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Contraddittorio procedimentale e garanzie del contribuente: la Cassazione ritorna sull’invalidità dell’accertamento emesso ante tempus.
Di Stefano Didoni -
Abstract
In tema di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali l’ordinanza 11 novembre 2021, n. 33285 della Suprema Corte di Cassazione consolida l’orientamento sulle conseguenze in termini di invalidità dell’accertamento emesso prima del decorso dei termini previsti per la presentazione delle osservazioni ai sensi dell’art. 12, comma 7, L. n. 212/2000, in seguito alla consegna del PVC al termine di una verifica fiscale. La pronuncia offre ulteriori spunti di riflessione sull’esigenza di coordinamento tra il contraddittorio conseguente ad una verifica fiscale e il “nuovo” contraddittorio di cui all’art. 5-ter D.Lgs. n. 218/1997.
Right to be heard and warranties of the taxpayer: the Supreme Court returns to the invalidity of tax assessment notice issued ante tempus. – Recent Italian Court decision clarifies the relevance of the right to be heard at the end of a tax audit and ruled that an assessment issued to the taxpayer before the expiry of the time limit set by law for submitting observations to the administration is invalid.
Sommario: 1. Premessa. – 2. L’ordinanza in commento e lo stato dell’arte in tema di contraddittorio procedimentale nel caso di controlli sostanziali. – 3. L’urgenza legittimante e la motivazione “rafforzata” dell’accertamento. – 4. Conclusioni.
1. La recente ordinanza 11 novembre 2021, n. 33285 della Suprema Corte di Cassazione ribadisce importanti principi in tema di invalidità dell’accertamento emanato prima della scadenza del termine concesso al contribuente per la presentazione di osservazioni in seguito alla chiusura delle operazioni di controllo sostanziale e alla consegna del PVC ai sensi dell’art. 12, comma 7, L. 27 luglio 2000, n. 212 (per un inquadramento generale, Colli Vignarelli A., La violazione dell’art. 12 dello Statuto e la illegittimità dell’accertamento alla luce dei principi di collaborazione e buona fede, in Bodrito A. – Contrino A. – Marcheselli A., a cura di, Consenso, equità e imparzialità nello Statuto del contribuente, Torino, 2012, 499 ss.; Accordino P., Problematiche applicative del “contraddittorio” nei procedimenti tributari, Milano, 2018, 85 ss.; Marcheselli A., Accertamenti tributari e difesa del contribuente, Milano, II ed., 2018, 847 ss.). Difatti, in pendenza di detto termine, il contribuente può produrre memorie difensive che possono condurre all’archiviazione dei rilievi emersi in sede di verifica.
Nel caso sottoposto alla Suprema Corte, i giudici di secondo grado avevano confermato l’annullamento di un avviso di accertamento in materia di IRPEF, IRAP e IVA emesso a seguito di una verifica fiscale, svolta mediante accesso presso il domicilio del contribuente nonché indagini bancarie e finanziarie e conclusa con la consegna del PVC, prima della scadenza del termine dilatorio di sessanta giorni concesso al contribuente per presentare osservazioni ed in assenza di ragioni di urgenza.
La pronuncia in parola dà importante continuità all’indirizzo che valorizza l’esigenza di tutela del contraddittorio procedimentale e che ritiene invalido l’accertamento emanato ante tempus (Cass., 3 marzo 2021, n. 5754; Cass., 11 settembre 2019, n. 22644; Cass., 15 gennaio 2019, nn. 701 e 702; Cass., S.U., 29 luglio 2013, n. 18184), escludendo, almeno per gli accertamenti conseguenti a verifiche presso il contribuente, la rilevanza della natura “armonizzata” o “non armonizzata” del tributo e superando l’orientamento che applicava la c.d. “prova di resistenza” (Cass., S.U., 9 dicembre 2015, n. 24823).
2. La Corte ribadisce in primo luogo la rilevanza, ai fini del rispetto del termine dilatorio, dell’emissione dell’atto impositivo e non della notificazione (in senso contrario, Cass., 9 luglio 2014, n. 15648), valorizzando l’orientamento che distingue, in sostanza, tra esistenza ed efficacia dell’avviso (Cass., 31 luglio 2018, n. 20267; Cass., 12 luglio 2017, n. 17202), per cui ai fini della prima è condizione sufficiente che l’atto sia emesso, mentre della seconda il perfezionamento della notificazione nei confronti del contribuente. Tale interpretazione appare coerente con la previsione contenuta nell’art. 12, comma 7, L. n. 212/2000, laddove prevede che l’avviso “non può essere emanato prima della scadenza” del termine dilatorio, nonché con la ratio dell’istituto di favorire la collaborazione tra Fisco e contribuente e al fine di consentire all’Amministrazione di valutare le osservazioni eventualmente pervenute. Secondo la Corte, qualora l’accertamento sia notificato oltre la scadenza del termine dilatorio, ma sottoscritto in data anteriore (rectius, recante sottoscrizione digitale e registrazione di protocollo, per gli atti formati digitalmente ai sensi del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82), sussisterebbe un’ipotesi di invalidità “atteso che la norma tende a garantire il contraddittorio procedimentale consentendo al contribuente di far valere le sue ragioni quando l’atto impositivo è ancora in fieri, integrando, viceversa, la notificazione una mera condizione di efficacia dell’atto amministrativo ormai perfetto e, quindi, già emanato”.
Pertanto, ove il termine dilatorio risulti non osservato si verifica la nullità dell’atto, essendo irrilevante che il contribuente non abbia presentato le memorie difensive nei termini, anche laddove la notifica successiva all’emissione anticipata sia intervenuta decorsi i sessanta giorni (in senso contrario, Cass., 26 novembre 2014, n. 25118). Secondo la Corte una diversa interpretazione legittimerebbe un sindacato circa la rilevanza delle osservazioni del contribuente (c.d. “prova di residenza”) che invece il legislatore avrebbe espressamente escluso.
La Corte delinea poi l’ambito di operatività dell’art. 12, comma 7, L. n. 212/2000 e, ove ricorra l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emissione dell’accertamento da parte dell’Amministrazione, circoscrive le ipotesi in cui sia ravvisabile la nullità dell’atto impositivo.
Ad avviso della Corte, nell’ambito dei controlli sostanziali non opera la distinzione fra tributi “armonizzati” e tributi “non armonizzati”. Poiché la disposizione in parola non limita la propria efficacia a particolari specie di tributo, nel caso di controlli sostanziali l’obbligo di contraddittorio procedimentale, mediante il rispetto del termine dilatorio, opera sia per le imposte dirette che in materia di IVA. Secondo la Suprema Corte “nel triplice caso di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, è già stata operata dal legislatore una valutazione ex ante in merito al rispetto del contraddittorio, attraverso la comminatoria espressa di nullità dell’atto impositivo nel caso di mancato rispetto del termine dilatorio”, la quale “già, a monte, ingloba la «prova di resistenza», sia con riferimento ai tributi armonizzati che in ordine a quelli non armonizzati”. Essa è destinata a operare per i tributi “non armonizzati” “solo in assenza di un’espressa sanzione di nullità introdotta dal legislatore per il caso di violazione del contraddittorio”, unica ipotesi in cui “vi può difatti essere spazio per il giudice affinché possa operare una valutazione ex post, caso per caso, sull’intervenuto rispetto del contraddittorio o meno”.
Si ricorda che le Sezioni Unite della Cassazione avevano delineato l’illegittimità dell’atto impositivo emanato ante tempus per il solo fatto dell’inosservanza del termine dilatorio previsto ex lege, in quanto espressione dei principi di leale collaborazione e buona fede tra Amministrazione e contribuente (Cass., S.U., 29 luglio 2013, n. 18184, con nota di Tesauro F., In tema di invalidità dei provvedimenti impositivi e di avviso di accertamento notificato ante tempus, in Rass. trib., 2013, 5, 1137 ss.). Successivamente la Corte aveva ristretto le ipotesi di illegittimità, distinguendo tra tributi “armonizzati”, in relazione ai quali trova diretta applicazione il diritto unionale e l’obbligo generalizzato di contraddittorio, per cui in difetto l’accertamento è invalido solo qualora, in conformità alla giurisprudenza della Corte di giustizia europea, il contribuente dimostri che il contraddittorio avrebbe inciso, almeno in astratto, sull’accertamento (c.d. prova di resistenza). Mentre, per i tributi “non armonizzati”, sarebbe lasciata al legislatore piena discrezionalità (Cass., S.U., 9 dicembre 2015, n. 24823; sull’orientamento richiamato, Colli Vignarelli A., Il contraddittorio endoprocedimentale e l’”idea” di una sua utilità ai fini dell’invalidità dell’atto impositivo, in Riv. dir. trib., 2017, 1, II, 21 ss.; Id. Contraddittorio endoprocedimentale, sua violazione e rilevanza della c.d. “prova di resistenza”, in Riv. tel. dir. trib., 16 marzo 2020).
Invece la recente pronuncia della Corte osserva che l’operatività della prova di resistenza “non può che essere circoscritta al caso di assenza di un’espressa previsione del legislatore nazionale di nullità per violazione del contraddittorio. Solo in assenza di un’espressa sanzione di nullità introdotta dal legislatore per il caso di violazione del contraddittorio, vi può difatti essere spazio per il giudice affinché possa operare una valutazione ex post, caso per caso, sull’intervenuto rispetto del contraddittorio o meno” e ciò porterebbe alla conseguenza che “anche per i tributi armonizzati, scatta la prova di resistenza ai fini del contraddittorio endoprocedimentale nel solo caso in cui la normativa interna non preveda la sanzione della nullità”.
Nel caso di specie, dunque, la Corte ha ritenuto priva di censure la decisione della Commissione tributaria regionale che aveva annullato l’avviso di accertamento emesso ante tempus e a seguito di un accesso domiciliare in sede di verifica, ritenendo non necessaria, né per l’IVA né per IRPEF e IRAP, la prova di resistenza.
L’ordinanza in commento, pertanto, dà continuità all’orientamento della Suprema Corte che, mitigando la portata della sentenza a Sezioni Unite n. 24823/2015, aveva ritenuto sussistere nei casi di controlli sostanziali presso il contribuente (in particolare “accessi, ispezioni e verifiche”) l’obbligo di contraddittorio, tanto per i tributi armonizzati che non, ed escluso l’obbligo per il contribuente di fornire la “prova di resistenza” (per una rassegna, Colli Vignarelli A., Contraddittorio endoprocedimentale, sua violazione e rilevanza della c.d. “prova di resistenza”, op. cit.).
Tuttavia, ad eccezione dei tributi “armonizzati” e per i quali, però, opera la c.d. “prova di resistenza” e fuori dai casi individuati dall’art. 12, comma 7, L. n. 212/2000, non sussiste un obbligo di contraddittorio procedimentale in capo all’amministrazione in assenza di una disposizione ad hoc per le singole fattispecie accertative.
L’ordinanza in commento offre degli spunti di riflessione sulle fattispecie effettivamente escluse dal contraddittorio procedimentale, anche alla luce della previsione contenuta nell’art. 5-ter D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218 (introdotto dal D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito, e che si applica agli avvisi di accertamento emessi dal 1° luglio 2020; Farri F., Il nuovo invito al “contraddittorio” tributario nel prisma della legge n. 241/1990, in Guidara A., a cura di, Accordi e azione amministrativa nel diritto tributario, Pisa, 2020, 209 ss.; Verrigni C., Principio del contraddittorio e diritto ad una buona amministrazione. Le possibili linee evolutive, in Dir. prat. trib., 2020, 3, 1054 ss.).
È il caso degli accertamenti c.d. “a tavolino”, ipotesi in cui “la naturale vis expansiva dell’istituto de contraddittorio procedimentale nei rapporti tra fisco e contribuente non giunge fino al punto di imporre termini dilatori all’azione di accertamento derivanti da controlli eseguiti nella sede dell’amministrazione sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente” (Cass., 5 novembre 2020, n. 24793). Per gli accertamenti a tavolino, infatti, che non rientrano nell’art. 12, comma 7, L. n. 212/2000, la residua distinzione tra tributo “armonizzati e non”, ai fini dell’operatività del contraddittorio, è superata dall’art. 5-ter citato, almeno fuori dai casi degli accertamenti parziali (esclusi dal menzionato obbligo) e, comunque, con il maggior onere a carico del contribuente rappresentato dalla c.d. prova di resistenza in caso di omissione dell’invito da parte dell’Amministrazione (art. 5-ter, commi 2 e 4, D.Lgs. n. 218/1997).
Laddove però l’accertamento presso la sede dell’Amministrazione, anche mediante l’esame di documenti esibiti su richiesta degli uffici o acquisiti a seguito di indagini bancarie e finanziarie (ex art. 32 D.P.R. n. 600/1973), sia conseguenza di un controllo sostanziale presso la sede o il domicilio del contribuente, mediante “accessi, ispezioni e verifiche” e la consegna del PVC a chiusura delle operazioni, troverà giocoforza applicazione l’art. 12, comma 7, L. n. 212/2000, senza l’obbligo per l’Amministrazione di notificare l’invito a comparire (art. 5-ter, comma 1, D.Lgs. n. 218/1997). Si ricorda che, ai fini della disposizione statutaria assumono difatti rilievo anche quegli accessi finalizzati alla sola acquisizione di documentazione, poi esaminata e controllata presso gli uffici, ovvero quando, appunto, l’Amministrazione attua un controllo “misto” (cfr. Cass., 8 maggio 2019, n. 12094; Cass. civ., sez. V, 8 marzo 2019, n. 6811, con nota di Borgoglio A., Il verbale di acquisizione documenti equivale al PVC ai fini del contraddittorio, in il fisco, 2019, 14, 1374 ss.).
3. La regola dell’illegittimità dell’avviso di accertamento emesso ante tempus trova un’eccezione qualora ricorrano “casi di particolare e motivata urgenza” (art. 12, comma 7, L. n. 212/2000). Sul punto, l’ordinanza in commento conferma che la prossimità del termine di decadenza dall’accertamento non è idonea a rappresentare una deroga. Infatti, la Suprema Corte aveva già avuto occasione di osservare che “l’imminenza della scadenza del termine decadenziale non può rappresentare una ragione d’urgenza idonea a giustificare la violazione del termine dilatorio in assenza di validi motivi che esulino dalla sfera dell’Ente impositore e fuoriescano dalla sua diretta responsabilità” (cfr. Cass., 3 giugno 2021, n. 15327; conforme Cass., 11 settembre 2019, n. 22644; Cass., 14 gennaio 2020, n. 474). Occorrono fatti concreti e precisi che possano rendere giustificata l’anticipazione dell’accertamento. Recente giurisprudenza ha ritenuto che costruirebbe una legittima ragione di urgenza la mancanza di cooperazione del contribuente in sede di verifica oltre, ad esempio, alla rilevanza penale delle violazioni contestate al contribuente o l’insorgenza di eventi eccezionali che incidano sul funzionamento degli uffici (cfr. Cass., 10 marzo 2021, n. 6614). Inoltre, sono ritenute valide ragioni d’urgenza la necessità di applicare le misure cautelari per la tutela del credito erariale e gli elevati importi accertati con l’atto impositivo costituiscono idonee ragioni di urgenza (cfr. Cass., 12 agosto 2021, n. 22750, con nota di Bogorglio A., Misure cautelari ed elevati importi legittimano l’accertamento anticipato, in il fisco, 2021, 35, 3381 ss.), nonché l’assoggettamento del contribuente a procedure concorsuali (cfr. Cass., 19 giugno 2018, n. 16110).
Tuttavia, la Suprema Corte riprende il principio, più volte affermato e in particolare nella sentenza a Sezioni Unite n. 18184/2013, secondo cui “il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio”.
Senonché i “casi di particolare e motivata urgenza” rappresentano un elemento che “sana” un atto di per sé invalido, in quanto emesso senza l’osservanza del termine dilatorio (previsto, come ribadito a più riperse dalla Cassazione, a pena di nullità dell’atto impositivo). Dunque, ove ricorra una circostanza che legittimi l’emissione anticipata essa dovrebbe essere illustrata nell’atto impositivo emesso ante tempus (non a caso il legislatore impone che l’urgenza oltreché eccezionale sia “motivata”). Ciò anche per ragioni di economia processuale dato che il contribuente, qualora proponga ricorso contro l’atto impositivo per violazione del termine dilatorio, rischierebbe poi la soccombenza ove l’Amministrazione dimostri in giudizio l’esistenza di una legittima ragione di urgenza, e senza la possibilità di essere “rimesso in termini” per prestare acquiescenza all’accertamento ed accedere al beneficio della riduzione delle sanzioni (art. 15, comma 1, D.Lgs. n. 218/1997). È stato, difatti, ritenuto che qualora l’Amministrazione ometta di indicare nell’accertamento emesso ante tempus le ragioni di urgenza, l’atto impositivo sarebbe censurabile sotto il profilo del vizio di motivazione (Colli Vignarelli A., La Cassazione torna a pronunciarsi in tema di violazione del contraddittorio endoprocedimentale in assenza di motivi di urgenza, in Riv. tel. dir. trib., 2 dicembre 2019; Id., Osservazioni sull’urgenza legittimante l’accertamento “ante tempus”, in Dir. proc. trib., 2015, 2, 190 ss.).
La Corte non ha affrontato il tema della sorte dell’atto di accertamento emesso nel rispetto del termine dilatorio e che, però, non espliciti nella motivazione la valutazione operata dall’ufficio sulle osservazioni formulate dal contribuente nel termine previsto dall’art. 12, comma 7, dello Statuto. Il dettato normativo prevede che, dopo la notifica del PVC, l’ufficio sia chiamato più genericamente a valutare le memorie difensive eventualmente prodotte dai contribuenti, senza alcun specifico obbligo di motivazione. La Suprema Corte sul punto ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento, anche qualora l’ufficio ometta del tutto di menzionare le osservazioni difensive del contribuente, atteso che la legge si limita a imporre una mera valutazione delle stesse e non commina la sanzione della nullità (cfr. Cass., 23 gennaio 2019, n. 1778).
L’orientamento anzidetto non sembra però coerente con i principi enunciati dalla Cassazione nell’ordinanza in commento in tema di contraddittorio a seguito di controlli sostanziali. Vi è da considerare che nell’ipotesi di accertamento emesso con la partecipazione del contribuente, esso deve contenere una motivazione rafforzata proprio in relazione ai chiarimenti forniti e ai documenti prodotti dal contribuente nel corso del contraddittorio (art. 5-ter, comma 3, D.Lgs. n. 218/1997). In questo caso, pur in assenza della specifica sanzione della nullità, essa può ben derivare dall’attuazione della norma in conformità alla sua ratio, mediante la censurabilità dell’atto sotto il profilo del vizio di motivazione.
Un’interpretazione eccessivamente restrittiva dell’art. 12, comma 7, L. n. 212/2000 realizzerebbe, sotto tale profilo, una disparità di trattamento per i contribuenti destinatari di accertamenti a tavolino, per i quali trova applicazione l’art. 5-ter D.Lgs. n. 218/1997 e con maggiori garanzie nel contraddittorio, rispetto ai contribuenti destinatari di accertamenti a seguito di PVC a chiusura delle operazioni di verifica e per i quali l’art. 5-ter, comma 1, D.Lgs. n. 218/1997 esclude l’obbligo di notifica dell’invito a comparire e, dunque, della motivazione rafforzata per l’avviso di accertamento.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Accordino P., Problematiche applicative del “contraddittorio” nei procedimenti tributari, Milano, 2018
Basilavecchia M., Quando le ragioni di urgenza possono giustificare l’anticipazione dell’accertamento?, in Corr. trib., 2010, 48, 3971 ss.
Borgoglio A., Il verbale di acquisizione documenti equivale al PVC ai fini del contraddittorio, in il fisco, 2019, 14, 1374 ss.
Bogorglio A., Misure cautelari ed elevati importi legittimano l’accertamento anticipato, in il fisco, 2021, 35, 3381 ss.
Colli Vignarelli A. Contraddittorio endoprocedimentale, sua violazione e rilevanza della c.d. “prova di resistenza”, in Riv. tel. dir. trib., 16 marzo 2020
Colli Vignarelli A., I poteri istruttori delle Commissioni tributarie, Bari, 2002
Colli Vignarelli A., Il contraddittorio endoprocedimentale e l’”idea” di una sua utilità ai fini dell’invalidità dell’atto impositivo, in Riv. dir. trib., 2017, 1, II, 21 ss.
Colli Vignarelli A., Il contraddittorio endoprocedimentale tra pronunce giurisprudenziali e scelte legislative “pro fisco”, in Dir. proc. trib., 2020, 2, 211 ss.
Colli Vignarelli A., La Cassazione torna a pronunciarsi in tema di violazione del contraddittorio endoprocedimentale in assenza di motivi di urgenza, in Riv. tel. dir. trib., 2 dicembre 2019
Colli Vignarelli A., La violazione dell’art. 12 dello Statuto e la illegittimità dell’accertamento alla luce dei principi di collaborazione e buona fede, in Bodrito A. – Contrino A. – Marcheselli A., (a cura di), Consenso, equità e imparzialità nello Statuto del contribuente, Torino, 2012, 499 ss.
Colli Vignarelli A., Osservazioni sull’urgenza legittimante l’accertamento “ante tempus”, in Dir. proc. trib., 2015, 2, 190 ss.
Farri F., Il nuovo invito al “contraddittorio” tributario nel prisma della legge n. 241/1990, in Guidara A. (a cura di), Accordi e azione amministrativa nel diritto tributario, Pisa, 2020, 209 ss.
Marcheselli A., “C’è un giudice a Berlino”: ristabilita l’equità nei rapporti fisco contribuente quanto agli accertamenti accelerati, in Corr. trib., 2014, 18, 1374 ss.
Marcheselli A., Accertamenti tributari e difesa del contribuente, Milano, II ed., 2018
Tesauro F., In tema di invalidità dei provvedimenti impositivi e di avviso di accertamento notificato ante tempus, in Rass. trib., 2013, 5, 1137 ss.
Verrigni C., Principio del contraddittorio e diritto ad una buona amministrazione. Le possibili linee evolutive, in Dir. prat. trib., 2020, 3, 1054 ss.
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