Osservazioni in tema di beneficiario effettivo e strutture d’investimento del private equity
Di Fabio Brunelli, Sabrina Tronci e Lorenzo Aquaro
-
Abstract
La declinazione del concetto di “beneficiario effettivo”, presente dal 1977 nel Modello di Convenzione OCSE (ma che non trova in esso una definizione in positivo), nonché nella Direttiva 2003/49/CE, è oggetto di un incessante dibattito interpretativo. La sua corretta interpretazione è infatti cruciale per ovviare ai fenomeni di c.d. “treaty (o directive) shopping” sui flussi di dividendi, interessi e canoni, senza tuttavia penalizzare fattispecie genuine. In tale contesto, il presente lavoro si pone l’obiettivo di investigare l’applicazione dei princìpi enucleati in sede domestica e internazionale per l’individuazione del beneficial owner (e del correlato concetto di abuso del diritto) alle strutture di investimento cross-border dei fondi di private equity, anche alla luce delle proposte di Direttiva cc.dd. Shell Companies e Pillar II.
Observation on beneficial owner clause and private equity investment structures – The understanding of the concept of beneficial owner, which has been included in the OECD Model since 1977 (but does not find a clear definition in it), as well as in Directive 2003/49/EC, is subject to ceaseless interpretive debate. Its proper interpretation is crucial, in fact, to prevent “treaty (or directive) shopping” on dividend, interest and royalty flows, without penalizing genuine situations. In such a framework, the aim of this paper is to investigate the application of the principles set out in domestic and international contexts for the purpose of identifying the beneficial owner (and the related concept of abuse of law) to cross-border investment structures of private equity funds, also in light of the proposals for a Council Directive on Shell Companies and Pillar II.
Sommario: 1. Introduzione. – 2. Il concetto di beneficiario effettivo nel diritto e nella giurisprudenza europea delle cause danesi. – 3. Il beneficiario effettivo nell’ordinamento italiano. – 4. Cenni sul requisito del beneficiario effettivo nelle holding “statiche” secondo la Cassazione. – 5. Le strutture di private equity facenti capo a fondi di investimento.
1. L’individuazione del concetto di “beneficiario effettivo” (o beneficial owner, nella sua versione inglese), di matrice convenzionale, è oggetto di un incessante dibattito interpretativo. La nozione di beneficiario effettivo è, infatti, presente sia nel Modello OCSE (la cui versione più recente è stata rilasciata il 18 dicembre 2017) che nel Modello di Convenzione ONU (la cui versione più recente è stata rilasciata il 1° gennaio 2017) ed è impiegata nella maggior parte delle Convenzioni in materia fiscale stipulate dall’Italia; ciononostante, né il Modello OCSE, né il Modello ONU, né i trattati fiscali ad essi conformi, presentano una sua definizione in positivo.
Le principali ragioni alla base della difficoltà di individuare una definizione univoca di beneficial owner sono perlopiù di carattere culturale e in particolare legate alle differenze proprie dei diversi ordinamenti giuridici dei Paesi di common law e di civil law, trattandosi di un concetto ben noto negli ordinamenti di matrice anglosassone ma non altrettanto in quelli di matrice romano-germanica. Il concetto di beneficial owner è stato infatti inizialmente elaborato dai Paesi anglosassoni quale criterio attributivo del reddito in contrapposizione al concetto di legal owner.
Il suo ingresso nell’ordinamento fiscale internazionale risale al 1977 ed è avvenuto attraverso la modifica degli artt. 10 (dividends), 11 (interest) e 12 (royalties) del Modello OCSE, nei quali opera come strumento specifico di contrasto ad alcune strategie aggressive di c.d. treaty shopping, vale a dire lo sfruttamento improprio dei benefici convenzionali mediante la frapposizione di un soggetto residente in uno Stato terzo (agent, nominee ovvero entità conduit) nel flusso reddituale tra lo Stato della fonte e quello dell’effettivo percettore del provento.
Il richiamo al concetto di beneficiario effettivo nel Modello OCSE, fortemente voluto dal Regno Unito, era infatti volto a rimediare agli effetti derivanti dal tenore letterale dei citati articoli del Modello in vigore prima delle modifiche intervenute nel 1977, che consentivano di beneficiare del trattamento più favorevole previsto dalle Convenzioni alla sola condizione che il soggetto erogante il reddito e il percettore, cui tale reddito fosse imputato in base alla disciplina tributaria nazionale, fossero residenti nei rispettivi Stati contraenti. Non era richiesta l’individuazione del “reale” beneficiario del reddito e non veniva, quindi, scongiurato che taluni soggetti privi dei necessari requisiti invocassero – tramite strutture interposte – le norme pattizie loro altrimenti precluse.
L’introduzione della beneficial ownership clause nell’art. 10(2) del Modello OCSE in materia di dividendi ha consentito di limitare la potestà impositiva dello Stato della fonte alla condizione che i dividendi fluiscano ad un beneficiario effettivo residente nell’altro Stato contraente. Allo stesso modo, con l’attuale formulazione dell’art. 11(2) del Modello OCSE, gli interessi outbound possono essere tassati nello Stato contraente di cui il pagatore è residente ed in conformità alla legislazione di detto Stato, ma l’imposta così applicata non può eccedere un certo ammontare convenzionalmente stabilito «if the beneficial owner of the interest is a resident of the other Contracting State». Infine, per quanto riguarda l’imponibilità delle royalties transnazionali, l’ordinario regime di esenzione nello Stato della fonte opera a condizione (ex art. 12[3]) che i redditi siano beneficially owned da un residente dell’altro Stato contraente.
Nella sostanza, lo Stato della fonte si impegna a rinunciare al prelievo sui flussi in uscita di dividendi, interessi o royalties (ovvero ad applicare ritenute con aliquote ridotte rispetto a quelle domestiche) a condizione che venga assicurato che il destinatario dei benefici convenzionali sia un soggetto che, in quanto beneficiario effettivo di quel particolare elemento di reddito, abbia titolo per invocare l’applicazione della specifica Convenzione: si vuole dunque evitare che gli obiettivi dei trattati vengano frustrati da triangolazioni o strategie aggressive di treaty shopping e finiscano per favorire fiscalmente contribuenti residenti in Stati terzi (o comunque non aventi le caratteristiche per essere ammessi ai benefici convenzionali).
Il concetto di beneficiario effettivo è stato successivamente inserito anche all’interno del contesto eurounionale, ove nonostante una simile clausola sia esplicitamente prevista solo nell’ambito della Direttiva 2003/49/CE del Consiglio del 3 giugno 2003 (di seguito anche “Direttiva Interessi e Royalties” o “IRD”) – e non anche della Direttiva 2011/96/UE del Consiglio del 30 novembre 2011 (di seguito anche “Direttiva Madre-Figlia” o “PSD”) – essa è richiamata, come illustrato infra, dalla giurisprudenza e dalla prassi amministrativa degli Stati Membri UE con riguardo a entrambe le citate Direttive e alle relative norme di attuazione.
Quanto brevemente premesso rende evidente l’importanza di delineare correttamente tale concetto, al fine di assicurare, da un lato, che la rinuncia o l’attenuazione della potestà impositiva dello Stato della fonte sui flussi di dividendi, interessi e canoni si realizzi, nella logica di evitare la doppia imposizione giuridica con la concomitante potestà impositiva dell’altro Stato, solo nei confronti di beneficiari che effettivamente rientrano nel range applicativo della Convenzione o delle Direttive, dall’altro, di non penalizzare situazioni ben distanti da ipotesi di “treaty shopping”.
Nello svolgimento del presente lavoro, saranno anche evidenziati gli impatti pratici del concetto di “beneficiario effettivo” sulla tassazione delle plusvalenze su titoli e partecipazioni realizzate cross-border. Al riguardo il Modello OCSE (art. 13) – e le Convenzioni ad esso conformi stipulate dall’Italia – prevedono la potestà impositiva esclusiva dello Stato contraente ove risiede l’alienante, senza che esso debba qualificarsi come beneficiario effettivo. Tuttavia, l’applicazione della disposizione convenzionale resta soggetta al sindacato generale anti-abuso, sulla scorta del principio espresso nell’art. 31 della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati del 1969, per cui le Convenzioni contro le doppie imposizioni non hanno lo scopo di garantire i benefici in esse espressi anche ad operazioni abusive. Ebbene, nella prassi accertativa dell’Amministrazione finanziaria italiana si riscontra l’utilizzo degli indizi che tipicamente escludono la qualifica di beneficiario effettivo, come elaborati nel contesto internazionale e UE, a fondamento – insieme ad altri elementi concordanti – delle contestazioni di abuso, che conducono ad applicare ai veicoli intermedi il trattamento fiscale eluso (imposizione della plusvalenza nello Stato della fonte) in luogo delle disposizioni convenzionali (imposizione della plusvalenza nello Stato di residenza). Pertanto, l’approfondimento del concetto di beneficiario effettivo si riflette in concreto anche nell’ambito del trattamento delle plusvalenze transnazionali su titoli e partecipazioni.
2. A partire dalle modifiche introdotte nel 2014 al Commentario al Modello OCSE, il concetto di “beneficiario effettivo” assume una funzione antielusiva specifica e si individua secondo un approccio economico-sostanziale, ossia avendo riguardo al soggetto che disponga del diritto di fare uso e godere del reddito, senza essere condizionato da una obbligazione legale o contrattuale, di fatto o di diritto, di ritrasferire il medesimo pagamento ricevuto a una terza persona (ne sono dunque esclusi agenti, nominee e società conduit). L’obbligazione di ritrasferimento che impedisce la qualificazione di un determinato soggetto come beneficial owner è esclusivamente quella che risulta dipendente e causalmente connessa alla percezione dello specifico reddito, non rilevando il trasferimento effettuato per assolvere altri obblighi non correlati al pagamento ricevuto. Non si esclude pertanto la natura di beneficiario effettivo se il ritrasferimento è effettuato per assolvere alle obbligazioni derivanti da contratti di finanziamento o altre operazioni finanziarie stipulate per proprio conto ovvero, nel caso di fondi pensione o altri organismi collettivi di investimento titolari dei benefici convenzionali, per assolvere alle obbligazioni di distribuzione contrattualmente previste dai relativi regolamenti.
Con riferimento al contesto europeo, la clausola del beneficiario effettivo è assente nella Direttiva Madre-Figlia, ove – avendo essa l’obiettivo di eliminare del tutto la doppia imposizione (sia giuridica che economica) nei rapporti intercompany che rientrano nel suo ambito applicativo – si rende irrilevante sul piano tecnico che il percettore dei dividendi integri lo status di beneficiario effettivo del flusso (soprattutto nella sua accezione originaria di soggetto cui è imputato, sul piano giuridico-formale, il reddito). D’altro canto, gli obiettivi della PSD sono tutelati dalla presenza della clausola generale anti-abuso.
Diversamente, nella Direttiva interessi e royalties la previsione di una subject to tax clause, quale condizione per l’esenzione alla fonte (nonché la circostanza che – a differenza dei dividendi – gli interessi e i canoni costituiscono oneri deducibili nello Stato della fonte), ha reso necessaria l’individuazione del soggetto (i.e. il beneficiario effettivo) assoggettato a tassazione effettiva nello Stato UE di residenza e dunque la previsione di tale clausola nella disciplina.
Sulla portata della nozione di beneficiario effettivo nell’ordinamento europeo costituiscono landmark case le ormai note “sentenze danesi” del 26 febbraio 2019 della CGUE, concernenti sia l’interpretazione della Direttiva interessi e royalties (cause riunite C-115/16, C-118/16, C-119/16 e C-299/16) che l’interpretazione della Direttiva Madre-Figlia (cause riunite C-116/16 e C-117/16). In termini generali, i casi esaminati dai giudici europei, originatisi tutti in Danimarca, riguardavano il ruolo di talune holding intermedie partecipate da fondi di investimento e da società situate in Stati extra-UE, che possedevano partecipazioni in società operative danesi.
Con la prima delle sentenze citate, la Corte ha preso in esame dei casi in cui società danesi erano indirettamente controllate da fondi di investimento extra-UE, situati in Paesi privi di Convenzioni contro le doppie imposizioni con la Danimarca, per il tramite di società lussemburghesi – costituite come holding passive e, in un caso, come SICAR – ovvero controllate da una società delle Cayman (Paese, parimenti, privo di Convenzione con la Danimarca) per il tramite di holding passive svedesi. Gli interessi pagati dalle società danesi, all’esito di complessi processi di ristrutturazione, affluivano dunque ai fondi extra-UE (o alla società delle Cayman) attraverso la catena di controllo costituita dalle controllanti lussemburghesi (o svedesi), che, secondo l’Amministrazione finanziaria danese, dovevano essere considerate società meramente interposte (conduit companies) e, in quanto tali, prive dei requisiti per essere considerate beneficiarie effettive degli interessi ai fini dell’applicazione della Direttiva interessi e royalties. Per quanto concerne invece la seconda sentenza, e dunque l’interpretazione della Direttiva Madre-Figlia, la Corte si è occupata di due società danesi che distribuivano dividendi, in un caso, a fondi di investimento extra-UE residenti in Paesi senza Convenzioni contro le doppie imposizioni con la Danimarca e, nell’altro, nell’ambito di una complessa riorganizzazione di gruppo, a una società portafoglio cipriota a sua volta controllata da una sub-holding situata alla Bermuda (Paese privo di Convenzioni con la Danimarca) con casa madre statunitense.
Nella sentenza relativa alla PSD, nonostante il concetto di beneficiario effettivo non sia ivi presente, la CGUE mostra di ritenere che gli indizi tipici che conducono ad escludere la qualifica di beneficiario effettivo sulla base del Modello OCSE e del relativo Commentario rappresentano possibili indici dell’esistenza di un abuso (ad esempio la natura conduit del percettore del reddito, desumibile dal ribaltamento immediato dei dividendi, dalla mancanza di un’attività economica diversa da quella consistente nella percezione e ritrasferimento del flusso e dal conseguimento di un utile imponibile insignificante). Tuttavia, emerge chiaramente che il mancato superamento del test del beneficiario effettivo in capo al percipiente non consente comunque di per sé di fondare una contestazione di abuso, potendo al più assumere rilievo indiziario. Dalle sentenze della CGUE si evince altresì che i concetti di beneficiario effettivo e di abuso del diritto sono attigui ma non sovrapponibili: da un lato, l’esclusione della qualifica di beneficiario effettivo in capo ad un soggetto interposto non è necessariamente ascrivibile ad uno schema abusivo, dall’altro lato, il possesso della qualifica di beneficiario effettivo (ad esempio in quanto il percettore UE non ritrasferisce i dividendi o non effettua ritrasferimenti back to back dell’importo di interessi e royalties incassati) non esclude la possibilità che venga comunque contestato l’abuso (qualora il percipiente presenti una struttura artificiosa o puramente formale).
Ai fini della ricostruzione del concetto di “beneficiario effettivo” è utile rilevare come – anche secondo i giudici europei, come chiarito nella pronuncia sulle cause riunite C-115/16, C-118/16, C-119/16 e C-299/16 – allo stesso non deve attribuirsi il significato che esso assume nei singoli Stati membri, dovendo invece ricercarsi un contenuto autonomo, autosufficiente, del termine che sia fondato su un retroterra giuridico uniforme e che prescinda dalle diversificate esperienze nazionali (punto 84). Per garantire questa uniformità di lettura, quindi, la Corte chiarisce che deve farsi riferimento al concetto elaborato in sede OCSE ai fini convenzionali (come interpretato, in chiave dinamica, nel Commentario), dal momento che il diritto europeo (nella specie, la IRD) intende realizzare nel contesto europeo gli stessi obiettivi che la beneficial owneship clause si propone di attuare nel contesto internazionale, ossia l’eliminazione della doppia imposizione giuridica. Dunque «il termine beneficiario riguarda non un beneficiario individuato formalmente, bensì l’entità che benefici economicamente degli interessi percepiti e goda, pertanto, della facoltà di disporne liberamente la destinazione» (punti 89 e 122). Sulla base di detto principio, la Corte ammette un approccio look-through (punto 94), negando l’applicazione della IRD solo ove non sia individuabile, in un altro Paese UE, una società che soddisfi i requisiti richiesti per essere qualificata come beneficiario effettivo dei flussi. Tale ultima circostanza, peraltro, costituisce un elemento segnaletico (ma non una prova) di una possibile pratica abusiva.
L’approccio look-through adottato dalla CGUE nei casi in cui l’immediato percettore non si qualifichi come beneficiario effettivo consente dunque di “guardare attraverso” il veicolo intermedio, anche nell’ipotesi in cui si tratti di un soggetto corporate, applicando una sorta di trasparenza economica per effetto del ritrasferimento back to back.
La distinzione tra assenza della qualifica di beneficial owner e abuso del diritto che emerge dalle sentenze assume rilevanza altresì in termini di onere probatorio: l’Amministrazione finanziaria – in presenza di indici obiettivi e concordanti di artificiosità della struttura – potrebbe negare alla holding i benefici delle Direttive, senza dover previamente accertare il regime applicabile ai beneficiari effettivi dei flussi. Tuttavia, laddove il contribuente fosse in grado di dimostrare che l’esonero sarebbe stato comunque applicabile ai beneficiari effettivi, non dovrebbe residuare alcun margine per contestazioni di abuso, stante l’assenza di qualsiasi risparmio d’imposta; e ciò senza che il contribuente debba ulteriormente giustificare la costituzione della holding intermedia.
Peraltro, in assenza di abuso, anche laddove l’esenzione della IRD non fosse applicabile per mancanza della qualifica di beneficiario effettivo, la ritenuta da operare, oltreché incidere sull’importo del flusso al netto degli oneri finanziari, dovrebbe ragionevolmente essere individuata nella misura prevista dalla Convenzione in vigore tra lo Stato terzo e lo Stato della fonte, in base ad un approccio look-through, attraverso un soggetto corporate quale è in ipotesi il veicolo intermedio, simile a quello riconosciuto dalla CGUE in caso di beneficiari UE di “secondo livello”.
Per il caso dei dividendi, invece, in assenza di abuso dovrebbe essere applicabile l’esenzione della PSD alla società intermedia, non essendo la qualifica di beneficiario effettivo del percettore una condizione di applicabilità dell’esenzione.
Seguendo questo filo logico, sul piano delle plusvalenze realizzate su titoli e partecipazioni in contesti cross-border, nei casi in cui alla plusvalenza realizzata dalla società intermedia seguisse la distribuzione dell’utile ad un soggetto terzo, non potrebbe comunque configurarsi una fattispecie abusiva, laddove il socio della società intermedia che percepisce i dividendi, residente in un altro Stato, benefici comunque di una Convenzione che riconosce allo Stato di residenza la potestà impositiva esclusiva sulle plusvalenze.
3. Nell’ordinamento interno, dal punto di vista interpretativo, l’Amministrazione finanziaria italiana è passata nel tempo da un approccio formalistico ad una evoluzione in senso sostanzialistico del concetto di beneficiario effettivo che attribuisce rilevanza ai fini dell’integrazione del requisito a: (i) la sussistenza di un beneficio economico proprio derivante dalle operazioni poste in essere; (ii) la disponibilità economica del reddito; (iii) la presenza di un’adeguata struttura e la capacità di controllo dei rischi economici e finanziari. Nei più risalenti documenti di prassi, invero, si ricollegava la qualifica di beneficiario effettivo al soggetto cui l’elemento reddituale risultava “fiscalmente imputabile” e in principio “assoggettabile a imposta” secondo l’accezione convenzionale (“liable to tax”), con esclusione di agenti e nominee. In alcuni documenti di prassi, poi richiamati anche in successivi documenti in cui l’Agenzia manifestava invece un approccio sostanzialista, veniva già riconosciuta la possibilità di individuare il beneficiario effettivo mediante approccio look-through nei casi di trasparenza fiscale o economica (ris. min. 7 maggio 1987, n. 12/431, circ. min. 23 dicembre 1996, n. 306, ris. min. 6 maggio 1997, 104 nonché ris. 27 gennaio 2006, n. 17, ris. 12 luglio 2006, n. 86/E e ris. 21 aprile 2008, n. 167/E). Ciò detto, è nella circ. 30 marzo 2016, n. 6/E che l’Agenzia delle Entrate fornisce un quadro interpretativo esaustivo del concetto di beneficiario effettivo, evidenziando che un soggetto interposto nella percezione di dividendi o interessi ovvero nel realizzo di plusvalenze può beneficiare delle Direttive o delle Convenzioni solo ove si tratti di una struttura dotata della necessaria sostanza economica e, quindi, genuina. La condizione di genuinità si traduce nella necessità di verificare che le entità intermedie siano caratterizzate da un radicamento effettivo nel tessuto economico del Paese di insediamento ovvero che non fungano da mere conduit con riferimento alla singola transazione, non svolgendo una reale e genuina attività economica. In altri termini, tali entità intermedie possono dirsi prive di sostanza economica sulla base del riscontro di almeno una delle seguenti caratteristiche: (i) una struttura organizzativa “leggera” (insediamento artificioso o società conduit); ovvero (ii) una struttura finanziaria passante (operazione conduit).
Peraltro nella medesima Circolare si afferma che, in ipotesi di costruzioni artificiose, fermo restando il disconoscimento della holding intermedia nella specie partecipata da un fondo d’investimento estero, sia possibile identificare i beneficiari effettivi mediante un approccio look-through, ossia “guardando attraverso” il fondo partecipante, in considerazione della natura di entità fiscalmente trasparente (in senso giuridico o economico) dello stesso. Si ammette quindi la possibilità di invocare non la Convenzione con lo Stato del prenditore (i.e. della società interposta), bensì quella in vigore con lo Stato della residenza del beneficiario in senso “economico” del reddito, applicando la ritenuta ridotta prevista da quest’ultima (sempreché, ovviamente, l’investitore sia legittimato ad invocarla) (contra Cass. 26 febbraio 2009, n. 4600 in cui la Suprema Corte negò la possibilità di ricorrere all’approccio look through nel caso di percezione indiretta di dividendi di fonte italiana da parte di un fondo pensione giapponese per il tramite di una partnership USA e di una Nippon Trust Bank Limited, in qualità di agent). Sulla scorta di questa interpretazione, potrebbe sostenersi che in assenza di risparmio d’imposta indebito, e quindi di un abuso, nel caso in cui il socio del veicolo intermedio sia (non già un fondo trasparente ma) un soggetto corporate, l’approccio look-through dovrebbe ragionevolmente condurre all’applicazione della ritenuta prevista nella Convenzione conclusa tra lo Stato di residenza di detto soggetto e lo Stato della fonte.
4. In funzione dell’analisi delle strutture d’investimento dei fondi di private equity, pare opportuno ripercorrere alcuni dei principi espressi dalla Corte di Cassazione con riferimento alla verifica della qualità di beneficiario effettivo in capo alle holding c.d. “statiche” (cioè di puro godimento).
Le pronunce della Cassazione sul punto – e in particolare la sentenza 28 dicembre 2016, n. 27112 – hanno anzitutto il pregio di sottolineare l’irragionevolezza della comparazione, in termini di “sostanza economica”, tra le società operative e le holding, considerate le diverse funzioni e attività che le stesse svolgono.
Ciò che rileva per le holding statiche è, infatti, lo svolgimento effettivo dell’attività tipica che si riscontra in questa tipologia di soggetti e normalmente riconducibile ai «compiti istituzionali di mero indirizzo e direzione unitaria, partecipazione alle assemblee delle controllate e riscossione dei dividendi». Al contrario, la circostanza che la società percipiente detenga, tra le proprie attività, unicamente delle partecipazioni di controllo così come l’eventualità che essa stessa sia a sua volta totalitariamente controllata da altra società non residente in uno Stato stipulante (c.d. controllo “a cascata”) non comprovano per se l’artificiosità ovvero la strumentalità della struttura.
In tal caso, è necessario verificare alcuni “parametri-spia” per valutare in concreto la sussistenza dell’unico elemento normativamente rilevante ai fini della nozione di beneficiario effettivo, costituito dalla «padronanza ed autonomia della società-madre percipiente sia nell’adozione delle decisioni di governo ed indirizzo delle partecipazioni detenute, sia nel trattenimento ed impiego dei dividendi percepiti», in alternativa alla loro traslazione alla capogruppo sita in un Paese terzo. Per le holding pure è dunque rilevante (ma non indispensabile), ad esempio, la prova che gli utili ricevuti siano reinvestiti acquistando partecipazioni di altre società.
Sulla scorta di questi argomenti la Corte di Cassazione ha elaborato il principio di diritto secondo il quale la qualifica di beneficiario effettivo in capo alla holding statica deve essere accertata, in fatto, tenendo conto della peculiarità dell’oggetto e della natura della società madre percipiente. In particolare, qualora quest’ultima rivesta la qualità di holding o sub-holding di pura partecipazione, detta qualifica non può essere esclusa per il solo fatto della mancanza di dipendenti e di una significativa struttura organizzativa, della esiguità di costi gestionali e di crediti operativi, della mancata fatturazione di servizi gestionali a favore della società figlia, e nemmeno per il fatto che la società madre percipiente sia a sua volta totalitariamente partecipata da una capogruppo residente in uno Stato non contraente. Tali indici non sono infatti essenziali con riguardo al compito istituzionale di mero indirizzo e direzione unitaria, partecipazione alle assemblee delle controllate, riscossione e impiego dei dividendi, tipico di tale tipologia di società.
Peraltro, secondo la Corte di Cassazione, non potrebbe negarsi alla holding la qualità di beneficiario effettivo dei dividendi per la sola circostanza che la ricchezza rinveniente dalle società operative fluisca alla capogruppo. È necessario, dunque, che l’indagine sia condotta sul trattenimento ed autonomo impiego dei dividendi ovvero sulla loro traslazione alla capogruppo residente nello Stato non contraente, fermo restando che la fisiologica distribuzione di dividendi alla capogruppo nell’ambito del rapporto associativo non vale a disconoscere la qualifica di beneficiario effettivo.
Tale impostazione è stata più di recente ribadita ed ulteriormente ampliata, in relazione anche ai flussi di interessi, dalla Cass., 10 luglio 2020, n. 14756 e dalla Cass., 3 febbraio 2022, n. 3380, che oltre a rappresentare le prime pronunce di legittimità in materia dopo le sentenze danesi, hanno il pregio di condensare gli orientamenti sino ad oggi registratisi in seno alla Suprema Corte in tema di beneficiario effettivo. Le citate pronunce riaffermano, come già era avvenuto in relazione ai flussi di dividendi (Cass. nn. 27112, 27113, 27115 e 27116 del 28 dicembre 2016), che una sub-holding può qualificarsi, a determinate condizioni, quale beneficiario effettivo di un flusso transfrontaliero di interessi, senza che sia ab origine considerata – per le sue caratteristiche intrinseche – alla stregua di una struttura meramente conduit (in ambito europeo, sul tema delle società holding, cfr. la sentenza emessa nelle Cause riunite C-504/16 e C-613/16, Deister Holding AG e Juhler Holding A/S).
5. L’applicazione dei principi enucleati in sede domestica e internazionale per l’individuazione del beneficial owner e del concetto di abuso rappresenta un aspetto cruciale delle strutture dei fondi di private equity che effettuano e detengono gli investimenti cross-border nelle le società target tramite holding intermedie. Le società holding possono – in linea di principio – beneficiare, sui flussi reddituali percepiti o realizzati in relazione alle target, dell’esonero da imposizione nello Stato della fonte in base alla Direttiva Madre-Figlia (o interessi e royalties) ovvero di una ritenuta ridotta (ovvero ancora della tassazione del capital gain nel solo Stato di residenza del percettore) in base alle Convenzioni. Ciò a differenza di quanto avverrebbe nel caso in cui i flussi fossero percepiti direttamente dal fondo partecipante, giacché questo non può normalmente beneficiare né delle Direttive UE, né – nella maggior parte dei casi – delle Convenzioni (la preclusione all’applicazione delle Direttive è dovuta alla forma giuridica assunta dai fondi d’investimento ovvero alla circostanza che generalmente si tratta di enti esenti o fiscalmente trasparenti; quest’ultimo aspetto, ossia che il fondo non sia liable to tax, generalmente preclude anche l’accesso ai benefici convenzionali).
Rispetto alle strutture di private equity facenti capo a fondi esteri (sia UE che extra-UE), l’Agenzia delle Entrate tende a contestare alle holding intermedie la carenza di sostanza economica, sulla base di rilievi spesso formalistici, senza tenere opportunamente conto (ove del caso) delle funzioni dalle stesse svolte. In sede accertativa l’Amministrazione finanziaria attinge allo strumentario probatorio elaborato in sede internazionale per disconoscere la qualifica di beneficiario effettivo in capo al percettore formale del reddito, fondando contestazioni di abuso (o interposizione) appunto sulla natura conduit e sulla struttura “leggera” delle holding, con la conseguenza di negare alle stesse l’applicazione della Direttiva Madre-Figlia con riguardo ai dividendi distribuiti dalle target italiane, ovvero della Convenzione ai fini della tassazione delle plusvalenze.
Con riferimento alla verifica della qualità di beneficiario effettivo con specifico riferimento alle holding statiche, occorre tuttavia ricordare come la Suprema Corte abbia chiarito che essa non può essere esclusa per la mera mancanza degli elementi tipici di una società operativa ovvero per la fisiologica distribuzione di utili ai propri soci.
Al riguardo giova nondimeno ricordare come, secondo le indicazioni del Commentario al Modello OCSE – rilevanti anche nel contesto UE secondo il dettato delle sentenze danesi – le obbligazioni di ritrasferimento in presenza delle quali è possibile individuare la natura conduit (ed escludere la natura di beneficiario effettivo) del percettore devono riguardare direttamente i dividendi ricevuti; sono, quindi, escluse le obbligazioni legali o contrattuali ad essi non correlate, tra cui dovrebbe farsi rientrare l’adempimento delle delibere di distribuzione adottate dai soci, che rientra tra i compiti istituzionali (nonché tra le attività fisiologiche e lecite) di una società di partecipazione pura.
Peraltro, sulla scorta delle indicazioni contenute nel Commentario all’art. 29 del Modello OCSE, nella versione successiva al Progetto BEPS, in materia di Principal Purpose Test, qualora la holding appare giustificata da una serie di ragioni economiche (extra-fiscali) concorrenti, occorre escludere che essa sia stata inserita nella struttura d’investimento al fine principale di eludere l’imposizione, ovvero che abbia natura artificiosa o puramente formale, e che dunque sia suscettibile di integrare un’ipotesi di abuso; essa dovrebbe quindi beneficiare delle disposizioni convenzionali (e, per analogia, anche delle Direttive UE).
Ciò detto, in sede di accertamento (o meglio, di adesione) l’Amministrazione finanziaria ritiene talvolta applicabile nelle circostanze in esame l’approccio c.d. look-through (già menzionato nei precedenti paragrafi): fermo il disconoscimento della holding intermedia, consente cioè agli investitori di invocare direttamente i benefici convenzionali in base alla legislazione dello Stato in cui sono localizzati, al ricorrere di specifiche condizioni. L’approccio look-through si basa sulla natura di entità fiscalmente trasparenti (in senso “giuridico” o “economico”) dei fondi. In questo contesto va valutata la recente novella legislativa recata dall’art. 1, commi 631-633, L. 30 dicembre 2020, n. 178 (“Legge di Bilancio 2021”), che rende esenti da imposizione i dividendi percepiti, e le plusvalenze realizzate, da OICR di diritto estero conformi alla direttiva 2009/65/CE (c.d. “UCITS IV”), e da OICR, non conformi alla predetta Direttiva, il cui gestore sia soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nel quale è istituito ai sensi della Direttiva 2011/61/UE (c.d. AIFMD), istituiti negli Stati membri UE e negli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE) che consentono un adeguato scambio di informazioni.
L’intervento normativo ha inteso estendere, a decorrere dal 1° gennaio 2021, ai predetti OICR di diritto estero, che detengono direttamente partecipazioni in società italiane, l’esenzione fiscale prevista per gli utili da partecipazione percepiti da fondi residenti in Italia (cfr. relazione illustrativa alla Legge di Bilancio 2021 e Risposta dell’Agenzia delle Entrate n. 327 dell’11 maggio 2021), al fine di rispondere alle istanze della Commissione europea che aveva avviato un’indagine investigativa (EU Pilot 8105/15/TAXU) con l’obiettivo di verificare la disponibilità dello Stato italiano a procedere spontaneamente ad adeguare la normativa interna, prima di dare inizio ad una procedura di infrazione tesa a rimuovere la disparità di trattamento dei fondi di investimento esteri rispetto a quelli italiani.
La nuova norma dovrebbe essere destinata ad influenzare anche il trattamento delle società holding localizzate in Stati membri UE (o SEE), tramite cui i fondi esteri UE/SEE vigilati effettuano e detengono gli investimenti. Ed invero, poiché la modifica normativa consente legittimamente a tali fondi di percepire direttamente i dividendi di fonte italiana (o di realizzare plusvalenze da cessione) senza subire alcuna tassazione in Italia, il conseguimento di un supposto (indebito) risparmio fiscale – che costituisce il presupposto essenziale delle contestazioni sul (presunto) utilizzo abusivo delle holding europee – viene inevitabilmente meno, a prescindere da qualsiasi valutazione in merito alle motivazioni economiche o commerciali che giustificano la costituzione della holding stessa.
In assenza di una fattispecie abusiva, non sarebbe possibile negare alla holding l’applicazione della Direttiva Madre-Figlia, ovvero la tassazione della plusvalenza nello Stato di residenza del percettore in base alla Convenzione applicabile. L’esenzione prevista dalla nuova disposizione domestica prescinde dalla circostanza che i fondi siano fisiologicamente tenuti a ridistribuire periodicamente i proventi agli investitori (in linea con l’OCSE) e in sostanza assume che un OICR di diritto estero, istituito in UE/SEE e vigilato ai sensi della Direttiva UCITS o della AIFMD, che risponde alle caratteristiche dei fondi italiani, deve ritenersi “genuino” e collocarsi quindi al di fuori di ipotesi abusive.
In definitiva, la norma recata dalle disposizioni della Legge di Bilancio 2021 dovrebbe segnare il superamento definitivo – almeno per le strutture d’investimento dei fondi UE vigilati – della precedente prassi accertativa che applicava il concetto di trasparenza e il look-through al fondo nei casi in cui fosse disconosciuta la qualifica di beneficiario effettivo alla holding intermedia o ne fosse contestata l’insufficiente sostanza economica.
Peraltro, il riconoscimento del ruolo istituzionale dei fondi (vigilati) e la conseguente esclusione degli stessi dall’applicazione di norme di natura antielusiva si riscontra anche in recenti proposte legislative di matrice comunitaria. È il caso della proposta di Direttiva COM(2021) 565 (nota anche come ATAD III), della Commissione europea del 22 dicembre 2021, che esclude dal test per l’individuazione delle cc.dd. shell entities (i.e. le entità intermedie localizzate in UE prive di una struttura organizzativa e di un’effettiva sostanza economica), gli organismi di investimento collettivo vigilati. Per tali enti, soggetti a stringenti requisiti regolamentari di trasparenza, si assume che essi non presentino un rischio di mancanza di sostanza a fini fiscali ed opera quindi una esclusione soggettiva espressa dall’ambito di applicazione della proposta di Direttiva. Come precisato nella relazione di accompagnamento alla proposta di Direttiva, le esclusioni riguardano entità di comodo “specifiche” che sono «comunemente usate per valide ragioni commerciali» e non per conseguire vantaggi fiscali (l’esclusione soggettiva prevista dalla Direttiva tiene dunque conto del ruolo istituzionale svolto da determinati soggetti: nel mondo del private equity, l’utilizzo dei fondi di investimento alternativi serve a diversi scopi commerciali ed è necessario per facilitare il flusso di capitali da parte di investitori tipicamente istituzionali come fondi pensione, compagnie di assicurazione, banche, fondi sovrani ecc., verso le imprese partecipate, molte delle quali – come ad esempio start-up, scale-up e PMI – non sarebbero altrimenti in grado di ottenere capitali altrove).
Con specifico riferimento alle holding detenute dai fondi di private equity UE vigilati che operano in Italia – per le quali non è prevista alcuna esclusione soggettiva e che dunque rientrerebbero in principio nel campo di applicazione della proposta Direttiva – potrebbe comunque applicarsi l’esenzione preventiva dal “test sulla sostanza” in virtù del fatto che la loro presenza in dette strutture non genera benefici fiscali (infatti, per effetto del nuovo regime di esenzione concesso ai fondi UE/SEE dalla normativa domestica, le holding sarebbero in grado di dimostrare che la loro “interposizione” rispetto ai fondi non incide sul debito di imposta complessivo della struttura d’investimento).
Analoga prospettiva è tenuta esplicitamente in considerazione nella definizione di fondo d’investimento contenuta nella proposta di Direttiva di attuazione del c.d. Pillar II, che esclude dall’ambito di applicazione i fondi d’investimento e le entità da esso partecipate per il 95% (ovvero l’85%, a certe condizioni) che operano esclusivamente o quasi esclusivamente per detenere attività o investire fondi a beneficio dell’entità esclusa. Il Commentario al Pillar II chiarisce che i fondi d’investimento sono esclusi per garantire il loro status di veicoli d’investimento fiscalmente neutrali. Con riferimento all’esclusione dei veicoli utilizzati dai fondi, viene riconosciuta la loro funzione di segregazione degli investimenti (e responsabilità) del fondo. La definizione di fondo d’investimento letteralmente si estende ai veicoli, che fanno parte della infrastruttura del fondo stesso e devono essere perciò considerati, al pari di quello, enti esclusi. L’esclusione dei fondi (e delle holding da essi partecipate) dalle GloBE rules perseguono dunque il fine di rispettare gli obiettivi di politica economica perseguiti dalle giurisdizioni che ad essi accordano lo status di neutralità fiscale (ad esempio quello di prevedere un solo livello di tassazione nella struttura investitori-fondo e di consentire agli investitori di sopportare il medesimo carico fiscale che avrebbero avuto investendo direttamente negli asset del fondo). L’esclusione prevista dal Pillar II riguarda espressamente anche i fondi alternativi (utilizzati nell’industria del private equity) e i relativi veicoli.
Tornando sul piano domestico e per concludere, rimane tuttora aperto il tema dell’opportunità (o meglio, della necessità) di riconoscere il medesimo regime di esenzione anche ai fondi stabiliti in Paesi terzi. L’interpretazione della CGUE è ormai consolidata (si veda da ultimo la sentenza relativa alla causa C-545/19 del 17 marzo 2022) nel senso di legittimare il rimborso ai fondi UE delle ritenute subite sui dividendi nello Stato della fonte in base al principio di libera circolazione di capitali di cui all’art. 63 TFUE, la cui applicazione si estende anche agli Stati extra-UE (tale libertà fondamentale è l’unica ad essere riconosciuta, unilateralmente, anche ai Paesi terzi; cfr. ex multis causa C-480/19 del 19 novembre 2020). In questo senso, la Corte di Cassazione – anticipando di fatto il legislatore italiano – con una serie di sentenze gemelle (le numero 21454, 21475, 21479, 21480, 21481e 21482, pubblicate il 6 luglio) ha mosso i primi passi nel riconoscere l’applicazione del principio di non discriminazione anche ai fondi di investimento residenti in Paesi non-UE, sulla base del citato art. 63 TFUE. Pertanto, se i principi espressi dalla CGUE, che sono direttamente vincolanti per i giudici degli Stati Membri, dovrebbero già di per sé dissuadere l’Amministrazione finanziaria dal contestare la natura artificiosa delle holding partecipate da fondi esteri non-UE, ora anche gli ultimi arresti della Cassazione dovrebbero contribuire a scoraggiare simili attività accertative.
In conclusione, le criticità tuttora esistenti relative alle strutture dei fondi di private equity dovrebbero essere risolte, tanto per quelli UE quanto per quelli extra-UE, nel senso di riconoscere la loro funzione istituzionale (se “genuini” e vigilati) e l’assenza di intento abusivo nelle relative strutture d’investimento.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Arnold B.J., Tax Treaty Case Law News – A Trio of Recent Cases on Beneficial Ownership, in Bull. Intl. Taxn., 2012, 6
Arginelli P., Spunti ricostruttivi della nozione di beneficiario effettivo ai fini delle convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni concluse dall’Italia, in Riv. dir. trib., 2017, 4, V, 29 ss.
Ballancin A., La nozione di “beneficiario effettivo” nelle Convenzioni internazionali e nell’ordinamento tributario italiano, in Rass. trib., 2006, 1, 209 ss.
Chew V., The Application of Tax Treaties to Collective Investment Vehicles: Beneficial Owner Requirement Explained?, in Derivatives & Financial Instrument, 2015, vol. 17, no. 6
Cimaz O., Le relazioni tra abuso del diritto e beneficiario effettivo nella recente giurisprudenza della Corte di giustizia: ancora dubbi e problemi irrisolti, in Strumenti finanziari e fiscalità, 2019, 43, 111 ss.
Contrino A., Note in tema di dividendi “intraeuropei” e “beneficiario effettivo”, tra commistioni improprie della prassi interna e nuovi approdi della giurisprudenza europea, in Riv. tel. dir. trib., 2020, 1, II, 106 ss.
Corasaniti, L’evoluzione della nozione di beneficiario effettivo tra il modello di convenzione OCSE e la giurisprudenza della Corte di Cassazione e della CGUE, in Dir. prat. trib., 2021, 6, 2493 ss.
Della Valle E., La nozione di beneficiario effettivo alla luce delle decisioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sui “casi danesi”, in Strumenti finanziari e fiscalità, 2019, 41, 123 ss.
Du Toit C.P., The Evolution of the Term “Beneficial Ownership” in Relation to International Taxation over the Past 45 Years, in Bull. Intl. Taxn., 2010, vol. 64, no. 10
Famà F., Clausola del “beneficiario effettivo” e articolazione dell’onere della prova nell’evoluzione del diritto tributario dei trattati ed europeo, in Riv. tel. dir. trib., 2021, 1, XV, 600 ss.
Gatto A. – Rossetti D.A., Subholding pura e beneficiario effettivo di interessi alla luce della direttiva 2003/49: un binomio possibile, in Riv. Dir. Trib., 2021, 1, IV, 16 ss.
Giannelli A. – Pitrone F., Beneficiario effettivo, in Avolio D. (a cura di), Fiscalità internazionale e dei gruppi societari, Milano, 2020, 699-769
Pistone P., Beneficiario effettivo e clausole generali antielusione, in Dir. prat. trib. int., 2020, 4, 1552 ss.
Ronco S.M., “I piccoli passi forse non bastano più”? Le acquisizioni della giurisprudenza sui casi danesi in tema di abuso del diritto, beneficiario effettivo e requisito dell’assoggettamento ad imposizione, in Dir. prat. trib. int., 2020, 1, 315 ss.
Rossi L. – Brunelli F., Gli impatti della sentenza della Corte UE C-116/16 e C-117/16 sulle holding utilizzate nelle operazioni di acquisizione, in www.dirittobancario.it, 14 aprile 2020
Rossi L. – Ampolilla M., Le holding nella giurisprudenza della Corte di Giustizia (riflessioni in ordine alla sentenza cause riunite C-116/16 e C-117/16), in Boll. trib., 2020, 3, 189 ss.
Tomassini A. – Sandalo A., La mera funzione di holding statica non esclude la qualifica di beneficiario effettivo, in GT – Riv. giur. trib., 2017, 3, 233 ss.
Informativa sul trattamento dei dati personali (ai sensi dell’art. 13 Regolamento UE 2016/679)
La vigente normativa in materia di trattamento dei dati personali definita in conformità alle previsioni contenute nel Regolamento UE 2016/679 del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (Regolamento generale sulla protezione dei dati, di seguito “Regolamento Privacy UE”) contiene disposizioni dirette a garantire che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche, con particolare riguardo al diritto alla protezione dei dati personali.
Finalità del Trattamento e base giuridica
Il trattamento dei dati personali è finalizzato a:
– fornire il servizio e/o prodotto richiesto dall’utente, per rispondere ad una richiesta dell’utente, e per assicurare e gestire la partecipazione a manifestazioni e/o promozioni a cui l’utente ha scelto di aderire (richiesta e acquisto abbonamento periodici; richiesta e acquisto libri; servizio di fatturazione; invio periodici in abbonamento postale, invio newsletter rivolte a studiosi e professionisti).
– inviare newsletter promozionale di pubblicazioni a chi ne ha fatto richiesta; ferma restando la possibilità per l’utente di opporsi all’invio di tali invii in qualsiasi momento.
– inviare all’utente informazioni promozionali riguardanti servizi e/o prodotti della Società di specifico interesse professionale ed a mandare inviti ad eventi della Società e/o di terzi; resta ferma la possibilità per l’utente di opporsi all’invio di tali comunicazioni in qualsiasi momento.
– gestire dati indispensabili per espletare l’attività della società: clienti, fornitori, dipendenti, autori. Pacini Editore srl tratta i dati personali dell’utente per adempiere a obblighi derivanti da legge, regolamenti e/o normativa comunitaria.
– gestire i siti web e le segreterie scientifiche per le pubblicazioni periodiche in ambito medico-giuridico rivolte a studiosi e professionisti;
Conservazione dei dati
Tutti i dati di cui al successivo punto 2 verranno conservati per il tempo necessario al fine di fornire servizi e comunque per il raggiungimento delle finalità per le quali i dati sono stati raccolti, e in ottemperanza a obblighi di legge. L’eventuale trattamento di dati sensibili da parte del Titolare si fonda sui presupposti di cui all’art. 9.2 lett. a) del GDPR.
Il consenso dell’utente potrà essere revocato in ogni momento senza pregiudicare la liceità dei trattamenti effettuati prima della revoca.
Tipologie di dati personali trattati
La Società può raccogliere i seguenti dati personali forniti volontariamente dall’utente:
nome e cognome dell’utente,
il suo indirizzo di domicilio o residenza,
il suo indirizzo email, il numero di telefono,
la sua data di nascita,
i dettagli dei servizi e/o prodotti acquistati.
La raccolta può avvenire quando l’utente acquista un nostro prodotto o servizio, quando l’utente contatta la Società per informazioni su servizi e/o prodotti, crea un account, partecipa ad un sondaggio/indagine. Qualora l’utente fornisse dati personali di terzi, l’utente dovrà fare quanto necessario perchè la comunicazione dei dati a Pacini Editore srl e il successivo trattamento per le finalità specificate nella presente Privacy Policy avvengano nel rispetto della normativa applicabile, (l’utente prima di dare i dati personali deve informare i terzi e deve ottenere il consenso al trattamento).
La Società può utilizzare i dati di navigazione, ovvero i dati raccolti automaticamente tramite i Siti della Società. Pacini editore srl può registrare l’indirizzo IP (indirizzo che identifica il dispositivo dell’utente su internet), che viene automaticamente riconosciuto dal nostro server, pe tali dati di navigazione sono utilizzati al solo fine di ottenere informazioni statistiche anonime sull’utilizzo del Sito .
La società utilizza i dati resi pubblici (ad esempio albi professionali) solo ed esclusivamente per informare e promuovere attività e prodotti/servizi strettamente inerenti ed attinenti alla professione degli utenti, garantendo sempre una forte affinità tra il messaggio e l’interesse dell’utente.
Trattamento dei dati
A fini di trasparenza e nel rispetto dei principi enucleati dall’art. 12 del GDPR, si ricorda che per “trattamento di dati personali” si intende qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali o insiemi di dati personali, come la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la strutturazione, la conservazione, l’adattamento o la modifica, l’estrazione, la consultazione, l’uso, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l’interconnessione, la limitazione, la cancellazione o la distruzione. Il trattamento dei dati personali potrà effettuarsi con o senza l’ausilio di mezzi elettronici o comunque automatizzati e comprenderà, nel rispetto dei limiti e delle condizioni posti dal GDPR, anche la comunicazione nei confronti dei soggetti di cui al successivo punto 7.
Modalità del trattamento dei dati: I dati personali oggetto di trattamento sono:
trattati in modo lecito e secondo correttezza da soggetti autorizzati all’assolvimento di tali compiti, soggetti identificati e resi edotti dei vincoli imposti dal GDPR;
raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, e utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi;
esatti e, se necessario, aggiornati;
pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o successivamente trattati;
conservati in una forma che consenta l’identificazione dell’interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati;
trattati con il supporto di mezzi cartacei, informatici o telematici e con l’impiego di misure di sicurezza atte a garantire la riservatezza del soggetto interessato cui i dati si riferiscono e ad evitare l’indebito accesso a soggetti terzi o a personale non autorizzato.
Natura del conferimento
Il conferimento di alcuni dati personali è necessario. In caso di mancato conferimento dei dati personali richiesti o in caso di opposizione al trattamento dei dati personali conferiti, potrebbe non essere possibile dar corso alla richiesta e/o alla gestione del servizio richiesto e/o alla la gestione del relativo contratto.
Comunicazione dei dati
I dati personali raccolti sono trattati dal personale incaricato che abbia necessità di averne conoscenza nell’espletamento delle proprie attività. I dati non verranno diffusi.
Diritti dell’interessato.
Ai sensi degli articoli 15-20 del GDPR l’utente potrà esercitare specifici diritti, tra cui quello di ottenere l’accesso ai dati personali in forma intelligibile, la rettifica, l’aggiornamento o la cancellazione degli stessi. L’utente avrà inoltre diritto ad ottenere dalla Società la limitazione del trattamento, potrà inoltre opporsi per motivi legittimi al trattamento dei dati. Nel caso in cui ritenga che i trattamenti che Lo riguardano violino le norme del GDPR, ha diritto a proporre reclamo all’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali ai sensi dell’art. 77 del GDPR.
Titolare e Responsabile per la protezione dei dati personali (DPO)
Titolare del trattamento dei dati, ai sensi dell’art. 4.1.7 del GDPR è Pacini Editore Srl., con sede legale in 56121 Pisa, Via A Gherardesca n. 1.
Per esercitare i diritti ai sensi del GDPR di cui al punto 6 della presente informativa l’utente potrà contattare il Titolare e potrà effettuare ogni richiesta di informazione in merito all’individuazione dei Responsabili del trattamento, Incaricati del trattamento agenti per conto del Titolare al seguente indirizzo di posta elettronica: privacy@pacinieditore.it. L’elenco completo dei Responsabili e le categorie di incaricati del trattamento sono disponibili su richiesta.
Ai sensi dell’art. 13 Decreto Legislativo 196/03 (di seguito D.Lgs.), si informano gli utenti del nostro sito in materia di trattamento dei dati personali.
Quanto sotto non è valido per altri siti web eventualmente consultabili attraverso i link presenti sul nostro sito.
Il Titolare del trattamento
Il Titolare del trattamento dei dati personali, relativi a persone identificate o identificabili trattati a seguito della consultazione del nostro sito, è Pacini Editore Srl, che ha sede legale in via Gherardesca 1, 56121 Pisa.
Luogo e finalità di trattamento dei dati
I trattamenti connessi ai servizi web di questo sito hanno luogo prevalentemente presso la predetta sede della Società e sono curati solo da dipendenti e collaboratori di Pacini Editore Srl nominati incaricati del trattamento al fine di espletare i servizi richiesti (fornitura di volumi, riviste, abbonamenti, ebook, ecc.).
I dati personali forniti dagli utenti che inoltrano richieste di servizi sono utilizzati al solo fine di eseguire il servizio o la prestazione richiesta.
L’inserimento dei dati personali dell’utente all’interno di eventuali maling list, al fine di invio di messaggi promozionali occasionali o periodici, avviene soltanto dietro esplicita accettazione e autorizzazione dell’utente stesso.
Comunicazione dei dati
I dati forniti dagli utenti non saranno comunicati a soggetti terzi salvo che la comunicazione sia imposta da obblighi di legge o sia strettamente necessario per l’adempimento delle richieste e di eventuali obblighi contrattuali.
Gli incaricati del trattamento che si occupano della gestione delle richieste, potranno venire a conoscenza dei suoi dati personali esclusivamente per le finalità sopra menzionate.
Nessun dato raccolto sul sito è oggetto di diffusione.
Tipi di dati trattati
Dati forniti volontariamente dagli utenti
L’invio facoltativo, esplicito e volontario di posta elettronica agli indirizzi indicati su questo sito comporta la successiva acquisizione dell’indirizzo del mittente, necessario per rispondere alle richieste, nonché degli eventuali altri dati personali inseriti nella missiva.
Facoltatività del conferimento dei dati
Salvo quanto specificato per i dati di navigazione, l’utente è libero di fornire i dati personali per richiedere i servizi offerti dalla società. Il loro mancato conferimento può comportare l’impossibilità di ottenere il servizio richiesto.
Modalità di trattamento dei dati
I dati personali sono trattati con strumenti manuali e automatizzati, per il tempo necessario a conseguire lo scopo per il quale sono stati raccolti e, comunque per il periodo imposto da eventuali obblighi contrattuali o di legge.
I dati personali oggetto di trattamento saranno custoditi in modo da ridurre al minimo, mediante l’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta.
Diritti degli interessati
Ai soggetti cui si riferiscono i dati spettano i diritti previsti dall’art. 7 del D.Lgs. 196/2003 che riportiamo di seguito:
1. L’interessato ha diritto di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali che lo riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile.
2. L’interessato ha diritto di ottenere informazioni:
a) sull’origine dei dati personali;
b) sulle finalità e modalità del trattamento;
c) sulla logica applicata in caso di trattamento effettuato con l’ausilio di strumenti elettronici;
d) sugli estremi identificativi del titolare, dei responsabili e del rappresentante designato ai sensi dell’articolo 5, comma 2;
e) sui soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di rappresentante designato nel territorio dello Stato, di responsabili o incaricati.
3. L’interessato ha diritto di ottenere:
a) l’aggiornamento, la rettificazione ovvero, quando vi ha interesse, l’integrazione dei dati;
b) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati;
c) l’attestazione che le operazioni di cui alle lettere a) e b) sono state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, eccettuato il caso in cui tale adempimento si rivela impossibile o comporta un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto tutelato.
4. L’interessato ha diritto di opporsi, in tutto o in parte:
a) per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta;
b) al trattamento di dati personali che lo riguardano a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.
Dati degli abbonati
I dati relativi agli abbonati sono trattati nel rispetto delle disposizioni contenute nel D.Lgs. del 30 giugno 2003 n. 196 e adeguamenti al Regolamento UE GDPR 2016 (General Data Protection Regulation) a mezzo di elaboratori elettronici ad opera di soggetti appositamente incaricati. I dati sono utilizzati dall’editore per la spedizione della presente pubblicazione. Ai sensi dell’articolo 7 del D.Lgs. 196/2003, in qualsiasi momento è possibile consultare, modificare o cancellare i dati o opporsi al loro utilizzo scrivendo al Titolare del Trattamento: Pacini Editore Srl – Via A. Gherardesca 1 – 56121 Pisa. Per ulteriori approfondimenti fare riferimento al sito web http://www.pacinieditore.it/privacy/
Subscriber data
Subscriber data are treated according to Italian law in DLgs, 30 June 2003, n. 196 as updated with the UE General Data Protection Regulation 2016 – by means of computers operated by specifically responsible personnel. These data are used by the Publisher to mail this publication. In accordance with Art. 7 of the above mentioned DLgs, 30 June 2003, n. 196, subscribers can, at any time, view, change or delete their personal data or withdraw their use by writing to Pacini Editore S.r.L. – Via A. Gherardesca 1, 56121 Ospedaletto (Pisa), Italy. For further information refer to the website: http://www.pacinieditore.it/privacy/
Cookie
Che cos’è un cookie e a cosa serve?
Un cookie e una piccola stringa di testo che un sito invia al browser e salva sul tuo computer quando visiti dei siti internet. I cookie sono utilizzati per far funzionare i siti web in maniera più efficiente, per migliorarne le prestazioni, ma anche per fornire informazioni ai proprietari del sito.
Che tipo di cookie utilizza il nostro sito e a quale scopo? Il nostro sito utilizza diversi tipi di cookie ognuno dei quali ha una funzione specifica, come indicato di seguito:
TIPI DI COOKIE
Cookie di navigazione
Questi cookie permettono al sito di funzionare correttamente sono usati per raccogliere informazioni su come i visitatori usano il sito. Questa informazione viene usata per compilare report e aiutarci a migliorare il sito. I cookie raccolgono informazioni in maniera anonima, incluso il numero di visitatori del sito, da dove i visitatori sono arrivati e le pagine che hanno visitato.
Cookie Analitici
Questi cookie sono utilizzati ad esempio da Google Analytics per elaborare analisi statistiche sulle modalità di navigazione degli utenti sul sito attraverso i computer o le applicazioni mobile, sul numero di pagine visitate o il numero di click effettuati su una pagina durante la navigazione di un sito.
Questi cookie sono utilizzati da società terze. L’uso di questi cookie normalmente non implica il trattamento di dati personali. I cookie di terze parti derivano da annunci di altri siti, ad esempio messaggi pubblicitari, presenti nel sito Web visualizzato. Possono essere utilizzati per registrare l’utilizzo del sito Web a scopo di marketing.
Come posso disabilitare i cookie?
La maggior parte dei browser (Internet Explorer, Firefox, etc.) sono configurati per accettare i cookie. Tuttavia, la maggior parte dei browser permette di controllare e anche disabilitare i cookie attraverso le impostazioni del browser. Ti ricordiamo però che disabilitare i cookie di navigazione o quelli funzionali può causare il malfunzionamento del sito e/o limitare il servizio offerto.
Per avere maggiori informazioni
l titolare del trattamento è Pacini Editore Srl con sede in via della Gherardesca n 1 – Pisa.
Potete scrivere al responsabile del trattamento Responsabile Privacy, al seguente indirizzo email rlenzini@pacinieditore.it per avere maggiori informazioni e per esercitare i seguenti diritti stabiliti dall’art. 7, D. lgs 196/2003: (i) diritto di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali riguardanti l’interessato e la loro comunicazione, l’aggiornamento, la rettificazione e l’integrazione dei dati, la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge; (ii) diritto di ottenere gli estremi identificativi del titolare nonché l’elenco aggiornato dei responsabili e di tutti i soggetti cui i suoi dati sono comunicati; (iii) diritto di opporsi, in tutto o in parte, per motivi legittimi, al trattamento dei dati relativi all’interessato, a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazioni commerciali.
Per modificare le impostazioni, segui il procedimento indicato dai vari browser che trovi alle voci “Opzioni” o “Preferenze”.
Per saperne di più riguardo ai cookie leggi la normativa.