EDITORIALE – I diritti delle nuove generazioni e la finanza pubblica: un patto intergenerazionale in Costituzione

Di Alessandro Giovannini -

I. Una proposta per un patto intergenerazionale in Costituzione: il “nuovo” secondo comma dell’art. 81 e la finanza pubblica come lascito ereditario. – Da tempo ho maturato la convinzione che la gestione della finanza pubblica nel nostro Paese sia affetta da un doppio disturbo della vista: lo strabismo e la miopia. Lo strabismo nella scelta della qualità della spesa, tutta concentrata su quella corrente, la miopia nella destinazione soggettiva della stessa, tutta orientata a soddisfare le esigenze immediate del corpo elettorale, dimenticando le aspettative delle future generazioni, quasi fossero, queste, una realtà sociale trasparente e senza un domani.

La finanza pubblica è ancora considerata come proprietà della generazione vivente, piuttosto che come lascito ereditario che ogni generazione deve trattare con il massimo rispetto per trasmetterla nelle migliori condizioni possibili alla generazione successiva. Viene ancora trattata, per dirlo in parole ancor più semplici, come un insieme freddo di numeri e di mastri, non come un bene giuridico in senso proprio, come invece è.

Mi rendo conto che il tema dei “diritti” delle nuove generazioni investe anzitutto la dimensione culturale della politica, ma sono altresì convinto che il diritto, spogliato dalle costrizioni del positivismo formalista, da quello di Karl von Gerber a quello di Hans Kelsen, possa incidere in maniera determinante anche su questa dimensione, per “riempirla” dei valori propri dello Stato costituzionale.

Rispetto al debito degli Stati, specie se contratto per finanziare la spesa corrente, la tutela degli interessi adespoti delle future generazioni non risponde solo ad un principio di responsabilità politica nell’esercizio della rappresentanza democratica, ma anche e forse primariamente ad un dovere valoriale che la politica non può non assolvere.

Di qui l’idea di proporre all’attenzione del dibattito una proposta di modifica costituzionale, riguardante in particolare il secondo comma dell’art. 81 della Carta, che mi sembra di poter formulare in questi termini: «Il ricorso all’indebitamento deve tenere conto dell’interesse delle future generazioni con riguardo anche alla qualità della spesa cui è destinato ed è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali».

II. I precedenti interni e uno sguardo al mondo. – La proposta è dunque volta ad introdurre in Costituzione il principio di equità intergenerazionale, anche con riguardo alla qualità della spesa.

Si tratterrebbe di un’innovazione storica per il nostro Paese giacché finalmente inserirebbe nella nostra Carta un vero e proprio patto fra generazioni su finanziamento e allocazione delle risorse. Non più soltanto solidarietà intragenerazionale, come finora s’è inteso il rapporto di solidarietà, e neppure più solidarietà alla rovescia, delle future generazioni a favore dell’attuale, con rinunce di quelle ai diritti di libertà e di crescita, ma solidarietà intergenerazionale, dell’attuale a favore di quelle future, un lungo ed ampio ponte tra passato, presente e futuro sorretto dall’art. 2 della Carta stessa.

A questo patto fanno eco, come guardiani dello Stato costituzionale, anche altri princìpi fondamentali contemplati nella sua prima parte, ad iniziare da quelli di libertà, fino a quelli di uguaglianza e giustizia sociale, e ad esso rispondono le pulsioni politiche, sociali e culturali che animano il dibattito italiano e internazionale sulla sostenibilità del debito “per assicurare i benefici della libertà per noi e per i nostri posteri”, come recita il preambolo della Costituzione degli Stati Uniti d’America.

D’altra parte, si richiamano espressamente alle prossime generazioni, quali portatrici di aspettative ed interessi, anche il Preambolo della Carta della Nazioni Unite del 1948, la Dichiarazione dell’UNESCO del 1997 sulle “responsabilità delle generazioni presente verso le generazioni future” e finalmente il Preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000.

L’Unione ha iniziato a recepire questo principio con alcune azioni concrete: la sostenibilità intergenerazionale della spesa e del debito è infatti divenuta regola cardine delle sue più recenti politiche nel rinnovato spirito di tutela delle libertà fondamentali previste dal Trattato istitutivo e dal Trattato di Lisbona. Ne è esempio il percorso di solidarietà avviato col programma Next generation UE. Le spese in esso previste, infatti, pur finanziate con il ricorso al debito, sono quasi interamente destinate ad investimenti in opere e sono tutte vincolate, nell’ottica fin qui indicata, a progetti funzionali ad accrescere benessere, sviluppo, diritti e giustizia sociale per chi abiterà l’Europa nei prossimi decenni e per chi in Europa troverà la sua rinnovata casa comune.

Anche il Parlamento italiano ha già fatto propria l’esigenza di garantire i “diritti” di chi verrà dopo di noi, modificando gli artt. 9 e 41 della Carta. Nel primo ha invero inserito espressamente la loro tutela nel settore ambientale e, nel secondo, ha prescritto alle imprese di adottare politiche rispettose dell’ambiente e delle libertà, accogliendo cosi, anche in questa disposizione, seppure indirettamente, la tutela intergenerazionale dei “diritti”.

III. La forza valoriale delle sentenze della Corte costituzionale. – La Corte costituzionale italiana, similmente ad altre Corti europee, ad iniziare dalla Bundesverfassungsgericht della Repubblica federale tedesca, ha elevato l’equità intergenerazionale a principio immanente dell’ordinamento costituzionale. Con saggezza ed equilibrio, ha dato suggerimenti al legislatore ordinario, peraltro rimasti totalmente inascoltati, affinché nella gestione dei fabbisogni finanziari adotti provvedimenti rispettosi delle legittime aspettative delle nuove generazioni.

La centralità dell’impulso della Corte consiglia di richiamare almeno alcuni dei suoi più significativi arresti a chiarimento ulteriore dell’approccio che la mia proposta intende consegnare, finalmente, ad una disposizione di rango costituzionale. Approccio che coincide – lo ribadisco tanto è importante – con l’esigenza di garantire ai posteri le condizioni di finanza pubblica per poter sviluppare pienamente la loro personalità in libertà, dignità e reciproca solidarietà.

Con la sent. n. 88/2014, ha affermato che l’attuazione del principio della sostenibilità del debito pubblico «implica una responsabilità che, in attuazione di quelli fondanti” di solidarietà e di eguaglianza, non è solo delle istituzioni, ma anche di ciascun cittadino nei confronti degli altri, ivi compresi quelli delle generazioni future».

Più recentemente i giudici di palazzo della Consulta, con la sent. n. 18/2019, hanno chiarito con ancor più nettezza che «l’equità intergenerazionale comporta [ … ] la necessità di non gravare in modo sproporzionato sulle opportunità di crescita delle generazioni future, garantendo loro risorse sufficienti per un equilibrato sviluppo. L’indebitamento e il deficit strutturale operano simbioticamente a favore di un pernicioso allargamento della spesa corrente», aggiunge la Corte, «e la regola aurea contenuta nell’art. 119, sesto comma, Cost., dimostra come l’indebitamento debba essere finalizzato e riservato unicamente agli investimenti in modo da determinare un tendenziale equilibrio tra la dimensione dei suoi costi e i benefici recati nel tempo alle collettività amministrate» (enfasi apposta dai sottoscrittori della presente proposta di legge).

Infine, con la sent. n. 115/2020, la Corte ha precisato che anche l’indebitamento e i piani finanziari predisposti dagli enti territoriali per un suo rientro devono prendere in considerazione i «sacrifici imposti alle future generazioni di amministrati» affinché sia raggiunto l’equilibro fra entrate e spese, «presupposto necessario per la sana amministrazione» (enfasi da me apposta).

IV. La qualità della spesa: spesa corrente ed eventi eccezionali. – La valutazione degli interessi delle prossime generazioni nelle decisioni sulle finanze pubbliche, dunque, si può già considerare ius receptum, ma in chiave ordinamentale la sua esplicita introduzione nell’art. 81 Cost. ne rafforzerebbe la tutela di fronte a possibili sviamenti e usi improvvidi della così detta “riserva politica”.

Questa “riserva”, pur dalle radici antiche e predisposta a favore del Parlamento per preservarne l’autonomia di scelta in materia di finanziamento della spesa e di allocazione delle risorse, non può più essere considerata spazio dai confini illimitati e dal contenuto insindacabile perché interpretazione, questa, ormai confliggente con le mutate condizioni politiche, finanziarie e sociali alle quali ho già fatto riferimento e confliggente, non per ultimo, con la diversa sensibilità interpretativa dei princìpi costituzionali, ad iniziare da quelli di ragionevolezza e non arbitrarietà.

Il vincolo intergenerazionale proposto, però, non è una contrazione ingiustificata del potere legislativo il cui esercizio è rimesso al Parlamento, ma costituisce, piuttosto, coerente e razionale traduzione dei postulati dello “Stato costituzionale” che sottopongono il potere, compreso quello legislativo, ai diritti e alle libertà consacrati nella Costituzione. Lo “Stato costituzionale”, infatti, a differenza dello “Stato di diritto” o dello “Stato legislazione”, fa recedere il potere a strumento posto a servizio delle libertà. E la proposta di modifica che qui propongo attua rigorosamente l’ordito costituzionale appena accennato.

In questa logica, la “riserva” non potrebbe più essere invocata neppure per legittimare il ricorso al debito destinato a coprire spese correnti e in ogni caso improduttive di benefici a vantaggio delle generazioni a venire.

La scelta di inserire in Costituzione un vincolo sulla qualità della spesa è rivolta, proprio, a contenere quelle improduttive a vantaggio di quelle di investimento, in uno spirito di avveduta gestione delle risorse pubbliche e di loro razionale allocazione. Avvedutezza auspicata anche dalla Corte costituzionale nella sent. n. 18/2019, già richiamata, che ha qualificato come “regola aurea” quella che dispone la destinazione delle finanze raccolte a debito alla copertura, per l’appunto, delle spese per investimento (art. 119, ultimo comma, Cost.).

Il legame posto nel nuovo secondo comma dell’art. 81, per come qui auspicato, tra qualità della spesa e tutela degli interessi delle future generazioni, tuttavia, non impedisce in assoluto il finanziamento a debito anche delle spese correnti. In casi eccezionali o di ciclo economico avverso ciò rimarrebbe possibile. Quello che il nuovo testo tuttavia richiede è che anche in circostanze consimili gli effetti della spesa siano portatori, ragionevolmente, di benefici per le future generazioni, come si potrebbe dire per le spese destinate al mantenimento dell’occupazione o delle attività imprenditoriali in crisi, oppure per quelle dirette al sostegno dell’istruzione, della sanità o al mantenimento della coesione e della pace sociale.

In casi di estrema necessità economica o sociale, quindi, la disposizione costituzionale novellata non porrebbe una preclusione assoluta e invalicabile al ricorso all’indebitamento per finanziare la spesa corrente. Quel che imporrebbe, però, anche in circostanze simili, sarebbe l’oculatezza della destinazione delle risorse, la loro razionale allocazione, in ragione, sempre, del vincolo intergenerazionale. Vincolo da considerare in ogni caso e anche per questo motivo, principio generale e metro di valutazione di conformità costituzionale delle leggi di spesa. Da considerare, insomma, un diritto fondamentale della persona, come tale garantito dall’art. 2, primo alinea, della Costituzione.

V. Concludendo. – In conclusione, lo spirito che sorregge la mia proposta non fa altro che dare attuazione e consacrare, coerentemente con i principi fondativi della Repubblica e della democrazia liberale, l’esigenza di garantire ai posteri spazi autentici di libertà e giustizia sociale, spazi già oggi fortemente ristretti e che in prospettiva potrebbero risultare addirittura inesistenti.

Come recita espressamente il Preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, al quale mi sono già richiamo, «il godimento dei diritti fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti degli altri come pure della comunità umana e delle generazioni future». E come si è lucidamente scritto «se gli esseri umani e le loro società esistono nel solo presente … sono destinati a perire nel futuro, sono destinati al punto zero. All’autoreferenzialità della generazione presente, si devono opporre le pretese vitali di coloro che verranno, che hanno il diritto, fondamentale quanto altro mai, di succedere a noi» (Zagrebelsky G., Senza adulti, Torino, 2016).

Di qui l’auspicio della nascita di un dibattito fecondo per arrivare, finalmente, ad inserire espressamente in Costituzione un principio tanto semplice, quanto essenziale per il mantenimento dei fondamenti dello Stato costituzionale.

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