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Trust e “titolare effettivo” ai fini del monitoraggio fiscale, dopo la riforma di cui al D.Lgs. n. 90/2017
Di Salvatore Mistretta -
1. In attuazione della Direttiva 20.05.2015 n. 849/2015/UE (c.d. IV Direttiva antiriciclaggio) è stato emanato il D.Lgs. n. 90/2017 (entrato in vigore il 4 luglio 2017), il quale ha novellato la disciplina in materia di monitoraggio fiscale e di antiriciclaggio e, tra l’altro, ha abrogato l’allegato tecnico del D.Lgs. n. 231/2007.
Precisamente, alla luce della disciplina oggi in vigore, il testo dell’art. 4 D.L. n. 167/1990 impone che “le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate ai sensi dell’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi”. La parte seconda del medesimo comma, facendo espresso rinvio alla normativa in materia di antiriciclaggio, estende l’obbligo di cui sopra ai soggetti che, rientrando nelle categorie predette, “pur non essendo possessori diretti degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria, siano titolari effettivi dell’investimento secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, lettera pp), e dall’art. 20 del D.Lgs. 231/2007”.
Il richiamato art. 1, comma 2, lett. pp) del D.Lgs. n. 231/2007 è oggi così formulato: “titolare effettivo: la persona fisica o le persone fisiche nell’interesse della quale o delle quali, in ultima istanza, il rapporto continuativo è instaurato, la prestazione professionale è resa o l’operazione è eseguita”. L’art. 20, D.Lgs. n. 231/2007 (anche esso richiamato dall’art. 4, D.L. n. 167/1990, al comma 1, oggi vigente) recita testualmente: “Il titolare effettivo di clienti diversi dalle persone fisiche coincide con la persona fisica o le persone fisiche cui, in ultima istanza, è attribuibile la proprietà diretta o indiretta dell’ente ovvero il relativo controllo”. Al comma 5 del medesimo articolo 20 (dopo che i commi 3 e 4 pongono particolari disposizioni per quanto riguarda le sole società di capitali) è dato leggere che “Nel caso in cui il cliente sia una persona giuridica privata, di cui al D.L. 10 febbraio 2000, n. 361, sono cumulativamente individuati, come titolari effettivi: a) i fondatori, ove in vita; b) i beneficiari quando individuati o facilmente individuabili; c) i titolari di funzioni di direzione e amministrazione”.
2. Alla luce della nuova disciplina, è evidente la discontinuità che si pone rispetto alla normativa ante riforma del 2017: l’art. 4, D.L n. 167/1990 rinviava, infatti, al concetto di titolare effettivo come individuato dal vecchio art. 1, comma 2, lett. u), nonché all’ormai abrogato allegato tecnico del Decreto n. 231/2007.
In particolare, mentre la citata lett. u) imponeva un’indagine caso per caso circa la titolarità effettiva dell’ente, alla luce dei concetti di controllo e beneficio, l’allegato tecnico all’epoca vigente [precisamente all’art. 2, lett. b)] declinava tali concetti con espresso riferimento ai trust (insieme alle fondazioni): erano da considerarsi “titolari effettivi” i soggetti, ove già determinati, beneficiari del 25 per cento o più del patrimonio di un’entità giuridica, ovvero, qualora non ancora individuati, la categoria di persone nel cui interesse principale era istituita o agiva l’entità giuridica o, comunque, chi esercitava un controllo pari o superiore al 25 per cento sul patrimonio dell’entità stessa (per un approfondimento sulla disciplina previgente si veda, tra gli altri, A. SALVATI, “Riflessioni in tema di obblighi dichiarativi delle attività estere di natura finanziaria e degli investimenti esteri dei trust”, in Dir.prat.trib., 2015, 924 ss.).
A seguito della riforma operata dal D.Lgs. n. 90/2017, sia la nuova lett. pp) dell’art. 1, comma 2, sia l’art. 20 del D.lgs. n. 231/2007 (che nella versione oggi vigente sono i soli richiamati dall’art. 4 D.L. n. 167/1990) non fanno alcun espresso riferimento al trust. Donde la questione se il comma 5 del citato art. 20 sia o meno applicabile ai trust, e, in caso di risposta affermativa, se in forza della nuova disciplina siano soggetti a monitoraggio fiscale tutti i partecipanti al rapporto di trust, sia in senso formale (quali il disponente, il trustee, il guardiano ed il beneficiario) sia in senso sostanziale (ossia i soggetti che in concreto abbiamo la disponibilità ovvero il controllo dei beni oggetto di trust).
3. Se si muove dal dato testuale, la disposizione in esame parrebbe prima face riferirsi ai soli soggetti indicati dal D.P.R. n. 361/2000, ossia ai soggetti privati suscettibili di riconoscimento per l’acquisizione della personalità giuridica (i.e. fondazioni, associazioni ed enti religiosi ed altre istituzioni di carattere privato), tra cui non rientrano i trust.
L’effettiva portata dell’art. 20, comma 5, sembra, tuttavia, potersi cogliere appieno se, facendo un passo in avanti, si procede a una lettura sistematica di tale disposizione, da un lato, con la normativa euro-unionale da cui deriva la riforma del 2017 [il riferimento è, per quanto qui rileva, all’art. 3 par.1, n. 6, lett. b) della Direttiva n. 849/2015/UE, come modificato dall’art. 1, n. 2, lett. b) della Direttiva n. 843/2018/UE] e, dall’altro, con la normativa in materia di antiriciclaggio (il riferimento è, nello specifico, all’art. 22, comma 5, D. Lgs. n. 231/2007).
Quanto alla normativa euro-unionale, il testo oggi vigente dell’art. 3 par.1. n. 6 let. b) della Direttiva n. 849/2015/UE così recita: “ai fini della presente direttiva si intende per […]«titolare effettivo»: la persona o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedono o controllano il cliente e/o le persone fisiche per conto delle quali è realizzata un’operazione o un’attività e che comprende almeno […] in caso di trust, tutte le seguenti persone:
i) il costituente o i costituenti;
ii) il «trustee» o i «trustee»;
iii) il guardiano o i guardiani, se esistono;
iv) i beneficiari ovvero, se le persone che beneficiano dell’istituto giuridico o dell’entità giuridica non sono ancora state determinate, la categoria di persone nel cui interesse principale è istituito o agisce l’istituto giuridico o il soggetto giuridico;
v) qualunque altra persona fisica che esercita in ultima istanza il controllo sul trust attraverso la proprietà diretta o indiretta o attraverso altri mezzi.”
Quanto alla normativa interna in tema antiriciclaggio, il comma 5 dell’art. 22 D. Lgs. n. 231/2007 (ove si specificano i diritti ed obblighi di informativa in capo ai fiduciari del trust) dispone, in maniera del tutto conforme al testo della normativa europea riportata, quanto segue: “I fiduciari dei trust espressi, disciplinati ai sensi della legge 16 ottobre 1989, ottengono e detengono informazioni adeguate, accurate ed aggiornate sulla titolarità effettiva del trust, per tali intendendosi, quelle relative all’identità del fondatore, del fiduciario o dei fiduciari del guardiano ovvero di altra persona per conto del fiduciario, ove esistenti, dei beneficiari o classe di beneficiari e delle altre persone fisiche che esercitano il controllo sul trust e di qualunque altra persona fisica che esercita, in ultima istanza, il controllo sui beni conferiti nel trust attraverso la proprietà diretta o indiretta o attraverso altri mezzi”. A ciò va aggiunto che, ai sensi del nuovo art. 21 del D.Lgs. n. 231/ 2007, i trust produttivi di effetti giuridici e fiscali sono tenuti all’iscrizione presso un sezione speciale del Registro delle imprese, ove dovranno essere iscritti, a cura del fiduciario, tutti i titolari effettivi del rapporto.
4. Com’è immediato notare, la lettura combinata delle richiamate depone univocamente nel senso dell’applicabilità dell’art. 20, comma 5 del D.Lgs. 231/2007 anche al trust. Conclusione, questa, che risulta conforme alla ratio della riforma del 2017, così come si coglie nella Relazione illustrativa del D. Lgs n. 90/2017, ove, in sintesi e in via generale, si è dichiarata espressamente la volontà di colmare ogni lacuna possibile, attese “le difficoltà riscontrate in passato, in ordine all’esatta individuazione del titolare effettivo, generate dal vigente quadro normativo, non sufficientemente esaustivo”.
Se ciò è vero, vanno qualificati come “titolari effettivi”, in quanto tali destinatari dell’obbligo di monitoraggio fiscale, tutti i soggetti formalmente coinvolti nel rapporto, nonché i soggetti che sostanzialmente abbiano il controllo ovvero la disponibilità dei beni posti in segregazione (in senso conforme, v. L. DE ANGELIS, Il titolare effettivo, in AA.VV., I nuovi obblighi antiriciclaggio per i professionisti, Torino, 2017, pag. 191, il quale pur rilevando l’eccessività del cumulo di soggetti tenuti all’iscrizione dei medesimi beni nel rispettivo quadro RW, commenta positivamente la nuova disciplina in quanto “consente per la prima volta in Italia di rendere intellegibile e trasparente il mondo dei trust”).
Tale conclusione pone, ciò nondimeno, una seria di problematiche in ambito tributario.
La prima, di carattere puramente pratico, è relativa alla inutile moltiplicazione di informazioni date all’ Ente preposto al controllo da una serie di soggetti diversi, ma su medesimi beni (su tale questione, per approfondimenti, A. MONTANARI, Il novo titolare effettivo, in Trusts e attività fiduciarie, 2017, pag. 614 ss.). La seconda, di ordine generale, è relativa alla compatibilità di una nozione meramente formalistica e tanto estesa di “titolare effettivo” con il principio di personalità ed effettività di capacità contributiva, oltre che con il concetto di “possesso” di reddito che permeano tutta la normativa Irpef e Ires (per un approfondimento su tale specifica questione nell’ambito dei trust, A. CONTRINO, Il “diritto attuale del beneficiario” come condizione per l’imputazione per trasparenza dei redditi del trust, in Dial. Trib., 2008, pag 106 ss. e D. STEVANATO, “La nozione di beneficiario individuato del ‘trust’ e l’interpretazione dell’Agenzia delle entrate”, in Corr. Trib., 2013, pag. 2771 ss.). La terza, di carattere più strettamente interpretativo, riguarda l’attuale vigenza o meno del Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 18 dicembre 2013 (commentato nella Circ. Ag. Entr., 23 dicembre 2013 n. 38/E), che era stato emanato ante riforma 2017 ma non risulta espressamente caducato.
5. Tralasciando la prima problematica di carattere pratico, sopra menzionata, in quanto già oggetto di approfondimenti (su tale questione si rinvia, in particolare, ad A. MONTANARI, Il novo titolare effettivo, in Trusts, 2017, pag. 614 ss.), è opportuno invece effettuare qualche considerazione sulle altre due questioni.
Quanto al problema della compatibilità di una nozione meramente formalistica e tanto estesa di “titolare effettivo” con il principio di personalità ed effettività di capacità contributiva, oltre che con il concetto di “possesso” di reddito, una soluzione può ricavarsi attraverso una lettura degli artt. 1 e 20 D. Lgs. n. 231/2007 astratta dalla ratio della normativa antiriciclaggio e calata nelle logiche proprie dell’imposizione sui redditi: così procedendo, i richiami della normativa in tema di monitoraggio fiscale dovrebbe intendersi limitata ai soli soggetti previsti ai sensi dell’art. 1, lett. pp) e dell’art. 20, comma 5, D.Lgs. 231/2007, e non anche quelli emergenti da altre disposizioni di tale ultima disciplina.
In ispecie, premessa la nozione di “titolare effettivo” di cui al citato art. 1, lett. pp), la sfera dei “titolari effettivi” di trust dovrebbe essere circoscritta ai soggetti di cui all’art. 20, comma 5, se – e solo se – siano in concreto qualificabili come effettivi beneficiari ultimi del rapporto ovvero preposti al controllo e direzione, con poteri tali da poter loro attribuire la qualifica di possessori dei redditi eventualmente prodotti in capo al trust (giunge a una soluzione non dissimile, ma argomentando in base al comma 5 dell’art. 22 del D.Lgs. 231/2007, anche A. MONTANARI, Il novo titolare effettivo, cit.). Questa impostazione e la soluzione che ne discende limita in effetti la portata della riforma del 2017 nell’ambito fiscale, ma riporta la normativa in esame in linea con la sistematica della fiscalità del trust.
Quanto al problema della vigenza o meno del Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 18 dicembre 2013, non sembra plausibile sostenerne l’attuale operatività, non foss’altro perché la normativa cui si riferiva è stata totalmente riscritta, ma non mancano Autori che ne sostengono l’applicabilità nei limiti in cui sia compatibile col nuovo assetto normativo (cfr. G. ODETTO, S. SANNA, Quadro RW: indicazioni dei titolari effettivi per società e trust, in Scheda di aggiornamento agosto/settembre 2018, Eutekne, Torino, 2018, pag. 2517).
In tale ultima prospettiva, sarebbe incompatibile, ad esempio, la parte del provvedimento in cui si individua il beneficiario effettivo del trust in base limiti quantitativi della quota di partecipazione in esso; mentre si potrebbe sostenere l’attuale rilevanza del concetto di controllo da valutarsi in concreto, anche con riferimento a quello esercitato indirettamente attraverso coniuge dai parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado, in forza delle presunzioni ivi contenute. Potrebbero, altresì, ritenersi ancora valide le disposizioni relative al c.d. approccio look through nei casi di soggetti giuridici meramente interposti, nonché per i contribuenti titolari di attività estere per il tramite di entità diverse dalle società, quali i trust, i cui titolari effettivi sarebbero tenuti ad indicare il valore complessivo degli investimenti detenuti all’estero dall’entità, nonché la quota di partecipazione nel patrimonio.
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