Note minime sulla indennità risarcitoria per perdita di chance

Di Silvio D’Andrea -

Abstract

La Cassazione torna sulla perdita di chance e decide, tout court, che le somme corrisposte a titolo di risarcimento non costituiscono ricchezza novella tassabile, ma restitutio in integrum di un danno emergente, a nulla rilevando che siano state determinate utilizzando come parametro il contratto collettivo nazionale di lavoro dello specifico settore. La controversia, che ruota attorno all’art. 6, comma 2, TUIR, non pare aver considerato (e l’ordinanza della Corte non avrebbe potuto farlo, essendo una valutazione di merito non prospettabile in sede di legittimità) la potenziale plurioffensività del danno derivante da perdita di chance sia di riparazione patrimoniale (danno emergente), sia di “sostituzione” di quei redditi che il soggetto non ha potuto produrre (lucro cessante).

Some initial observation on compensation for loss of chance – According to the recent Supreme Court case law, an amount paid as compensation for the loss of a chance does not constitute new (and taxable) wealth, but rather a restitutio in integrum (i.e., return to the initial conditions) prior to the damage, regardless of whether the latter was liquidated using the national collective labor agreement of the relevant industry as a parameter. The ruling, which involved the interpretation of Article 6, second paragraph, of the Italian Consolidated Income Tax Act (‘Testo Unico delle Imposte sui Redditi’, or TUIR), does not seem to have considered the aptitude of damage from loss of chance to potentially cause both a direct jeopardy (thus in need of patrimonial reparation) and a loss of profit (in terms of lost incomes), which, as such, would be in need of a “replacement”. Nor the Supreme Court could have considered such an issue, since it is a point of fact that, under Italian procedural law, cannot be examined in a Supreme Court case.

 

 

Sommario: 1. Premessa. – 2. Dicotomia lucro cessante/danno emergente e indennità risarcitorie. – 3. Reddito di lavoro dipendente e indennità risarcitorie. – 4. Indennità corrisposta al dipendente per perdita di chance. – 5. Conclusione.

1. Con una decisione prima facie convincente, per quella convinzione già radicata, come qualcosa di risaputo che induce ad una veloce lettura, quasi guidata dall’assonanza del dejà vu, la Suprema Corte, ord. 8 febbraio 2023, n. 3804, richiamando la propria “copiosa” giurisprudenza ha deciso che le somme corrisposte a titolo di risarcimento del danno da perdita di chance non costituiscono ricchezza novella tassabile, ma restitutio in integrum di un danno emergente, a nulla rilevando che siano state determinate utilizzando come parametro il contratto collettivo nazionale di lavoro dello specifico settore.

In particolare la controversia ha riguardato le somme riconosciute, da una Azienda sanitaria, ai propri dipendenti a titolo risarcitorio in esecuzione di un accordo transattivo, a conclusione di una pronuncia del Tribunale del lavoro che aveva condannato l’Azienda sanitaria a risarcire il danno derivante dalla violazione dell’art. 52 del C.C.N.L «sotto il profilo della lesione alla professionalità essendo evidente che l’assenza di programmi ed obiettivi incentivanti comporti una perdita di chance di accrescimento professionale». Invero, secondo la decisione, «si realizza, a ben vedere, una situazione affine a quella del demansionamento (…) là dove l’attribuzione nummaria non è meramente sostitutiva della retribuzione, ma anzitutto ristora la lesione della capacità professionale del lavoratore».

L’annotata ordinanza, che ruota attorno all’art. 6, comma 2, TUIR, affronta una questione sempre attuale ed è occasione per una riflessione e brevi cenni sugli incerti confini della tassabilità delle indennità risarcitorie e sulla potenziale plurioffensività del danno derivante da perdita di chance.

2. La Corte ha affrontato il profilo fiscale delle erogazioni risarcitorie richiamando, più volte, l’art. 6, comma 2, TUIR che esclude dalla nozione di reddito il risarcimento del danno destinato a reintegrare il patrimonio (danno emergente) e assoggetta a tassazione gli indennizzi risarcitori di lucro cessante.

Va, tuttavia, ricordato che, in ambito tributario, la distinzione civilistica, di cui all’art. 1223 c.c., danno emergente/lucro cessante, per stabilire se un provento corrisposto a titolo risarcitorio sia tassabile, sebbene sia da ritenere valida è, comunque, solo tendenziale. Sul punto, in dottrina si è sostenuto che il legislatore tributario avrebbe fatto propria la distinzione civilistica, tra danno emergente e lucro cessante, soprattutto nell’ambito dei redditi di lavoro dipendente, (cfr. Marongiu G., La intassabilità dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute, in Dir. prat. trib., 1993, I, 65). Per la dottrina maggioritaria ritenere che la distinzione tra danno emergente e lucro cessante non operi in ambito fiscale sarebbe un errore in quanto non si può ignorare che il secondo comma dell’art. 6 TUIR fissa il principio generale per cui ciò che rappresenta lucro cessante è tassato, mentre non è tassato il danno emergente (cfr. Tesauro F., Istituzioni di diritto tributario. Parte speciale, XII ed., Torino, 2019, 14; Lupi R., Diritto tributario. Parte speciale, VII ed., Milano, VII ed., 2002, 48, nota 31).

Indipendentemente, infatti, dalla dicotomia (danno emergente – lucro cessante) è necessario far riferimento alle singole categorie di reddito per stabilire se un provento sia o meno tassabile e verificare se l’indennizzo risarcitorio costituisca reddito secondo le regole delle specifiche categorie di reddito nel quale va classificato (Della Valle E., Appunti in tema di erogazioni risarcitoria e indennità sostitutive, in Riv. dir. trib., 1992, I, 827).

E, pertanto, il secondo comma dell’art. 6 TUIR non consente di affermare regole rigide in proposito, ma sarà necessario che l’importo risarcito abbia, a sua volta, natura reddituale (Falsitta G., Manuale di diritto tributario. Parte speciale. Il sistema delle imposte in Italia, XII ed., Padova, 2018, 105).

Tale conclusione, che obbliga a far riferimento alle singole categorie reddituali, risiede essenzialmente sulla mancanza di una definizione generale di reddito e sulla inadeguatezza del binomio danno emergente – lucro cessante per fissare «una rigorosa linea di demarcazione fra proventi non tassabili e proventi tassabili» (Tosi L., La nozione di reddito, in Tesauro F., diretta da, L’imposta sul reddito delle persone fisiche. Giurisprudenza sistematica di diritto tributario, I, Torino, 1994, 33).

La legge fiscale non fornisce, infatti, una definizione generale di reddito, ma indica solo le singole categorie di reddito (art. 6, comma 2, D.P.R. n. 917/1986), anche se è assolutamente pacifico che deve trattarsi di ricchezza novella, cioè di variazioni incrementative del patrimonio del soggetto (sebbene non tutti gli incrementi costituiscano reddito) e pertanto, di norma, non costituisce reddito il risarcimento del danno emergente, cioè la sostituzione di un bene con un altro di equivalente valore, ad esempio indennità corrisposte per risarcire una mera reintegrazione patrimoniale ovvero il risarcimento ottenuto per una “vacanza rovinata”, ricompreso nel danno alla persona (Cass., 20 febbraio 2023, n. 5271). È, tuttavia, possibile che, nell’ambito della tassazione delle imposte sui redditi, una indennità erogata a fronte di un lucro cessante non sia imponibile ovvero che siano tassabili alcune erogazioni di reintegrazione patrimoniale; talvolta il risarcimento di mancati guadagni può riguardare entrate che, comunque, sarebbero state esenti ovvero il risarcimento potrebbe riferirsi ad una perdita già fiscalmente riconosciuta e, quindi, tassabile (nel reddito d’impresa è il caso degli indennizzi di cui all’art. 85, comma 1, lett. f, TUIR; art. 86 comma 1, lett. b, TUIR; art. 88, comma 3, lett. a, TUIR).

3. Riportando il discorso sul piano dei rapporti di lavoro dipendente occorre inquadrare il tema dei risarcimenti nel contesto più ampio dei principi generali in materia.

Per affrontare il regime tributario delle erogazioni di natura sostitutiva o risarcitoria è, quindi, necessario richiamare l’art. 6 TUIR che, dopo aver individuato al primo comma le varie categorie di reddito, al secondo comma stabilisce che solo «I proventi conseguiti in sostituzione di redditi (…) e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento dei danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti (…)».

In base a tale norma, in accordo ai profili minimali del concetto di reddito quale ricchezza novella, occorre considerare, ciò che, di volta in volta, viene risarcito. In dottrina in proposito si è osservato che i risarcimenti di un mancato guadagno tassabile «non sempre sono facilmente distinguibili dai risarcimenti per perdite patrimoniali, in special modo quando si tratta di risarcimenti forfetari previsti dalla disciplina sul lavoro, ad esempio l’indennità per ingiustificato licenziamento, anche erogate in sede transattiva di fronte alle commissioni di conciliazione o al giudice» (Crovato F., Il lavoro dipendente nel sistema delle imposte sui redditi, Padova, 2001, 122).

Questo non sta a significare, come già detto, che la dicotomia civilistica del danno in termini di danno emergente e lucro cessante non sia valida anche in ambito tributario, ma solo che tale distinzione va ridimensionata e respinta quella impostazione che riconduce, pedissequamente, alla non tassabilità tutto quanto ha una funzione meramente risarcitoria (come danno emergente) e, invece, considera tassabile tutto quanto appare come lucro cessante. Sempre la dottrina ha osservato che talvolta è possibile che un’indennità erogata a fronte di un lucro cessante non sia imponibile, mentre, invece, siano tassabili alcune forme di reintegrazione patrimoniale. Le ipotesi in cui questo avviene sono da ascrivere fra le eccezioni ad un principio tendenziale che rimane valido, si tratta di eccezioni dovute a ragioni di simmetria tecnico fiscale – come accade per alcune reintegrazioni patrimoniali o per le somme sostitutive di redditi esenti – o a specifiche norme che dispongono esenzioni per alcuni indennizzi di lucro cessante (Crovato F., op. cit., 124).

Ciò è particolarmente vero nell’ambito dei redditi di lavoro dipendente ove il principio di omnicomprensività dei redditi di lavoro dipendente e di tassatività delle ipotesi di esclusione dalla base imponibile va interpretato alla luce del generalissimo principio che esclude da tassazione indennità estranee al concetto di reddito. Ancora, si è osservato che «Tale nozione di reddito di lavoro dipendente è foriera di una apparente inconciliabilità tra questa regola e il generalissimo principio in forza del quale non possono comunque essere assoggettate a tassazione somme che risultano estranee al concetto stesso di reddito, dovendosi intendere per tale una ricchezza novella, un incremento patrimoniale del soggetto. L’apparente antinomia va risolta dando la prevalenza al principio generalissimo e ritenendo, pertanto, che siano escluse da imposizione tutte quelle somme che presentano natura di mera reintegrazione patrimoniale e non in funzione sostitutiva o integrativa della retribuzione» (Falsitta G., Manuale di diritto tributario. Parte speciale, cit., 219; per il principio di omnicompressività del reddito vedi anche Fantozzi A., Il diritto tributario, III ed., Torino, 2003, 824; Ficari V., Prime osservazioni sulla nozione di retribuzione imponibile alla luce della nuova disciplina del reddito di lavoro dipendente, in Boll. trib., 1998, 1619).

Al fine, dunque, di stabilire il corretto regime fiscale delle eterogenee componenti di reddito nel rapporto di lavoro dipendente è necessario distinguere, nell’ambito delle indennità risarcitorie, quanto corrisposto a titolo di reintegrazione patrimoniale e quanto a titolo di una effettiva erogazione reddituale e, pertanto, «all’ampia definizione (omnicomprensiva, ndr) di proventi che concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente non possono essere ricondotte erogazioni estranee al concetto di reddito” (Lupi R., Diritto tributario. Parte speciale, cit., 85).

4. Così esposta, considerato che la distinzione tra danno emergente e lucro cessante è importante ma non decisiva, la questione comporta profili di sicuro interesse e diviene problematica se riferita al c.d. “danno alla persona“, vale a dire a quella vasta area riguardante anche la fattispecie in esame della perdita di chance, che può essere ben ricompresa nella più ampia nozione di demansionamento professionale, anche richiamato nella annotata ordinanza.

Per definire il corretto regime tributario è necessario distinguere nell’ambito delle erogazioni, lato sensu, risarcitorie, anche in base a pattuizioni private, quanto corrisposto in luogo di un “valore” che, se normalmente ottenuto in un momento antecedente a quello della sua effettiva erogazione, rappresenta “ricchezza novella” e, quindi, reddito tassabile e quanto, invece, costituisce una mera reintegrazione patrimoniale, espressione di un fenomeno sostitutivo e non accrescitivo del patrimonio del lavoratore (Crovato F., op. cit., 109 e 121 ss.).

Quel che conta è verificare se l’erogazione effettuata e, in quale misura, sia soggetta ad imposizione secondo le regole del reddito di lavoro dipendente.

Nella fattispecie la Corte ha deciso che «il danno deve ravvisarsi sotto il profilo della lesione alla professionalità, essendo evidente che l’assenza di programmi ed obiettivi incentivanti comporti una perdita di chance di accrescimento professionale (…). Non è quindi tassabile il risarcimento del danno ottenuto dal lavoratore dipendente, anche in via transattiva, per la perdita di chance di accrescimento professionale (…) ed è irrilevante che, ai fini della determinazione del quantum debeatur, si faccia riferimento al c.c.n.l. di un certo comparto» (mia sottolineatura) ed escluso ogni “eventuale e potenziale” plurioffensività del danno derivante dalla perdita di chance, cioè di danno sia patrimoniale, sia non patrimoniale.

Purtuttavia le somme corrisposte a titolo di perdita di chance, pur ricondotte nell’area del danno emergente, non possono, in via generale e a priori, essere escluse da tassazione (almeno in parte), in quanto potrebbero essere dirette sia a risarcire un danno patrimoniale, sia a risarcire quel mancato guadagno che non è stato ottenuto per via della “perdita di chance”.

Sul punto la giurisprudenza «ha (…) più volte affermato che l’applicazione in concreto della disposizione di legge (art. 6 c. 2 TUIR) comporta che la questione relativa alla imponibilità delle somme riscosse dal lavoratore a titolo risarcitorio non possa mai prescindere dall’accertamento in ordine alla natura del pregiudizio che l’importo ricevuto ha la funzione di indennizzare, dovendo in particolare il giudicante verificare se la dazione di tali somme trovi o meno la sua causa nella funzione di riparare la perdita di un reddito, potendo soltanto in caso di risposta positiva – e sempre che non si tratti di danni da invalidità permanente o da morte – affermarsi la tassazione della relativa indennità» (Cass., 13 maggio 2009, n. 10972 e altre ivi richiamate).

In particolare la Suprema Corte, nell’ambito del demansionamento professionale, nozione più ampia e comprensiva della perdita di chance lavorative, si è più volte espressa nel senso della plurioffensività del danno derivante da demansionamento, cioè di danno sia patrimoniale, sia non patrimoniale e precisato che il risarcimento derivante da danno da “dequalificazione professionale” copre sia le perdite di retribuzione (superiore) eventualmente subite a causa delle diverse (e minori) mansioni attribuite al lavoratore, sia i mancati guadagni conseguenti alla c.d. perdita di chance lavorative (cfr. Cass., 2 gennaio 2002, n. 10; Cass., 14 novembre 2001, n. 14199; Cass., 6 novembre 2000, n. 14443).

Tale danno può assumere, quindi, aspetti diversi in quanto può consistere sia nel danno patrimoniale derivante dall’impoverimento della capacità professionale acquisita dal lavoratore e dalla mancata acquisizione di una maggiore capacità, sia nel pregiudizio subito per perdita di chance ossia di ulteriori possibilità di guadagno.

Ed è compito del giudice di merito (le cui valutazioni, se sorrette da congrua motivazione, sono incensurabili in sede di legittimità) accertare se il danno sussista, individuarne la specie e determinarne l’ammontare eventualmente procedendo anche ad una liquidazione in via equitativa (cfr. Cass., 11 giugno 2004, n. 11186; Cass., 23 settembre 2008, n. 28887; Cass., 14 novembre 2001, n. 14199).

5. Le considerazioni appena svolte consentono di affermare che la somma corrisposta a titolo di perdita di chance, sebbene ricondotta nell’area del danno emergente, non può essere aprioristicamente esclusa da imposizione in quanto potrebbe avere la duplice valenza: di riparazione patrimoniale (danno emergente) o di “sostituzione” di quei redditi che il soggetto non ha potuto produrre (lucro cessante).

In quest’ultimo caso si applica l’art. 6, comma 2, TUIR secondo cui “i proventi conseguiti in sostituzione di redditi e (…) le indennità conseguite (…) a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi (…) costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti”. E da qui nasce il problema di individuare nella erogazione (e la verifica è una quaestio facti che rifiuta soluzioni precostituite) quella parte diretta a risarcire il danno emergente (non tassabile) e quella diretta a risarcire la perdita di redditi futuri (tassabile).

La soluzione correva, quindi, nell’interpretazione dell’atto, giudiziale o stragiudiziale, con il quale è stata stabilita l’indennità risarcitoria (sul punto Mastroiacovo V., La rilevanza fiscale delle somme percepite in ragioni di transazione sul lavoro, in Riv. dir. trib., 2022, 6, II, 446; Ficari V., Brevi note sulla tassazione delle erogazioni pararetributive, in Riv. dir. trib., 1993, I, 973).

Al riguardo il giudice di secondo grado, per quanto risulta dalla ordinanza in commento, si è limitato (probabilmente in ragione della determinazione del quantum debeatur in base al C.C.N.L. del settore) «a confermare la ripresa a tassazione in base al disposto dell’art. 6 comma 2, TUIR», ma senza (così appare) accertare la “eventuale e potenziale” plurioffensività del danno derivante dalla perdita di chance che poteva, al contempo, dar luogo ad un risarcimento in parte come lucro cessante e in parte come danno emergente.

Sul punto la Corte, che pur «…ha chiarito che in materia di trattamento retributivo dei dirigenti …(c) l’apporto del dirigente in termini di produttività o redditività della sua prestazione fonda  la cd. retribuzione di risultato… (che) non è una voce automatica, ma soggetta, per ciascun dirigente , a determinazione annuale, da effettuarsi solo a seguito…degli obiettivi e delle valutazioni degli organi di controllo interno..», ha ritenuto «irrilevante che, ai fini della determinazione del quantum debeatur, si faccia riferimento al c.c.n.l. di un certo comparto» senza nulla dire circa l’eventuale plurioffensività dell’inadempimento contrattuale, né avrebbe potuto farlo essendo una valutazione di merito non prospettabile in sede di legittimità.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Crovato F., Il lavoro dipendente nel sistema delle imposte sui redditi, Padova, 2001

Della Valle E., Appunti in tema di erogazioni risarcitoria e indennità sostitutive, in Riv. dir. trib., 1992, I, 821 ss.

Falsitta G., Manuale di diritto tributario. Parte speciale. Il sistema delle imposte in Italia, XII ed., Padova, 2018

Fantozzi A., Il diritto tributario, III ed., Torino, 2003

Ficari V., Prime osservazioni sulla nozione di retribuzione imponibile alla luce della nuova disciplina del reddito di lavoro dipendente, in Boll. trib., 1998, 1617 ss.

Ficari V., Brevi note sulla tassazione delle erogazioni pararetributive, in Riv. dir. trib., 1993, I, 961 ss.

Lupi R., Diritto tributario. Parte speciale, VII ed., Milano, 2002

Marongiu G., La intassabilità dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute, in Dir. prat. trib., 1993, I, 55 ss.

Mastroiacovo V., La rilevanza fiscale delle somme percepite in ragioni di transazione sul lavoro, in Riv. dir. trib., 2022, 6, II, 435 ss.

Tesauro F., Istituzioni di diritto tributario. Parte speciale, XII ed., Torino, 2019

Tosi L., La nozione di reddito, in Tesauro F., diretta da, L’imposta sul reddito delle persone fisiche. Giurisprudenza sistematica di diritto tributario, I, Torino, 1994

Scarica il commento in formato pdf

Tag:, , , , , , ,