” contribuenti rispetto ai contribuenti “ordinari”, prospetta una diversa connotazione dell’obbligazione tributaria, in quanto nel caso dell’applicazione del concordato preventivo biennale la determinazione ordinaria dell’IRPEF o dell’IRES viene sostituita da una determinazione forfetaria dell’imposta sul reddito prodotto (sia esso di impresa piuttosto che di lavoro autonomo), mentre nel caso del regime dell’adempimento collaborativo viene in pratica concordato il tax rate dei soggetti maggiormente strutturati.

Inoltre, dal punto di vista procedimentale, mentre i contribuenti di maggiore dimensione (la cui platea viene ampliata, negli auspici della delega fiscale) possono beneficiare di importanti riduzioni sanzionatorie, sopra richiamate, questo non accade per quanto attiene i contribuenti che intendano esprimere l’opzione per il regime del contraddittorio preventivo, che rischiano anche la decadenza dal concordato anche nel caso in cui vengano riscontrate violazioni «di non lieve entità» (trattasi di soglia che dovrà essere definita con attenzione dalla decretazione delegata) relativamente ad annualità precedenti all’adesione al regime (da cui l’effetto impropriamente sanzionatorio sopra richiamato).

Emerge, infine, dal punto di vista semantico la diversa ampiezza del diritto al contraddittorio nel caso di adesione al regime di adempimento collaborativo, laddove si prevede (1.5) i «introdurre nuove e più penetranti forme di contraddittorio preventivo» e anche (1.7) di «emanare un apposito codice di condotta che disciplina i diritti e gli obblighi dell’amministrazione e dei contribuenti», mentre in caso di adesione al concordato preventivo biennale il contraddittorio è svolto «con modalità semplificate».

Sotto tale ultimo profilo, più che «modalità semplificate» sarebbe stato opportuno richiamare in tale passaggio della legge delega, a scanso di equivoci, l’aggettivo «rafforzate», per evitare il dubbio, che oggettivamente sussiste, circa il fatto che tali modalità saranno diverse da quelle previste in generale al precedente art. 15, lett. b), nn. 1) – 4), ascrivibili all’attuazione del tributo da parte dell’Amministrazione finanziaria. Seppure in un contesto procedimentale diverso rispetto a quello tipicamente riconducibile all’attività di accertamento disciplinata dagli artt. 32 D.P.R. n. 600/1973 e 54 D.P.R. n. 633/1972, infatti, proprio considerando la particolare rilevanza per il contribuente (e il rischio anche di decadenza) dell’accesso al regime di concordato preventivo, sarebbe utile ipotizzare un significativo rafforzamento (e non la semplificazione) del contraddittorio.

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