RECENTISSIME DALLA CASSAZIONE TRIBUTARIA  –  Cass., 1° marzo 2023, n. 6205 – Alle SS.UU. il regime dell’appello non notificato a tutte le parti del primo grado?

Di Alberto Marcheselli -

La massima della Suprema Corte (*)

Costituisce questione di particolare importanza, tale da richiedere l’intervento delle Sezioni Unite, quella sull’applicabilità degli artt. 331 e 332 c.p.c., all’appello tributario. Con la conseguenza che è dubbio se, nel caso di pluralità di parti nel processo di primo grado, l’appello vada comunque notificato, a pena di difetto di integrità del contraddittorio, a tutte le altre parti, anche in presenza di cause scindibili.

 

 

Il (tentativo di) dialogo

Come noto, notevoli problemi sono connessi alla presenza di più parti nel processo.

Il problema assume una connotazione particolare in sede di appello, ove possono riprodursi i problemi del litisconsorzio, con la peculiarità che la norma di cui all’art. 53, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992, prevede, tout court, la notifica dell’appello a tutte le parti presenti nel grado precedente.

Una prima ipotetica conseguenza, sul piano logico, potrebbe essere desumerne la nullità, oppure la inammissibilità, dell’appello notificato ad alcune soltanto.

Come noto, la giurisprudenza consolidata, ha opinato diversamente.

In effetti, sul piano pratico, la presenza di più parti nel processo di primo grado può derivare dal fatto che, già in primo grado, sussistesse un caso di litisconsorzio necessario (esempio, impugnazione dell’avviso di accertamento da parte di soci e società di persone) ovvero dal fatto, diverso, che, pur in assenza di litisconsorzio in primo grado, vi fossero comunque presenti più parti (esempio, un ricorso cumulativo contro più atti di autorità diverse, l’impugnazione di una cartella nei confronti di ente impositore e agente riscossione, ecc.).

Sempre secondo la giurisprudenza consolidata,la norma dell’art. 53, comma 2, imporrebbe in entrambi i casi che l’appello vada notificato a tutte le parti, ma l’omessa notifica, però, non produrrebbe le stesse conseguenze in tutti i casi.

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A valle della regola dell’art. 53, sarebbe infatti applicabile la distinzione sottesa agli artt. 331 e 332 c.p.c. e, quindi, dovrebbe distinguersi tra l’ipotesi di più parti in primo grado in cause inscindibili o dipendenti, da un lato, e la diversa ipotesi di più parti in primo grado in cause scindibili, dall’altro.

Le cause inscindibili non sono, secondo la giurisprudenza (e la stessa ordinanza di rimessione), solo quelle nelle quali sussistesse un litisconsorzio necessario sostanziale tra le parti originarie. Si afferma (e ripete nella ordinanza in commento) che il concetto di causa “inscindibile”, di cui all’art. 331 c.p.c., va riferito non solo alle ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, ma anche a quelle di litisconsorzio necessario processuale, che si verificano quando la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba necessariamente persistere in sede di impugnazione, al fine di evitare giudicati contrastanti per le parti in giudizio. Tale categoria ha una portata in parte ambigua, non essendo agevole stabilire un criterio che individui le situazioni in cui è necessaria la decisione unica (in effetti la definizione è sostanzialmente tautologica). Sul punto la giurisprudenza ha, ovviamente, un approccio casistico e la questione si presterebbe ad approfondimenti monografici.

Le cause dipendenti sono quelle logicamente interdipendenti tra loro o dipendenti da un presupposto di fatto comune, che meritano, per esigenze di non contraddizione, l’adozione di soluzioni uniformi per tutte le parti.

Le cause scindibili, infine, sono quelle connesse ma non dipendenti (esempio l’impugnazione di una intimazione di pagamento – o cartella – per vizi propri e l’impugnazione dell’avviso non notificato) o quelle aventi ad oggetto rapporti autonomi trattati nello stesso processo di primo grado.

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Nel caso di cause inscindibili o dipendenti, in caso di omessa notifica a tutte le parti, secondo la giurisprudenza consolidata, l’appello è ammissibile, ma il giudice deve ordinare l’integrazione del contraddittorio. Se il giudice non ordina l’integrazione, l’appello resta ammissibile ma vi è nullità processuale rilevabile anche d’ufficio davanti alla Corte di Cassazione. Se il giudice la ordina ma non viene obbedito, l’appello diviene inammissibile (art. 331 c.p.c.).

Nel caso, invece, si tratti di cause scindibili, l’orientamento fin qui consolidato riteneva applicabile l’art. 332 c.p.c. e che, quindi, il processo di appello potrebbe svolgersi anche senza tutte le parti, assicurandosi solo che tutti gli eventuali appelli corrano riuniti. In questo caso il giudice ordina che l’appello sia notificato alle parti nei confronti delle quali non è ancora scaduto il termine per appellare. Se non si notifica, il processo è comunque sospeso fino a che non scade il termine per impugnare anche per tutti gli assenti (332 c.p.c.).

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La assai pregevole ordinanza in rassegna rimette in discussione questo assetto, sulla base di due argomenti.

Il primo argomento è che la disciplina di cui all’art. 53, comma 2, potrebbe esaurire la disciplina della materia, non lasciando spazio agli artt. 331 e 332 c.p.c.

Il secondo è il rilievo di un inconveniente. Può essere che chi riceve un appello voglia indirizzare il suo appello incidentale anche a parti cui non è stato notificato quello principale ma, dato che l’appello incidentale si deposita e non si notifica (art. 54), l’appellante incidentale si vedrebbe privato del diritto di agire verso le altre parti.

Qualche spunto di riflessione in merito.

Quanto al primo argomento, una possibile lettura alternativa è che l’art. 53 preveda, in generale, la notifica dell’appello e gli artt. 331 e 332 distinguano, a valle, tra le conseguenze della omissione della notifica nelle diverse ipotesi.

Quanto al secondo argomento, indubbiamente elegante, una lettura alternativa è che l’appello incidentale, quando sia destinato a rivolgersi anche a parti non evocate dall’appello principale, debba essere non solo depositato, ma anche notificato a queste ultime. Ciò sarebbe più pratico e conforme a esigenze di economia processuale: eviterebbe la necessità di notifiche inutili (che invece si avrebbero in tutti i casi di notifica dell’appello principale a una parte che non interessa né all’appellante principale, né a quello incidentale).

In ogni caso, anche ad ammettere che l’art. 53 escluda gli artt. 331 e 332 c.p.c., parrebbe che la conseguenza della omessa notifica a tutte le parti dovrebbe continuare ad essere non la inammissibilità dell’appello in via immediata, ma solo in caso di omessa integrazione, dopo l’ordine del giudice.

Si resta in attesa della pronuncia delle SS.UU.

* La rubrica – come l’intera Rivista – è aperta a tutti coloro che intendono contribuire al progresso del diritto tributario, in generale, e al miglioramento della sua applicazione, in particolare, nella specie con interventi di commento della giurisprudenza di legittimità dialogici e costruttivi, scevri di polemiche e posizioni partigiane.

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