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L’affitto d’azienda e i “trasferimenti” rilevanti ai sensi dell’art. 14 d.lgs. n. 472/1997.
Di Edoardo Belli Contarini -
Abstract
La responsabilità solidale tributaria nell’ipotesi di affitto di azienda va esclusa, nonostante il novellato art. 14 d.lgs. n. 472/1997 riporti un più ampio catalogo di ipotesi. La novella, infatti, non supera la distinzione tra trasferimento della proprietà e trasferimento temporaneo del godimento dell’azienda.
Business concern’s rental and the relevant “transfers” under art. 14 Legislative Decree no. 472/1997. – The tax liability of the transferee in the event of business concern’s rental must be excluded, despite the larger catalog of hypotheses provided by the new text of art. 14 Legislative Decree no. 472/1997. The novel, in fact, does not overcome the distinction between transfer of ownership and temporary transfer of the going concern.
SOMMARIO: 1. La riformulazione dell’art. 14 del d.lgs. n. 472/1997 ad opera dell’art. 16 del d.lgs. n. 158/2015 e lo stato dell’arte – 2. La riconducibilità anche dell’affitto di azienda nei trasferimenti rilevanti ai fini della responsabilità solidale tributaria del cessionario – 3. La tesi di segno contrario – 4. Conclusioni.
1. Le modifiche dell’art. 16 del d.lgs. n. 158/2015, concernente la “revisione del sistema sanzionatorio”, recate all’art. 14 del d.lgs. n. 472/1997, con l’aggiunta dei nuovi commi 5-bis e 5-ter, hanno recepito taluni principi già esplicitati nella prassi. In particolare, per un verso, si è stabilito, sub comma 5-bis, di disapplicare il regime di responsabilità solidale qualora la cessione dell’azienda avvenga nell’ambito di una procedura concorsuale, di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis L.F. e negli altri procedimenti ivi contemplati, salvo che ricorra l’ipotesi di frode ai crediti tributari (su questo argomento cfr., da ultimo, PAPARELLA, Cessione di azienda nell’ambito delle procedure concorsuali e responsabilità solidale tributaria dell’acquirente: finalmente si approda ad una soluzione definitiva e ragionevole in forza della natura della norma di deroga, in Rivista di diritto tributario online del 9 marzo 2020).
Per altro verso, per effetto del nuovo comma 5-ter, si è stabilito di ampliare il raggio di azione dell’art. 14, le cui disposizioni risultano applicabili “in quanto compatibili” a “tutte le ipotesi di trasferimento d’azienda, ivi compreso il conferimento” (su quest’ultima operazione, cfr. di recente anche l’Agenzia delle entrate, nella risposta ad interpello n. 276 del 19 luglio 2019).
In effetti, con specifico riguardo a tali aspetti, va segnalato che, prima della revisione del 2015, si poneva la questione interpretativa in ordine all’ampiezza del termine “cessione” d’azienda ovvero se in tale nozione vi potessero rientrare altre ipotesi peculiari di alienazione, diverse dalla compravendita, la permuta, la datio insolutum e la donazione, quali il conferimento in società (in senso positivo, cfr. BAGGIO, Appunti in tema di responsabilità tributaria del cessionario di azienda, in Rass. trib., 1999, 739; DONATELLI, Osservazioni sulla responsabilità tributaria del cessionario di azienda, in Rass. trib., 2003, 488, Cass. 5 giugno 2013, n. 14169) e la cessione intervenuta nell’ambito di una procedura concorsuale (in senso negativo, con specifico riguardo al fallimento, cfr. circ. ris. min. fin. 12 luglio 1999, n. 112).
Inoltre, sempre con riguardo al perimetro di operatività dell’art. 14, si prospettava altresì la problematica della riconducibilità in quest’ultima norma dell’affitto e dell’usufrutto d’azienda, cui la dottrina dava risposta negativa (in argomento si rinvia a BELLE’, Art. 14 d.lgs n. 472/1997. Commentario breve alle leggi tributarie, tomo II, Accertamento e sanzioni, a cura di Moschetti, Padova, 2011, ove ulteriori riferimenti).
Successivamente, come si accennava all’inizio, a seguito della riformulazione in parte qua della norma, se sono state recepite le indicazioni della prassi in materia, risolvendo così definitivamente le residue incertezze relative al conferimento e alle cessioni intervenute nell’ambito di procedure concorsuali et similia, si prospetta nuovamente la problematica relativa all’affitto di azienda. Ciò in considerazione della formulazione dell’ultimo comma 5-ter dell’art. 14, essendosi previsto – con disposizione di chiusura – che “le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, a tutte le ipotesi di trasferimento di azienda, ivi compreso il conferimento”.
E la soluzione di tale questione interpretativa – come si vedrà – è influenzata anche dalla coesistenza di altre disposizioni che in diversi settori dell’ordinamento regolano in modo similare ovvero differente il fenomeno della cessione ovvero del trasferimento dell’azienda e del conseguente regime di responsabilità solidale del cessionario, quali gli artt. 2112 c.c., 2560 c.c., e 33 del d.lgs. n. 231/2001.
2. In effetti, dalla nuova locuzione normativa inserita sub art. 14, comma 5-ter del d.lgs. n. 472/1997 (“atutte le ipotesi di trasferimento di azienda”), di carattere evidentemente più ampio ed omnicomprensivo, (ri)affiora il dubbio se tra le “cessioni” idonee a far scattare il particolare regime di responsabilità solidale del cessionario debbano ricomprendersi soltanto i trasferimenti di proprietà dell’azienda oppure se possa includersi anche l’affitto o l’usufrutto ovvero il trasferimento del godimento di quest’ultima.
A tal proposito, non è dato di riscontrare argomenti decisivi dalla disamina delle relazioni illustrative di Camera e Senato all’art. 16, lett. g) del d.lgs. n. 158/2015, che ha emendato l’art. 14, nelle quali, invero, a commento di tale modifica, si rinviene l’asettica e ridondante affermazione che “la nuova normativa in tema di responsabilità del cessionario d’azienda è estesa a tutti i trasferimenti d’azienda”.
Tale problematica si pone vieppiù anche in ragione del fatto che nella specie sarebbe comunque ravvisabile un “trasferimento” ovvero un mutamento nella titolarità nell’esercizio dell’impresa, con l’ulteriore conseguenza che la responsabilità solidale del cessionario di cui all’art. 14 potrebbe scattare sia a seguito della stipula del contratto di affitto, sia al termine del medesimo rapporto, con rilevanza quindi del doppio trasferimento (cfr. in tal senso CARUNCHIO, documento del 15 maggio 2016 della Fondazione Nazionale dottori commercialisti, La responsabilità tributaria del cessionario di azienda e la nozione di “trasferimento d’azienda”).
E tale dubbio ingeneratosi sul versante fiscale sembra rafforzarsi, avuto riguardo ad una recente sentenza della Cassazione, intervenuta con riferimento alla concorrente, sebbene ovviamente diversa disciplina di cui all’art. 2560 c.c., nella quale i giudici di legittimità hanno affermato che in tale regime di responsabilità solidale vi rientrerebbe anche l’ipotesi di affitto di azienda.
Tale conclusione è stata argomentata muovendo essenzialmente da altra norma speciale, segnatamente dall’art. 104-bis, ultimo comma L.F., per effetto del quale – in tema di affitto d’azienda – la retrocessione al fallimento di azienda o rami di aziende non comporta la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, in deroga aquanto previsto invece dagli artt. 2112 e 2560 c.c. (cfr. Cass. 9 ottobre 2017, n. 23581, con nota ampiamente critica di NICCOLINI, Termine dell’affitto d’azienda e responsabilità dell’affittante per le obbligazioni dell’affittuario: un revirement della Cassazione, in Foro it., 2017, I, col. 3628).
In tale prospettiva, è evidente allora che la limitazione di responsabilità prevista ex art. 104-bis L.F. soltanto per la disciplina dell’affitto c.d. “endofallimentare” dell’azienda sarebbe per l’appunto una deroga valida solo in ambito concorsuale. Ne consegue che il regime naturale per l’affitto sarebbe sempre quello più ampio della responsabilità solidale del cessionario, come accade sia in materia giuslavoristica ex art. 2112 c.c., su cui si conviene, in ragione della esplicita previsione al riguardo, sia in ambito civilistico ex art. 2560 c.c., su cui non si conviene, non foss’altro perché l’art. 2562 c.c. sull’affitto di azienda richiama la disciplina dell’usufrutto di cui all’art. 2561 c.c. e non anche l’art. 2560 c.c. (ma su questo tema si rinvia più diffusamente a NICCOLINI cit.), sia, infine, nel settore tributario ex art. 14 d.lgs. n. 472/1997, su cui pure si dissente (v. infra nel seguito).
E nello stesso senso di un’applicazione ampia e generalizzata di quest’ultima disposizione tributaria anche all’affitto d’azienda, potrebbe sostenersi altresì che lo stesso art. 14, sebbene contempli un regime di responsabilità solidale più ampio di quello delineato in ambito civilistico (art. 2560 c.c.), poiché, come noto, si prescinde dalle risultanze delle scritture contabili obbligatorie, nelle quali difficilmente l’impresa indica le proprie passività tributarie, nondimeno ivi si prevedono una serie di limitazioni di carattere soggettivo e oggettivo (vale a dire il beneficio della preventiva escussione del cedente, il limite alla responsabilità del cessionario parametrato al valore dell’azienda ceduta e in connessione alle pretese fiscali relative al c.d. “periodo di sorveglianza”, nonché l’efficacia liberatoria del certificato dei carichi pendenti, salvo che ricorra l’ipotesi di trasferimento in frode ai crediti tributari); dunque, tali e tante limitazioni alla responsabilità tributaria solidale del cessionario avrebbero l’effetto di salvaguardare comunque il patrimonio (anche) dell’affittuario dell’azienda eventualmente esposto all’escussione dell’erario.
3. Tuttavia, alla riconducibilità dell’affitto di azienda nel concetto di “trasferimento” menzionato nel novellato art. 14 – anche se, come accennato all’inizio, prima della revisione del 2015, secondo l’orientamento prevalente, si negava che vi rientrasse anche tale ipotesi di “cessione” in godimento – ostano diverse argomentazioni di segno contrario.
Anzitutto, sotto il profilo sistematico, non andrebbe sottovalutata proprio la differente portata dell’art. 2112 c.c., ove diversamente, a tutela dei diritti dei lavoratori, in caso di trasferimento d’azienda, si include, qui sì espressamente, il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, a prescindere dalla tipologia negoziale sulla base della quale il trasferimento è attuato, ivi compreso l’usufrutto o l’affitto di azienda.
Questa esplicita previsione legislativa lascia chiaramente intendere che là ove il legislatore non ha adoperato la stessa ampia formulazione ovvero ha voluto disporre diversamente e in modo più ampio, lo ha affatto in modo esplicito (ubivoluit dixit); circostanza questa, evidentemente non ravvisabile a proposito dell’art. 14 in esame.
In secondo luogo, che l’affitto di azienda non rientri nelle alienazioni rilevanti sub art. 14 si desume avuto riguardo alla limitrofa disciplina della “cessione d’azienda” prevista nell’ambito della responsabilità amministrativa delle società e degli collettivi per i reati di cui al d.lgs. n. 231/2001 – di recente riformato dall’art. 39 del d.l. n. 124/2019, convertito nella legge n. 157/2019, per introdurre nel “catalogo” degli illeciti penali anche taluni dei reati tributari di cui al d.lgs. n.74/2000 – avuto riguardo in particolare all’art. 33 del medesimo decreto.
Quest’ultima disposizione, invero, come si evince sia dalla relazione ministeriale, sia dall’orientamento assolutamente prevalente della dottrina è stata concepita e scritta, con gli adattamenti necessari alla peculiarità della materia, sulla falsariga degli artt. 2560 c.c. e 14 del d.lgs. n. 472/1997, in connessione ai trasferimenti di proprietà dell’azienda, e dunque per coerenza logica e sistematica, deve escludersi l’applicabilità di tali disposizioni – e segnatamente per ciò che qui interessa, di quella tributaria – all’affitto dei cespiti aziendali (in materia cfr. NAPOLEONI, in AA. VV., Reati e responsabilità degli enti. Guida al d.lgs. n. 231/2001, a cura di Lattanzi, Giuffrè, 2010, 393 e ss.).
Sotto altro profilo, poi, squisitamente tributario, va osservato che, come noto, la ratio dell’art. 14 è quella di salvaguardare l’interesse dell’amministrazione finanziaria a riscuotere le imposte e le sanzioni dovute dall’imprenditore in relazione al “periodo di sorveglianza”, a prescindere dalle risultanze delle scritture contabili obbligatorie, diversamente da quanto previsto invece sub art. 2560, comma 2 c.c. L’imprenditore, infatti, al fine di sottrarsi alle obbligazioni tributarie, potrebbe smembrare oppure realizzare l’azienda sul mercato, monetizzandone il controvalore in denaro, quote o altri beni, nei casi rispettivamente di vendita, conferimento, permuta, datio in solutum, più facilmente fungibili e occultabili alla riscossione erariale.
Ma tale circostanza non si verifica nel caso dell’affitto di azienda, considerato che l’impresa-affittante continua comunque a rispondere nei confronti dell’ufficio con i cespiti aziendali di proprietà, sebbene medio tempore concessi in godimento a terzi, cioè all’affittuario, di guisa che in questo ambito non si riscontra alcuna dispersione della garanzia a presidio dei crediti del fisco, e quindi alcuna frustrazione della funzione della norma, tale da giustificarne l’applicazione anche in siffatto contesto negoziale, con conseguente, deprecabile intralcio alla stipula di tali contratti.
Inoltre, sul piano soggettivo, va considerato che l’art. 14 del d.lgs. n. 472/1997 contempla la disciplina della responsabilità tributaria dell’imprenditore, non già dell’azienda in sé e per sé considerata, che piuttosto rappresenta – come detto prima – la garanzia per l’adempimento dei debiti fiscali. Quindi, sotto tale aspetto soggettivo, appare ancor più inaccettabile estendere la responsabilità solidale prima in capo all’affittuario, all’inizio del rapporto locatizio, e poi in capo all’affittante, al termine del rapporto, quando si verifica la retrocessione dell’azienda.
Aggiungasi che siffatta estensione di responsabilità solidale mal si concilia in occasione di un trasferimento del godimento dell’azienda, su cui però entrambi i soggetti non hanno alcun potere di incidere in termini di amministrazione, controllo, direzione.
Infine, sul piano oggettivo, con riferimento all’importo della garanzia erariale, rappresentato dal “valore dell’azienda o del ramo d’azienda”, accertato dall’ufficio o dichiarato dalle parti (cfr. circ. Min. fin. 10 luglio 1998, n. 180), riesce difficile ipotizzarne la quantificazione a beneficio dell’amministrazione finanziaria nel contesto di un contratto di affitto, non potendosi fare riferimento al valore dominicale degli asset aziendali, ma, a tutto concedere, al relativo valore dell’affitto, corrispondente a quello dei canoni, comunque sempre aggredibili dall’amministrazione finanziaria, senza neppure scomodare l’applicazione dell’art. 14 del d.lgs. n. 472/1997.
4. In conclusione, le considerazioni esposte rendono palese come la riconducibilità dell’affitto di azienda nel novellato art. 14 non si armonizzi (neppure) con la disciplina ivi delineata, tanto meno con quella clausola di “compatibilità” enunciata nella stessa norma, quando se ne prescrive l’ampia applicazione a “tutte le ipotesi di trasferimento d’azienda”.
Né infine va sottovalutato che il carattere speciale dell’art. 14 (in tal senso cfr. Cass., sez. trib., n. 17264 del 13 luglio 2017, in Corr. trib., 2017, 3633) suggerisce un’estensione cauta e ponderata del regime di responsabilità solidale tributaria ivi previsto, che non risulta neppure legittimata dalla “ragion di Stato” nel caso dell’affitto di azienda.
Diversamente, la stipulazione di tale contratto troverebbe un ostacolo non trascurabile – di eccessiva cautela fiscale – che se risulta giustificabile nei casi di trasferimenti di proprietà di azienda, altrettanto non può dirsi nell’ipotesi di concessione nel godimento di quest’ultima.
Del resto, come già rilevato in altra occasione, se è vero che l’erario deve essere garantito nella riscossione dei propri crediti, potendo aggredire, a determinate condizioni, i cespiti aziendali, è pur vero che qualora non sussista alcun rischio di dispersione di tale garanzia, deve essere privilegiato, anche nella prospettiva del favor del legislatore manifestato nell’agevolare la circolazione delle aziende, lo speculare legittimo affidamento del “cessionario” ad avere ragionevole certezza dei debiti per i quali può essere chiamato a rispondere.
Riferimenti bibliografici: ARE-DELLA VALLE, Responsabilità per debiti tributari nella cessione di compendi aziendali, in il fisco, 2018, 2419; BAGGIO, Appunti in tema di responsabilità tributaria del cessionario di azienda, in Rass. trib., 1999, 739; BELLE’, Art. 14 d.lgs. n. 472/1997. Commentario breve alle leggi tributarie, tomo II, Accertamento e sanzioni, a cura di Moschetti, Padova, 2011; BELLI CONTARINI, La responsabilità del cessionario di azienda tra gli artt. 14 del d.lgs. n. 472/1997 e 2560 c.c., in Riv. dir. trib., 2015, I, 528; DAMIANI, Solidarietà tributaria del cessionario: necessaria la lettura combinata delle norme, in Corr. trib., 2017, 3627; DONATELLI, Osservazioni sulla responsabilità tributaria del cessionario di azienda, in Rass. trib., 2003, 488; DEL FEDERICO, Commentario alle disposizioni generali sulle sanzioni amministrative in materia tributaria (sub art. 14), a cura di Moschetti-Tosi, Padova, 2000; GATTO-ROSSETTI, Brevi riflessioni in tema di responsabilità fiscale del cessionario di azienda a margine di una recente sentenza di merito, in Riv. dir. trib. online del 12 giugno 2019; MARINI, La responsabilità per i debiti tributari del cessionario di azienda, in Riv. dir. trib., 2009, I, 181; PAPARELLA, Cessione di azienda nell’ambito delle procedure concorsuali e responsabilità solidale tributaria dell’acquirente: finalmente si approda ad una soluzione definitiva e ragionevole in forza della natura della norma di deroga, in Rivista di diritto tributario online del 9 marzo 2020.
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