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Invito a produrre documenti e preclusioni probatorie: brevi note a margine della pronuncia della Corte di Cassazione n. 6092 del 24 febbraio 2022
Di Stefano Didoni -
Abstract
La preclusione prevista dall’art. 32 D.P.R. n. 600/1973 per la produzione nella fase amministrativa e contenziosa dei documenti, nonché delle informazioni e dei dati, non forniti in risposta agli inviti o alle richieste degli uffici, rappresenta una deroga al diritto di difesa del contribuente e, pertanto, è necessario che l’Amministrazione agisca secondo trasparenza e buona fede nell’esercizio dei poteri istruttori. La recente ordinanza della Corte di Cassazione 24 febbraio 2022, n. 6092 offre interessanti spunti di riflessione sui profili di invalidità degli inviti degli uffici e il rapporto con il processo.
The foreclosure of producing documents in court in case of refusal from the taxpayers to show them after an invitation from the tax authorities. – The foreclosure provided by Article 32 of Presidential Decree 600/1973 of producing documents in the administrative and procedural phase, as well as of information and data, not produced in response to invitations or requests from revenue offices, represents an exception to the taxpayer’s right of defense and, therefore, it is necessary for the tax administration to act in accordance with transparency and good faith in the exercise of its investigative powers. Recently the Italian Supreme Court (decision 24 february 2022, n. 6092) offers interesting insights on the invalidity of the invitations of the offices and the relationship with the trial.
Sommario: 1. Premessa. – 2. L’ordinanza in commento: portata e limiti della preclusione probatoria a seguito dell’inottemperanza agli inviti degli uffici. – 3. Profili processuali. – 4. Conclusioni.
1. La recente ordinanza 24 febbraio 2022, n. 6092 della Suprema Corte di Cassazione afferma importanti principi in tema di produzione documentale, successiva agli inviti degli Uffici, in relazione alla preclusione contenuta nell’art. 32, comma 4, D.P.R. n. 600/1973. Come noto, l’Agenzia delle Entrate può chiedere al contribuente, in sede di verifica fiscale o mediante la notifica di un apposito invito o questionario, l’esibizione o la trasmissione di atti e documenti rilevanti ai fini dell’accertamento (art. 32, comma 1, nn. 3) e 4), D.P.R. n. 600/1973). Gli stessi inviti trovano applicazione, pur con alcune differenze, in tema di IVA (art. 51, comma 2, nn. 4) e 3), D.P.R. n. 600/1973), nonché di imposta di registro, ipotecarie e catastali (art. 53-bis D.P.R. n. 131/1986). L’invito deve essere motivato e prevedere un termine minimo (pari ad almeno 15 gg. dalla notifica) per l’adempimento da parte del contribuente; tuttavia, l’omessa motivazione o l’assegnazione di un termine inferiore non producono l’invalidità dell’accertamento (derivato), ma solo dell’invito, per cui non sarà censurabile l’omessa o tardiva risposta del contribuente (Marcheselli A., Accertamenti tributari e difesa del contribuente, Milano, 2018, 162).
La richiesta di trasmissione di atti e documenti a soggetti non titolari di partita IVA può riguardare qualunque atto volto alla giustificazione di specifiche categorie reddituali (ad esempio, di estratti conto bancari, polizze assicurative, contratti privati non registrati). Per i soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili la richiesta può riguardare l’esibizione dei bilanci e dei registri previsti dalle disposizioni tributarie.
L’inottemperanza del contribuente agli inviti non è priva di conseguenze. Difatti, per incentivare il comportamento collaborativo da parte dei contribuenti, l’omessa o parziale risposta è soggetta ad una specifica sanzione (art. 11, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997); inoltre, la condotta del contribuente può costituire indizio di evasione o, ad esempio, legittimare, come avvenuto nella fattispecie in esame, l’applicazione dell’accertamento induttivo del reddito d’impresa (art. 39, comma 2, lett. d-bis), D.P.R. n. 600/1973). La conseguenza che assume però maggiore rilievo nella pronuncia in commento riguarda la previsione contenuta nell’art. 32, comma 4, D.P.R. n. 600/1973 (disposizione richiamata ai fini IVA dall’art. 51, comma 5, D.P.R. n. 633/1972), la quale stabilisce che documenti, dati e notizie non forniti nella fase di controllo non possono essere utilizzati nell’accertamento con adesione e neanche nel successivo giudizio in caso di impugnazione dell’accertamento. La giurisprudenza ha precisato sul punto che gli inviti degli Uffici hanno la «funzione di assicurare – giusta i canoni di lealtà, correttezza e collaborazione propri degli obblighi di solidarietà della materia tributaria – un dialogo preventivo tra Fisco e contribuente per favorire la definizione delle reciproche posizioni onde evitare l’instaurazione del contenzioso giudiziario. Ne consegue che l’omessa o intempestiva risposta è legittimamente sanzionata con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa» (Cass., sez. V, 20 ottobre 2016, n. 21271; il principio è stato di recente ribadito da Cass., sez. V, 31 gennaio 2022, n. 2847). Analogamente, nel caso di accessi e le verifiche fiscali presso la sede del contribuente, l’art. 52, comma 5, D.P.R. n. 633/1972 stabilisce che i libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l’esibizione (a cui è equiparata la dichiarazione di non possedere tali documenti o la sottrazione di essi alla ispezione) non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Tale disposizione è applicabile anche in materia di imposte dirette, atteso il richiamo operato dall’art. 33, comma 1, D.P.R. n. 600/1973.
2. Nel caso sottoposto all’esame della Corte, il contribuente (nel caso di specie una società di capitali) censurava la sentenza di secondo grado nella parte in cui aveva ritenuto inutilizzabile, ai fini della decisione, la documentazione contabile prodotta in giudizio, in base alla considerazione che la società non aveva fornito tali documenti a seguito di un invito notificato dall’Amministrazione ai sensi dell’art. 32 D.P.R. n. 600/1973. La Corte ha chiarito, in primo luogo, come la decadenza in parola «vada circoscritta ai casi in cui vi sia stato formalmente l’esplicito avvertimento al contribuente delle conseguenze dell’inadempimento». Nel caso deciso, infatti, l’invito non conteneva alcun avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza da parte del contribuente e, conseguentemente, il giudice avrebbe dovuto rilevarne l’invalidità. È bene ricordare che la nullità dell’invito non comporta l’invalidità per estensione dell’accertamento, ma rende inoperante la preclusione e, pertanto, al contribuente è consentito produrre nel giudizio i documenti eventualmente non esibiti all’Amministrazione. Secondo la Corte, poiché la preclusione costituisce una deroga al diritto di difesa del contribuente (art. 24 Cost.) essa deve essere interpretata restrittivamente. Dunque, la disposizione opera solo in presenza di un avvertimento specifico e puntuale; inoltre, deve essere dato al contribuente un congruo termine per consentire l’adempimento richiesto. Il contribuente potrà quindi sempre allegare tali vizi dell’invito, qualora intenda produrre in giudizio documenti non forniti all’Amministrazione. La preclusione probatoria si perfeziona solo per i documenti depositati in giudizio a condizione che siano stati puntualmente richiesti al contribuente nella precedente fase di verifica, restando il contribuente, al contrario, libero di “produrre ogni documento, diverso da quelli oggetto di richiesta da parte dell’amministrazione” (conforme, Cass., sez. V, 11 febbraio 2021, n. 3442). Nel caso deciso, infatti, il giudice di secondo grado aveva, erroneamente, ritenuto altresì inammissibile la documentazione contabile prodotta in giudizio e relativa ad annualità diverse da quella accertata. D’altronde, laddove l’invito risulti eccessivamente generico (ad esempio, con la richiesta di produrre “tutta la documentazione” in relazione a una determinata fattispecie), non potrebbe ritenersi operante alcuna preclusione (Cass., sez. V, 9 gennaio 2017, n. 233; Cass., sez. V, 21 marzo 2018, n. 7011; La Rosa S., Principi di diritto tributario, Torino, 2020, 297). Inoltre, al contribuente deve anche essere concesso un termine “congruo” per permettergli di adempiere (il principio è stato ribadito anche da Cass., sez. V, 25 giugno 2019, n. 16962; Cass., sez. V, 28 novembre 2014, n. 25334). La Corte non fornisce nell’ordinanza in commento elementi utili a chiarire se il termine minimo sia necessariamente quello indicato ex lege (pari a quindici giorni, ai sensi dell’art. 32, comma 2, D.P.R. n. 600/1973) ovvero se, a certe condizioni, sia ragionevole applicare un termine superiore. La giurisprudenza ha però ritenuto valido l’atto impositivo emesso prima dello scadere del termine fissato dall’art. 32, comma 2, D.P.R. n. 600/1973 (Cass., sez. V, 30 aprile 2021, n. 11405, con nota di Ferrari C. – Schillaci F., Esclusa la nullità dell’atto impositivo emesso prima dello scadere del termine per l’invio delle risposte al questionario, in il fisco, 2021, 23, 2264).
Nel caso deciso, come detto, l’invito risultava carente di un elemento essenziale, ossia l’avvertimento circa le conseguenze preclusive derivanti dalla condotta inadempiente del destinatario e tale rilievo sarebbe stato, di per sé, sufficiente a privare di efficacia la preclusione in parola. Tuttavia, va ricordato che l’art. 32, comma 5, D.P.R. n. 600/1973 consente al contribuente di depositare in giudizio i documenti non esibiti all’Amministrazione, «dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile». La disposizione è suscettibile di operare in caso di mancata consegna all’ufficio dei documenti richiesti con inviti o questionari, per qualsiasi causa, ovvero in caso di rifiuto di esibizione in sede di “accessi, ispezioni e verifiche” (art. 52, comma 5, D.P.R. n. 633/1972 e art. 33 D.P.R. n. 600/1973). In tema di rifiuto, la giurisprudenza aveva mitigato la portata della disposizione, ritenendo che «non integrano i presupposti applicativi della preclusione le dichiarazioni (il cui contenuto corrisponda al vero) dell’indisponibilità del documento, non solo se questa sia ascrivibile a caso fortuito o a forza maggiore, ma anche se imputabile a colpa, quale ad esempio la negligenza e imperizia nella custodia e conservazione» (Cass., sez. V, 28 aprile 2017, n. 10527). In altre parole, la condotta del contribuente deve essere cosciente e volontaria (Cass., sez. V, 21 marzo 2018, n. 7011; Cass., sez. V, 28 aprile 2017 n. 10527; in senso contrario, Cass., sez. V, 20 ottobre 2016, n. 21271). Sono state però proposte soluzioni differenti, a seconda che la richiesta di esibizione sia veicolata mediante un invito ex art. 32 D.P.R. n. 600/1973 (art. 51 D.P.R. n. 633/1972 per l’IVA) ovvero in sede di verifica presso il contribuente, ritenendo che «ferma sempre la necessità, in ogni ipotesi, che l’Amministrazione dimostri che vi era stata una puntuale indicazione di quanto richiesto, accompagnata dall’espresso avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza, nel primo caso, il mancato invio nei termini concessi equivale a rifiuto, determinando l’inutilizzabilità della documentazione in sede amministrativa e contenziosa, salvo che il contribuente non dichiari, all’atto di produrre la suddetta documentazione con il ricorso, che l’inadempimento è avvenuto per causa a lui non imputabile, della cui prova è onerato; nel secondo caso, la mancata esibizione di quanto richiesto preclude la valutazione a favore del contribuente solo se si traduca in un sostanziale rifiuto di rendere disponibile la documentazione, incombendo la prova dei relativi presupposti di fatto sull’Amministrazione finanziaria» (Cass., sez. V, 14 giugno 2021, n. 16757, con nota di Russo A., Mancata produzione dei documenti richiesti con il questionario: è sempre rifiuto di esibizione, in il fisco, n. 29, 2021, p. 2886). È stato in proposito osservato che l’applicazione di tale principio limiterebbe notevolmente il diritto alla difesa del contribuente (Monteleone C., La sterilizzazione dei documenti opposta dall’Ufficio amplia i motivi di ricorso, in Eutekne.info, 11 marzo 2022). Nel caso deciso, la società contribuente aveva eccepito l’assenza di un comportamento omissivo ad essa imputabile, atteso che la mancata risposta all’invito dell’ufficio sarebbe dipesa dal comportamento illecito del proprio consulente fiscale affidatario dei libri e delle scritture contabili (fatti peraltro denunciati all’Autorità giudiziaria). L’ordinanza in commento ha ritenuto che in tali circostanze potrebbe sussistere una causa di non imputabilità del comportamento omissivo al contribuente, che il giudice è tenuto a valutare in concreto (sul tema, Cass., sez. V, 5 novembre 2021, n. 31869, ha ravvisato una causa di forza maggiore nella residenza all’estero del contribuente al momento della richiesta dell’ufficio). Ai fini della operatività della preclusione, il fatto del terzo (quale causa di non imputabilità al contribuente della mancata ottemperanza) appare suscettibile di un’interpretazione meno restrittiva rispetto alle cause di non punibilità in materia di sanzioni (art. 6 D.Lgs. n. 472/1997), laddove il comportamento del contribuente può essere censurato sotto il profilo della culpa in vigilando, rimanendo in capo ad esso l’onere di attivarsi (Cass., sez. V, 15 maggio 2019, n. 12901).
3. In tema di rilevabilità della preclusione, si registra un orientamento non univoco nella giurisprudenza di legittimità. Infatti, da un lato è stato ritenuto che l’inutilizzabilità opera anche in assenza di eccezione dell’Amministrazione resistente, trattandosi di preclusione processuale rilevabile d’ufficio (Cass., sez. VI, 12 gennaio 2022, n. 738; Cass., sez. V, 26 maggio 2008, n. 13511). Dall’altro, viceversa, che grava sull’ufficio l’onere di allegare la preclusione e provare la correttezza del procedimento seguito, costituito dalla specificità dell’invito all’esibizione e dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza (Cass., sez. V, 15 luglio 2021, n. 20317; Cass., sez. V, 10 febbraio 2021, n. 3254). A prescindere da tali posizioni, l’ordinanza in commento legittima il comportamento del contribuente il quale, a seguito dell’eccezione sollevata dall’ufficio resistente sulla inutilizzabilità dei documenti prodotti in giudizio perché non esibiti nella precedente fase istruttoria, replichi a tale eccezione per la prima volta in appello, deducendo l’invalidità dell’invito. Sul punto l’ordinanza afferma che «solo nel momento in cui l’Amministrazione, a fronte della produzione della documentazione da parte del contribuente, opponga la decadenza conseguente all’inottemperanza all’invito» (corroborando, dunque, il secondo orientamento suindicato) «questi può dedurre l’inconferenza dell’invito, in quanto non contenente l’avvertimento delle conseguenze dell’inottemperanza». Poiché l’eccezione «non deriva se non dall’esame e dalle contestazioni relative al contenuto del documento, di provenienza dall’Amministrazione finanziaria», ne consegue che «tale difesa può essere articolata anche successivamente dal contribuente, in quanto volta a negare i presupposti del verificarsi di un effetto processuale favorevole all’ufficio; trattandosi, pertanto, di mera difesa la stessa, al pari delle contestazioni della valenza probatoria della documentazione avversa, non è soggetta a preclusione processuale e può essere formulata per la prima volta in appello, non incorrendo nel divieto di cui all’art. 57, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546». Va osservato in merito – come già evidenziato – che l’art. 32, comma 5, D.P.R. n. 600/1973 prevede che la preclusione non opera qualora il contribuente «depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa» la documentazione non esibita all’Amministrazione, «dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile». In base ad un’interpretazione letterale, il contribuente dovrebbe cautelativamente allegare già in sede di proposizione del ricorso le proprie ragioni giustificative, nonché depositare i documenti in giudizio. Ancorché l’ordinanza in commento abbia ammesso l’introduzione della questione per la prima volta in appello, in considerazione dell’eccezione sollevata dall’ufficio resistente e dal rilievo che «è consentito alla parte produrre in appello ogni documento, ancorché nuovo» (art. 58, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992), la Cassazione in altra occasione ha ravvisato una “deficienza contenutistica” del ricorso del contribuente che non aveva reso la dichiarazione in maniera chiara ed esplicita, nel ricorso introduttivo del giudizio di prime cure, oltre a non avere fornito la prova contestuale circa la non imputabilità ad esso della mancata ottemperanza (Cass., sez. V, 6 ottobre 2021, n. 27045). Ad ogni modo, dovrebbe essere immune da censure la condotta del contribuente che produca i documenti entro i termini di cui all’art. 32 D.Lgs. n. 546/1992 ovvero nel giudizio di appello, laddove dimostri di esserne entrato in possesso successivamente alla scadenza del termine per il deposito del ricorso (Farri F., Inutilizzabilità in giudizio dei documenti non esibiti in fase istruttoria tra legge e costituzione, in questa Rivista, 16 maggio 2016).
4. In conclusione, l’esercizio dei poteri istruttori riconosciuti all’Amministrazione nella fase di verifica deve essere – necessariamente – bilanciato con il diritto del contribuente ad una informazione trasparente e all’esercizio del diritto di difesa. Come chiarito dall’ordinanza in commento gli inviti degli uffici (lo stesso vale per i questionari o le richieste avanzate nel corso delle verifiche presso il contribuente) devono, essenzialmente, contenere i) l’indicazione puntuale e circoscritta dei documenti (o comunque, delle notizie o altri dati) richiesti, ii) l’esplicito avvertimento al contribuente delle conseguenze dell’inadempimento, iii) un congruo termine minimo per consentire l’adempimento richiesto. In mancanza di tali elementi il contribuente potrà eccepire l’irritualità dell’invito, producendo i documenti in giudizio. Invece, se il contribuente esibisce la documentazione richiesta dall’ufficio senza però rilevare la presenza di un vizio dell’invito con effetto invalidante, potrebbe successivamente eccepire nel ricorso l’inutilizzabilità ai fini dell’accertamento del materiale probatorio acquisito irritualmente. In tal caso, infatti, l’Amministrazione avrebbe violato una regola che disciplina il potere di acquisizione degli elementi istruttori (Marcheselli A., Indagini tributarie “a trabocchetto” e buona fede, diritto di assistenza del difensore, illegittimità istruttorie e utilizzabilità della prova, in questa Rivista, 29 giugno 2020). Sotto altro profilo, meritano una particolare attenzione le possibili cause di “non imputabilità” dell’inadempimento al contribuente, nonché i limiti posti dall’ordinamento all’acquisizione di elementi istruttori tramite richieste al contribuente (si pensi alle informazioni, dati e documenti già in possesso degli uffici o detenuti da altre Amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’art. 6, comma 4, L. n. 212/2000 e dell’art. 7, comma 1, lett. f), D.L. n. 70/2011 ovvero a quelli ricavabili dall’Anagrafe tributaria o trasmessi da parte di soggetti terzi, ai sensi dell’art. 36-ter, comma 3-bis, D.P.R. n. 600/73, introdotto dall’art. 4-bis D.L. n. 34/2019). In tale ultimo caso non vi è dubbio che il contribuente conservi la facoltà di produrre tali documenti in giudizio, non sussistendo a monte alcun obbligo di esibizione e, di conseguenza, alcuna preclusione.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Cipolla G.M., La prova nel diritto tributario, in Dir. prat. trib., 2009, 3, 10545 ss.
Farri F., Inutilizzabilità in giudizio dei documenti non esibiti in fase istruttoria tra legge e costituzione, in questa Rivista, 16 maggio 2016
Ferrari C. – Schillaci F., Esclusa la nullità dell’atto impositivo emesso prima dello scadere del termine per l’invio delle risposte al questionario, in il fisco, 2021, 23, 2264 ss.
La Rosa S., Principi di diritto tributario, Torino, 2020
Marcheselli A., Accertamenti tributari e difesa del contribuente, Milano, 2018
Marcheselli A., Indagini tributarie “a trabocchetto” e buona fede, diritto di assistenza del difensore, illegittimità istruttorie e utilizzabilità della prova, in questa Rivista, 29 giugno 2020
Monteleone C., La sterilizzazione dei documenti opposta dall’Ufficio amplia i motivi di ricorso, in Eutekne.info, 11 marzo 2022
Renda A., Contraddittorio a seguito di verifica e possibili limitazioni alle preclusioni probatorie, in Riv. dir. trib., 2010, 1, 95 ss.
Russo A., Mancata produzione dei documenti richiesti con il questionario: è sempre rifiuto di esibizione, in il fisco, 2021, 29, 2886 ss.
Schiavolin R., Poteri istruttori dell’Amministrazione finanziaria, in Dig. Comm., vol. XI, 1995
Tundo F., Documenti non esibiti a richiesta: preclusioni probatorie e garanzie del contribuente, in Corr. trib., 2013, 16, 1265 ss.
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Diritti degli interessati
Ai soggetti cui si riferiscono i dati spettano i diritti previsti dall’art. 7 del D.Lgs. 196/2003 che riportiamo di seguito:
1. L’interessato ha diritto di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali che lo riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile.
2. L’interessato ha diritto di ottenere informazioni:
a) sull’origine dei dati personali;
b) sulle finalità e modalità del trattamento;
c) sulla logica applicata in caso di trattamento effettuato con l’ausilio di strumenti elettronici;
d) sugli estremi identificativi del titolare, dei responsabili e del rappresentante designato ai sensi dell’articolo 5, comma 2;
e) sui soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di rappresentante designato nel territorio dello Stato, di responsabili o incaricati.
3. L’interessato ha diritto di ottenere:
a) l’aggiornamento, la rettificazione ovvero, quando vi ha interesse, l’integrazione dei dati;
b) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati;
c) l’attestazione che le operazioni di cui alle lettere a) e b) sono state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, eccettuato il caso in cui tale adempimento si rivela impossibile o comporta un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto tutelato.
4. L’interessato ha diritto di opporsi, in tutto o in parte:
a) per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta;
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