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‘Dirittomatematico.it’. L’algoritmo del dovere di contraddittorio preventivo
Di Marco Versiglioni -
SOMMARIO: 1. Premesse. – 2. ‘Partecipazione’ vs ‘Contraddittorio’. – 3. L’‘algoritmo umano del diritto’. L’‘homo-mathematicus’. – 4. ‘Diritto con verità’, ‘indisponibilità umana’ e ‘indisponibilità giuridica’. – 5. Tipi di verità matematiche. – 6. Tipi di verità giuridiche. – 7.‘Algoritmo di base’ dell’obbligo del contraddittorio preventivo. – 8. La (algoritmica) ‘norma d’uso di se stessa’ della norma sul dovere di contraddittorio preventivo. – 9. Algoritmi operativi dell’obbligo di contraddittorio preventivo. – 10. Cenni al profilo normativo. – 11. Conclusione
1. Per svolgere un discorso sul thema del “dovere di contradditorio preventivo” in sede conflittuale o potenzialmente conflittuale non sembra possibile prescindere dal ‘dovere’ (dello studioso o dell’operatore del diritto) di ‘combinare’ metodologicamente l’aspetto logico del discorso (in ipotesi, ‘con verità’ o ‘senza verità’) con il suo aspetto normativo positivo (diritto). A tal proposito, vorrei porre a premessa del discorso i risultati di precedenti ricerche mediante le quali ho formulato un’ipotesi sul metodo interpretativo delle disposizioni giuridiche dei ‘diritti con verità’; tale ‘metodo estrattivo’ consentirebbe di ricavare da esse quell’insieme di parole (non numeri), concetti, verità e algoritmi di natura matematica che ho identificato col nome di ‘diritto matematico’ (per eventuali approfondimenti, può accedersi a: ‘dirittomatematico.it’ o a ‘versiglioni.info\dirittomatematico\’). Poiché il ‘metodo algoritmico’ prevede innanzitutto il ‘combinamento’ di una ‘fase analogica’, nella quale vengono fissate le premesse (ovviamente falsificabili), con una ‘fase digitale’, ossia una ‘fase di conversione’, nella quale operano i nessi logici utili a pervenire a risultati anch’essi ‘analogici’, è necessario fissare almeno due premesse terminologiche e concettuali del discorso: vale a dire, fissare, in positivo, la ‘cosa’ (‘cosa-1’) alla quale si darà nel prosieguo il nome ‘contraddittorio’ e, confinare, in negativo tale ‘cosa’ rispetto all’altra ad essa analoga ‘(cosa-2)’, alla quale si darà, invece, il nome ‘partecipazione’.
2. Se dunque parlo di ‘partecipazione’, a cosa sto pensando mentre ne parlo? Come concetto in senso ampio, penso a qualunque forma del concorrere di chiunque nell’assunzione di una decisione altrui (unilaterale/autoritativa) o di una decisione congiunta (bilaterale/consensuale); in entrambi i casi, con funzione duale: meramente istruttoria (dovuta) o difensiva (non dovuta). Come concetto in senso stretto, penso invece alla specie di tale partecipazione in senso ampio priva delle connotazioni tipiche del contradditorio (che, in senso lato, è pure esso una forma di partecipazione). Se, invece, parlo di ‘contraddittorio’, a cosa sto pensando? Sul piano logico, penso a un nesso tipologico riconducibile alla tipologia cognitiva o al tipo deliberativo[1]. La tipologia cognitiva include i tipi del ‘contraddittorio ideale’ o del ‘contraddittorio puntuale’, propri del metodo sillogistico basato sul «principio di non contraddizione» (o «del terzo escluso») che mira a conseguire la verità intesa come negazione della contraddizione (ossia, se convertita in ‘diritto matematico’, rispettivamente, la ‘verità=identità’ o la ‘verità=corrispondenza’), nonché del ‘contradditorio intervallare’, proprio del metodo («fuzzy») che, previa conversione, mira a conseguire la ‘verità=coerenza’ o la ‘verità=correttezza procedurale’ (le quali possono considerarsi minacce o rivali del «principio di non contraddizione», come prima definito). Il ‘contraddittorio impossibile in un ambiente e non impossibile in altro ambiente’, ossia il ‘contradditorio deliberativo’, invece, in presenza di condizioni date (buona fede, correttezza etc.), e sempre post conversione in ‘diritto matematico’, mira a conseguire, direttamente o indirettamente, la ‘verità=consenso’ o, in caso di dissenso, la ‘verità=equità’. Sul piano normativo, invece, penso al ‘contraddittorio’ come principio generale la cui ratio è massimizzare (rispetto al fine ordinamentale di volta in volta perseguito) il risultato di una decisione o di un accordo sia quando la funzione di essi è accertativa (e allora il fine è la giustizia), sia quando la funzione di essi è compositiva (e allora il fine è la certezza).
3. Definiti i tipi, occorre poi trovare in base a cosa identificare la partecipazione o il contraddittorio; sul piano logico, l’‘algoritmo matematico’ che propongo individua il tipo (astratto) [y] della partecipazione o del contraddittorio (che si realizza nel concreto) [x] in funzione [f] del tipo della quaestio (facti o iuris) oggetto di esso, ossia in funzione del tipo della disposizione di legge che si intende applicare [y = f (x)]. Sul piano normativo l’ipotesi è che in un ‘diritto con verità’ (come il diritto tributario, il diritto penale, il diritto civile di fonte legale etc.), ogni disposizione giuridica incorpori in sé una ‘norma d’uso di se stessa’ (‘algoritmo’) che, tra l’altro, disciplina anche la partecipazione o il contraddittorio che ne sia presupposto di applicazione, stabilendo, di volta in volta, quale sia il tipo di partecipazione o il tipo di contraddittorio che, nel concreto, rende lecita l’attività giuridica e/o valido l’atto giuridico. Spetta al ‘funzionario-matematico’, come al ‘contribuente-matematico’, come al ‘giudice-matematico’, ricavare dall’algoritmo, di volta in volta, quando è doveroso far prevalere l’indole razionale-scientifica (‘homo-burocraticus’, secondo l’antica concezione positiva di esso) o l’indole retorico-dialettico-argomentativa (‘homo-rhetoricus’, secondo la concezione positiva di esso rinvenibile in A. Giuliani); indoli, queste, di cui, appunto, l’algoritmo garantisce la ‘convivenza’ nell’‘homo’[2].
4. Non essendo possibile ripercorrere qui i passaggi logici che ho esposto in precedenti lavori e che conducono a quest’ultima ipotesi, mi limiterò qui a un incipit banale ma sperabilmente esplicativo e sufficiente per procedere. Se il diritto è un discorso, se tale discorso è libero, ossia non apofantico, allora il diritto è totalmente disponibile all’uomo (che, dunque, può disporre delle sue parole anche in modo illogico o in modo falso); se, invece, il discorso è apofantico, allora il diritto non è più disponibile all’uomo se il diritto stesso, per essere valido, deve essere vero. In questi casi, infatti, la verità è la premessa logica dell’indisponibilità (perché essa rende indisponibili i discorsi falsi – che rendono invalido il diritto -). Dunque, a una indisponibilità umana (prettamente logica) che deriva dalla scienza o dall’etica umana di dire il vero (disponibile) e non il falso (indisponibile) si ‘combina’ una ‘indisponibilità giuridica’ che rende invalidi i discorsi giuridici ‘senza verità’ (non apofantici), o i ‘falsi discorsi giuridici con verità’ (apofantici). Perciò, il problema è capire se il diritto di cui ci si occupa è, o non è, un ‘diritto con verità’. Alcuni diritti ‘devono’ parametrarsi a norme costituzionali e/o sovranazionali; esiste, cioè, una relazione necessaria tra ciascuna disposizione e il suo parametro di validità: se tale relazione necessaria è vera, allora la disposizione è valida; se tale relazione è falsa, allora la disposizione è invalida. In definitiva, i diritti la cui validità dipende dalla verità sono indisponibili perché etero-guidati dal tipo di verità (‘driver’) che le disposizioni contengono in sé stesse (‘norme d’uso di se stesse’) e che ne costituisce il codice di validità (‘DNA’). Se, dunque, il diritto di cui ci si occupa appartiene senza dubbio a questo tipo di diritti, esso è certamente un ‘diritto con verità’, perciò indisponibile. Ciò significa che occorre fissare i ‘tipi delle verità’ giuridicamente rilevanti, ossia i tipi delle ragioni delle indisponibilità umane e delle indisponibilità giuridiche.
5. Traggo dalla matematica delle relazioni tra cose quattro tipi di verità.
6. Trovo nella filosofia del diritto i quattro tipi di verità giuridica mediante analogia con la matematica e associo le variabili
7. Combino, converto e completo i nessi secondo la logica if, then
8. La partecipazione in senso lato include il contraddittorio ma il procedimento partecipazione (in senso stretto) e il procedimento contraddittorio sono alternativi. Dunque: a) ‘if ( ≡ ), then’ ‘partecipazione in senso stretto’: tale tipo di partecipazione è implicata da disposizioni e questioni ‘idealmente non controvertibili’ (es. importo dedotto in dichiarazione maggiore del limite consentito) ed è perciò conseguenza della ‘indisponibilità ideale’ in cui viene a trovarsi il funzionario tenuto alla mera conoscenza (ad esempio, la liquidazione); b) ‘if ( · ), then’ ‘contraddittorio cognitivo’; tale tipo di contraddittorio è implicato da disposizioni e questioni ‘in pratica non controvertibili’ (ad esempio, il numero dei cavalli fiscali di un’autovettura o la superficie di un terreno), è perciò caratterizzato da ‘indisponibilità puntuale’ ed è funzionale ad un accertamento dichiarativo (ad esempio: l’autotutela, l’acquiescenza, il reclamo); c) ‘if ( — ), then’ ‘contraddittorio cognitivo/deliberativo’; tale tipo di contraddittorio è implicato da disposizioni e questioni ‘controvertibili entro limiti dati dal legislatore’ (ad esempio, la determinazione di una sanzione pecuniaria, la stima delle rimanenze finali entro limiti dati dalla legge), è, perciò, caratterizzato da ‘indisponibilità intervallare’ ed è funzionale ad un accertamento con efficacia costitutiva (ad esempio, l’autotutela, l’acquiescenza, il reclamo, l’interpello, la cooperative compliance); d) ‘if ( Æ ), then’ ‘contraddittorio deliberativo’; tale tipo di contraddittorio è implicato da disposizioni e questioni ‘controvertibili all’infinito’ (valore venale, grave incongruenza, abitualità, abuso, prezzi di trasferimento) ed è perciò caratterizzato da ‘indisponibilità rovesciata’ (ad esempio l’accertamento con adesione, la conciliazione, la mediazione, la cooperative compliance) ed è funzionale a una composizione (‘eticamente consensuale’ o ‘eticamente equitativa’) con efficacia costitutiva.
9. Se, dunque, il diritto rispetto al quale si pone il problema dell’obbligo di contraddittorio preventivo è un ‘diritto con verità’, se l’algoritmo di base dell’obbligo di contraddittorio preventivo è quello sopra esposto, allora l’obbligo di contraddittorio preventivo è principio generale (sempre vincolante, anche laddove non espressamente previsto) ma relativo (vincolante solo nei casi nei quali la quaestio è ‘controvertibile entro limiti certi’ o è ‘controvertibile all’infinito’). Dunque, anche l’obbligo di contraddittorio preventivo nel suo, specifico, seppur infinito, dominio è principio generale e non già eccezione. Come tale, esso non può essere limitato ai soli casi espressamente previsti, e se lo fosse, ciò renderebbe incostituzionali le norme restrittive tratte dalle disposizioni che regolano casi specifici.
9.1. Se l’Amministrazione finanziaria non attiva previamente il contraddittorio successivo, l’atto lesivo è: a) invalido e inefficace se il tema controverso è tema ‘controvertibile entro certi limiti’ (ad esempio, la fissazione di una sanzione tra un minimo e un massimo) o tema ‘controvertibile all’infinito’ (ad esempio il valore venale, il totale dei ricavi non derivato da una somma); b) valido ed efficace se il tema controverso è ‘idealmente non controvertibile’ (ad esempio, si pensi ai temi tipici della liquidazione) o è ‘in pratica non controvertibile’ (ad esempio, si pensi al calcolo della superficie di un terreno).
9.2. Se la discriminante dell’algoritmo rispetto all’operatività o no del principio (che pone l’obbligo) è (solo) la natura della quaestio che ricorre nel concreto e se il contraddittorio endo-procedimentale non è obbligatorio solo laddove la quaestio sia ‘non controvertibile’, allora non è mai rilevante la variabile costituita dalla sede (ad esempio, “a tavolino” o “non a tavolino”) nella quale la verifica, la liquidazione, il controllo o l’accertamento sono realizzati.
9.3. Se la tipologia del procedimento di accertamento o del metodo di accertamento in concreto attivato è rilevante ai fini dell’innesco dell’obbligo di contraddittorio preventivo sia quando sono previste norme espresse (es. accertamento con adesione o accertamento mediante studi di settore), sia quando non sono previste norme espresse, allora, in questo secondo caso, la rilevanza è solo indiretta e sussidiaria (se non ultronea), in quanto il presupposto di applicazione dato dall’algoritmo del principio non muta[3].
9.4. Se, dunque, la variabile indipendente dell’algoritmo è il ‘tipo’ del thema, allora l’oggetto di prova positiva (ai fini della dimostrazione della sussistenza del dovere di contraddittorio) è costituito o da un thema ‘controvertibile entro limiti certi’, e dunque accessibile, ossia conoscibile con logica fuzzy (intervallare) ragionevole, o da un thema ‘controvertibile all’infinito’, dunque privo di soluzione/i predeterminate dalla legge, ossia non accessibile con logica cognitiva perché non accertabile ma solo componibile. In via inversa, l’oggetto di prova negativa (ai fini della dimostrazione della non sussistenza del dovere di contraddittorio) è costituito da un thema ‘non controvertibile’ perché non accessibile, ossia non conoscibile, con la logica cognitiva razionale del principio di non contraddizione (terzo escluso).
9.5. Se la quaestio è ‘controvertibile entro certi limiti’ o la quaestio è ‘controvertibile all’infinito’, allora il fatto oggetto della c.d. “prova di resistenza” [ossia l’espressione y = “il contraddittorio è, rispetto alla quaestio, rilevante ed ‘efficiente’, ossia ‘ex ante efficace’] è presunto ex lege, con possibilità di prova contraria, nel primo caso e senza possibilità di prova contraria, nel secondo caso. Se invece la quaestio è ‘non controvertibile’, allora il fatto contrario è presunto ex lege con possibilità di prova contraria (se la quaestio è ‘in partica non controvertibile’), senza possibilità di prova contraria (se la quaestio è ‘idealmente non controvertibile’).
9.6. Se il contraddittorio concerne questioni ‘in pratica non controvertibili’ o ‘controvertibili entro certi limiti’ (= ‘contraddittorio cognitivo’ o ‘contraddittorio cognitivo-deliberativo’), le dichiarazioni contra sé espresse nel corso del contraddittorio procedimentale hanno rilevanza ed efficacia confessoria; se, invece, il contraddittorio concerne questioni ‘controvertibili all’infinito’ (= ‘contraddittorio deliberativo’), allora tali dichiarazioni non hanno rilevanza o efficacia confessoria. Analogamente a quanto accade se, infine, il contraddittorio concerne questioni ‘idealmente non controvertibili’ (mere conoscenze).
9.7. Se il contraddittorio concerne questioni ‘in pratica non controvertibili’ o ‘controvertibili entro certi limiti’ (= ‘contraddittorio cognitivo’ o ‘ contraddittorio cognitivo-deliberativo’), allora le dichiarazioni rese possono avere rilevanza ed efficacia ultrasoggettiva; se, invece, il contraddittorio concerne questioni ‘controvertibili all’infinito’ (= ‘contraddittorio deliberativo’), allora tali dichiarazioni non hanno rilevanza o efficacia confessoria. Analogamente a quanto accade se, infine, il contraddittorio concerne questioni ‘idealmente non controvertibili’ (mere conoscenze).
10. In questa sede non è possibile né esaminare il profilo normativo, né porre le relazioni tra le soluzioni guidate dall’algoritmo logico e le soluzioni deliberate dal legislatore al fine di cogliere i loro gradi di verità (ideale, puntuale, intervallare o impossibile). Non vi è dubbio, però, che le norme ricavabili dagli articoli 23, 24 e 97 della Costituzione (che concorrono a determinare la relazione logica fondamentale sulla quale si basa l’algoritmo) siano coerenti con le soluzioni ‘guidate’ dall’algoritmo qui individuato (‘driver’). Altrettanto è a dirsi con riguardo ai principi comunitari e ai principi che regolano il procedimento amministrativo (in specie laddove si abbia riguardo alle norme le cui ragioni di verità sono costituite dalla razionalità o dalla ragionevolezza, dalla proporzionalità o dalla efficienza). Tanto che, proprio l’esistenza di queste norme positive talvolta è prova dell’esistenza del principio generale (tipologico), talvolta è prova dell’esistenza di tipi che ne costituiscono specificazione. Quanto poi alle norme tributarie statutarie o speciali, esse non sono fonti dirette, ma norme giuridiche parametrate dai principi costituzionali; insomma, la violazione, da parte dell’Amministrazione finanziaria, del principio che detta il dovere di contraddittorio preventivo nei (soli) casi in cui la quaestio sia ‘controvertibile entro limiti certi’ o sia ‘controvertibile all’infinito’ implica sempre invalidità dell’atto e/o illiceità dell’attività ove nel concreto tali siano i casi che si verificano, a prescindere dall’esistenza di (nuove) disposizioni o di (recenti) decisioni/pronunce le quali, ove non fossero collimanti con le soluzioni cui conduce il ‘driver’, si porrebbero in serio e rilevante contrasto con le norme che ne fanno da parametro necessario di verità, ossia di validità.
11. Il ‘diritto matematico’ che c’è, e che chiede solo di ricavare logicamente dalle sue disposizioni, la ‘norma d’uso di se stessa’ che ciascuna disposizione giuridica contiene, dovrebbe essere da sé in grado di guidare vincolativamente l’operatore del diritto ora all’obbligo di partecipazione, ora all’obbligo di contradditorio preventivo in base al tipo del caso che ricorre nel concreto. Così come accade quando l’uomo, se posto dinanzi ad una vite usa un cacciavite (e non già una chiave) e, se posto dinanzi a un dado, usa una chiave (e non già un cacciavite). E come non c’è bisogno di una legge che ci spieghi di dover far questo, così non c’è bisogno di una legge che ci spieghi che, ad esempio, guardando al nuovo, anche per gli ISA (laddove essi utilizzassero “medie”), sussisterebbe obbligo di contradditorio preventivo. Se dunque, di null’altro c’è bisogno, perché continuare a chiedere al diritto di dirci cosa nel diritto c’è già?
[1] Nella direzione positiva, altri elementi identificativi del ‘contraddittorio’ che ho in mente: essere la base indispensabile della concezione retorico-dialettico argomentativa della prova e della concezione tipologica dell’interpretazione, essere la fonte del criterio di ragionevolezza; essere l’espressione della spiritualità del diritto; essere l’ambiente in cui vive l’«homo rhetoricus» (nel senso indicato da A. Giuliani); essere ciò che accede ad una conoscenza ‘intervallare’, che procede dall’interno («intellectus») all’esterno («res»), mediante un percorso dialettico-argomentativo. Invece, nella direzione negativa, sono elementi identificativi del ‘non-contradditorio’: essere un pilastro dell’ordine asimmetrico (autorità – contribuente); essere la base della concezione scientifico-probabilistica della prova e della concezione sussuntiva dell’interpretazione; essere la fonte della razionalità; essere l’espressione della scienza/intelligenza; essere l’ambiente in cui vive l’«homo burocraticus»; essere ciò che accede ad una conoscenza ‘puntuale’, essere ciò che procede dall’esterno («res») interno («intellectus»), mediante un percorso scientifico-probabilistico. Per approfondimenti, M. Versiglioni, ‘Logiche’, ‘regole’ e ‘principi’ del ‘ragionamento giuridico.., in Autorità e consenso, a cura di S. La Rosa, Milano, 2007, 117 ss.
[2] Per approfondimenti, tra i tanti lavori sul tema, sia consentito rinviare almeno a M. Versiglioni, Prova e studi di settore, Milano, 2007, passim.
[3] Ad esempio, l’accertamento con adesione è esperibile solo in presenza di una ‘quaestio controvertibile all’infinito’. Perciò, nel caso concreto: se l’accertamento con adesione è stato correttamente attivato (ossia se è stato attivato dal contribuente rispetto a una ‘quaestio controvertibile all’infinito’) allora sussiste in capo all’amministrazione finanziaria l’obbligo di contraddittorio; se, però, l’accertamento con adesione non è stato correttamente avviato (ossia se l’istanza del contribuente verte su una ‘quaestio non controvertibile’), allora non sussiste alcun obbligo di contraddittorio preventivo. Infatti, pare corretto l’indirizzo giurisprudenziale che non pone a carico dell’Amministrazione finanziaria un obbligo assoluto di convenire sempre il contribuente per proporre l’adesione e, tantomeno, un obbligo assoluto di convocazione del contribuente che abbia proposto istanza di formulazione della proposta di adesione. In effetti, se la quaestio oggetto di questa istanza fosse non controvertibile, allora la mancata attivazione del contraddittorio da parte dell’Ufficio sarebbe non solo lecita, ma dovuta.
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