La definizione agevolata delle liti pendenti in Cassazione ex art. 5 L. n. 130/2022 (Parte seconda)

Di Andrea Bodrito -

Abstract

Si prosegue a percorre la disciplina della definizione agevolata delle liti pendenti in Cassazione recata dall’art. 5 L. n. 130/2022. Si esaminano i rapporti tra la definizione agevolata ed eventuali pronunzie giurisdizionali e gli effetti sui coobbligati; il diniego di definizione e la sua impugnazione. Si inquadra la tipologia della eventuale sospensione del giudizio e si delimita la necessità dell’istanza di trattazione. La definizione perfezionata determina l’estinzione del giudizio a spese compensate e produce ex lege anche la rinuncia all’“equa riparazione”

The facilitated settlement of pending disputes in the Supreme Court (Second part). – We continue to follow the discipline of the facilitated settlement of pending disputes in Cassazione brought by art. 5 of Law 130/2022. The relationships between the facilitated settlement and any judicial rulings and the effects on the joint debtors are examined; as well as the denial of settlement and its appeal. The typology of the eventual suspension of the judgment is framed and the need for the hearing instance is delimited. The perfected settlement determines the extinction of the judgment at compensated expenses and also produces ex lege the waiver of “just reparation”.

 

Sommario: 14. La determinazione dell’importo dovuto nel caso di rettifica delle perdite. – 15. Il perfezionamento della definizione agevolata e la prevalenza su eventuali pronunzie giurisdizionali. – 16. I coobbligati. – 17. Il diniego della definizione agevolata e la sua impugnazione. – 18. Alcuni spetti processuali. La sospensione del giudizio e l’istanza di trattazione. – 19. La mancanza dell’istanza di trattazione in particolare. – 20. Il decreto presidenziale di estinzione della controversia. – 21. L’atto di diniego della definizione in particolare. – 22. Le spese giudiziali relative alla causa definita. – 23. La rinuncia all’equa riparazione. – 24. Controversie in cui sono parte gli enti territoriali o propri enti strumentali.

14. Se si tratti di definire in misura agevolata ex art. 5 L. n. 130/2022 un atto di accertamento con il quale vi è stata la rettifica delle perdite, la determinazione dell’importo dovuto seguirà le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate con la circ. 1° aprile 2019, n. 6/E (par. 5.3).

In sintesi, si danno due ipotesi.

Nella prima si considera la definizione della lite senza affrancare le perdite. In questo caso il valore della lite è dato dalla sola maggiore imposta accertata e la definizione comporta la non utilizzabilità delle perdite oggetto di rettifica.

Nella seconda si considera la definizione della lite e l’affrancamento delle perdite. In questo caso il valore della lite si ottiene sommando alle maggiori imposte accertate anche l’imposta “virtuale” commisurata all’ammontare delle perdite in contestazione. In questo caso la definizione della lite comporta l’utilizzabilità delle perdite oggetto di rettifica. Se poi la rettifica delle perdite non ha comportato accertamento di imposte, il valore della lite per la definizione è determinato sulla base della sola imposta “virtuale” che si ottiene applicando le aliquote vigenti per il periodo d’imposta accertato all’importo risultante dalla differenza tra la perdita dichiarata e quella accertata.

15. La definizione agevolata si perfeziona con il pagamento del netto dovuto e la presentazione della domanda. Nel caso in cui non vi sia un importo netto da versare, il perfezionamento deriverà dalla sola presentazione della domanda (comma 7).

Il successivo comma 9 precisa che «gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato anteriormente alla data di entrata in vigore» della L. n. 130/2022, e quindi anteriormente al 16 settembre 2022.

La norma disciplina il concorso degli effetti della definizione perfezionata con quelli di una pronuncia giurisdizionale e affronta il tema della prevalenza degli uni sugli altri. Il principio è che la decisione passata in giudicato prima del 16 settembre prevale sugli effetti della definizione perfezionata necessariamente dopo il 16 settembre. Quindi la decisione che non è passata in giudicato al 16 settembre non ostacola gli effetti della definizione perfezionata.

La pronuncia giurisdizionale cui si riferisce il comma 9 può essere anche la decisione del giudice di appello. Se così è, e la sentenza di appello fosse divenuta definitiva prima del 16 settembre, posto che condizione per l’accesso alla definizione è che il ricorso per cassazione sia stato notificato entro il 16 settembre, vorrebbe dire che il ricorso per cassazione fu tardivo. Gli effetti della definitività della sentenza di appello, però, prevarrebbero sugli effetti della definizione agevolata perfezionata in base al ricorso tardivo.

Di contro, se fu emessa una sentenza anteriormente alla data del 16 settembre 2022 ed essa non era ancora passata in giudicato a quella stessa data, e fu notificato ricorso per cassazione entro il detto 16 settembre l’effetto della domanda di definizione prevale sull’effetto della sentenza, per cui la sentenza stessa non potrà fondare pretese dell’Ufficio o richieste di rimborso del contribuente in contrasto con gli effetti della definizione. Infatti, osserva l’Agenzia Entrate, la definizione perfezionata «retroagisce e prevale sull’efficacia di eventuali sentenze depositate prima (del 16 settembre ndr) e non passate in giudicato alla data di presentazione della domanda di definizione agevolata» (circ. n. 6/E/2019, par. 7.1). Con il perfezionamento della definizione dette sentenze cessano di costituire titolo per la riscossione ma anche per eventuali rimborsi o sgravi.

Infatti, l’applicabilità della regola ora in esame era già presente nella definizione agevolata introdotta con l’art. 16 D.L. 23 ottobre 2018, n. 119.

Si deve allora considerare che secondo la circ. n. 6/E/2019, la norma in esame trova applicazione anche per le sentenze eventualmente depositate dopo l’entrata in vigore della norma, e quindi, nel nostro caso, riguarderebbe le pronunce della Cassazione emesse dopo il 16 settembre 2022.

Così, davanti alla Suprema Corte, se la definizione è perfezionata prima del deposito della pronuncia di cassazione senza rinvio o anche con rinvio (e necessariamente il deposito sarà posteriore al 16 settembre), la sopravvenuta decisione della Suprema Corte resterà senza effetti (circ. n. 6/E/2019, par. 7.1).

Se invece la definizione è perfezionata dopo il deposito della pronuncia di cassazione senza rinvio e quindi, in altri termini, se prima del perfezionamento della definizione (ovvero prima della presentazione della domanda e dell’eventuale pagamento) interviene ordinanza o sentenza di cassazione senza rinvio, il giudizio è definito ed è precluso l’accesso alla definizione agevolata in base al criterio di cui al comma 4 relativo alla nozione di pendenza della causa: la domanda di definizione sopravverrebbe a una pronuncia definitiva che chiude il giudizio, il quale non può più essere qualificato come pendente. Per evitare questa conseguenza, si sarebbe dovuta presentare prima dell’udienza o dell’adunanza camerale, una domanda di sospensione del giudizio ai sensi del comma 10.

Se la definizione è perfezionata dopo il deposito della pronuncia di cassazione con rinvio, rammentando che nell’ipotesi in esame la pronuncia di cassazione con rinvio interviene dopo il 16 settembre 2022, si dovrebbe osservare che la causa è da considerarsi pendente alla detta data del 16 settembre (comma 4) e non si è realizzata la condizione ostativa dell’intervento di una sentenza definitiva prima della domanda di definizione agevolata, quindi si può ritenere che gli effetti del perfezionamento prevalgono sulla detta pronuncia.

16. Se vi sono più coobbligati al pagamento dei tributi oggetto della lite definita, il comma 13 dell’art. 5 L. n. 130/2022 precisa che la definizione perfezionata da uno dei coobbligati giova anche agli altri, inclusi quelli per i quali la controversia non sia più pendente, fatte salve le disposizioni del secondo periodo del comma 8, relativo alla configurabilità di una controversia autonoma.

Infatti possono darsi tre configurazioni fondamentali, tenendo conto che ciascun coobbligato può aver ricevuto la notificazione dell’atto cui si riferisce la controversia oggetto della definizione agevolata.

La prima riguarda l’ipotesi in cui tutti i coobbligati siano parte della stessa lite d’impugnazione dell’atto che li riguarda. E’ il caso più semplice. Uno dei coobbligati perfeziona la definizione agevolata della lite, e la definizione produce l’estinzione della controversia anche per gli altri coobbligati. Se la somma dovuta per la definizione sia stata versata dal solo proponente la definizione, si porrà il problema del regresso verso gli altri coobbligati.

La seconda ipotesi è quella in cui si hanno distinte controversie instaurate dai coobbligati aventi ad oggetto lo stesso atto. Ciò può accadere, ad esempio, in materia di imposta di registro, nell’ipotesi in cui l’avviso di rettifica avente ad oggetto lo stesso contratto di cessione di azienda sia stato impugnato separatamente da acquirente e venditore, con l’instaurazione di separati giudizi pendenti (circ. n. 3/E/2003). In questo caso, il perfezionamento della definizione da parte di uno degli interessati, consolidato dal mancato diniego da parte dell’Agenzia, produce l’effetto dell’estinzione anche delle altre controversie. L’effetto si determinerà anche se la causa diversa da quella definita si trovi pendente in un grado inferiore di giudizio rispetto alla Corte di Cassazione. Sarà onere della parte interessata chiedere l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere ai sensi dell’art. 46 D.Lgs. n. 546/1992, con le spese che restano a carico delle parti che le hanno anticipate.

Si osserva che secondo le indicazioni rese dalla circ. n. 3/E/2003 (par. 10.5) l’Ufficio tributario che riceve la domanda prodotta da uno dei soggetti interessati «avrà cura di comunicare la pendenza di altre liti aventi ad oggetto il medesimo rapporto tributario, specificandone la circostanza». Nel nostro caso vuol dire che secondo imparzialità e buona fede l’Agenzia avrà cura di effettuare la medesima comunicazione anche al giudice, diverso da quella di Cassazione, davanti al quale pende la lite del coobbligato.

Se la lite autonoma radicata dal coobbligato non sia più pendente, si tratterà di dare applicazione al principio sancito dal comma 13 per il quale la definizione giova ai coobbligati «inclusi quelli per i quali la controversia non sia più pendente». Se la definizione giova, ciò vuol dire che la norma preclude all’Ufficio l’esercizio di eventuali ulteriori azioni riscossive verso il coobbligato, il quale peraltro non potrà ottenere il rimborso di eventuali somme già pagate.

La terza ipotesi è quella di instaurazione della controversia da parte solo di alcuni dei coobbligati. Trova qui applicazione il principio espressamente sancito dal comma 13, art. 5 L. n. 130/2022, per il quale gli effetti favorevoli della definizione intercorsa tra taluno dei coobbligati e il creditore si estendono agli altri. Ne segue, anche in questo caso, che l’Ufficio non potrà più procedere alla riscossione nei confronti del coobbligato non impugnante, ma questi non potrà ottenere il rimborso di quanto già versato.

17. La definizione agevolata si perfeziona con la presentazione della domanda e il pagamento delle somme nette dovute autoliquidate, o la sola presentazione della domanda se nulla debba essere versato (comma 7 art. 5 L. n. 130/2022). L’Agenzia, ricevuta la domanda, notifica l’eventuale diniego della definizione entro 30 giorni con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali (comma 11).

L’atto di diniego di definizione agevolata è impugnabile, entro i consueti termini di 60 giorni (sanciti espressamente dal comma 11) decorrenti dall’avvenuta notificazione, davanti alla Corte di Cassazione.

La norma non dice quale sia la forma dell’atto di impugnazione, ma si deve ritenere che si tratti di un ricorso. Non è chiara la legittimazione passiva, e quindi la precisa individuazione dell’Ufficio controparte a cui notificare il ricorso. Una prima soluzione sarebbe la notificazione all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate che emesso l’atto di diniego. D’altro canto, nel silenzio della norma, il rito dovrebbe essere quello proprio del giudizio di cassazione in quanto applicabile. Segue che, nella seconda soluzione, la controparte sarebbe allora l’Ufficio della direzione centrale dell’Agenzia delle Entrate a Roma. Nell’incertezza, conviene effettuare la notificazione a entrambi gli Uffici.

Si ritiene che, per proporre il ricorso davanti alla Suprema Corte, occorre la difesa tecnica di un legale iscritto nell’apposito albo dei cassazionisti e la procura speciale. Il termine per il deposito del ricorso nella cancelleria della Corte è quello di 20 giorni decorrente dall’ultima notificazione ex art. 369 c.p.c. Dovrà essere depositato anche l’atto di diniego impugnato.

18. La possibilità di definizione della lite introdotta dal legislatore richiede necessariamente uno spatium deliberandi a favore del contribuente che introdusse la lite per consentirgli le valutazioni occorrenti circa la definibilità della sua lite, la convenienza della definizione stessa e di ogni correlata conseguenza. Si aggiunga che se, nell’intervallo temporale previsto per la presentazione della domanda di definizione (corrente dal 16 settembre 2022 al 16 gennaio 2023), dovesse sopravvenire sentenza o ordinanza di definizione dalla lite, il contribuente si vedrebbe precluso l’accesso al beneficio. Si tratta dunque di esigenze di amministrazione della giustizia processuale che l’art. 5 L. n. 130/2022 (riprendendo modelli di precedenti definizioni agevolate) affronta con lo strumento della sospensione del processo su iniziativa del contribuente interessato (dunque la parte pubblica non è legittimata alla richiesta in esame).

Infatti la regola posta è che le controversie definibili non sono sospese (comma 10 art. 5 L. n. 130/2022) salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere della definizione. Si precisa che questa dichiarazione, di volersi avvalere della definizione, è non vincolante rispetto all’adesione alla definizione (circ. n. 6/E/2019, par. 8). Ne segue che detta dichiarazione non ha effetti che incidano sulla disposizione del diritto oggetto di controversia, quindi, come ritiene pure la prassi ora richiamata, essa può essere avanzata dal difensore del contribuente senza necessità di un mandato specifico. Si ricorda che la maggiore utilità pratica della domanda di sospensione è quella di evitare che il deposito della pronuncia della Suprema Corte definisca il giudizio prima dell’eventuale deposito della domanda, così precludendo l’accesso alla definizione agevolata (comma 4).

Se è presentata l’istanza di sospensione per la definizione agevolata, il processo è sospeso fino al termine di legge per la presentazione della domanda di definizione (comma 10) e quindi fino a sabato 14 gennaio 2023.

La sospensione consegue ex lege alla domanda, non occorre alcun provvedimento del giudice che la disponga (più ampiamente si veda Glendi C., Sospensione ed estinzione del processo per le controversie definibili con la pace fiscale, in Corr. trib., 2019, 3, 221). Se è fissata l’udienza, la stessa la Cassazione prenderà atto dell’avvenuta sospensione dichiarandola (Cass. 5 dicembre 2022, n. 35605; 29 dicembre 2022, n. 37987, hanno dichiarato la sospensione fino al termine di legge e rinviato la causa a nuovo ruolo). Durante il periodo di sospensione, occorrendo, si ritiene comunque attivabile il procedimento cautelare ex art. 62-bis D.Lgs. n. 546/1992 per sospendere l’esecutività della sentenza impugnata per cassazione o l’esecuzione dell’atto pretensivo oggetto della lite.

Sul piano tecnico-processuale si evidenzia che la sospensione in esame non rientra nel tipo della sospensione per pregiudizialità-dipendenza tra cause ex art. 295 c.p.c., e neppure nella sospensione volontaria su istanza concorde delle parti ex art. 296 c.p.c. Si tratta di una figura autonoma di sospensione ipso iure che la legge fa dipendere dalla presentazione della domanda del contribuente, la quale integra la causa propria della figura di sospensione in esame, indipendentemente dall’intervento del giudice. Questi, ove emetta un provvedimento sulla sospensione, emetterà un provvedimento dichiarativo e non costitutivo dell’effetto della sospensione. Quest’ultima è definita come lo stato di quiescenza del processo durante il quale, di regola, nessun atto può essere compiuto e, particolare rilevante per quanto ci interessa, la lite non può essere decisa.

Successivamente alla domanda di sospensione ipso iure della causa, scaduto il termine del sabato 14 gennaio 2023 (termine finale per la proposizione della domanda di definizione agevolata), si danno due casi.

Il primo caso è quello in cui la domanda di definizione agevolata non sia stata presentata. Il processo è sospeso e sembra che sia onere della parte interessata presentare al giudice l’istanza di trattazione entro il termine perentorio di due mesi decorrenti dalla scadenza del termine per presentare la domanda di definizione agevolata, come previso dal comma 12 dell’art. 5 L. n. 130/2022, il quale prevede pure che in mancanza dell’istanza di trattazione il processo sia dichiarato estinto.

Tuttavia, la circ. n. 6/E/2019 (par. 11), con riguardo alla norma di analogo tenore dall’art. 6, comma 13, D.L. 118/2018, affermava che «i giudizi per i quali il contribuente abbia presentato istanza di sospensione… senza successivamente presentare la domanda di definizione, allo scadere della predetta data proseguono senza che sia necessario presentare istanza di sospensione». Troverebbe qui applicazione il principio secondo il quale «in Cassazione non esiste propriamente estinzione per inattività, ma solo per rinuncia» (Tedoldi A., sub art. 338, in Consolo C., a cura di, Codice di procedura civile. Commentario, vol. II, Milano, VI ed., 2018).

Ove invece si ritenga corretta la conseguenza dell’estinzione, non sembra chiaro se essa travolga l’intero processo con la conseguente definitività dell’atto impugnato, o il solo giudizio di cassazione con il conseguente passaggio in giudicato della sentenza di appello. Il confronto tra la lettera del comma 12 e dell’art. 63 D.Lgs. n. 546/1992, dove si legge che “l’intero” processo si estingue, potrebbe deporre nel senso del travolgimento della sola fase di cassazione. Inoltre, Cass., sez. I, 22 agosto 2006, n. 18236, afferma che nei casi di estinzione del giudizio di cassazione (nella specie per mancata rinnovazione della notificazione del ricorso introduttivo) è applicabile il principio ex art. 338 c.p.c. del passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

Il secondo caso è quello in cui la domanda di definizione sia stata in effetti presentata entro il termine proprio scadente sabato 14 gennaio 2023 (comma 7). In questo caso si deve considerare che dapprima scatta il termine entro il quale l’Agenzia ha l’onere di notificare il diniego della definizione, che è di 30 giorni (la norma non specifica se decorra dalla presentazione della domanda o dalla scadenza del termine per la presentazione delle domande), poi (due mesi dopo la scadenza del termine per la presentazione delle domande – 14 gennaio 2023 – e quindi il 14 marzo 2023) scade il termine per la presentazione dell’istanza di trattazione per evitare l’estinzione del giudizio (comma 12).

Ne segue che se la domanda di definizione non è stata rigettata, e se nessuna parte presenta l’istanza di trattazione, il processo si estinguerà (comma 12).

Se invece, dopo la domanda di definizione, l’Agenzia abbia notificato l’atto di diniego, allora occorrerà valutare la reazione del contribuente. Se il contribuente impugna l’atto di diniego davanti alla stessa Corte di Cassazione, si deve considerare che la detta impugnazione produce ex-lege anche l’effetto dell’istanza di trattazione (comma 12). Pertanto il giudizio di cassazione riprenderà per giungere alla decisione incidentale sulla domanda di definizione, con effetti conseguenti sull’originario ricorso per cassazione. In pratica occorre vigilare sui termini stabiliti nel comma 11 per la notificazione dell’atto di diniego della definizione e nel comma 12 per la presentazione dell’istanza di trattazione. Quest’ultimo termine è certamente processuale perché l’istanza di trattazione è atto processuale, ma esso è ordinatorio o perentorio? Si è detto che la presente è una fattispecie speciale di sospensione non riconducibile all’art. 295 ss. c.p.c. (e tantomeno all’art. 45 D.Lgs. n. 546/1992 relativo al solo processo davanti al giudice tributario). La norma generale dell’art. 152 c.p.c. afferma che «i termini (processuali ndr) stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori», però essi possono anche essere qualificati come perentori in ragione della loro specifica funzione nel processo. Ora, il termine per l’istanza di trattazione è sicuramente acceleratorio quindi la giurisprudenza potrebbe qualificarlo come perentorio in ragione di questa sua funzione. Pertanto si deve rispettare il termine stesso ponendolo alla data del 14 marzo 2023.

Si tenga però presente, per precisione, ove trovino applicazione termini multipli decorrenti dal termine di scadenza per la presentazione della domanda di definizione di sabato 14 gennaio 2023, che siccome questa scadenza è prorogata ex lege a lunedì 16 gennaio 2023, il termine successivo nella sequenza, costituito dal termine per l’istanza di trattazione scadente entro il termine perentorio di due mesi decorrente, appunto dalla scadenza del termine per presentare la domanda di definizione agevolata, si dovrebbe considerare più precisamente scadente giovedì 16 marzo 2023.

19. Il comma 12, primo periodo dell’art. 5 L. n. 130/2022, sancisce che «in mancanza di istanza di trattazione presentata dalla parte interessata entro due mesi decorrenti dalla scadenza del termine» per la presentazione della domanda di definizione, «il processo è dichiarato estinto».

L’istanza di trattazione è un atto processuale con il quale la parte del giudizio davanti alla Corte di Cassazione che ne ha interesse dà impulso al procedere della causa chiedendo, appunto, la trattazione del ricorso. Sul piano soggettivo si osservi che mentre il comma 10 precisa che «il contribuente» può chiedere la sospensione, per cui risulta non legittimata a presentarla la parte pubblica, il comma 12 precisa che l’istanza di trattazione è presentata «dalla parte interessata» alla prosecuzione del giudizio, e quindi la legittimazione a questa istanza è attribuita sia al contribuente che alla parte pubblica. L’istanza è indirizzata alla sezione della Suprema Corte davanti alla quale pende il giudizio da trattare. Nell’istanza va individua la causa alla quale si riferisce indicando, in particolare le parti, il numero di ruolo generale della causa e la sentenza impugnata.

Quanto all’individuazione del termine di scadenza, si rinvia a quanto dianzi esposto.

Ci si può ora chiedere quale sia l’estensione del campo di applicazione della prescrizione del comma 12 in esame relativa all’istanza di trattazione.

Sembra che si possano ipotizzare in astratto quattro spazi applicativi: primo, un campo di applicazione generale, e quindi relativa a tutti i processi pendenti davanti alla Suprema Corte; secondo, un campo di applicazione limitato alle liti in astratto definibili; terzo, un campo di applicazione ancor più limitato alle controversie per le quali sia stata presentata dal contribuente domanda di sospensione dichiarando di volersi avvalere della definizione agevolata; quarto, un campo di applicazione limitato alle domande di definizioni presentate.

Vediamo queste ipotesi partitamente, ma si ritiene che l’istanza di trattazione sia da presentarsi, come vedremo, solo nella terza e quarta ipotesi.

Partiamo dalla quarta ipotesi. L’interpretazione dell’Agenzia resa nella circ. n. 6/E/2019 (par. 11), relativa alla definizione agevolata ex art. 6 D.L. n. 119/2018, è quella secondo la quale l’ambito di applicazione dell’istanza di trattazione andrebbe inquadrata nel caso in cui il processo era sospeso e sia stata presentata domanda di definizione, questa sia stata depositata davanti all’organo giurisdizionale con il conseguente prolungamento della sospensione del processo. In questo caso, appunto, l’istanza di trattazione avrebbe evitato l’estinzione del giudizio. Se invece, dopo la richiesta di sospensione, non era presentata e depositata domanda di definizione, la sospensione terminava ex lege a una certa data e allo scadere di essa il giudizio sarebbe proseguito senza necessità dell’istanza di sospensione.

Tuttavia la disciplina dell’art. 5 L. n. 130/2022 è diversa da quella precedente, perché il deposito davanti al giudice dell’istanza di definizione non ha oggi l’effetto di prolungare la sospensione; allora osserviamo quanto segue.

Se non fu presentata domanda di sospensione ma è presentata domanda di definizione, ed essa venga respinta dall’Agenzia, il relativo atto di diniego potrà essere impugnato e questa impugnazione «vale anche come istanza di trattazione» (comma 12). Se invece la domanda di definizione sia stata presentata e si consolidi per mancata notificazione dell’atto di diniego, non si comprende dove sia l’interesse a presentare l’istanza di trattazione perché v’è interesse a chiudere il processo con l’estinzione per cessata materia del contendere. Infine, se si è presentata domanda di definizione e l’Agenzia abbia notificato l’atto di diniego ma questo non sia stato impugnato e si sia quindi consolidato (le somme versate saranno poste ad acconto delle imposte che risultano dovute in base all’atto impugnato oppure saranno rimborsate), posto che secondo il comma 10 «le controversie definibili non sono sospese», il processo prosegue. In conclusione, l’istanza di trattazione ha il delineato campo di applicazione.

Terza ipotesi: fu presentata domanda di sospensione. Se il contribuente ha presentato domanda di sospensione al fine di valersi della definizione ai sensi del comma 10, ma poi non ha presentato la domanda di definizione, la presentazione dell’istanza di trattazione sembra un onere che incombe sulla parte interessata del giudizio al fine di evitare l’estinzione del giudizio medesimo. Infatti il comma 10 sancisce che su specifica richiesta «del contribuente… il processo è sospeso fino alla scadenza del termine di cui al comma 7 (termine per la presentazione della domanda di definizione ndr)». Il comma 12 poi sancisce che «in mancanza di istanza di trattazione presentata dalla parte interessata, entro due mesi decorrenti dalla scadenza del termine di cui al comma 7, il processo è dichiarato estinto». Nella legge dunque si rinviene la disciplina della fattispecie speciale di sospensione in esame che prevede pure l’onere dell’istanza di trattazione. Inoltre detta disciplina reca una scansione dei termini relativi ai due atti tra loro correlati. Si deve però richiamare la già segnalata diversa conclusione interpretativa cui giunse l’Agenzia delle Entrate nella definizione agevolata ex art. 6 D.L. n. 119/2018. Infatti, il suo comma 10 recava una norma dal tenore analogo all’attuale comma 10 dell’art. 5 L. n. 130/2022. L’Agenzia delle Entrate, nella circ. n. 6/E/2019 riteneva però che «i giudizi per i quali il contribuente abbia presentato istanza di sospensione fino al 10 giugno 2019 senza successivamente presentare la domanda di definizione, allo scadere della predetta data proseguono senza che sia necessario presentare istanza di trattazione». Questa interpretazione sarebbe preferibile in ragione della struttura del giudizio di cassazione, soggetto al procedere d’ufficio. Tuttavia si ritiene, per le ragioni espresse, che sia opportuno presentare l’istanza di trattazione.

Invece, nel diverso caso in cui il contribuente, dopo aver presentato la richiesta di sospensione della controversia per avvalersi della definizione, abbia effettivamente presentato la domanda di definizione, ricadiamo nella quarta ipotesi dianzi risolta.

Seconda e prima ipotesi. Il comma 10 precisa che «le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice». Pertanto, se manca l’istanza per la sospensione della controversia, la lite non è sospesa per cui non si pone nessun problema di ripresa del processo per evitare l’estinzione, e non occorre depositare alcuna istanza di trattazione ex comma 12. La lite però «è definita» con la domanda di definizione agevolata, previo pagamento (commi 1 e 2 art. 5 L. n. 130/202). Il giudice prende atto della cessata materia del contendere e quindi «il processo è dichiarato estinto con decreto del presidente» (comma 12). Identiche considerazioni si debbono fare per le controversie diverse da quelle definibili in via agevolata, che parimenti non sono sospese, per cui se fu presentata domanda di sospensione, invero, essa fu inutile perché difetta il presupposto della sospensione ipso iure in esame che è la definibilità della lite; se invece non fu presentata una domanda di sospensione non v’è alcuna necessità di un’istanza di trattazione.

20. Il comma 12 dell’art. 5 D.L. n. 130/2022 sancisce che «il processo è dichiarato estinto con decreto del presidente» del collegio della sezione che tratta il ricorso in cui fu presentata la domanda di definizione agevolata.

Nella fattispecie in esame è la legge a prescrivere che sia il decreto del presidente l’atto che la Corte di Cassazione debba adottare per chiudere il processo nei casi in cui occorra la dichiarazione di estinzione. Il decreto (art. 135 c.p.c.) può essere reso anche d’ufficio e non deve essere preceduto da contraddittorio. L’art. 135, comma 4 c.p.c. dispone che «il decreto non è motivato, salvo che la motivazione sia prescritta espressamente dalla legge». Nel nostro caso la legge, come riportato, non prevede la motivazione. Tuttavia l’art. 111, comma 6, Cost. sancisce che “tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati”. In dottrina (Mandrioli C. – Carratta A., Diritto processuale civile, vol. I, Torino, XXVI ed., 2017, 513, nota 51). si osserva che la giurisprudenza della Cassazione richiede la motivazione nei decreti di natura decisoria, ma la ammette anche sommaria. Il requisito è soddisfatto dall’indicazione degli elementi basici che consentano di comprendere perché il giudice sia giunto a decidere l’estinzione. Nel caso in esame dell’estinzione per definizione agevolata, la motivazione sommaria risulta soddisfacente.

21. La domanda di definizione agevolata è ovviamente sottoposta al controllo degli Uffici dell’Agenzia delle Entrate a cui è stata inviata. L’Agenzia verifica la legittimità formale e sostanziale della domanda e, in particolare, la sussistenza delle condizioni per la definizione agevolata e la correttezza dell’autoliquidazione delle somme lorde dovute e nette da versare, la tempestività della domanda e del pagamento.

Nel caso in cui l’Agenzia ritenga di denegare la definizione agevolata, la decisione è formalizzata nel provvedimento unilaterale recettizio dell’atto di diniego della definizione. Esso dovrà essere motivato a pena di nullità e notificato al contribuente entro il termine di 30 giorni con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali (comma 11).

Quanto al momento di decorso di questo termine, il comma 11 tace. Le possibilità interpretative sembrano due. La prima pone il decorso dalla data di presentazione di ciascuna domanda di definizione. Si tratterebbe di un termine dal decorso mobile, collegato a ciascuna specifica domanda. La seconda pone il decorso a partire dal termine finale per la presentazione delle domande di definizione, individuato in 120 giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della L. n. 130/2022, quindi decorrente dal 16 settembre 2022 e scadente sabato 14 gennio 2023 (comma 7). Questa seconda interpretazione è preferibile sul piano sistematico perché corrisponde meglio alle esigenze organizzative dell’Agenzia ed è quindi riguardabile come attuativo dei principi di efficienza e efficacia dell’azione amministrativa. Inoltre essa non lede il diritto del contribuente a cui sono sempre garantiti i 60 giorni per valutare il diniego e decidere dell’impugnazione dinanzi alla Corte di Cassazione (comma 11).

Quanto alla natura del termine, la stessa Agenzia delle Entrate la qualifica come perentoria nella circ. n. 6/E/2019 (par. 10), e come tale l’inutile decorso determina, a favore del contribuente, il valido consolidarsi della definizione.

Quanto alla natura dell’atto di diniego della definizione, si ritiene di natura sostanziale a non processuale e questa è la ragione per cui la norma specifica che la notificazione debba avvenire in base alle norme per la notificazione degli atti processuali.

22. Il comma 5 dell’art. 5 L. n. 130/2022 prevede espressamente che le spese del giudizio estinto a seguito della definizione agevolata restino a carico della parte che le ha anticipate. Ciò è peraltro conforme all’identico principio generale sancito nel processo tributario per tutti i casi di cessazione della materia del contendere, dall’art. 46 D.Lgs. n. 546/1992. Si deve ritenere, conformemente a quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate nella circ. n. 6/E/2019 (par. 11) che la compensazione delle spese esclude anche il recupero del contributo unificato che sia stato prenotato a debito, perché esso può avvenire solo a seguito di condanna al rimborso delle spese di lite.

23. Il comma 5 dell’art. 5 L. n. 130/2022 sancisce espressamente che l’adesione alla definizione agevolata produce ex lege l’effetto della rinuncia «ad ogni eventuale pretesa di equa riparazione» per l’eccessiva durata del processo ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89. Il legislatore sembra qui anticipare idealmente un’eventuale apertura all’estensione anche al processo tributario (oggi ancora esclusa dalla giurisprudenza) dell’applicabilità della c.d. legge Pinto.

24. Con riguardo alla definizione delle controversie pendenti in Cassazione relative ai tributi degli enti territoriali (comuni, province, città metropolitane, regioni), l’art. 5, comma 15, L. n. 130/2022 rimette alla scelta dell’ente, espressamente formalizzata in un proprio atto normativo l’applicabilità della definizione agevolata con riguardo alle liti in cui sono parte detti enti o propri enti strumentali.

Il comma 15 precisa che la scelta di applicare la definizione agevolata ha ad oggetto «le disposizioni di cui al presente articolo» 5 L. n. 130/2022. Ne segue che gli enti territoriali non hanno alcun margine per intervenire sulle misure della definizione agevolate, che saranno quelle stabilite dal legislatore statale.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Busico M., La definizione automatica delle liti ultradecennali, in Riv. tel. dir. trib., 2019, I, V, 49 ss.

Glendi C., Sospensioni ed estinzioni nella definizione delle liti pendenti, in Corr. trib., 2011, 43, 3602 ss.

Glendi C., Sospensione ed estinzione del processo per le controversie definibili con la pace fiscale, in Corr. trib., 2019, 3, 221 ss.

Mandrioli C. – Carratta A., Diritto processuale civile, vol. I, Torino, XXVI ed., 2017, 513, nota 51

Picciaredda F., La nozione di atto impositivo ai fini della definizione agevolata delle liti fiscali pendenti, in Dir. prat. trib., 2021, 5, 2208 ss.

Pistolesi F., Dalla “rottamazione delle liti” alla “definizione agevolata”: elementi di continuità e innovazione, in Corr. trib., 2018, 44, 3359 ss.

Tedoldi A., sub art. 338, in Consolo C., a cura di, Codice di procedura civile. Commentario, vol. II, Milano, VI ed., 2018

Tundo F., L’avvocato generale della Corte UE “salva” la definizione delle liti ultradecennali pendenti in CTC, in Corr.trib., 2012, 3, 207 ss.

Turchi A., Definizione agevolata delle liti fiscali e concetto di atto impositivo: orientamenti della giurisprudenza di legittimità e della prassi amministrativa, in Riv. dir. trib. 2019, 3, II, 134 ss.

Scarica il commento in formato pdf

Tag:, , , , ,